Con atto di. citazione ritualmente notificato, S. A. conveniva in giudizio la Zeus Technology, assumendo: 1) che in data 30.1.2006 aveva sottoscritto con la convenuta un contratto preliminare di compravendita avente ad oggetto l’appartamento uso ufficio sito in Roma, via R. M. ed il posto auto coperto a livello del piano terreno, distinto con la lettera “DI”, sito nella zona a piloty del fabbricato, avente accesso da via R. M. al prezzo complessivo di euro 88.000,00, versando a titolo di caparra confirmatoria, contestualmente al preliminare euro 21.600,00 ed in data 14.7.2006 euro 40.000,00, con impegno alla stipula del definitivo entro il 31 luglio 2006; 2) che detto termine era stato differito su istanza della promittente venditrice Zeus Technology dapprima al 5.9.2006 ed in seguito al 14.9.2006; 3) che tuttavia la società promittente venditrice non si era mai presentata agli appuntamenti fissati avanti al notaio rogante ed aveva omesso di rispondere al telegramma del 14.9.2006 con il quale l’attore aveva comunicato, nel caso non si fosse addivenuti alla stipula del rogito notarile entro il mese di settembre, la sua volontà di risolvere il contratto preliminare.
Ciò posto l’attore nella presente sede, previa offerta di pagamento del saldo del prezzo, chiedeva emettersi pronuncia costitutiva di trasferimento dei beni di cui è causa ex art. 2932 c.c. ed in subordine, dichiarare risolto per inadempimento della convenuta ovvero accertare la legittimità del suo recesso dal contratto ex art. 1385 c.c.. Chiedeva comunque condannarsi la Zeus Technology al pagamento in suo favore del doppio della caparra versatale.
Ritualmente integratosi il contraddittorio, la convenuta chiedeva il rigetto delle domande attoree deducendone l’infondatezza. Assumeva in particolare che non si era potuti addivenire alla stipula in quanto pur volendo la Zeus Technology estinguere le posizioni debitorie derivanti da mutui accesi sull’immobile de quo e garantiti da iscrizioni ipotecarie, ben note allo S., l’istituto bancario creditore non aveva concesso il prescritto consenso all’accollo del debito portato dai suddetti mutui da parte del terzo, l’acquirente S.. Chiedeva pertanto dichiararsi risolto il contratto ex art. 1463 c.c.. Acquisiti i documenti prodotti ed assunte le prove testimoniali dedotte dalle parti, all’udienza di precisazione delle conclusioni del 19.5.2010 l’attore rinunciava alla domanda principale ex art. 2932 c.c. insistendo per l’accoglimento di quella subordinata e la causa veniva trattenuta in decisione con abbreviazione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c., come richiesto da parte attrice.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Parte attrice in sede di precisazione delle conclusioni ha rinunciato alla domanda ex art. 2932 c.c. ed ha depositato documentazione attestante che la Banca Intesa San Paolo, titolare di ipoteca di grado superiore rispetto alla domanda di esecuzione in forma specifica del preliminare di compravendita del 30.1.2006, pur tempestivamente trascritta dall’attore S., ha intrapreso nei confronti della debitrice Zeus Technology un’esecuzione immobiliare che è andata a colpire, tra l’altro, l’ufficio oggetto del preliminare de quo, precludendone l’acquisto da parte dell’attore, (c.f.r. doc. n. 18, ordinanza di vendita relativa al procedimento esecutivo n. 647\07, notificata allo S.). Tale rinuncia esime questo giudice da qualsiasi.
Va pertanto esaminata la domanda attorea subordinata la quale, avendo l’attore chiesto la condanna della società convenuta al pagamento del doppio della caparra, va qualificata come domanda di recesso.
Sul punto, infatti, come espresso da orientamento del Supremo Collegio di cui si condivide l’impostazione, “una domanda di recesso, ancorché non formalmente proposta, può ritenersi egualmente, anche se implicitamente, avanzata in causa dalla parte adempiente, quando la stessa abbia richiesto la condanna della controparte, la cui inadempienza sia stata dedotta come ragione legittimante la pronunzia di risoluzione del contratto, alla restituzione del doppio della caparra da lei a suo tempo corrisposta”, (c.f.r.: Cass. 2032\1994).
