Fatto
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione
Parte_1 ha convenuto in giudizio, innanzi a questo Tribunale, Controparte_2 […] in persona del legale rappresentante pro tempore, deducendo in sintesi e per quanto d’interesse:
– di essere proprietario di un appartamento posto al I° piano di un fabbricato ubicato in CP_1 , al Vico II Roma;
– che Controparte_2 divenuta proprietaria dei locali garage posti al piano terra dello stabile, ha indebitamente occupato e recintato un’area condominiale posta a fianco al palazzo comune stesso, impedendogli così l’uso e la disponibilità di cui godeva liberamente.
Sulla scorta delle riportate considerazioni ha, quindi, così concluso: “Voglia l’On. Tribunale di Vasto, Giudice adito, contrariis reiectis, 1. ritenere e dichiarare che la convenuta non poteva occupare in via esclusiva l’area in questione, ma – semmai – farne uso, come qualsiasi altro comproprietario; 2. conseguentemente, fare ordine alla convenuta di rimuovere la recinzione sopra descritta; 3. condannare quest’ultima anche al risarcimento dei danni da determinarsi secondo Giustizia; 4. condannare la convenuta al rimborso delle spese di lite e spettanze di lite.”.
Con atto depositato l’1.7.2.2019 si è tempestivamente costituita in giudizio Controparte_2 […] in persona del legale rappresentante pro tempore, deducendo in sintesi e per quanto di interesse:
– in via preliminare, l’assenza dello ius postulandi di parte attrice, risultando depositata solo un’autorizzazione al trattamento dei dati personali;
– sempre in via preliminare la connessione del procedimento a quello iscritto al n. RG. 574/2019, instaurato dal Comune di CP_1 per reclamare l’uso pubblico della stessa area oggetto di causa;
– nel merito, l’infondatezza della domanda attorea, avendo la società convenuta acquistato la proprietà dell’area di cui l’attore reclama la condominialità con atto notarile del 28.10.2015, Rep. 22007, dai sig.ri Controparte_4 e Controparte_5;
– la necessità di chiamare in giudizio questi ultimi al fine di essere garantita dall’eventuale accoglimento della domanda attorea.
Sulla base delle circostanze di fatto appena riferite, la convenuta ha chiesto all’adito Tribunale: “- in via preliminare, autorizzare la chiamata del terzo e fissarsi ai sensi dell’art. 269 c.p.c., altra udienza per consentire la chiamata in causa dei sigg.ri Controparte_4 e Controparte_5 , danti causa della società convenuta, affinché, nella denegata ipotesi in cui il Giudicante dovesse ritenere fondata la domanda attorea, gli stessi garantiscano e comunque tengano indenne la Controparte_2 da ogni e qualsivoglia risarcimento dei danni che dovesse essere riconosciuto in favore dell’attore e conseguentemente per sentir condannare i terzi chiamati al rimborso in favore dell’esponente di quella parte del prezzo corrispondente ai proporzionali diritti che dovessero essere riconosciuti all’attore e/o ai condomini, oltre che al risarcimento dei danni patiti dalla società convenuta, tenuto conto anche della perdita di valore del locale, identificato al Fg. 1, p.lla (omissis), sub. 1, P. T., Cat. C/6, cl. 1, mq 327, R.C.E. 793,74, confinante con la porzione di terreno oggi reclamata, da quantificarsi a mezzo di CTU e che prudenzialmente si indicano in € 5.000,00, salva migliore quantificazione in corso di giudizio ovvero da determinarsi anche in via equitativa, nonché delle spese sostenute per la lite e di quelle da rimborsare all’attore; – sempre in via preliminare, riunire l’odierno giudizio con quello rubricato all’RG 574/19- Tribunale Vasto, avente quale attore il Controparte_1 e quale convenuta la società esponente; – nel merito, rigettare la domanda attorea in quanto infondata in fatto ed in diritto.”.
