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Tribunale Trani 12/09/2023, n. 1301

Massima

Sulla clausola relativa alla capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi, è ormai consolidato l’indirizzo giurisprudenziale secondo il quale tale pratica anatocistica è da considerarsi radicalmente nulla.

Supporto alla lettura

ANATOCISMO

L’anatocismo è quel fenomeno per il quale gli interessi producono nuovi interessi, e deriva dal fatto che nei rapporti di conto corrente periodicamente (mensilmente, trimestralmente, ecc.) vengono calcolati gli interessi passivi sulle somme utilizzate dal correntista. Questo comporta che, nel periodo di calcolo successivo, gli interessi siano calcolati non solo sul capitale utilizzato ma anche sugli interessi addebitati, di qui appunto l’anatocismo bancario.

Per capire se c’è anatocismo, è necessario verificare se gli interessi maturati sono stati aggiunti al capitale iniziale per calcolare gli interessi successivi, cioè se gli interessi non sono stati pagati o incassati durante il periodo di riferimento e sono stati invece aggiunti al capitale iniziale.

L’anatocismo bancario è vietato dall’art. 1283 c.c., la cui regola generale, che vale per ogni rapporto e non solo per quelli bancari, è infatti quella per cui gli interessi maturano solo sul capitale dovuto e non anche sugli interessi precedentemente maturati.

Fino al 1999 non si era posto il problema degli anatocismi bancari, era già presente, ma era considerato legittimo dalla giurisprudenza in relazione al fatto che la legge lo vietava, ma salvo che vi fossero usi contrari.

Attualmente l’anatocismo è consentito solo a determinate condizioni, infatti se le banche seguono le regole in vigore per il periodo successivo alla regolamentazione, non è più possibile sollevare contestazioni. E’ però possibile avviare cause che coinvolgano rapporti di conto corrente nei quali vi sia stato in passato anatocismo, sia che tali rapporti siano aperti, sia che siano chiusi. La ragione sta nel fatto che la prescrizione in un rapporto aperto non matura se non a determinate condizioni: per cui nei rapporti aperti o chiusi da meno di 10 anni è astrattamente possibile agire per la ripetizione degli interessi capitalizzati quando la normativa lo consentiva.

Ambito oggettivo di applicazione

Con atto di citazione notificato il 14 luglio 2020 il sig. (omissis) premettendo di avere ottenuto nel novembre 1983 dalla (omissis) s.p.a. (attuale (omissis) s.p.a., a seguito di successive vicende societarie), filiale di (omissis) l’apertura di un contratto di apertura di credito in conto corrente (originariamente identificato con il n. 31/101594) , e lamentando l’ingiustificato diniego, nel tempo, di estratti di conto corrente e riassunti scalari, fino al 1° gennaio 1997, e l’addebito di spese, commissioni e interessi non dovuti, che hanno determinato una crescita artificiosa ed esponenziale del saldo debitore, ha chiesto di accertarsi l’invalidità delle condizioni contrattuali contra legem ovvero l’applicazione di condizioni contrastanti con le convenzioni pattizie in relazione a tassi d’interesse debitori ultralegali, interessi anatocistici con capitalizzazione trimestrale, commissione di massimo scoperto, interessi per i cd. giorni di valuta (cd. valuta d’uso), oltre l’illegittimo esercizio dello ius variandi a favore dell’istituto di credito, e, per l’effetto, di determinarsi a mezzo CTU l’effettivo saldo di conto corrente, previo riconteggio delle somme transitate sul conto tra il 1° gennaio 1997 e la data di chiusura del conto (7.4.2017), e condannarsi la banca convenuta alla restituzione della somma indebitamente addebitata o riscossa, con vittoria in spese processuali da distrarsi in favore del procuratore costituito, dichiaratosi antistatario.

(omissis)convenuta, raggiunta da rituale notificazione dell’atto introduttivo, è rimasta contumace.

La causa è stata istruita documentalmente e con CTU contabile volta a rideterminare i saldi di conto sulla base dei quesiti posti con ordinanza del 7.6.2021.

