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Tribunale di Trani sez. lav., 23/05/2023, n. 965

Massima

La normativa che esclude dal beneficio della Carta del docente i lavoratori a tempo determinato, a fronte dell’omogeneità delle mansioni svolte rispetto ai colleghi a tempo indeterminato, viola i principi di uguaglianza e non discriminazione. Tale disparità di trattamento risulta ingiustificata e irragionevole, considerato che la formazione è un elemento essenziale del lavoro docente, garantito anche a livello costituzionale. Il docente precario ha dunque diritto al riconoscimento economico equivalente alla Carta del docente, quale risarcimento del danno subito per la mancata fruizione del beneficio.

Supporto alla lettura

CARTA DOCENTE

La Carta del Docente è un’iniziativa del Ministero dell’Istruzione e del Merito, prevista dalla L. 107 del 13 luglio 2015, volta a consentire ai docenti di ususfruire dei benefici previsti dalla carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione del docente di cui all’art. 1, c. 121, della medesima legge (Buona Scuola).

La Carta è assegnata ai docenti di ruolo a tempo indterminato delle Istituzioni scolastiche statali, sia a tempo pieno che a tempo parziale, compresi i docenti che sono in periodo di formazione e prova, i docenti dichiarati inidonei per motivi di salute, i docenti in posizione di comando, distacco, fuori ruolo o altrimenti utilizzati, i docenti nelle scuole all’estero, delle scuole militari. Inoltre con il D.L. 69/2023, convertito in L. 103/2023, l’accesso alla Carta del Docento è stato esteso anche ai supplenti annuali.

La carta può essere utilizzata per l’acquisto di:

  • libri e testi, anche in formato digitale, di pubblicazioni e di riviste comunque utili all’aggiornamento professionale;
  • hardware e software;
  • iscrizione a corsi per attività di aggiornamento e  di qualificazione delle competenze professionali, svolti da enti accreditati presso il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca;
  • iscrizione a corsi di laurea, di laurea magistrale, specialistica o a ciclo unico, inerenti al profilo professionale, ovvero a corsi post lauream o a master universitari inerenti al profilo professionale;
  • titoli di accesso per rappresentazioni teatrali e cinematografiche;
  • titoli per l’ingresso a musei, mostre ed eventi culturali e spettacoli dal vivo;
  • iniziative coerenti con le attività individuate nell’ambito del piano triennale dell’offerta formativa delle scuole e del Piano nazionale di formazione, di cui art. 1, c. 124, L. 107/2015 (Buona Scuola)

Ambito oggettivo di applicazione

(omissis)

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Con ricorso depositato il 31.1.2023, la parte in epigrafe , dopo aver premesso di aver lavorato alle dipendenze del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, ora M.I.M., quale docente, ha dedotto: di aver lavorato:

• A.s. 2018/2019 Dal 10/10/2018 al 9/11/2018, in forza di n. 5 contratti, senza soluzione di continuità, presso la scuola primaria (omissis),– dal 10/11/2018 al 1/12/2018 presso la scuola primaria (omissis) di Terlizzi, dal 7/12/2018 al 21/12/2018, senza soluzione di continuità in forza di n. 3 contratti presso la scuola dell’Infanzia (omissis), dal 16/1/2019 al 27/2/2019, in forza di n. 2 contratti presso la scuola primaria (omissis) di Terlizzi, dal 7/3/2019 al 29/3/2019 in forza di n. 3 contratti presso la scuola dell’Infanzia (omissis), , dal 3/4/2019 al 17/4/2019 in forza di n. contratti senza soluzione di continuità presso la scuola per l’Infanzia (omissis) di Molfetta, dal 6/5/2019 al 12/6/2019 senza soluzione di continuità presso la scuola primaria (omissis). (tutti suddetti servizi, pari a complessivi 181 giorni prestati per orario settimanale completo).

a. s. 2019/2020 Dal 1/10/2019 al 30/06/2020 presso la scuola primaria (omissis) per 24 ore settimanali;

a.s. 2020/2021 dal 19/10/2020 al 30/06/2021 presso la scuola primaria (omissis) per 24 ore settimanali;

a.s. 2021/2022 dal 9/9/2021 al 30/06/2022 presso la scuola primaria (omissis) per 24 ore settimanali;

a.s. 2022/2023 dal 8/9/2022 al 30/06/2023 presso la scuola primaria (omissis) per 24 ore settimanali.