Previa regolarizzazione della procura alle liti di parte attrice, è stata disposta la riunione al presente fascicolo del procedimento iscritto al n. RG. 574/2019, intrapreso contro […] Controparte_6 Controparte_1 per reclamare la proprietà dell’area occupata dalla società, in quanto pertinenza pubblica di uso comune ab illo tempore, così concludendo: “A) In via principale e nel merito, accertare e dichiarare l’acquisto della titolarità, per intervenuta usucapione, in favore del Controparte_1 , dell’area censita al catasto urbano del Comune di CP_1 al foglio 1, particella (omissis), sub 6, 7, 8, 9 e 10, cat. F1, area urbana, ovvero della porzione che verrà ritenuta acquisita, alla stregua dell’istruttoria ed anche giusta consulenza tecnica d’ufficio che, si opus sit, si invoca; B) Sempre nel merito, in subordine, ritenere e dichiarare, in ogni caso, la destinazione delle pertinenze di via Roma – Vico II, e cioè l’area corrispondente a quella censita nel catasto urbano del Comune di CP_1 al foglio 1, particella 1168, sub 6, 7, 8, 9 e 10, cat. F1, area urbana, per le quali è causa, ad uso pubblico, ovvero della porzione che verrà ritenuta come tale destinata a pubblico uso, alla stregua dell’istruttoria ed anche giusta consulenza tecnica d’ufficio che, si opus sit, si invoca; C) Con vittoria di spese, diritti ed onorari di causa, oltre ad accessori di legge”.
Autorizzata la chiamata in causa dei terzi, questi, con atto depositato il 26.7.2021 si sono costituiti in giudizio contestando tutte le avverse domande e rassegnando le seguenti conclusioni: “Voglia l’Ill.mo Giudice adito: – nel merito rigettare le domande proposta dal sig. Parte_1 e dal Controparte_1 perché infondate; – in subordine, nella denegata ipotesi di accoglimento delle istanze del Controparte_1 , rigettare la domanda di garanzia per evizione, proposta dal convenuto Controparte_2 nei confronti del terzo chiamato, per i motivi già detti; – condannare sempre e comunque le controparti alla rifusione di spese, e competenze professionali della presente causa oltre accessori di legge.”.
Così incardinato il contradditorio, assunte le prove orali, con ordinanza dell’1.4.2025, emessa all’esito dell’udienza cartolare del 20.3.2025, la causa è stata trattenuta in decisione, previa assegnazione alle parti dei termini ex art. 190 c.p.c.
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1. In via preliminare: sulla eccepita carenza dello ius postulandi.
In via assolutamente preliminare si precisa che, come disposto dal giudice nell’ordinanza del 13.9.2019, parte attrice ha compiutamente sopperito alla carenza di ius postulandi denunciata dalla società convenuta, depositando idonea procura alle liti (cfr. all. deposito del 12.10.2019).
Si osserva, poi, che la società convenuta, pur senza articolare specifiche conclusioni a riguardo, ha lamentato anche la carenza di ius postulandi del Controparte_1 , sulla base del fatto che la delibera n. 50 dell’Ente, con la quale la Giunta ha autorizzato il Sindaco a conferire mandato all’avv. Mastrangelo, non è perfettamente attinente alla domanda proposta dal CP_1 avendo questa ad oggetto l’azione volta all’accertamento della servitù ventennale dell’area antistante il fabbricato ubicato al civico n. 2, del Vico II Roma e non anche l’accertamento di intervenuta usucapione dell’aera (cfr. comparsa conclusionale Controparte_2 del 19.5.2025).
La doglianza è priva di pregio atteso che dall’esame della succitata delibera (all. 10 – atto di citazione Controparte_1 ) si evince che la finalità dell’azione intrapresa è volta al compimento di “tutti gli atti necessari e utili a tutela dell’uso pubblico del suolo in questione”, così che l’annotazione successiva, relativa al riconoscimento del diritto di servitù, non può che considerarsi come una mera specificazione, che comunque non impedisce al difensore di porre in essere tutte le attività processuali necessarie al ripristino dell’uso pubblico dell’area, come dimostra anche l’ampiezza della procura alle liti conferita, nella quale è attribuito al difensore “ogni e più ampio mandato incluso quello di avanzare domande riconvenzionali, chiamare in causa terzi, transigere e conciliare, riscuotere e quietanzare, rinunziare agli atti e farsi sostituire, con promessa de rato”.
2. Sulla natura condominiale dell’area oggetto di causa.
Parte_1 ha instaurato il giudizio iscritto al n. rg. 428/2019, al fine di veder accertata l’illegittimità della condotta della convenuta, che non poteva occupare in via esclusiva l’area condominiale identificata al catasto fabbricati al fg.1, part.1168 sub 6 potendo, semmai, farne uso come qualsiasi altro comproprietario e ha, conseguentemente, insistito per la rimozione della recinzione apposta sull’area in esame.