In particolare, il recesso dal contratto ex art. 1385, 2 comma c.c. configura unicamente un’istanza di ampiezza più ridotta rispetto all’azione di risoluzione, stante la funzione di determinazione convenzionale del danno da inadempimento risarcibile svolto dalla caparra confirmatoria, (c.f.r.: Cass. 186/1999, Cass. 1160/1996; Cass. 1213/1989).
Ciò posto, pacifica e non contestata la conclusione del contratto preliminare de quo, lo stesso contiene la dichiarazione di parte venditrice di piena ed esclusiva proprietà del bene de quo e l’obbligo della Zeus Technology a trasferire l’immobile “al momento dell’atto notarile libero da iscrizioni ipotecarie e trascrizioni pregiudizievoli”. È inoltre previsto all’art. 7: “parte venditrice dichiara che alla data odierna l’immobile non è libero da iscrizioni ipotecarie in quanto grava su di esso un mutuo residuo stipulato con la Banca Intesa, e che la parte, venditrice provvedeva all’estinzione del suddetto debito e alla cancellazione della relativa ipoteca entro la data dell’atto notarile, il tutto a propria cura e spese. ”
A fronte di quanto sopra risulta provato che la convenuta non ha provveduto all’estinzione del debito de quo ed alla cancellazione dell’ipoteca, posto che la creditrice Banca Intesa San Paolo, ha intrapreso nei confronti della debitrice Zeus Technology una esecuzione immobiliare che ha colpito l’ufficio oggetto del preliminare de quo determinando l’emissione di ordinanza di vendita dello stesso nel procedimento esecutivo n. 647\07.
È peraltro rimasta una mera allegazione di parte, sfornita di elementi probatori l’asserito diniego che avrebbe opposto la banca creditrice ad un accollo del debito portato dai mutui di cui è causa da parte dell’acquirente S.. Nessun elemento sul punto ha fornito il testimone M. M., che sentito all’udienza del 19.3.2009 ha dichiarato di essere dipendente della Banca Intesa ma di non sapere nulla dei fatti di causa in quanto non “segue” la Zeus Teghnology e non si occupa delle pratiche relative ai mutui.
Peraltro, risultano ininfluenti le dichiarazioni rese da A. S., in quanto, oltre che generiche, provengono da un socio della società convenuta (come dal medesimo dichiarato all’udienza del 2.7.2007) che ha avuto pieno coinvolgimento nei fatti di causa per conto della Zeus Technology, (risulta a sua firma la ricevuta rilasciata dalla società convenuta in occasione del pagamento dell’acconto di euro 40.000,00) e che deve quindi ritenersi inattendibile. Non si verte, infatti, nella specie in ipotesi di incapacità a testimoniare ex art. 246 c.p.c. per la cui ravvisabilità rileva esclusivamente l’interesse personale che legittima il teste a diventare parte nel giudizio, in quanto nel caso di società di capitali la personalità giuridica della società è distinta da quella dei soci per cui questi ultimi non sono legittimati ad intervenire in giudizi promossi da terzi relativamente agli affari sociali per far valere un loro personale diritto (c.f.r.: Cass. 1076/1968; Cass. 11314/2010).
Del resto, anche a voler prescindere da quanto sopra, nella specie alcuna previsione di accollo di mutuo è contenuta nel richiamato art. 7 del contratto de quo, essendo previsto il solo impegno della convenuta a provvedere all’estinzione e alla cancellazione.
Deve, inoltre, ritenersi provato che la promittente venditrice Zeus Technology non si sia presentata agli appuntamenti fissati avanti al notaio per la stipula del definitivo. Tale condotta inadempiente della convenuta risulta dalle dichiarazioni rese all’udienza del 3.12.2008, dal notaio Luigi Gallori, il quale ha confermato che nessuno si è presentato per la venditrice Zeus Technology ai tre appuntamenti fissati nel mese di settembre 2006 per la stipula del contratto definitivo de quo, mentre era sempre presente il promissario acquirente S.. È rimasto inoltre smentito l’assunto della convenuta di un rinvio della stipula del contratto definitivo su suggerimento del notaio incaricato che avrebbe prospettato non meglio precisate “modifiche normative in corso in tema di investimenti immobiliari” che ne consigliavano il differimento. Sul punto, infatti, il notaio Gallori ha dichiarato di non ricordarsi di eventuali impedimenti alla vendita, tanto che era stata fissata la data di stipula.
Le suddette dichiarazioni provenienti da persona che si è occupata della questione nello svolgimento della sua attività professionale, appaiono attendibili e non inficiate per quanto sopra già considerato da quelle generiche e difformi rese dal testimone S. A..
