MOTIVI DELLA DECISIONE
Con atto di citazione, ritualmente notificato, la Vultur Pan s.r.l., convenendo in giudizio Invitalia s.p.a. dinanzi al Tribunale di Roma, proponeva opposizione al decreto ingiuntivo n. 12256/2014, emesso in data 23 maggio 2014, per sentir “1) “dichiarare inefficace il decreto ingiuntivo per inoperatività della norma relativa alla concessione della rimessione in termini nel procedimento monitorio”; 2) “accertare che la clausola n. 20 dell’accordo è vessatoria nella parte in cui concede all’opposto la revoca del beneficio”; 3) “accertare che non vi sono stati inadempimenti e che ove esistenti essi siano di scarsa importanza e tali da non giustificare il recesso, ove possibile”; 4) “accertare che il credito vantato non è assistito da prova scritta relativamente agli interessi”.
Premetteva l’opponente di aver ricevuto, in data 8 settembre 2015, la notificazione del decreto opposto con il quale le era stato ingiunto il pagamento nei confronti dell’opposta della somma di euro 622.587,08, oltre spese.
Eccepiva, in via preliminare, la sopravvenuta inefficacia del decreto, in quanto notificato oltre il termine previsto dall’art. 644 c.p.c., a seguito di rimessione in termini concessa irritualmente.
Nel merito, sosteneva che il decreto fosse stato emesso in difetto dei presupposti; che l’opposta avesse esercitato il diritto di recesso dal contratto, in forza di clausola vessatoria non approvata specificamente nelle forme previste dall’art. 1341 c.c.; che la revoca delle agevolazioni concesse da parte dell’opposta non fosse intervenuta nelle forme previste in contratto, non essendo stato neppure individuato l’inadempimento dell’opponente alle obbligazioni assunte.
Si costituiva la parte opposta, contestando la fondatezza dei motivi di opposizione e concludendo nei seguenti termini: “..in via preliminare, atteso che l’opposizione per cui si procede non è fondata su prova scritta né di pronta soluzione, concedere ai sensi dell’art. 648 c.p.c. la provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo n. 12256/2014 del 02.04.2014, depositato il 15.05.2014; nel merito, ritenere e dichiarare la risoluzione del contratto di finanziamento per tutte le inadempienze addebitabili alla Vultur Pan s.r.l.; per tutte le motivazioni in fatto ed in diritto meglio dedotte in narrativa, rigettare l’opposizione per cui si procede, confermando il decreto ingiuntivo n. 12256/2014, condannando controparte al pagamento della somma ingiunta, oltre ad interessi legali e rivalutazione monetaria sul capitale dal dì del dovuto e fino a saldo avvenuto; tenuto conto del contegno processuale dell’opponente, condannare controparte per lite temeraria anche ai sensi dell’art. 96 c.p.c..
Con vittoria di spese ..”.
Con ordinanza depositata in data 19 febbraio 2016, era concessa la provvisoria esecutività del decreto opposto.
Il giudizio era istruito mediante acquisizione dei documenti prodotti dalle parti; queste ultime precisavano le conclusioni all’udienza del 18 settembre 2019, nella quale la causa era trattenuta in decisione con concessione dei termini previsti dall’art. 190 c.p.c. nei quali le parti non depositavano scritti conclusivi.
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L’opposizione è infondata a non merita, pertanto, accoglimento.
Va preliminarmente respinta l’eccezione di sopravvenuta inefficacia del decreto ingiuntivo opposto, essendo stata la parte ricorrente rimessa in termini per la notifica del decreto da parte del Giudice che lo aveva emesso, con provvedimento del 29 luglio 2015, ai sensi dell’art. 153 c.p.c., In ogni caso, quand’anche la notificazione del decreto ingiuntivo fosse intervenuta oltre i termini di legge, secondo orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, a seguito dell’instaurazione del procedimento di opposizione, avrebbe dovuto valutarsi la fondatezza della pretesa creditoria della ricorrente per ingiunzione (cfr., tra le altre, Cass., sez. III, Sez. 3, Sentenza n. 3908 del 29/02/2016).
Nel merito, la domanda di ingiunzione è stata proposta nei confronti dell’opponente sul presupposto dell’intervenuta risoluzione di diritto del contratto, essendosi avvalsa l’opposta della clausola risolutiva pattuita all’art. 20 dello stesso.
L’opponente ha dedotto la natura vessatoria della clausola e l’inefficacia di essa in quanto non sottoscritta nelle forme previste dall’art. 1341 c.c.
Invero, si ritiene assorbente di ogni altra questione in ordine all’eccezione, che debba in ogni caso escludersi la natura vessatoria della clausola risolutiva espressa, in ossequio all’orientamento consolidato della Corte di legittimità, secondo il quale “La clausola risolutiva espressa attribuisce al contraente il diritto potestativo di ottenere la risoluzione del contratto per un determinato inadempimento della controparte, dispensandola dall’onere di provarne l’importanza. Essa non ha carattere vessatorio, atteso che non è riconducibile ad alcuna delle ipotesi previste dall’art. 1341, co. 2, c.c., neanche in relazione all’eventuale aggravamento delle condizioni di uno dei contraenti derivante dalla limitazione della facoltà di proporre eccezioni, in quanto la possibilità di chiedere la risoluzione è connessa alla stessa posizione di parte del contratto e la clausola risolutiva si limita soltanto a rafforzarla” (cfr., tra le numerose altre, Cass., Sez. 3 – , Ordinanza n. 17603 del 05/07/2018).
Ancora l’opponente ha dedotto che la risoluzione del contratto sarebbe stata ingiustificata, allegando il difetto del presupposto dell’inadempimento grave alle obbligazioni assunte con il contratto da parte sua ed anche la contestazione specifica di esso.
Sul punto, si rileva che l’opposta ha prodotto in atti la nota del 19 giugno 2013 con la quale all’opponente era stato contestato l’inadempimento alle obbligazioni assunte ed era stata inoltrata diffida a provvedere al pagamento delle somme dovute e a consegnare la documentazione non trasmessa nei termini convenuti.
L’opponente non ha neppure contestato di avere ricevuto tale nota, né ha allegato di avere adempiuto a quanto richiestole nel termine assegnatole.
Ne discende che debba ritenersi giustificata la condotta dell’opposta che ha ritenuto, avvalendosi della clausola risolutiva, di revocare le agevolazioni concesse, non essendovi dubbio in ordine alla riconducibilità delle inadempienze contestate all’opponente al novero di quelle contemplate nell’art. 20 del contratto.
Ne discende il rigetto dell’opposizione e, per l’effetto, la conferma del decreto ingiuntivo opposto.
In ragione della soccombenza la parte opponente è condannata al pagamento delle spese del procedimento in favore della parte opposta; queste ultime si liquidano complessivamente in euro 8.000, per compensi professionali (euro 2.000 per la fase di studio, euro 2.000 per la fase introduttiva, euro 2.000 per la fase istruttoria, euro 2.000 per la fase decisoria), oltre spese forfettarie nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge.
P.Q.M.
Il Tribunale, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, così decide:
– respinge l’opposizione e, per l’effetto, conferma il decreto ingiuntivo opposto;
– condanna la parte opponente al pagamento nei confronti dell’opposta delle spese del procedimento, che liquida in complessivi euro 8.000, per compensi professionali, oltre spese forfettarie nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge.
Roma, 30/12/2019