Di contro, la convenuta Controparte_2 ha sostenuto di vantare la proprietà esclusiva dell’area in forza di atto di compravendita immobiliare del 28.10.2015, con il quale le è stata trasferita, oltre che l’esclusiva proprietà del fabbricato/garage, anche la proprietà di cinque adiacenti aree urbane tra cui quella oggetto di causa (cfr. art. 1 contratto di compravendita – all. 3 – comparsa di costituzione).
Così richiamati i termini della questione, è d’uopo stabilire se la società convenuta abbia, dunque, effettivamente un valido titolo di proprietà dell’area attigua all’immobile condominiale oggetto di causa.
È pacifico nella giurisprudenza di legittimità, che l’area esterna di un edificio condominiale, con riguardo alla quale manchi un’espressa riserva di proprietà nel titolo originario di costituzione del condominio, vada ritenuta di presunta natura condominiale, ai sensi dell’art. 1117 c.c. (cfr. Cass. Sez. 6-2, 08/03/2017, n. 5831; Cass. Sez. 2, 31/08/2017, n. 20612; Cass. Sez. 2, 04/09/2017, n. 20712). Si intende, peraltro, come cortile, agli effetti dell’art. 1117 c.c., qualsiasi area scoperta compresa tra i corpi di fabbrica di un edificio o di più edifici, che serva a dare luce e aria agli ambienti circostanti, ma anche comprensivo dei vari spazi liberi disposti esternamente alle facciate degli edifici quali gli spazi verdi, le zone di rispetto, le intercapedini, i parcheggi – sebbene non menzionati espressamente nel medesimo art. 1117 c.c. (Cass. Sez. 2, 09/06/2000, n. 7889).
Più chiaramente, ha precisato la Suprema Corte, “Al fine di stabilire se sussista un titolo contrario alla presunzione di comunione di cui all’art. 1117 c.c., occorre fare riferimento all’atto costitutivo del CP_7 e, quindi, al primo atto di trasferimento di un’unità immobiliare dell’originario proprietario ad altro soggetto. Pertanto, se in occasione della prima vendita la proprietà di un bene potenzialmente rientrante nell’ambito dei beni comuni risulti riservata ad uno solo dei contraenti, deve escludersi che tale bene possa farsi rientrare nel novero di quelli comuni.” (Cass. Sez. 2 – , Ordinanza n. 20693 del 09/08/2018).
In particolare, il CP_7 che pretenda l’appartenenza esclusiva di un bene, quale appunto un cortile, compreso tra quelli elencati espressamente o per relationem dall’art. 1117 c.c., deve dar prova della sua asserita proprietà esclusiva derivante da titolo contrario (non essendo determinanti a tal fine né le risultanze del regolamento di condominio, né l’inclusione del bene nelle tabelle millesimali come proprietà esclusiva di un singolo condomino, né i dati catastali); in difetto di tale prova, dovrà essere affermata l’appartenenza dei suddetti beni indistintamente a tutti i condomini (Cass. Sez. 2, 07/05/2010, n. 11195; Cass. Sez. 2, 18/04/2002, n. 5633; Cass. Sez. 2, 15/06/2001, n. 8152; Cass. Sez. 2, 04/04/2001, n. 4953).
Secondo le indicazioni della Suprema Corte, inoltre, per poter escludere l’applicabilità dell’art. 1117 c.c., il titolo che dà vita al condominio deve contenere “una chiara e univoca volontà di riservare esclusivamente ad uno degli aggiudicatari dei distinti lotti la proprietà delle suindicate parti” (cfr. Cass. 1615/2024 e 12381/2023). Ove ciò non avvenga, una volta sorta la comproprietà delle parti comuni dell’edificio indicate nell’art. 1117 c.c., per effetto della trascrizione dei singoli atti di acquisto di proprietà esclusiva – i quali comprendono pro quota, senza bisogno di specifica indicazione, le parti comuni – la situazione è opponibile ai terzi (cfr. 3852/2020).
