Omesso lo svolgimento del processo, ai sensi del nuovo testo dell’art. 132, comma 2 n. 4 c.p.c., appare comunque opportuno ripercorrere sinteticamente le domande proposte dalle parti al fine di esporre le ragioni della presente decisione.
Con atto di citazione ritualmente notificato in data 20.06.2013, T. R. conveniva in giudizio L. R. e la Ediltur Immobiliare S.a.s. di P. S., deducendo: che, in data 18.06.2011, l’attrice sottoscriveva una proposta di acquisto presso la Ediltur Immobiliare S.a.s. di P. S., per l’immobile ad uso abitativo di proprietà della convenuta sito in Giungano, alla via Palma (fabbricato unifamiliare composto da piano terra con soggiorno, angolo cottura, una camera e servizio e al primo piano da tre camere da ultimare, con annesso terreno di mq. 4800), realizzato in forza di permesso di costruire n. 56 del 31.12.2009; che, in data 22.06.2011, le parti stipulavano un contratto preliminare di compravendita per il prezzo complessivo di euro 180.000,00; che l’acquirente versava contestualmente la somma di euro 35.000,00 a titolo di caparra; che successivamente venivano versati ulteriori acconti in data 30.06.2011 (euro 5.000,00), 09.07.2011 (euro 15.000,00) e 21.07.2011 (euro 2.000,00), per un totale di euro 57.000,00; che il termine per la stipula del contratto definitivo veniva fissato al 30.10.2011; che prima della stipula la parte acquirente accertava che l’immobile oggetto di preliminare presentava delle irregolarità tali da non consentire la stipula del rogito notarile; che tali difformità venivano contestate con missiva del 22.11.2011, comunicando anche la risoluzione del preliminare e chiedendo la restituzione delle somme versate;
che ogni tentativo di bonario componimento era risultato vano; che in data 28.09.2012 la convenuta aveva alienato l’immobile oggetto di preliminare a terzi al prezzo di euro 135.000,00; che sussistevano i presupposti per la risoluzione del contratto atteso che la convenuta non aveva depositato la documentazione necessaria alla stipula del contratto definitivo nel rispetto delle obbligazioni assunte con il contratto preliminare ed, in particolare, il certificato attestante la destinazione d’uso dell’immobile, il certificato di agibilità ed il certificato di collaudo; che, inoltre, l’immobile era difforme dai provvedimenti autorizzatori; che tanto risultava provato dal un nuovo permesso di costruire in sanatoria richiesto dalla convenuta ed ottenuto in data 18.05.2012 (permesso di costruire n. 22 del 18.05.2012); che l’immobile promesso in vendita veniva espressamente indicato ad uso abitativo ed in regola con il permesso di costruire n. 09 del 31.02.2009, laddove alla data fissata per la stipula del definitivo non presentava alcuna delle qualità promesse; che in relazione all’accaduto sussisteva anche una responsabilità dell’agenzia immobiliare che aveva svolto l’attività di intermediazione nell’acquisto senza rendere edotta l’acquirente dei vizi dell’immobile.
Chiedeva, in via principale, di accertare la risoluzione del contratto preliminare intercorso fra le parti per grave inadempimento della parte venditrice e di condannare la convenuta e l’agenzia immobiliare al pagamento in favore dell’istante della somma di euro 70.000,00, quale doppio della caparra versata, nonché alla restituzione della somma di euro 22.000,00 (versata a titolo di acconto), oltre interessi; di accertare, altresì, la responsabilità dell’agenzia immobiliare Ediltur Immobiliare s.a.s. di P. S. e di condannarla al risarcimento del danno subito da liquidarsi nella misura delle somme versate alla promissaria venditrice, ovvero nella misura ritenuta di giustizia; il tutto con vittoria delle spese di lite da distrarsi in favore del procuratore antistatario.