A seguito di espletamento della CTU a mezzo del dott. (omissis) all’udienza del 12 maggio 2023 l’attore ha precisato le conclusioni a seguito di deposito di note conclusive, rinunciando ai termini per il deposito di comparse conclusionali.

Passando al merito della domanda, è opportuno premettere che il CTU non ha rinvenuto, agli atti, l’estratto conto relativo al mese di marzo 2010 e i riassunti scalari relativi al primo trimestre 2000 e al secondo trimestre 2010.

Purtuttavia, l’ausiliario è riuscito a ricostruire il rapporto attraverso la documentazione complessiva, operando i dovuti, ragionati raccordi. Tale modo di procedere è del tutto plausibile, considerato che “nei rapporti di conto corrente bancario, il correntista che agisca in giudizio per la ripetizione di quanto indebitamente trattenuto dalla banca non è tenuto a documentare le singole rimesse suscettibili di restituzione soltanto mediante la produzione di tutti gli estratti conto periodici, ben potendo la prova dei movimenti desumersi “aliunde”, vale a dire attraverso le risultanze di altri mezzi di prova, che forniscano indicazioni certe e complete, anche con l’ausilio di una consulenza d’ufficio, da valutarsi con un accertamento in fatto insindacabile innanzi al giudice di legittimità” (Cass., prima sezione civile, ordinanza n. 20621 del 19 luglio 2021).

Ebbene, il CTU ha concluso, nella terza ipotesi di rielaborazione del saldo di corrente che questo giudice ritiene di fare propria in quanto logica e compatibile con l’interpretazione della disciplina applicabile cui aderisce, che il correntista ha un credito di (omissis) nei confronti della banca. Il ricalcolo è stato effettuato stralciando gli addebiti trimestrali per interessi creditori e debitori, nonché la commissione di massimo scoperto e di remunerazione per la messa a disposizione di fondi (e con azzeramento di tutte le competenze trimestrali per il primo trimestre 2000 e il secondo trimestre 2010), ed imputando gli interessi, con applicazione della capitalizzazione semplice, a debito e a credito, alla data del 7.4.2017, al tasso nominale minimo e al tasso nominale massimo dei BOT emessi nei dodici mesi precedenti.

Il CTU, in particolare, ha rilevato che: nel contratto di apertura di credito stipulato il (omissis) non vi sono pattuizioni relative al tasso di interessi debitori, né ne sono state rinvenute in relazione al periodo precedente; la banca ha applicato interessi anatocistici con periodicità diversa degli interessi creditori (a capitalizzazione annuale) e di quelli debitori (a periodicità trimestrale). Non è stata applicata quindi alcuna capitalizzazione, neanche con riferimento al periodo successivo al 1° luglio 2000, non essendovi stato alcun adeguamento alla deliberazione (omissis) del 9 febbraio 2000; la banca ha applicato la commissione di massimo scoperto e la commissione di messa a disposizione fondi. Esse sono state espunte sia in relazione al periodo precedente al 31 dicembre 2009 sia in relazione al periodo successivo, essendo la relativa base di calcolo del tutto indeterminata. Come da quesito, inoltre, il CTU ha applicato l’art. 120, primo comma, d. lgs. 385/1993 (testo unico bancario) per la decorrenza delle valute.