Orbene, nel caso in esame, appurato che l’area in esame, in ragione dell’ampia definizione fornita dalla giurisprudenza e dalla qualificazione presente negli atti di compravendita e frazionamento, possa pacificamente qualificarsi come “corte condominiale”, si rileva che non è stato prodotto in giudizio l’atto costitutivo del CP_7 , non essendoci, pertanto, prova documentale che l’area in questione sia stata riservata alla proprietà esclusiva dei terzi chiamati in giudizio, danti causa dell’odierna convenuta.
Neppure vi è prova documentale degli atti di acquisto della proprietà da parte dei suddetti terzi chiamati e dell’espressa riserva in loro favore dell’area oggetto di causa, essendo detti atti solo menzionati nell’atto di vendita esibito dalla convenuta (doc.3).
Ne consegue che non può ritenersi superata la presunzione della natura condominiale dell’area.
Ad ulteriore dimostrazione della natura condominiale del bene, poi, si rileva che nell’atto di acquisto dell’appartamento in favore dell’attore non è specificato alcunché in ordine alla titolarità esclusiva di parte dell’area esterna dell’edificio, essendo invece chiarito che “la vendita è comprensiva della proporzionale quota condominiale di tutte le parti dell’edificio che si presumono di proprietà comune ex art. 1117 del Codice Civile, degli impianti e servizi di uso e godimento comune e del terreno su cui sorge il fabbricato” e che detto terreno è pari a complessivi mq 700 e distinto al fg. di mappa 1 part. 1168 (cfr. art. 2 e art.4, “Atto pubblico Notar Persona_1 rep 74298 del 1985.pdf” – all. memoria ex art. 183, comma 6, n. 2 c.p.c.).
La comproprietà dell’area in esame ha, inoltre, trovato ulteriore suffragio nelle deposizioni dei testi escussi. In particolare, Testimone_1 ha confermato che “nel 1985, quando il Parte_1 acquistò l’immobile … l’area era corte di tutto il fabbricato perché non esistevano frazionamenti all’interno della corte”, che il dante causa della convenuta, con elaborato planimetrico del 1993, ha unilateralmente frazionato e intestato a sé detta area e che “l’area è sempre stata adoperata per il carico e scarico degli appartamenti “(cfr. verbale udienza del 3.11.2022). Anche il teste Testimone_2 ha affermato “Nel momento in cui ho acquistato mi veniva detto dal venditore che tutta l’area antistante l’edificio era al servizio dei condomini e io ho sempre parcheggiato, insieme agli altri condomini, nella parte che ora è recintata” (cfr. verbale udienza del 14.12.2023).
Si rileva, inoltre, che non è possibile addivenire a conclusioni di senso contrario sulla base dell’intervenuto frazionamento catastale del 3.11.1993, nel quale è annotato, con riferimento al sub acquistato dalla società convenuta “Magazzino-garage con corte esclusiva (P.T.)” (cfr. all. “Frazionamento 5.11.1993.pdf” – memoria ex art. 183, comma 6, n. 2, c.p.c. di parte attrice), atteso che, come chiarito dalla giurisprudenza, i dati catastali non assumono rilievo ai fini della prova della proprietà ed, ancor meno, in ordine alle ragioni di proprietà CP_8 rivendicate su un bene originariamente munito di un unico identificativo catastale e agevolmente individuato nel titolo di acquisto delle porzioni di proprietà esclusiva (v. Cass. 24 marzo 2017 n. 7743).
Né i terzi chiamati hanno fornito prova dell’avvenuta usucapione dell’area, eccepita in via riconvenzionale, alla luce delle generiche dichiarazioni rilasciate sul punto dai testi Tes_3 […] 7 a 15 CP_5 e , contrastanti con quanto, invece, dichiarato dagli altri testi escussi in ordine al possesso dell’area da parte di tutti i condomini e già sopra riportate.
In conclusione, la domanda di merita accoglimento, dovendo ritenersi accertato che al momento della compravendita in favore di Controparte_2 la corte indicata nell’atto era (ed è) di proprietà condominiale e non poteva, pertanto, essere venduta come proprietà esclusiva. L’atto di compravendita è, sotto questo profilo, inefficace, non essendo idoneo a trasferire la proprietà esclusiva della porzione di cortile, sulla base del generale principio: nemo plus iuris transferre potest, quam ipse habet.