Con comparsa tempestivamente depositata in data 12.11.2013, si costituiva in giudizio L. R. contestando la domanda. In particolare, la convenuta deduceva che al momento della stipula della proposta di vendita, comunicava all’acquirente tutte le notizie circa il bene da vendere ed, in particolare che il bene in oggetto era in fase di accatastamento e si impegnava – all’atto della stipula del rogito a consegnare la certificazione di destinazione urbanistica; che la venditrice si attivava prontamente affinché fossero eliminati gli eventuali vizi esistenti e l’immobile fosse corredato di tutta la certificazione necessaria; che nelle more l’acquirente confidava alla venditrice di avere difficoltà ad ottenere l’erogazione del mutuo necessario per l’acquisto; che le motivazioni addotte a sostegno della risoluzione del contratto in data 22.11.2011 erano note all’acquirente sin dalla stipula del preliminare; che la convenuta riusciva a vendere il suo immobile a terzi solo in data 28.09.2012 al minor prezzo di euro 135.000,00, subendo un evidente danno economico.
Chiedeva di rigettare la domanda proposta dall’attrice; di accertare il grave inadempimento della promissaria acquirente e di dichiarare la risoluzione del contratto preliminare concluso dalle parti; in via riconvenzionale di condannare l’attrice al risarcimento dei danni subiti dalla convenuta, nella misura di euro 45.000,00, con vittoria delle spese di lite da distrarsi in favore del procuratore antistatario.
Sebbene ritualmente evocata in giudizio con atto notificato in data 20.06.2013, non si costituiva invece la Ediltur Immobiliare S.a.s. di P. S., che va quindi dichiarata contumace.
Con memoria depositata in data 24 aprile 2014, ex art. 183 comma VI n. 1 c.p.c., parte convenuta, deducendo di aver subito un danno all’immagine a seguito della denuncia presentata dall’attrice per il reato di truffa (nell’ambito di un procedimento penale dinanzi al Tribunale di Salerno conclusosi con decreto di archiviazione), chiedeva la condanna dell’attrice al risarcimento anche del danno indicato, da liquidarsi nella somma ritenuta di giustizia.
La causa veniva istruita sulla base della documentazione in atti e mediante prova testi e successivamente assegnata allo scrivente magistrato in data 23.05.2016.
Rinviata per esigenze di ruolo, la causa veniva riservata in decisione
all’udienza del 30 maggio 2023, senza la concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Tanto premesso, risulta documentato che le parti, con proposta di acquisto accettata in data 18.06.2011, si obbligavano, rispettivamente, ad acquistare e a vendere l’immobile oggetto di causa (del quale veniva espressamente indicata la Destinazione d’uso abitativo e la conformità edilizia al permesso di costruire n. 09 del 31.02.2009 variante) al prezzo complessivo di euro 180.000,00, con termine per la stipula del definitivo inizialmente fissato al 30.09.2011. Tuttavia, con successivo contratto preliminare in data 22.06.2011 le parti precisavano che la proprietà risulta essere in fase di accatastamento, ed a propria cura e spese della parte venditrice, che consegna alla parte acquirente entro e non oltre 15 gg copia della visura catastale; che la parte venditrice a norma dell’art. 30, secondo comma, DPR 380/2001, alla stipula del rogito notarile presenterà certificazione di destinazione urbanistica rilasciato dal responsabile del servizio del Comune di Giungano; che il prezzo sarebbe stato corrisposto con il versamento di euro 35.000,00 al preliminare a titolo di caparra confirmatoria, mentre la somma residua sarebbe stata corrisposta alla stipula del rogito notarile che avverrà entro e non oltre il 30.10.2011. Con firma per quietanza in calce allo stesso contratto preliminare, le parti davano atto dell’avvenuto versamento di ulteriori somme (quale acconto ulteriore sul prezzo pattuito) in favore della parte promissaria venditrice ed, in particolare, euro 5.000,00 in data 30.06.2011, euro 15.000,00 in data 09.07.2011 ed euro 2.000,00 in data 21.07.2011.
La parte venditrice, inoltre, garantiva espressamente che il bene alienato è libero da pesi, pegni, ipoteche e trascrizioni pregiudicanti in genere. Parte acquirente dava invece atto di aver preso visione dell’immobile.