Ai sensi della Legge n.107 del 13/7/2015 c.d. “Buona scuola”, per i suddetti periodi non le è stata riconosciuta la cd. “Carta del docente”, di importo pari ad € 500 annui, finalizzata all’acquisto di beni e servizi formativi per lo sviluppo delle competenze professionali e riservata, in base alla disciplina vigente (legge n. 107 del 13.07.2015 cd. “Buona Scuola” – D.P.C.M. n. 32313 del 23.09.2015), ai soli docenti di ruolo, a tempo pieno o part-time, con esclusione, quindi, dei docenti cd. precari come la ricorrente medesima; che tale disciplina è discriminatoria per contrasto anche con l’art. 3 e 35 della Costituzione e per violazione articoli 63 e 64 del CCNL di categoria che prevedono la centralità della formazione del docente; che con diffida stragiudiziale, rimasta senza esito, ha chiesto al Ministero il riconoscimento del diritto a beneficiare della cd. “Carta del docente” e del relativo bonus di € 500 per ciascun anno scolastico in cui ha lavorato, e quindi per complessivi € 2.500,00.

In conseguenza di ciò ha chiesto che il Tribunale accerti lo svolgimento del lavoro alle dipendenze del Ministero dell’Istruzione come insegnante con contratti a tempo determinato, riconosca il diritto a ottenere il beneficio della Carta Docenti, con valore di € 500,00 annui e condanni il Ministero dell’Istruzione e l’USR al pagamento di complessivi € 2.500,00; con vittoria di spese con attribuzione.

Il Ministero dell’Istruzione non si costituiva .

LA DECISIONE

Questioni preliminari

1. Preliminarmente non sussiste alcun difetto di giurisdizione dell’adito giudice ordinario. L’oggetto principale della domanda, infatti, consiste nella richiesta di riconoscimento di una prestazione di natura economica – che anzi può essere qualificata, come si evidenzierà nel prosieguo, come richiesta di un ristoro economico corrispondente al valore della c.d. carta docenti di cui non si è potuto fruire -, con la conseguenza che la controversia verte, in realtà, sulla pretesa di una prestazione di natura economica nei confronti del Ministero dell’Istruzione derivante dallo svolgimento del rapporto di lavoro.

Ne consegue, quindi, che alla luce del condivisibile orientamento costante dei Giudici di Legittimità, questo tipo di controversie, vertendo su atti che rientrano tra le determinazioni assunte con la capacità e i poteri del datore di lavoro privato (cfr. Cass. SS.UU. n. 16765/2014 e Cass. SS.UU. n. 3032/2011) rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario.

Il merito

Nel merito la domanda è fondata e va accolta nei termini che seguono.

Il quadro normativo

2.1 In primo luogo appare opportuno prendere le mosse dal quadro normativo di riferimento.

L’art. 35 della Costituzione prevede che “La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni.

Cura la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori.

Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro”, con ciò, quindi, attribuendo rilevanza costituzionale alla formazione dei lavoratori.

Il C.C.N.L. Scuola, inoltre, attribuisce rilievo centrale alla formazione dei docenti, disponendo, all’art. 63, rubricato “Formazione in Se.”, che “1. La formazione costituisce una leva strategica fondamentale per lo sviluppo professionale del personale, per il necessario sostegno agli obiettivi di cambiamento, per un’efficace politica di sviluppo delle risorse umane. L’Amministrazione è tenuta a fornire strumenti, risorse e opportunità che garantiscano la formazione in servizio. La formazione si realizza anche attraverso strumenti che consentono l’accesso a percorsi universitari, per favorire l’arricchimento e la mobilità professionale mediante percorsi brevi finalizzati ad integrare il piano di studi con discipline coerenti con le nuove classi di concorso e con profili considerati necessari secondo le norme vigenti.

