Il politico (omissis), ex ministro della Repubblica, ritenne di commentare la circostanza sul social network Twitter nei termini che seguono:
Alla richiesta di illustrare meglio il proprio pensiero, formulata da un utente del social, (omissis) rispose come segue:
Ebbene, il Codacons con citazione notificata il 18 novembre dello stesso anno ha convenuto in giudizio Ca., chiedendo di essere risarcita per il danno cagionatole dalle espressioni utilizzate dal politico, ritenute offensive del prestigio dell’associazione, attiva nella difesa dei consumatori.
Lamenta dunque Codacons che il breve commento di (omissis) abbia in parte determinato uno svilimento delle proprie funzioni, e per altro verso diffuso una informazione distorta sul meccanismo di finanziamento dell’ente. Altra ragione di doglianza viene poi indirizzata all’accenno che Ca. svolge in merito al proprio operato di ministro dello Sviluppo Economico, allorquando egli avrebbe ‘tagliato’ buona parte dei finanziamenti a ‘codacons e affini’ (in contrasto con le previsioni della legge 388/2000), operazione che Codacons riconduce ad un intenzionale svilimento del proprio ruolo e delle proprie funzioni.
(omissis), nel costituirsi, respinge in primo luogo l’attribuzione di una valenza ingiuriosa ed infamante alle proprie esternazioni; in secondo luogo rivendica di avere agito nell’esercizio del proprio diritto di critica politica.
Ai fini della decisione devono quindi essere tracciati i confini del diritto di manifestazione del pensiero, in particolare nella forma del diritto critica.
È bene innanzi tutto chiarire (come si legge in Cass. Pen. sentenza 4853/2011 e nei precedenti ivi richiamati), che l’esigenza di ricorrere al diritto di critica come scriminante, si pone nei casi in cui l’espressione critica comporti necessariamente valutazioni negative circa le qualità del destinatario; dunque l’offesa esiste, ma è scriminata, perché formulata nell’esercizio di un diritto; laddove vengano meno invece i requisiti minimi dell’offesa stessa, non assume alcun rilievo l’esplorazione dei limiti del diritto di critica.
In tal senso la difesa del convenuto appare poco ‘centrata’ laddove sembra sovrapporre i due profili della critica politica e della natura offensiva delle espressioni usate, quasi che la presenza dell’una necessariamente escluda l’altra.
Sostenere che un ente sia completamente inutile, descriverlo come una semplice fabbrica di sterili polemiche, vantarsi di avere ristretto – nella propria qualità di Ministro l’afflusso di finanziamenti ad esso destinato per legge, indubbiamente costituisce un’affermazione foriera di discredito.
Tuttavia, in concreto, si ritiene che la condotta del convenuto sia effettivamente coperta dalla scriminante del diritto di critica.
Non vi è dubbio alcuno che nella percezione degli utenti del social, l’esternazione di (omissis) abbia assunto in contorni della manifestazione di un giudizio critico del tutto personale, e non di una rappresentazione obiettiva di fatti specifici.
Si ricorda che il diritto di critica, costituendo la rappresentazione di un punto di vista personale dell’autore, se non richiede che le osservazioni screditanti rivestano carattere obbiettivo, per assurgere a causa di giustificazione, postula però che la critica non sia formulata in modo gratuito e che non contenga espressioni inutilmente volgari, umilianti o non consone; il legittimo esercizio del diritto di critica, pur potendo contemplare (tanto più in ambito politico) toni aspri e manifestazioni di dissenso più ‘forti’ ed incisive di quelle in uso nella dialettica ordinaria, deve però restare improntato al canone della pertinenza, e non può tradursi in un attacco personale gratuito.
Ricorda in proposito la Cassazione penale che In tema di diffamazione, l’esimente del diritto di critica postula una forma espositiva corretta, strettamente funzionale alla finalità di disapprovazione e che non trasmodi nella gratuita ed immotivata aggressione dell’altrui reputazione, ma non vieta l’utilizzo di termini che, sebbene oggettivamente offensivi, hanno anche il significato di mero giudizio critico negativo di cui si deve tenere conto alla luce del complessivo contesto in cui il termine viene utilizzato. (Sez. 5, Sentenza n. 17243 del 19/02/2020 Ud. (dep. 05/06/2020 );
Dunque nel diritto di critica (specie se raffrontato al diritto di cronaca) il canone della verità assume un rilievo affievolito, e si restringe in certo senso al contenuto degli eventuali fatti o comportamenti specifici sui quali la critica è esercitata; laddove poi la critica sia più generale – come nel caso in esame – assume maggiore rilevanza il canone della pertinenza, da intendersi sia come precipitato dell’interesse pubblico alla diffusione di un determinato pensiero, sia come principio di razionalità delle argomentazioni utilizzate, che altrimenti trasmodano, appunto, in gratuito insulto.
Ebbene, il convenuto (omissis), reagendo ad una notizia diffusa via web dalla stessa associazione attrice (l’avere cioè Essa presentato un esposto per lamentare la cattiva gestione delle votazioni popolari durante il festival di Sanremo appena celebrato), ha a sua volta manifestato pubblicamente il proprio pensiero secondo cui Codacons si renderebbe protagonista di battaglie di assai scarsa rilevanza, per di più utilizzando in parte risorse finanziarie di provenienza pubblica.
Dunque una critica di ordine generale, formulata a partire da un fatto (l’episodio – Sanremo) di cui non è in discussione la storicità, così come non è in discussione la circostanza che la legge attribuisca alle associazioni a tutela dei consumatori una porzione delle risorse statali.
La questione può considerarsi di pubblico interesse sia in considerazione dell’occasione da cui è scaturita (una manifestazione canora estremamente popolare in Italia), sia delle figure coinvolte (una associazione di indubbia notorietà ed un uomo politico).
Il pensiero è espresso in toni sicuramente accesi, che possono risultare anche sgradevoli, ma che risultano comunque consoni al contesto comunicativo di un social network quale Twitter, la cui denominazione, tratta dall’inglese tweet, evoca, oltre al cinguettio degli uccelli, una forma di comunicazione per rapide sequenze; si tratta di un contenitore ove – anche nel caso in cui si disponesse di un apparato argomentativo articolato e complesso – non sarebbe possibile veicolare se non veloci suggestioni, ed ove pertanto può risultare indubbiamente più idoneo a destare l’attenzione dei lettori un linguaggio tagliente ed esplicito quale quello in concreto adottato dal convenuto.
In conclusione, la domanda deve essere respinta.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate sulla base del valore dichiarato in citazione.
il tribunale definitivamente pronunciando nella causa in epigrafe,
– rigetta la domanda;
– condanna la parte attrice a rifondere alla controparte le spese di lite, liquidate in ragione di E 4.151,00 per compensi professionali, oltre iva cpa e spese generali (15%).
Così deciso in Roma, in data 27.12.2021
Depositata in cancelleria il 29/12/2021