L’attrice ha censurato la condotta di controparte sotto plurimi profili e segnatamente, per aver compromesso in vendita un immobile che, fino al momento della stipula del rogito notarile, fissata contrattualmente per il giorno 30/10/2011, era affetto da vizi ed irregolarità urbanistiche, amministrative e catastali che impedivano al Notaio rogante la stipula di un valido atto pubblico, in quanto, secondo quanto emerso dopo la stipula del preliminare, la costruzione era difforme per: 1) destinazione d’uso; 2) per documentazione riguardante il deposito strutturale; per il numero di unità immobiliari.. (cfr. diffida in data 22.11.2011).
Per quanto concerne le dedotte problematiche, in realtà le stesse risultano emerse già all’atto della stipula del contratto preliminare in data 22.06.2011, laddove si dava atto che la proprietà risulta essere in fase di accatastamento e la parte venditrice assumeva l’obbligo, a propria cura e spese di attivarsi per completare la procedura amministrativa necessaria a produrre, alla data di stipula del rogito notarile, la certificazione di destinazione urbanistica rilasciato dal responsabile del servizio del Comune di Giungano.
Ebbene, alla luce delle emergenze probatorie in atti, deve ritenersi provato l’inadempimento della parte venditrice rispetto alle obbligazioni assunte con il preliminare, non essendosi la stessa attivata perché fossero eliminati gli eventuali vizi esistenti e l’immobile fosse corredato di tutta la certificazione necessaria.. per il trasferimento della proprietà in data anteriore a quella fissata per la stipula del contratto definitivo. Emerge, infatti, dall’esame della documentazione versata in atti che solo in data 17.04.2012, la promissaria venditrice presentava al Comune di Giungano domanda per il rilascio di permesso di costruire per l’esecuzione dei lavori di variante al permesso di costruire n. 56/2009 del 31.12.2009 per il completamento e cambio della destinazione d’uso da deposito ad abitazione del piano terra del fabbricato ubicato sulle p.lle nn. 313 e 358 del foglio 3, località Palma oggetto di causa (permesso che veniva rilasciato in data 18.05.2012).
Ritiene tuttavia il Tribunale che tale inadempimento non giustifichi la risoluzione del contratto.
Sul punto va chiarito che, in tema di compravendita immobiliare, la mancata consegna al compratore del certificato di destinazione urbanistica o di abitabilità non determina, in via automatica, la risoluzione del contratto preliminare per inadempimento del venditore, dovendo essere verificata in concreto l’importanza e la gravità dell’omissione in relazione al godimento e alla commerciabilità del bene; e la risoluzione non può essere pronunciata ove in corso di causa si accerti che l’immobile promesso in vendita presentava tutte le caratteristiche necessarie per l’uso suo proprio e che le difformità edilizie rispetto al progetto originario erano state sanate a seguito della presentazione della domanda di concessione in sanatoria, del pagamento di quanto dovuto e del formarsi del silenzio assenso sulla relativa domanda (Cass. civ., 31 maggio 2010, n. 13231 e in precedenza tra le tante Cass. 9 giugno 2010, n. 13840; Cass. 5 dicembre 2017, n. 29090; Cass. 13 agosto 2020, n. 17123). Anche la giurisprudenza di merito (si veda Corte appello Milano sez. IV, 18/03/2021, n.871) condivisibilmente argomenta “In sostanza, nella vendita di immobili destinati ad abitazione, la mancata consegna del certificato di agibilità, di destinazione urbanistica o di abitabilità impone una indagine volta ad accertare la causa effettiva di tale situazione, posto che il suo omesso rilascio può dipendere da molteplici cause, quali una grave violazione urbanistica, la necessità di interventi edilizi oppure dall’esistenza di meri impedimenti o ritardi burocratici che non attengono alla oggettiva attitudine del bene ad assolvere la sua funzione economico sociale. Pertanto, l’eventuale relativo inadempimento del venditore può assumere connotazioni di diversa gravità senza necessariamente esser tale da dare luogo a risoluzione del contratto”.
Da tale principio deriva che potrà essere dichiarata la risoluzione del contratto di compravendita solo ove non sussistano le condizioni per ottenere il certificato richiesto.
Nel caso de quo il certificato di destinazione urbanistica ad uso abitativo è stato rilasciato (cfr. permesso in data 18.05.2012, in atti), sebbene in ritardo rispetto alla data fissata dagli acquirenti per il rogito, e dunque non si ravvisa nella condotta di parte venditrice né la colpa né la gravità che legittimerebbero la risoluzione del preliminare ex artt. 1218 e 1256 c.c.