Conformemente all’Intesa sottoscritta il 27 giugno 2007 tra il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione e le Confederazioni sindacali, verrà promossa, con particolare riferimento ai processi d’innovazione, mediante contrattazione, una formazione dei docenti in servizio organica e collegata ad un impegno di prestazione professionale che contribuisca all’accrescimento delle competenze richieste dal ruolo.

2.Per garantire le attività formative di cui al presente articolo l’Amministrazione utilizza tutte le risorse disponibili, nonché le risorse allo scopo previste da specifiche norme di legge o da norme comunitarie. (…)”.

Il successivo art. 64 del medesimo C.C.N.L., rubricato “Fruizione del diritto alla formazione”, prevede che “1. La partecipazione ad attività di formazione e di aggiornamento costituisce un diritto per il personale in quanto funzionale alla piena realizzazione e allo sviluppo delle proprie professionalità”.

La clausola 4 dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato del 18.3.1999, attuato dalla Direttiva 1999/70/CE del 28.6.1999, al punto 1 prevede: “Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive”; in particolare, al punto 4 della clausola si dispone che: “I criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive”.

L’art. 1, comma 121, della legge n. 107 del 13.07.2015 di riforma della scuola (cd. “Buona Scuola”) prevede che: “Al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali, è istituita, nel rispetto del limite di spesa di cui al comma 123, la Carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione del docente di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado. La Carta, dell’importo nominale di euro 500 annui per ciascun anno scolastico, può essere utilizzata per l’acquisto di libri e di testi, anche in formato digitale, di pubblicazioni e di riviste comunque utili all’aggiornamento professionale, per l’acquisto di hardware e software, per l’iscrizione a corsi per attività di aggiornamento e di qualificazione delle competenze professionali, svolti da enti accreditati presso il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, a corsi di laurea, di laurea magistrale, specialistica o a ciclo unico, inerenti al profilo professionale, ovvero a corsi post lauream o a master universitari inerenti al profilo professionale, per rappresentazioni teatrali e cinematografiche, per l’ingresso a musei, mostre ed eventi culturali e spettacoli dal vivo, nonché per iniziative coerenti con le attività individuate nell’ambito del piano triennale dell’offerta formativa delle scuole e del Pi. nazionale di formazione di cui al comma 124. La somma di cui alla Carta non costituisce retribuzione accessoria né reddito imponibile”.

Nel dare attuazione alla previsione normativa si è previsto, all’art. 2 del d.P.C.M. n. 32313 del 23.09.2015, che i destinatari della carta docenti siano “I docenti di ruolo a tempo indeterminato presso le Istituzioni scolastiche statali, sia a tempo pieno che a tempo parziale, compresi i docenti che sono in periodo di formazione e prova”, con ciò, quindi, escludendo i docenti assunti con contratto a tempo determinato.

2.2 Così ricostruito il quadro normativo di riferimento, appare evidente, già dalla lettura in sequenza delle disposizioni appena richiamate, che:

a) la Carta Docenti costituisce uno strumento destinato a favorire la formazione dei docenti;

b) la formazione costituisce elemento essenziale nell’attività lavorativa dei docenti, senza che rilevi, in questa prospettiva, la distinzione tra docenti assunti a tempo indeterminato e determinato.

