La Siena Npl 2018 S.r.l., cessionaria del credito vantato dalla MPS Capital Services S.p.A., assumeva di essere creditrice della complessiva somma di Euro 2.980.033,82 nei confronti dell’Azienda Agricola Aquilaia di B.M.P. in virtù del contratto di mutuo con la stessa stipulato in data 12.2.2007, nonché della sig.ra P.L., costituitasi fideiussore solidale a garanzia del predetto credito fino alla concorrenza dell’importo massimo di Euro 5.000.000,00.
A seguito del contratto di donazione stipulato dalla sig.ra P. in data 21.5.2014 in favore delle figlie Ca.Ma.Be., Ca.Ma.Ce. e Ca.Ma.Ag., avente ad oggetto la nuda proprietà di alcuni beni immobili (porzione di fabbricato sito in Comune di (OMISSIS) e fabbricato sito in Comune di (OMISSIS)), la Siena Npl 2018 ha introdotto il presente giudizio, con atto di citazione notificato nel gennaio 2019 alla sig.ra P. e alle suddette donatarie, al fine di ottenere la declaratoria di simulazione assoluta ovvero, in via subordinata, la revoca ex art. 2901 c.c. del contratto di donazione di cui trattasi.
Le convenute si sono costituite sollevando eccezioni pregiudiziali e deducendo comunque l’infondatezza nel merito delle domande avversarie.
Così sinteticamente ricostruito l’oggetto di causa, il giudicante osserva quanto segue.
Occorre premettere che, contrariamente a quanto eccepito dalla convenuta P.L., è del tutto ammissibile la contestuale proposizione della domanda di simulazione e di quella revocatoria in forma alternativa ovvero una subordinatamente all’altra (cfr., tra le tante, Cass., 22.8.2007, n. 17867).
In secondo luogo, non si ritiene che l’attrice abbia rinunciato alla proposizione dell’azione di simulazione in ragione della mancata formulazione della relativa domanda nelle conclusioni dell’atto di citazione. Difatti, la Siena Npl 2018 s.r.l. ha chiaramente manifestato, nel corpo dell’atto, la volontà di proporre la relativa domanda in via principale, dando atto degli elementi presuntivi a sostegno della stessa.
Difatti, alla stregua di quanto sostenuto dalla giurisprudenza di merito e di legittimità, “la domanda giudiziale deve essere interpretata con riferimento alla reale volontà della parte avuto riguardo alla finalità perseguita, quale emergente non solo in modo formale dalla formulazione letterale delle conclusioni assunte nell’atto introduttivo, ma anche implicitamente ed indirettamente dall’intero contenuto dell’atto che la contiene e dallo scopo pratico perseguito dall’istante nel ricorrere all’autorità giudiziaria.” (cfr. Tribunale Reggio Emilia, 11 ottobre 2012, n. 1702, che a sua volta richiama il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità: ex plurimis, Cass. n. 5743/2008; Cass. n. 3041/2007; Cass. n. 8107/2006; Cass. n. 18653/2004; Cass. S.U., n. 10840/2003).
Peraltro, essa emerge ancora più chiaramente dalla memoria di parte attrice, ex art. 183 c.p.c., comma 6, n. 3, nelle cui conclusioni è espressamente e formalmente esplicata la suesposta volontà (comunque manifestata sin dall’introduzione del presente giudizio).
Tuttavia, la domanda di simulazione assoluta del contratto di donazione del 21.5.2014 è infondata e va respinta.
In particolare, gli elementi presuntivi addotti dalla parte attrice appaiono inconcludenti, non emergendo indizi gravi, precisi e concordanti alla stregua dei quali desumere la mera apparenza del contratto di donazione. La società attrice ha infatti addotto una serie di circostanze (“il debitore si è spogliato dell’unico bene di sua proprietà; l’atto presumibilmente simulato è a titolo gratuito; i donatari sono i figli della sig.ra P.; la donazione è successiva all’insolvenza della società Azienda Agricola Aquilaia di B.M.P.”) atte, semmai, ad evidenziare la presunta finalità sottesa al citato negozio (sottrarre i beni dalla garanzia patrimoniale generica), ma non anche a provare il carattere apparente del medesimo. Pertanto non è emerso in giudizio alcun elemento idoneo che consenta di affermare la natura fittizia del contratto di donazione impugnato.
E’ invece fondata la subordinata domanda di revoca ex art. 2901 c.c..