Occorre evidenziare, in diritto, che l’art. 117 del testo unico bancario prevede che nel caso di mancata pattuizione degli interessi “si applicano: a) il tasso nominale minimo e quello massimo, rispettivamente per le operazioni attive e per quelle passive, dei buoni ordinari del tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal (omissis) dell’economia e delle finanze, emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto o, se più favorevoli per il cliente, emessi nei dodici mesi precedenti lo svolgimento dell’operazione”; e, quanto alla clausola relativa alla capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi, che è ormai consolidato l’indirizzo giurisprudenziale secondo il quale tale pratica anatocistica è da considerarsi radicalmente nulla, posto che essa non ha mai costituito, né oggi né in passato, un uso normativo, bensì, al più, un uso negoziale, unilateralmente imposto dalle banche ai propri clienti (cf. Cass., sez. un., 4 novembre 2004, n. 21095; Cass. 18 settembre 2003, n. 13739). Tale indirizzo giurisprudenziale è talmente pacifico da poter essere considerato vero e proprio “diritto vivente” (v. Cass. 30 novembre 2007, n. 25016). A nulla rileva, peraltro, che gli estratti conto siano stati tacitamente approvati dal correntista, posto che tale approvazione non può certo far superare la nullità delle clausole relative alla capitalizzazione trimestrale degli interessi, in quanto la nullità di tali clausole opera oggettivamente, e non è prevista la possibilità di convalida (art. 1423 c.c.). La ricostruzione dell’andamento del conto corrente deve quindi effettuarsi con esclusione di qualsiasi forma di capitalizzazione degli interessi, così come stabilito dalla pronuncia di Cass. n. 24418/2010, né può farsi luogo all’applicazione della capitalizzazione degli interessi passivi a far data dall’entrata in vigore della delibera (omissis) del 9 febbraio 2000 (1° luglio 2000), non essendo provato l’adeguamento delle condizioni in corso alla disciplina contenuta nell’art. 7 delibera (omissis) del 9 febbraio 2000, cui rinvia l’art. 120 del T.U. bancario che ammette la capitalizzazione a condizione che sia assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicità degli interessi debitori e creditori.

Nel ricalcolo, ancora, deve omettersi la commissione di massimo scoperto, in quanto priva di ogni copertura contrattuale fino al 31 dicembre 2009 e per il periodo successivo in quanto la relativa pattuizione deve ritenersi nulla per indeterminatezza dell’oggetto, perchè priva della puntuale indicazione della base di calcolo e dei criteri di addebito, ed in particolare della specificazione “se per massimo scoperto debba intendersi il debito massimo raggiunto anche in un solo giorno o piuttosto quello che si prolunga per un certo periodo di tempo, per cui la sua determinazione concreta è di fatto rimessa a valutazioni arbitrarie operate di volta in volta dalla banca” (cf. in particolare Corte d’appello di Bari, sentenza n. 66/2014; Tribunale di Milano, sentenza n. 9266/2016; Tribunale di Cagliari, sentenza n. 2219/2014). Ad analoga conclusione deve giungersi con riferimento alla commissione di messa a disposizione fondi, in quanto pattuita in violazione dei criteri legali contenuti nell’art. 117 bis d. lgs. 385/1993.

La domanda di ripetizione, quindi, merita accoglimento nei termini anzidetti.

Alla somma così determinata devono aggiungersi gli interessi legali, agli effetti di legge (art. 2033 c.c.), dalla data della chiusura del conto fino al saldo.

Le spese di lite seguono la soccombenza, sono determinate in applicazione dei parametri previsti dal D.M. n. 55/2014, come di recente modificato, e sono distratte in favore del procuratore costituito, avv. (omissis) dichiaratosi antistatario.

Le spese di (omissis) già liquidate a parte, sono poste a definitivo carico della (omissis) s.p.a., soccombente.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra domanda, eccezione e richiesta disattesa, così provvede: accerta la nullità delle clausole aventi a oggetto la pattuizione di interessi ultralegali, la commissione di massimo scoperto e la commissione di messa a disposizione fondi contenute nei contratti stipulati dalle parti; accerta l’illegittima applicazione della capitalizzazione degli interessi e delle date-valuta nel corso del rapporto intercorso tra le parti; accerta l’indebito incameramento, da parte della banca, della somma di (omissis); per l’effetto, condanna la (omissis) s.p.a. a restituire a (omissis) la somma complessiva di (omissis) oltre interessi legali a far data dalla chiusura del conto (7.4.2017) fino al soddisfo; condanna inoltre la (omissis) s.p.a. a rifondere a (omissis) le spese di lite, che si liquidano in (omissis) per esborsi documentati ed (omissis) per compensi, oltre rimborso forfettario delle spese generali, CPA e (omissis) come per legge, con distrazione in favore del procuratore costituito, avv. (omissis) antistatario; pone a definitivo carico della (omissis) s.p.a. le spese di (omissis) già liquidate con separato decreto.

Trani, 11 settembre 2023

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