All’accertamento che precede consegue anche l’accoglimento della domanda di riduzione in pristino, poiché la recinzione pacificamente realizzata dalla CP_9 convenuta per il tramite di paletti e catene è volta a sottrarre la porzione di cortile in questione all’uso comune.
Merita, invece, rigetto la domanda formulata dall’attore, in maniera alquanto generica in quanto solo articolata nelle conclusioni dell’atto introduttivo e mai ulteriormente specificata, di “risarcimento dei danni da determinarsi secondo giustizia”.
Pur in assenza di specificazione da parte del richiedente, dal tenore generale delle difese articolate dallo stesso, si ritiene che il danno lamentato possa ricondursi al pregiudizio subìto per l’occupazione abusiva del bene condominiale.
In tale ambito, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno chiarito che “in tema di risarcimento del danno da occupazione senza titolo di un bene immobile da parte di un terzo, il proprietario è tenuto ad allegare, quanto al danno emergente, la concreta possibilità di godimento perduta e, quanto al lucro cessante, lo specifico pregiudizio subito (sotto il profilo della perdita di occasioni di vendere o locare il bene a un prezzo o a un canone superiore a quello di mercato), di cui, a fronte della specifica contestazione del convenuto, è chiamato a fornire la prova anche mediante presunzioni o il richiamo alle nozioni di fatto rientranti nella comune esperienza” (Cass. Sez. U – , Sentenza n. 33645 del 15/11/2022).
Sulla scorta dei richiamati principi, atteso che nel caso di specie, la parte che ha invocato il risarcimento del danno non ha neppure allegato nei propri scritti difensivi, il concreto pregiudizio subito e la specifica natura dello stesso, la domanda risarcitoria dev’essere rigettata.
3. Sulla domanda di usucapione e di destinazione ad uso pubblico del Comune di CP_1
Il Controparte_1 , quale parte attrice nel procedimento riunito n. rg. 574/2019, ha invocato la destinazione pubblica dell’area, insistendo, in via principale, per l’accertamento dell’intervenuta usucapione e, in via subordinata, per l’accertamento della destinazione ad uso pubblico della stessa.
In particolare, ha allegato di aver continuativamente posseduto l’area in questione a partire dal 1963, anno di costruzione del fabbricato, poiché pertinenza della strada pubblica denominata Vico II via Roma in CP_1 e riconosciuta tale dall’intera comunità locale.
In punto di diritto, si osserva che, secondo giurisprudenza costante, la configurazione di un’ipotesi di usucapione pubblica prevede la sussistenza dei seguenti requisiti: a) l’idoneità del bene all’uso pubblico; b) la rispondenza dell’uso a una utilità pubblica e non al soddisfacimento dell’interesse privato di alcuni singoli; c) l’esercizio della signoria sul bene, comportante il disconoscimento di ogni contrario diritto del proprietario, la non riscontrabilità nel proprietario di un atteggiamento di mera tolleranza e la continuità nell’esercizio dell’uso per la durata stabilita dal codice civile ai fini dell’usucapione (cfr. TAR Marche n. 52/2016 – nello stesso senso e con specifico riferimento alla costituzione per usucapione di una servitù pubblica di passaggio su una strada privata, Cass., Sez. 2, 29/11/2017, n. 28632).
Nella fattispecie, guardando al compendio probatorio, dev’essere in primo luogo chiarito che non è sufficiente a fondare la domanda di usucapione la produzione dello stradario e della delibera comunale del 9.3.1997 (invero illeggibile) (cfr. all. 5 e 6 – atto di citazione Controparte_1 ), essendo pacifico nella giurisprudenza di legittimità che l’iscrizione di una strada nell’elenco delle pubbliche vie abbia natura puramente presuntiva, ponendo una semplice presunzione di pubblicità dell’uso (Cass. 1624/2010).
Si osserva, inoltre, che la domanda non può trovare accoglimento anzitutto poiché non risulta soddisfatto il requisito dell’utilità pubblica.
Ciò lo si desume in primo luogo dal compendio fotografico in atti, dal quale si evince che l’area in questione non costituisce un punto di passaggio obbligato per chi percorre Via Roma Vico II, configurandosi al più come uno slargo del tracciato stradario, senza alcuna utilità specifica. Peraltro, la stessa risulta priva di segnaletica orizzontale e adiacente ad ingresso dei garage dello stabile, per cui essa non appare neppure astrattamente idonea ad essere adibita ad area di parcheggio pubblico, né tantomeno al transito dei pedoni poiché priva di marciapiede (cfr. all. 1 – atto di citazione Comunale).