Nel dare attuazione al disposto della legge n. 107/2015, che ha introdotto la “Carta Docenti”, si è scelto di riconoscere tale strumento solo ai docenti assunti a tempo indeterminato, dando luogo, in questo modo, a una evidente disparità di trattamento a danno dei docenti assunti a tempo determinato, senza che ciò trovi alcun tipo di giustificazione, considerata la omogeneità della prestazione lavorativa svolta – peraltro di rilevanza centrale e costituzionale in quanto tesa allo sviluppo della formazione e dell’istruzione del corpo docenti e, quindi, tramite esso, della popolazione – e l’identità della finalità di formazione del personale docente che, quindi, non può che essere comune a tutti i docenti, indipendentemente dalle relative modalità di assunzione.

Peraltro, la scelta effettuata appare ancora più irragionevole se si considera che sono stati inclusi nei destinatari della “Carta Docente” anche docenti assunti con contratto a tempo parziale – che, quindi, almeno astrattamente, potrebbero svolgere un numero di ore inferiore a quello di docenti assunti a tempo determinato ma con contratto a tempo pieno -, nonché docenti in periodo di prova e, quindi, come tali, non ancora inseriti a tutti gli effetti nell’organico ministeriale.

Ne consegue, quindi, l’illegittimità della determinazione assunta con il d.P.C.M. n. 32313/2015 nella parte in cui ha escluso dai destinatari dell’attribuzione della Carta Docenti i docenti assunti con contratto a tempo determinato, con conseguente disapplicazione della stessa e riconoscimento del diritto azionato in questa sede.

Il quadro giurisprudenziale

3.1 Tale ricostruzione del quadro normativo ha trovato riscontro in rilevanti decisioni giurisprudenziali, emesse sia in ambito interno che comunitario.

E così con la sentenza n. 1842/2022 del 16.03.2022, il Consiglio di Stato ha riformato la decisione del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Roma, Sezione Terza Bis, che con sentenza n. 7799/2016 del 7 luglio 2016 aveva respinto il ricorso proposto per l’annullamento della nota del M.I.U.R. n. 15219 del 15 ottobre 2015, nella parte in cui specificava che la “Carta del docente” e i relativi € 500,00 annui erano assegnati ai soli docenti di ruolo e non anche ai docenti con contratto a tempo determinato, nonché dell’art. 2 del d.P.C.M. n. 32313 del 23 settembre 2015.

Più specificamente, il Consiglio di Stato, in riforma della decisione del TAR Lazio, ha affermato che la scelta del Ministero di escludere dal beneficio della Carta Docenti il personale con contratto a tempo determinato presenta profili di irragionevolezza e contrarietà ai principi di non discriminazione e di buon andamento della P.A., con ciò affermando, quindi, l’illegittimità degli atti impugnati rispetto ai parametri di diritto interno desumibili dagli artt. 3, 35 e 97 Cost, distaccandosi quindi dall’idea di un sistema di formazione a “doppia trazione” tra docenti di ruolo, la cui formazione è obbligatoria, permanente e strutturale, e quindi sostenuta sotto il profilo economico con l’erogazione della Carta e docenti non di ruolo, per i quali non vi sarebbe alcuna obbligatorietà e, dunque, alcun sostegno economico.

Ancora più recentemente della questione è stata investita la Corte di Giustizia Europea che, con ordinanza del 18 maggio 2022 , resa nella causa C-450-21, chiamata a pronunciarsi della questione concernente la compatibilità con la normativa comunitaria della disposizione di cui all’articolo 1, comma 121, della legge 107/2015 con la clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato allegato alla Direttiva 1999/70/CE, ha affermato che la stessa deve essere interpretata nel senso che “(…) osta a una normativa nazionale che riserva al solo personale docente a tempo indeterminato del Ministero dell’Istruzione, e non anche al personale docente a tempo determinato di tale Ministero, il beneficio di un vantaggio finanziario dell’importo di € 500 all’anno, concesso al fine di sostenere la formazione continua dei docenti”.

