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Tribunale Torre Annunziata, 04/12/2024, n.2038

Massima

La ratio del d.Lgs. 231/2001 è quella di sanzionare quei soggetti collettivi che siano colpevolmente disorganizzati, ossia reprimere quelle situazioni riconducibili alla c.d. colpa di organizzazione, che rappresenta il terreno fertile per quelle prassi illecite che si annidano proprio nei meandri delle organizzazioni complesse, caratterizzate dalla moltiplicazione dei centri decisionali. Colpa di organizzazione che non sarebbe possibile ravvisare nell’ambito dell’impresa individuale, in ragione di quella sostanziale coincidenza tra persona fisica ed attività imprenditoriale esplicata.

Supporto alla lettura

LA RESPONSABILITA’ DA REATO DEGLI ENTI E MODELLO 231

Il D.lgs. n. 231 dell’8 giugno 2001 (“Decreto 231”) pone a carico degli enti, delle società, delle persone giuridiche, delle associazioni anche prive di personalità giuridica una responsabilità amministrativa/penale in dipendenza di determinati reati commessi da un soggetto apicale o da un soggetto sottoposto, qualora realizzati nell’interesse o a vantaggio dell’ ente stesso e in conseguenza di una colpa di organizzazione ascrivibile all’ ente, sovvertendo, dunque, il tradizionale principio “societas delinquere non potest”.

Il sistema sanzionatorio previsto dal Decreto 231 prevede:

-sanzioni pecuniarie

-sanzioni interdittive

-confisca

-pubblicazione della sentenza

Al fine di evitare che l’ente incorra in una responsabilità di fatto penale, il Decreto 231 disciplina Il Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo (Modello 231) finalizzato a ridurre il rischio di commissione di reati da parte dell’ ente attraverso la previsione di procedure/regole di comportamento e protocolli che regolano e definiscono la struttura aziendale.
Affinché un Modello Organizzativo sia elaborato efficacemente, una organizzazione deve effettuare la valutazione del rischio, implementare le procedure specifiche, in grado di gestire il rischio e definire la struttura gestionale per la prevenzione dei reati.

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto che dispone il giudizio, emesso in data 11.4.2024, la ditta individuale (omissis), in uno al legale rappresentante della stessa, erano tratti a giudizio per rispondere dei reati loro ascritti in rubrica. Alla odierna udienza il PM ha eccepito l’erroneo esercizio dell’azione penale nei confronti della ditta individuale odierna imputata, sul rilievo della non applicabilità del D.Lgs. 231/2001 alle ditte individuali; il Tribunale, condividendo i rilievi del PM, ha disposto lo stralcio della posizione processuale della predetta ditta individuale, con formazione di autonomo fascicolo processuale, ed ha invitato le parti a concludere. All’esito della camera di consiglio, è stata emessa la sentenza di cui all’allegato dispositivo con contestuali motivi della decisione
Diritto

MOTIVI CONTESTUALI DELLA DECISIONE
Ritiene il Tribunale che debbano trovare accoglimento le conclusioni formulate dal pubblico ministero, cui si è associata la difesa, e per l’effetto deve essere emessa sentenza di non doversi procedere nei confronti della ditta individuale, in ragione dell’erroneo esercizio dell’azione penale nei confronti della stessa.Sul punto, occorre muovere dall’art. 1 D.Lgs. 231/2001, che perimetra dal punto di vista soggettivo il campo di applicazione della normativa de qua: “1. II presente decreto legislativo disciplina la responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato. 2. Le disposizioni in esso previste si applicano agli enti forniti di personalità giuridica e alle società e associazioni anche prive di personalità giuridica”.

Ebbene, in applicazione dell’art. 12 Disposizioni sulla legge generale, l’interprete dovrebbe prediligere l’esegesi letterale in tutti quei casi in cui il congegno normativo, per la sua linearità, lo consenta.