L’istruttoria orale ha, inoltre, chiarito che la stradina in questione non è mai stata adibita a mercato comunale. In particolare, la circostanza è stata affermata dai testi Testimone_5 e […] Testimone_4 (cfr. verbale udienza del 3.11.2022 e del 7.9.2023). Al contrario, ha chiarito il teste Testimone_1 “l’area è stata sempre adoperata per il carico e scarico degli appartamenti” (cfr. verbale udienza del 3.11.2022) e più volte i vigili urbani sono stati chiamati per rimuovere autoveicoli in sosta che impedivano l’accesso e/o l’ingresso nell’immobile da parte dei condomini, come dichiarato dal teste Testimone_6 (cfr. verbale udienza del 7.9.2023). Il teste Testimone_2 poi, ha dichiarato “Nel momento in cui ho acquistato mi veniva detto dal venditore che tutta l’area antistante l’edificio era al servizio dei condomini e io ho sempre parcheggiato, insieme agli altri condomini, nella parte che ora è recintata” (cfr. verbale udienza del 14.12.2023).
Si rileva, quindi, che le risultanze delle prove orali si sono rivelate alquanto generiche e contraddittorie sia per quanto riguarda la prova dell’utilità pubblica dell’area sia in merito alla continuità del possesso da parte dell’ente pubblico.
In particolare, ritiene il giudicante, che la sola prova in ordine alla manutenzione ordinaria dell’area da parte del CP_1 […] Testimone_7 confermata da diversi testi (cfr. dichiarazioni dei testi Tes_1 e Testimone_8 ), non sia di per sé sufficiente a soddisfare il requisito della continuità del possesso utile ad usucapire prevista dalla legge.
Neppure è fondata la domanda subordinata dell’Ente volta al riconoscimento della destinazione pubblica dell’area in esame.
Sul punto si richiama il consolidato principio della giurisprudenza della Suprema Corte sviluppato in tema di servitù, ma applicabile anche alla fattispecie in esame, secondo il quale affinché un’area privata possa ritenersi assoggettata ad uso pubblico è necessario, oltre all’intrinseca idoneità del bene, che l’uso avvenga ad opera di una collettività di persone e per soddisfare un pubblico, generale interesse, per cui deve escludersi l’uso pubblico quando il passaggio venga esercitato soltanto dai proprietari di determinati fondi in dipendenza della particolare ubicazione degli stessi, o da coloro che abbiano occasione di accedere ad essi per esigenze connesse alla loro privata utilizzazione (Cass. 13.2.1999 n. 1205; Cass. 23.5.1995 n.5637; Cass. 29.4.1995 n. 4755, 1269/2024).
Sulla scorta di tale principio, la domanda in esame non può trovare accoglimento sia per la carenza di prova in ordine all’utilità pubblica, già appurato in merito alla domanda di usucapione, sia alla luce del fatto che la suddetta area, come emerso in sede testimoniale, è stata perlopiù utilizzata dai condomini dello stabile ad essa adiacente.
Di qui il rigetto delle domande, articolate in via principale e in via subordinata, del CP_1 […].
4. Sulla garanzia per evizione.
Stante la fondatezza della domanda di Parte_1 , è necessario procedere all’esame della fondatezza della chiamata in garanzia di Controparte_2 nei confronti dei suoi danti causa, Controparte_4 e Controparte_3.
Il riconoscimento della natura condominiale del cortile acquistato quale proprietà esclusiva dalla società convenuta configura un’ipotesi di vendita di cosa parzialmente di altri, disciplinata dall’art. 1480 c.c., a mente del quale “Se la cosa che il compratore riteneva di proprietà del venditore era solo in parte di proprietà altrui, il compratore può chiedere la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno a norma dell’articolo precedente, quando deve ritenersi, secondo le circostanze, che non avrebbe acquistato la cosa senza quella parte di cui non è divenuto proprietario; altrimenti può solo ottenere una riduzione del prezzo, oltre al risarcimento del danno”.