Neppure può ritenersi che nella fattispecie la gravità dell’inadempimento derivi dalla mera violazione del termine per la stipula del contratto definitivo, che non può qualificarsi come essenziale. In materia contrattuale, infatti, il termine per l’adempimento può essere ritenuto essenziale, ai sensi dell’articolo 1457 del Cc, solo quando, all’esito di indagine, da condurre alla stregua delle espressioni adoperate dai contraenti e, soprattutto, della natura e dell’oggetto del contratto, risulti inequivocabilmente la volontà delle parti di ritenere perduta l’utilità economica del contratto con l’inutile decorso del termine medesimo (v. Cassazione civile sez. II, 14/02/2013, n.3710). Tale volontà non può desumersi solo dall’uso dell’espressione entro e non oltre quando non risulti dall’oggetto del negozio o da specifiche indicazioni delle parti che queste hanno inteso considerare perduta l’utilità prefissasi nel caso di conclusione del negozio stesso oltre la data considerata. Nel caso di specie, avente ad oggetto la richiesta di risoluzione di contratto preliminare di vendita di un immobile, la natura essenziale del termine indicato nel dedotto preliminare va esclusa, attesa la formulazione letterale della clausola, la natura, l’oggetto ed il comportamento tenuto dalle parti, da cui non può desumersi che le stesse subordinassero l’utilità economica dell’affare al termine così come pattuito.
Va poi evidenziato che parte attrice non ha dedotto o provato che l’inadempimento della parte promissaria venditrice abbia impedito l’erogazione del mutuo richiesto per l’acquisto dell’immobile oggetto di preliminare. Sul punto si evidenzia che la doglianza non è stata tempestivamente sollevata nell’ambito dell’atto di citazione o della memoria ex art. 183 comma VI n. 1 c.p.c. e che le dichiarazioni rese dai testi escussi sul punto non appaiono decisive, essendosi gli stessi limitati a riferire informazioni apprese dalla stessa parte attrice (cfr. dichiarazioni testi B. C. e C. V., escussi all’udienza del 11.11.2015), laddove la stessa non ha documentato né di aver avviato una pratica per la concessione del mutuo né il rigetto della stessa.
Venendo alle contestazioni sollevate da parte convenuta, va evidenziato che quest’ultima ha dedotto che, in realtà, la mancata stipula del contratto definitivo sarebbe addebitabile alla parte promissaria acquirente, la quale avrebbe avuto difficoltà ad ottenere il mutuo necessario alla conclusione dell’affare per carenza di idonee garanzie patrimoniali ed avrebbe quindi deciso di sottrarsi agli impegni economici assunti, chiedendo la risoluzione del contratto.
Tanto premesso, non vi è prova in atti che la promissaria acquirente, contestualmente o dopo la mancata stipula, abbia manifestato la volontà di rinunciare all’acquisto per l’impossibilità di far fronte agli impegni economici assunti. D’altro canto, non risulta allegato o provato che, dopo tale episodio, la promissaria venditrice abbia, dal canto suo, costituito in mora la parte acquirente insistendo per la stipula del contratto definitivo, neppure a seguito della regolarizzazione dell’immobile e del rilascio della documentazione attestante la destinazione d’uso.
Da quanto precede, deriva che l’inadempimento delle parti, sopra descritto, è stato reciproco nonché caratterizzato da pari gravità, impedendo in misura altrettanto pari l’esecuzione del contratto preliminare per cui è causa.
Acclarata l’insussistenza dei reciproci inadempimenti per come rispettivamente addebitati a carico di entrambe le parti che hanno mostrato, ciascuna per proprio conto, di non avere più interesse alla prosecuzione del rapporto negoziale, va in ogni caso pronunciata la risoluzione del contratto concluso dalle parti.