Muovendo da tale premessa, già l’interpretazione letterale della disposizione dovrebbe condurre a ritenere le imprese individuali escluse dal novero dei soggetti destinatari della disciplina, posto che – in disparte la nozione di “società” o di “associazioni anche prive di personalità’ giuridica”, cui pacificamente non può essere associata l’impresa individuale – residua la sola parola di “ente”, categoria non definita dal punto di vista normativo, a differenza di quanto accade per quelle di società (art. 2247 c.c.) e associazione (artt. 14 ss. c.c.)”. Ebbene, come chiarito dal legislatore delegato nella Relazione di accompagnamento al decreta, la scelta del termine “ente” deve essere letta – stante l’impossibilita di formulare un elenco tassativo di soggetti – in sinergia con la espressa indicazione di soggetti nominati, quali le “società” o le “associazioni anche prive di personalità giuridica”, di guisa da “indirizzare l’interprete verso la considerazione di enti che, seppur sprovvisti di personalità giuridica, possano comunque ottenerla”.

La Corte di Cassazione, in una primissima pronuncia sul tema, ha affermato che “la disciplina prevista dal D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, in materia di responsabilità da reato delle persone giuridiche, delle società e delle – associazioni, anche prive di personalità giuridica, non si applica alle imprese individuali, in quanto si riferisce ai soli enti collettivi” (Cass., Sez. 6, n. 18941 del 03/03/2004). A tale conclusione la Suprema Corte è giunta valorizzando:

1) la voluntas legis, e precipuamente, in punto di non espressa inclusione, il portato esegetico condensato nel brocardo “ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit”

2) l’esclusione di una disparità di trattamento, stante la diversità netta e sostanziale tra imprenditore individuale ed enti collettivi; 3) il divieto di analogia in malam partem, previsto dall’ art. 25 Cost.

Ad analoghe conclusioni perviene la Cass con sentenza più recente affermando che “La normativa sulla responsabilità da reato degli enti prevista dal D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231 non si applica alle imprese individuali, in quanto si riferisce ai soli soggetti collettivi” (Cass. Sez. 6, Sentenza n. 30085 del 16/05/2012 Ce. (dep. 23/07/2012) Rv. 252995-01).

Di fatto nell’impresa individuale, imprenditore ed attività coincidono e non ricorre quella duplicità di centri di imputazione necessaria ai fini che occupano. Dunque, stante, l’assenza di una tale scissione soggettiva tra persona fisica e soggetto meta-individuale, con l’applicazione all’impresa individuale del D.Lgs. 231/2001 – che lo si ricorda, si aggiunge alle disposizioni recate dal codice penale nei confronti della persona fisica -si finirebbe per dar luogo ad una doppia punizione del medesimo soggetto per il medesimo fatto, con violazione del principio del ne bis in idem sostanziale: la persona fisica, difatti, sarebbe punito quale autore materiale del reato e quale titolare dell’impresa che con lui, alfine, si immedesima.

D’altra parte la ratio del D.Lgs. 231/2001 è quella di sanzionare quei soggetti collettivi che siano colpevolmente disorganizzati, ossia reprimere quelle situazioni riconducibili alla c.d. colpa di organizzazione, che rappresenta il terreno fertile per quelle prassi illecite che si annidano proprio nei meandri delle organizzazioni complesse, caratterizzate dalla moltiplicazione dei centri decisionali. Colpa di organizzazione che non sarebbe possibile ravvisare nell’ambito dell’impresa individuale, in ragione di quella sostanziale coincidenza tra persona fisica ed attività imprenditoriale esplicata.

P.Q.M.
Letto l’art. 529 c.p.p. dichiara non doversi procedere nei confronti della ditta individuale (omissis), perché l’azione penale non doveva essere iniziata.

Così deciso in Torre Annunziata il 4 dicembre 2024.

Depositata in Cancelleria il 4 dicembre 2024.

Allegati

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