Guardando al caso di specie, si osserva, innanzitutto, che alcun rilievo, al fine di escludere la responsabilità dei terzi chiamati, può assumere la clausola contenuta all’art. 2 del contratto preliminare di compravendita nella quale è riportato “Inoltre la parte promittente venditrice dichiara di non essere a conoscenza se la strada pubblica di cui alla lettera F è stata oggetto di esproprio pubblico” (cfr. all. “Controparte_10 – comparsa di costituzione CP_4 e CP_5 ), poiché superata dalla dichiarazione contenuta nel successivo contratto definitivo di compravendita nel quale è specificato all’art. 5 “Dichiara e garantisce la parte venditrice di essere piena, assoluta ed esclusiva proprietaria degli immobili con il presente atto alienati e che sugli stessi non gravano pesi, censi, canoni, ipoteche e trascrizioni pregiudizievoli, prestando all’uopo ogni più ampia garanzia per ogni caso di molestia o evizione sia totale che parziale” (cfr. all.3 – comparsa di costituzione).
Conseguentemente, accertato che la società convenuta ha subito l’evizione parziale del bene compravenduto e che non vi è alcuna clausola di esclusione di responsabilità nell’atto di vendita, deve trovare applicazione il menzionato art. 1480 c.c.
Si osserva, che la società, nella propria memoria ex art. 183, comma 6, n. 2 c.p.c. e in sede di precisazione delle conclusioni ha domandato, oltre al risarcimento dei danni e alla riduzione del prezzo, anche la risoluzione del contratto di compravendita.
Al di là della tardività della domanda avanzata, essa si rivela altresì infondata poiché non è stato provato, e neppure allegato che, come prescritto dall’art. 1480 c.c., la convenuta non avrebbe acquistato la cosa senza quella parte di cui non è risultata proprietaria.
La domanda di riduzione del prezzo, con conseguente condanna della parte venditrice al rimborso della maggior somma pagata dall’acquirente, deve, invece, ritenersi fondata.
Invero, l’obbligazione di pagamento del prezzo che grava sull’acquirente trova la propria causa nell’acquisto della proprietà del bene oggetto di compravendita, ne consegue che, se quest’ultimo non si realizza, l’acquirente evitto deve essere risarcito per quanto pagato in eccesso rispetto all’effettivo beneficio ricevuto, al fine di ristabilire gli equilibri contrattuali.
Di conseguenza, nel caso di specie, essendo stato accertato che l’area oggetto di causa e contraddistinta in catasto fabbricati al Fg.1 part.1168 sub 6, in realtà non era nella disponibilità dei venditori chiamati in causa, questi devono essere condannati a restituire la somma di € 1.000,00, pari all’importo riportato nell’atto di compravendita per l’acquisto di ciascuna delle aree urbane tra cui quella in esame (cfr. all. 3 – comparsa di costituzione).
Il diritto alla restituzione del prezzo pagato per l’evizione parziale del bene costituisce un credito di valuta (cfr. Cass. n. 2541/1999), come tale non soggetto alla rivalutazione monetaria, in assenza di specifica allegazione e prova di danno, come nel caso di specie. Gli interessi legali non sono dovuti dalla domanda giudiziale in assenza di domanda (cfr. Cass. Sez. Un. n. 6538/2010), mentre saranno dovuti automaticamente dalla data di pubblicazione della presente sentenza al saldo effettivo, ai sensi dell’art. 1282 comma 1 c.c.
Per quanto riguarda l’ulteriore domanda di risarcimento dei danni, si precisa che al riguardo la Suprema Corte più volte ha statuito che “nell’ipotesi di vendita di cosa gravata da diritti o da oneri ai sensi dell’art. 1489 cod. civ., il compratore ha diritto oltre alla risoluzione del contratto o alla riduzione del prezzo, secondo quanto stabilito dall’art. 1480 cod. civ., anche al risarcimento del danno, fondato sulle norme generali degli artt. 1218 e 1223 c.c., in base al richiamo di quest’ultima disposizione da parte dell’art. 1479, a sua volta richiamato dall’art. 1480, cui rinvia ancora il citato art. 1489” (Cfr. pure Massime: N. 1352 del 1996; N. 1104 del 1996; Sentenza n. 16053 del 15/11/2002).
Sulla scorta di tali principi, non può che rigettarsi la domanda in esame stante la genericità del danno allegato da parte attrice e la mancanza financo di una allegazione specifica di elementi di prova al riguardo e tali da poter giungere ad una sua quantificazione.