Infatti, il giudice che accerti l’inesistenza di singoli specifici addebiti, non potendo pronunciare la risoluzione per colpa di taluna di esse, deve dare atto dell’impossibilità dell’esecuzione del contratto per effetto della scelta di entrambi i contraenti ex art. 1453, comma 2, c.c., e pronunciare comunque la risoluzione del contratto, con gli effetti di cui all’art. 1458 c.c., essendo le due contrapposte manifestazioni di volontà dirette all’identico scopo dello scioglimento del rapporto negoziale (così Cass. n. 6675/2018, Cass. n. 10389/2005 e Cass. n. 15167/2000).
Peraltro la decisione di ritenere il contratto risolto non viola il disposto di cui all’art. 112 c.p.c., trattandosi di questione rilevabile d’ufficio dal giudice, affermandosi in giurisprudenza che in tema di scioglimento del contratto, la risoluzione consensuale dello stesso non costituisce materia di eccezione in senso proprio, ma rappresenta un fatto oggettivamente estintivo dei diritti nascenti dal negozio bilaterale, che, se ed in quanto rilevante ai fini del decidere, può essere accertato di ufficio dal giudice (Cass. n. 24802/2006; Cass. n. 10201/2012; Cass. n. 6125/2014).
Dallo scioglimento del rapporto contrattuale derivano per le parti gli obblighi restitutori in ordine alle prestazioni ricevute, non potendo applicarsi il disposto di cui all’art. 1385 c.c., co. 2, essendo inadempiente anche la parte che ha ricevuto la caparra (che ha, anzi, realizzato con terzi soggetti l’economia dell’affare) e che, conseguentemente, va condannata a restituire all’attrice la complessiva somma di Euro 57.000,00, oltre interessi legali dalla data della domanda (con lettera di costituzione in mora in data 22.11.2011) al soddisfo, secondo le norme sull’indebito oggettivo.
Il reciproco inadempimento giustifica altresì il rigetto delle reciproche domande di risarcimento dei danni avanzate dalle parti.
Venendo alle domande proposte nei confronti della Ediltur Immobiliare S.a.s. di P. S., le stesse vanno rigettate atteso che nella fattispecie non si configura alcuna responsabilità dell’agenzia immobiliare in relazione all’inadempimento posto in essere dalla parte promissaria venditrice. Neppure risulta configurabile un’autonoma responsabilità della Ediltur per violazione degli obblighi di informazione nei confronti del cliente, dato che risulta provato in via documentale che al momento della stipula del preliminare la parte promissaria acquirente era a conoscenza del fatto che l’immobile non era ancora stato accatastato (e non presentava quindi la destinazione abitativa richiesta) e che la parte promissaria venditrice si era espressamente obbligata ad avviare e completare la pratica amministrativa necessaria a regolarizzare l’immobile entro la data fissata per il rogito notarile.
La reciprocità degli inadempimenti e l’esito del giudizio, con configurabilità di una soccombenza reciproca, giustificano la parziale compensazione delle spese processuali, con condanna della convenuta al pagamento, in favore dell’attrice, della restante metà (1/2) delle stesse, che vengono liquidate per intero (1/1) come in dispositivo, in base a valori inferiori a quelli medi (in considerazione della semplicità delle questioni trattate) del D.M. n. 55/14 e successive modifiche (scaglione da euro 52.001,00 ad euro 260.000,00), con attribuzione in favore del difensore antistatario.
P.Q.M.
IL TRIBUNALE DI SALERNO SEZIONE SECONDA CIVILE, in composizione monocratica, definitivamente pronunziando nella controversia civile promossa come in epigrafe, disattesa ogni altra istanza ed eccezione, così provvede:
1. Dichiara risolto il contratto preliminare di compravendita stipulato tra le parti in data 22.06.2011 e condanna L. R. a restituire a T. R. la complessiva somma di Euro 57.000,00, oltre interessi legali dalla data della domanda (22.11.2011) al soddisfo;
2. Rigetta le altre domande proposte dalle parti;
3. Compensa nella misura di 1/2 le spese di lite e condanna L. R. al pagamento, in favore di T. R., della restante metà, che si liquida per intero in euro 700,00 per esborsi ed euro 10.000,00 per compensi, oltre IVA, CPA e rimborso spese forfetario al 15% sulle voci imponibili di legge;
4. Dispone la distrazione delle spese indicate in favore del procuratore costituito per parte attrice, per dichiarato anticipo.
Così deciso in Salerno, in data 16.08.2023.