Del resto, un profilo di inadempimento della società convenuta è ravvisabile nella circostanza che pur essendosi il promittente venditore impegnato a trasferire l’immobile de quo “libero da iscrizioni ipotecarie e trascrizioni pregiudizievoli” entro la data fissata per la stipula del rogito, non abbia assolto a tale obbligo e non abbia fornito alcun elemento a sostegno dell’asserita impossibilità sopravvenuta ex art. 1463 c.c..
Consegue a tutto quanto esposto che in considerazione dei suddetti fatti di inadempimento, va dichiarata la legittimità del recesso esercitato dall’attore e la convenuta va condannata al pagamento, in favore dello S., della somma di euro 43.200,00, pari al doppio della caparra di euro 21.600,00 (euro 18.000,00 più IVA) prevista dall’art. 2 del contratto preliminare de quo.
Quanto all’ulteriore importo di euro 40.000,00, lo stesso, a norma del richiamato art. 2, non costituisce caparra ed è stato successivamente versato alla convenuta a titolo di acconto prezzo. Ne deve pertanto essere disposta la restituzione all’attore in quanto il legittimo recesso dal contratto rende privo di causa il suo versamento alla convenuta ma non può operare con riferimento a tale importo di euro 40.000,00 il meccanismo di duplicazione dell’importo di cui all’art. 1385 comma 2 c.p.c. che è previsto esclusivamente per le somme versate a titolo di caparra confirmatoria.
Deve inoltre evidenziarsi che la corresponsione dei suddetti importi alla convenuta risulta documentalmente provata, (v. doc. 2, 2bis, 3 e 3bis, rispettivamente, ricevute di pagamento e copia degli assegni bancari) e che comunque non ha formato oggetto di contestazione tra le parti.
Sull’importo complessivo di euro 83.200,00, debito di valuta, spettano gli interessi legali dal 2 ottobre 2006, data della notifica dell’atto di citazione introduttivo del presente giudizio con il quale l’attore ha richiesto, ancorché in via subordinata, l’accertamento della legittimità del recesso dal contratto ed il pagamento del doppio della caparra.
Resta da evidenziare che va disattesa la prospettazione di parte convenuta di risoluzione di diritto del contratto de quo per decorso del termine essenziale ex art. 1457 c.c. in quanto nella specie non si verte in ipotesi di termine essenziale.
Infatti come espresso da orientamento consolidato del Supremo Collegio di cui si condivide l’impostazione, “il carattere essenziale del termine non può desumersi dalla mera locuzione di stile – entro e non oltre – che lo abbia accompagnato, in quanto tale indicazione vale di per sé soltanto a fissare una data e non è significativa dell’improrogabilità di detto termine che deve risultare, anche alla stregua di specifiche ed inequivoche espressioni dell’oggetto del contratto, la cui utilità economica andrebbe perduta a causa dell’inutile decorso del termine pattuito, (c.f.r.: Cass. 6086/1999; Cass. 2941/1999; Cass. 1045/1998; Cass. 1537/1996; Cass. 2347/1995; Cass. 11637/1991; Cass. 3678/1989, Cass. 1629/1987; Cass. 2870/1983; Cass. 4842/1980).
Nel caso in esame, oltre a non essere prevista la locuzione “entro e non oltre”, l’art. 8 del contratto preliminare si limita alla mera previsione di una data per la stipula e manca nel testo del contratto de quo un qualsiasi elemento esplicito o implicito, atto al escludere che oltre il termine del 31.7.2006 la parte venditrice non avesse più alcun interesse all’adempimento, per cui il suddetto termine non può ritenersi essenziale ex art. 1457 c.c.
Ciò trova ulteriore confronto nella circostanza che di fatto le parti hanno differito più volte la data di stipula concordando successivi appuntamenti presso lo studio del notaio.
Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede:
1) in accoglimento della domanda attorea subordinata, accertata la legittimità del recesso da parte di S. A., condanna la convenuta Zeus Technology al pagamento, in favore dell’attore, della somma di euro 83.200,00, oltre a interessi legali dal 2.10.2006;
2) condanna altresì la società convenuta alla rifusione delle spese di lite che liquida in favore dell’attore, in complessivi euro 6.560,00, di cui euro 1.037,46 per esborsi ed euro 2.045,00 per competenze, oltre spese generali, IVA e C.A. come per legge.
Roma 18.9.2010