Al riguardo, deve innanzitutto esaminarsi il profilo della titolarità del diritto di credito in capo alla società Siena Npl 2018 S.r.l. Trattasi di questione che, contrariamente a quanto sostenuto dalle convenute, attiene al merito della controversia e non già alla legittimazione ad agire, la quale non potrebbe essere certo negata, essendovi identità tra il soggetto che ha agito in giudizio quale attore e colui che ha assunto di essere creditore della P. (Cass., 6.3.2006, n. 4796; Cass., 14.6.2006, n. 13756; Cass., 6.3.2008, n. 6132).
Orbene, la suddetta titolarità è contestata dalle parti convenute, le quali negano che il credito, di cui l’attrice si afferma titolare, sia stato oggetto della cessione di crediti in blocco disposta in suo favore.
Ciò essenzialmente per due ordini di ragioni: la società attrice non pare individuare il cedente nella società Monte dei Paschi di Siena Banca per l’impresa S.p.A. (banca in favore della quale P.L. aveva prestato la garanzia), bensì nella Banca Monte Paschi di Siena o nella MPS Capital Services; non è stato, inoltre, prodotto il contratto di cessione del credito (stipulato in data 20.12.2017), bensì il solo avviso dell’avvenuta cessione in blocco dei crediti, pubblicato, ai sensi del combinato disposto della L. 30 aprile 1999, n. 130, artt. 1 e 4 e dell’art. 58 T.U.B., nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana (Parte Seconda n. 151 del 23.12.2017).
Orbene, relativamente al primo profilo, non appare corretta la ricostruzione operata dalla convenuta Ca.Ma.Be..
E’ evidente, infatti, come il riferimento alla Banca Monte dei Paschi di Siena, contenuto nell’atto di citazione, sia stato effettuato dall’attrice del tutto erroneamente. Dalla ricostruzione del fatto operata da quest’ultima (pag. 2 atto di citazione), emerge chiaramente come la stessa abbia inteso riferirsi alla MPS Capital Services, quale titolare del credito derivante dal contratto di mutuo e beneficiaria della garanzia de qua, nonché quale soggetto cedente.
In particolare, nel medesimo atto di citazione (pag. 5) emerge, seppure implicitamente, come l’attrice, nel fare riferimento alla MPS Capital Services, abbia inteso riferirsi alla stessa Monte dei Paschi di Siena Banca per l’impresa S.p.A., ossia alla banca mutuante in favore della quale la P. aveva concesso la garanzia. Difatti, l’espressione impiegata nell’atto introduttivo “mutuo stipulato (…) con Mps Banca per l’impresa SpA, poi Capital Services”, in mancanza di un’espressa contestazione sul punto, è indicativa del processo di trasformazione subito dalla prima (trattasi, più specificamente, di una fusione per incorporazione realizzatasi per atto pubblico del 5.10.2004, come si desume dall’epigrafe dell’atto di intervento nel processo esecutivo di cui al doc. 2 allegato alla memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6, n. 2, dell’attrice).
Quanto al secondo profilo, relativo alla mancata produzione del contratto di cessione, si ritiene sufficiente, ai fini della prova della titolarità del credito in capo al cessionario “… la produzione dell’avviso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale recante l’indicazione per categorie dei rapporti ceduti in blocco, senza che occorra una specifica enumerazione di ciascuno di essi, allorché gli elementi comuni presi in considerazione per la formazione delle singole categorie consentano di individuare senza incertezze i rapporti oggetto della cessione” (cfr. Cass. 26.6.2019, n. 17110; Cass. 29.12.2017, n. 31188).
Ebbene, l’avviso in questione elenca una serie di informazioni orientative, idonee a identificare i crediti oggetto della cessione effettuata da MPS Capital Services (già Monte dei Paschi di Siena Banca per l’Impresa S.p.A.) in favore della Siena Npl 2018 S.r.l. In particolare, si può ritenere come il credito vantato dall’attrice, derivante dal contratto di mutuo, a garanzia del quale la P. ha rilasciato fideiussione, possa essere ricompreso tra quelli derivanti da “rapporti giuridici sorti in capo a MPS Capital Services (o banche dalla stessa incorporate), antecedentemente al 31 dicembre 2016, per effetto dell’esercizio dell’attività bancaria in tutte le sue forme” (cfr. pag. 2, copia dell’avviso pubblicato in Gazzetta Ufficiale).
Dunque, si ritiene che il predetto avviso consenta di individuare senza incertezze l’oggetto della cessione (rileva a tal fine sia l’indicazione della fonte dei crediti, sia il dato temporale), che risulta pertanto documentalmente provata.
Accertata la titolarità del credito in capo alla cessionaria della MPS Capital Services S.p.A., occorre, a questo punto, esaminare le eccezioni con le quali le parti convenute intendono contestare l’esistenza del credito vantato dalla prima, rilevando, lo stesso, quale elemento costitutivo della domanda revocatoria.