In termini analoghi, peraltro, si è pronunciato il Tribunale di Torino, con la sentenza n. 515/2022 del 24.03.2022 resa in fattispecie analoga alla presente e, ancora più recentemente, il Tribunale di Marsala, con sentenza n. 803/2022 del 7.09.2022

3.2 Peraltro, l’interpretazione che equipara anche con riferimento alla Carta Docenti la posizione dei docenti non di ruolo a quella dei docenti di ruolo appare in linea anche con i principi affermati costantemente dalla Corte di Giustizia Europea, in relazione ad alcune note questioni come quella concernete il riconoscimento del servizio c.d. pre-ruolo svolto dai docenti precari nel periodo antecedente la stabilizzazione. Così, ad esempio, la decisione della Corte di Giustizia 22.12.2010, nei procedimenti riuniti C-444/09, Gaviero e C-456/09, (omissis) in cui si afferma che:

“un’indennità per anzianità di servizio … rientra nell’ambito di applicazione della clausola 4, punto 1, dell’Accordo Quadro, in quanto costituisce una condizione d’impiego, per cui i lavoratori a tempo determinato possono opporsi ad un trattamento che, relativamente al versamento di tale indennità, al di fuori di qualsiasi giustificazione obiettiva, sia meno favorevole di quello riservato ai lavoratori a tempo indeterminato che si trovano in una situazione comparabile. Il carattere temporaneo del rapporto di lavoro di taluni dipendenti pubblici non può costituire, di per sé, una ragione oggettiva ai sensi di tale clausola dell’Accordo Quadro”.

Del resto, sempre in materia di anzianità di servizio, ma affermando un principio che presenta sicuramente dei profili di connessione con la questione in esame, la Corte di Cassazione, con la nota sentenza della Suprema Corte n. 31149/2019, ha affermato che: “In tema di riconoscimento dell’anzianità di servizio dei docenti a tempo determinato poi definitivamente immessi nei ruoli dell’amministrazione scolastica, l’art. 485 del d.lgs. n. 297 del 1994 deve essere disapplicato, in quanto si pone in contrasto con la clausola 4 dell’Accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE, nei casi in cui l’anzianità risultante dall’applicazione dei criteri dallo stesso indicati, unitamente a quello fissato dall’art. 489 dello stesso decreto, come integrato dall’art. 11, comma 14, della l. n. 124 del 1999, risulti essere inferiore a quella riconoscibile al docente comparabile assunto “ab origine” a tempo indeterminato; il giudice del merito, per accertare la sussistenza di tale discriminazione, dovrà comparare il trattamento riservato all’assunto a tempo determinato poi immesso in ruolo, con quello del docente ab origine a tempo indeterminato, senza valorizzare, pertanto, le interruzioni fra un rapporto e l’altro, né applicare la regola dell’equivalenza fissata dal richiamato art. 489, e, in caso di disapplicazione, computare l’anzianità da riconoscere ad ogni effetto al docente assunto a tempo determinato, poi immesso in ruolo, sulla base dei medesimi criteri che valgono per l’assunto a tempo indeterminato”.

Secondo i principi affermati dalla Suprema Corte, in particolare, occorre verificare che non vi siano in concreto ragioni che giustifichino la disparità di trattamento dei docenti assunti a tempo determinato, come ad esempio, lo svolgimento di compiti e mansioni non del tutto assimilabili a quelle svolte dai docenti assunti a tempo indeterminato.

Nel caso di specie, nulla è stato provato che possa giustificare il diverso trattamento dei docenti e ciò ancora di più se si considera che viene in rilievo la formazione e l’aggiornamento del docente che non può che essere considerata identica sia per i docenti assunti a tempo indeterminato che per quelli assunti a tempo determinato. A ragionare diversamente, infatti, si dovrebbe ipotizzare che l’attività svolta dai docenti c.d. precari possa essere caratterizzata da un minor grado di aggiornamento del personale docente, il che certamente risulterebbe irragionevole e in contrasto con il principio costituzionale di eguaglianza e finirebbe, in definitiva, anche con il ledere irrimediabilmente il diritto all’istruzione costituzionalmente garantito, considerando che si avrebbe un corpo docenti la cui formazione è differenziata a seconda della stabilità o meno del rapporto di lavoro; il che, evidentemente, non è concepibile senza che si dia luogo ad una inammissibile disparità di trattamento.