5. Sulle spese di lite.
Il regime delle spese processuali è regolato dal principio della soccombenza, le stesse si liquidano come in dispositivo, ai sensi del D.M. 55/2014, aggiornato dal D.M. 147/2022, in considerazione del valore indeterminabile della controversia (parametri medi – complessità bassa) e dell’attività processuale effettivamente svolta.
Conseguentemente, l’accoglimento della domanda di Parte_1 nei confronti di Controparte_2 implica la condanna di quest’ultima al pagamento delle spese di lite sostenute dall’attore.
Stante il rigetto della domanda del Controparte_1 nei confronti della società Controparte_2 […] e l’accoglimento delle domande formulate da quest’ultima nei riguardi dei terzi chiamati, Controparte_4 e Controparte_3 , costoro, in solido con il CP_1 […] , devono essere condannati al pagamento delle spese processuali della convenuta.
Stante la fondatezza della chiamata in garanzia della società convenuta nei confronti dei terzi chiamati e il disposto dell’art.1483 comma 2 c.c., questi ultimi devono essere condannati altresì al pagamento delle spese di lite direttamente sopportate e di quelle da rimborsare all’attore vittorioso (cfr. Cass. civ. 18829/2023 “In caso di evizione parziale, qualora sia accertato il fatto che rende operante la relativa garanzia, all’acquirente, convenuto in giudizio compete, ai sensi degli artt. 1483, comma 2, e 1484 c.c., nei confronti del venditore chiamato in garanzia, il diritto al rimborso delle spese giudiziarie sopportate e di quelle che, a sua volta, abbia dovuto rimborsare al terzo vittorioso; tale diritto compete all’acquirente chiamante in garanzia anche nel caso in cui il giudice gli abbia negato la tutela risarcitoria per la carenza delle restanti condizioni e, segnatamente, per non essere stata fornita la prova del danno in concreto subito per effetto dell’evizione stessa.”).
Si rileva, infine, che in caso di riunione di più cause, la liquidazione dei compensi per l’attività svolta prima della riunione, deve essere separatamente liquidata per ciascuna causa in relazione all’attività prestata in ciascuna di esse, mentre, per la fase successiva può essere liquidato un compenso unico (Cass. civ. sent. 10629/2021).
Nella specie, pertanto, la fase introduttiva va liquidata anche per il procedimento riunito n. 574/2019, attestandolo ai parametri minimi attesa la connessione con il procedimento di più antica iscrizione, al quale è stato riunito.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:
– in accoglimento delle relative domande di Parte_1 , dichiara che […] Controparte_2 non può occupare in via esclusiva l’area condominiale oggetto di causa e, conseguentemente, la condanna alla rimozione della recinzione apposta;
– rigetta la domanda di risarcimento danni avanzata da Parte_1;
– rigetta integralmente le domande avanzate dal Controparte_1;
– in accoglimento della relativa domanda di Controparte_2 condanna i terzi chiamati in causa, Controparte_4 e Controparte_3 , alla restituzione di parte del prezzo pagato e pari ad € 1.000,00, oltre interessi legali dalla data di pubblicazione della presente sentenza al saldo;
– rigetta la domanda di risarcimento danni avanzata da Controparte_2
– condanna Controparte_2 al pagamento delle spese di lite del presente giudizio in favore di Parte_1 , che liquida in € 125,00 per spese documentate ed € 7.616,00 per compensi, oltre rimborso forfetario del 15% sull’importo dei compensi, I.V.A. e C.P.A. come per legge;
– condanna il Controparte_1 e i terzi chiamati, Controparte_4 e Controparte_3 […] in solido tra loro, al pagamento delle spese di lite in favore di Controparte_2 […] che si liquidano per il giudizio n.rg. 574/2019 in € 1.204,00 per compensi, oltre rimborso forfetario del 15% sull’importo dei compensi, I.V.A. e C.P.A. come per legge e per il presente giudizio in € 7.616,00, per compensi, oltre rimborso forfetario del 15% sull’importo dei compensi, I.V.A. e C.P.A. come per legge;
– condanna Controparte_4 e Controparte_3 a restituire a Controparte_2 […] le somme dovute all’attore a titolo di spese di lite del presente giudizio.
Alla cancelleria per quanto di competenza.
Vasto, 31 luglio 2025