Al riguardo si premette che, in tema di azione revocatoria ordinaria, l’art. 2901 c.c. accoglie una nozione lata di “credito”, comprensiva della ragione o aspettativa, con conseguente irrilevanza delle relative fonti di acquisizione, coerentemente con la funzione propria dell’azione la quale non persegue scopi specificamente restitutori, bensì mira a conservare la garanzia generica sul patrimonio del debitore in favore di tutti i creditori, compresi quelli meramente eventuali (cfr. Cass. 18.3.2003, n. 3981).
Pertanto, ai fini dell’esperibilità dell’azione revocatoria ordinaria non è necessario che il creditore sia titolare di un credito certo, liquido ed esigibile, essendo sufficiente anche una semplice aspettativa che non si riveli, prima facie, pretestuosa, e che possa valutarsi come probabile, pur se non definitivamente accertata (cfr. Cass. sez. 2^, 18.7.2008, n. 20002).
Orbene, fonte del credito vantato dalla società attrice risulta essere il contratto di mutuo stipulato in data 12.2.2007 (rep. 176768 racc. 59104) in favore dell’Azienda Agricola Aquilaia di B.M.P. e dalla stessa depositato in originale, a seguito delle contestazioni circa la sua autenticità.
Più specificamente, il credito che legittima l’attore ad agire ex art. 2901 c.c. nei confronti della P. e delle donatarie di quest’ultima, rinviene la propria fonte nella clausola con la quale la prima, costituendosi fideiussore solidale, si è obbligata a pagare alla Banca, in contanti e a prima richiesta, tutto quanto dovuto dalla parte mutuataria per capitale, interessi anche di mora e accessori fino a concorrenza massima dell’importo di Euro 5.000.000,00, e dunque per un ammontare che dai conteggi effettuati dall’attrice è pari ad Euro 2.980.033,00.
Ciò posto, risultano prive di pregio le eccezioni sollevate dalle convenute che, al fine di contestare il suddetto credito, hanno dedotto: l’intervento in rango ipotecario della banca attrice nell’esecuzione immobiliare (n. 308 del 2011 presso il Tribunale di Grosseto) nei confronti del debitore principale; l’esistenza di ulteriori garanzie personali a tutela dello stesso credito; l’erronea determinazione da parte dell’attore del quantum dovuto; il carattere condizionato del contratto di mutuo; la vessatorietà della clausola fideiussoria e la nullità della stessa per violazione dell’art. 1941 c.c..
Premesso che le eccezioni sopra elencate (ad esclusione dell’ultima menzionata) appaiono prive di rilievo – considerato che la garanzia prestata da P.L. si pone in via del tutto autonoma rispetto all’obbligo principale derivante dal contratto di mutuo (come oltre meglio si dirà) – si svolgono comunque le seguenti considerazioni.
Con riguardo alla prime due contestazioni sopraindicate, le convenute non hanno offerto alcuna prova dell’avvenuta estinzione, totale o parziale, del credito de quo (addotta in via meramente ipotetica) e, più precisamente, ai sensi dell’art. 2697 c.c., comma 2, dei fatti su cui la stessa eccezione si fonda (l’avvenuto soddisfacimento del credito, o di parte di esso, in sede esecutiva, ovvero attraverso l’eventuale pagamento da parte degli ulteriori garanti).
Ne’ rileva la contestazione dei conteggi effettuati dall’attrice (cfr. comparsa di costituzione e risposta di Ca.Ma.Be., pag. 10 ss.), atteso che in tale sede, l’esatta determinazione del quantum appare superflua ai fini della prova del credito, stante l’assenza di scopi restitutori sottesi alla presente azione, preordinata esclusivamente alla conservazione della garanzia generica. Ad ogni modo, anche ove si ammettesse la decurtazione, genericamente prospettata dalla convenuta, di Euro 90.000,00 (dall’importo di Euro 2.980.033,00, quale complessivo credito di cui l’attrice assume di essere titolare), residuerebbe comunque in capo alla cessionaria Siena Npl 2018 un ingente credito, tale da non eliminare, come successivamente specificato, neppure il pregiudizio temuto dal creditore.