3.3 Quanto al fatto che la Carta Docenti è stata concepita come uno strumento vincolato, che consente l’acquisto di libri e altri strumenti per la formazione del docente, mentre con il ricorso in esame si chiede il mero pagamento del corrispondente valore della carta, deve ritenersi che la domanda vada qualificata come di risarcimento danno per non aver fruito della somma di denaro corrispondente al valore della Carta Docenti in conseguenza di un illegittimo comportamento del Ministero dell’Istruzione e come tale sia ammissibile nei termini proposti; ciò anche in considerazione del fatto che essendo la domanda proposta da un docente precario questi potrebbe non essere attualmente inserito nell’organigramma scolastico, il che renderebbe sostanzialmente inattuabile l’esecuzione della decisione di condanna al rilascio della Carta.

Né può argomentarsi che il docente dovrebbe dare prova dell’esborso di somme ai fini della formazione, perché una soluzione di questo tipo finirebbe con il ledere ulteriormente la posizione del docente non di ruolo che, oltre a non aver ottenuto la Carta Docenti nei tempi e nella modalità previsti per i docenti di ruolo, avrebbe anche dovuto investire in autonomia sulla formazione senza nessuna certezza di ottenere il ristoro dell’esborso sostenuto.

Alla luce di ciò, considerato che è documentato e non contestato lo svolgimento dell’attività di docente per il periodo prospettato in ricorso nei termini innanzi chiariti, la domanda va accolta e va dichiarato il diritto del ricorrente a ottenere il beneficio economico della cd. “Carta del docente” e, quindi, del relativo bonus di € 500 per gli anni su indicati, con conseguente condanna del Ministero dell’Istruzione al pagamento di € 2500,00 in favore della ricorrente, oltre interessi e rivalutazione monetaria nei limiti di legge dalla presente sentenza al saldo.

Il ricorso va accolto anche per l’anno scolastico in corso, considerato che il pregiudizio deve ritenersi già concretizzato per il docente ricorrente che, sulla scorta dell’attuale disciplina non ha potuto presentare domanda per conseguire la carta e tenuto conto anche del lasso di tempo già trascorso dall’inizio dell’anno scolastico, che ha reso quindi certamente sussistente in concreto l’esigenza formativa alla cui realizzazione è preordinato tale prestazione.

Spese processuali

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate ai sensi del D.M. n. 55/2014, come modificato dal D.M. n. 147 del 13.08.2022, applicando i valori non inferiori ai minimi dello scaglione di riferimento (fino ad € 5.200,00), con esclusione della voce relativa alla fase istruttoria/di trattazione, tenuto conto della limitata attività processuale svolta (processo definito in un’unica udienza). Le spese sono liquidate con attribuzione al procuratore antistatario che ne hanno fatto richiesta nell’atto introduttivo.

P.Q.M.

Il Tribunale di Trani, Sezione Lavoro, definitivamente pronunciando sulla controversia come innanzi proposta, così provvede:

1. dichiara il diritto di ( omissis) ad ottenere il beneficio economico della cd. “Carta del docente” e, quindi, del relativo bonus di € 500 per gli anni scolastici di cui in narrativa ;

2. condanna, per l’effetto, il Ministero dell’Istruzione, in persona del Ministro pro tempore, al pagamento di € 2500,00 in favore del ricorrente;

3. condanna il Ministero dell’Istruzione, in persona del Ministro pro tempore, al pagamento delle spese processuali in favore del ricorrente che liquida in € 1100,00 per compenso professionale, oltre IVA, CPA e rimborso spese generali del 15% come per legge con attribuzione al procuratore antistatario.

Così deciso in Trani, il 23/05/2023

Allegati

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