Del resto, le suesposte argomentazioni appaiono valorizzate, a fortiori, da costante giurisprudenza che ammette l’esercizio dell’azione in questione pur in presenza di un credito illiquido. Ciò in quanto la liquidità non costituisce necessario presupposto dell’azione revocatoria, né rileva ai fini della sussistenza del “pregiudizio delle ragioni creditorie”, essendo sufficiente il pericolo che l’azione esecutiva possa rivelarsi infruttuosa (cfr. Cass., sez. 1^, 2.4.2004, n. 6511 che al riguardo precisa che “…la sentenza del giudice di merito che statuisce sulla domanda revocatoria e rimette la causa in istruttoria per la determinazione del credito ha carattere definitivo e la riserva d’appello formulata dalla parte soccombente nella successiva udienza, deve considerarsi priva di effetto”).
Parimenti infondata è l’eccezione volta a far valere l’inesistenza del credito derivante dal contratto di mutuo a causa del carattere condizionato di quest’ultimo e, dunque, dell’indisponibilità per il debitore principale della somma mutuata: ciò in ragione della costituzione di un deposito cauzionale infruttifero presso la medesima banca erogatrice, avente ad oggetto la somma predetta, a garanzia dell’adempimento di una serie di obblighi posti a carico dello stesso beneficiario.
Posto che le convenute non hanno offerto alcuna prova a sostegno dell’eccezione formulata (non potendo il riferimento all’art. 2 del contratto di mutuo dimostrare l’attuale esistenza del vincolo in questione, contrariamente a quanto dalle stesse sostenuto), ciò sarebbe stato comunque irrilevante ai fini dell’esperimento dell’azione revocatoria, stante la nozione lata di credito, già specificata, data dall’art. 2901 c.c..
Peraltro, considerata la finalità propria dell’azione revocatoria, non può che reputarsi inconferente il richiamo operato dalle convenute Ca.Ma.Ag. e Ma.Ce. alla giurisprudenza di merito (Tribunale di Cassino, cfr. pag. 8 comparsa di costituzione e risposta), atteso che la necessità della certezza del credito, richiesta dalla citata sentenza, si giustifica in ragione della diversa azione volta alla restituzione coattiva delle somme erogate. Del resto, ciò emerge anche da una più attenta lettura dell’ordinanza (del Tribunale di Avezzano) depositata dalle stesse (cfr. all. memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6, n. 1), secondo la quale ove “…non vi sia l’effettiva messa a disposizione del mutuatario della somma di denaro il contratto, se può da un lato fungere da valida prova circa la sussistenza della pretesa credito della banca, da far valere in sede monitoria, non può essere equiparato ad un titolo esecutivo di formazione stragiudiziale”.
Appaiono prive di pregio, altresì, le considerazioni, svolte dalla convenuta P., volte ad escludere il perfezionamento stesso del contratto di mutuo, e dunque l’esistenza del relativo credito prima del compimento degli adempimenti dedotti nel contratto (pag. 8 comparsa di costituzione e risposta).
Al riguardo, la costituzione presso la Banca di un deposito cauzionale infruttifero, intestato alla mutuataria e destinato ad essere svincolato all’esito dell’adempimento degli obblighi e alla realizzazione delle condizioni contrattuali, è da considerarsi come effettiva erogazione della somma da parte della mutuante. Ciò alla luce del fatto che la costituzione del deposito “realizza quella piena disponibilità giuridica considerabile come equivalente della traditio materiale della somma” (cfr. Cass. civ., sez. 1^, 27 ottobre 2017, n. 25632).
Inammissibile e’, altresì, l’eccezione formulata dalla medesima convenuta in ordine alla nullità del contratto di mutuo per carenza di causa, stante la tardività della contestazione effettuata solo con la memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6, n. 2. Viene infatti in rilievo un’eccezione che si fonda su una serie di circostanze fattuali dedotte per la prima volta solo con la predetta memoria.
Inoltre, con riguardo all’eccezione di nullità della clausola fideiussoria, non vi è prova di una condotta della banca contraria ai doveri di correttezza e buona fede, non rilevando in tal senso le considerazioni, definite dalle stesse convenute “metagiuridiche”, in ordine all’età avanzata del garante.
Per quanto concerne, invece, la dedotta vessatorietà della clausola summenzionata, appare preliminare la corretta qualificazione della garanzia prestata, anche in considerazione delle argomentazioni formulate dalla parte attrice nella prima memoria difensiva.
A tal fine si richiama l’orientamento delle Sezioni Unite (Cass., S.U. 18.2.2010, n. 3947), secondo cui “l’inserimento in un contratto di fideiussione di una clausola di pagamento “a prima richiesta e senza eccezioni” vale di per sé a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia (Garantievertrag), in quanto incompatibile con il principio di accessorietà che caratterizza il contratto di fideiussione, salvo quando vi sia un’evidente discrasia rispetto all’intero contenuto della convenzione negoziale”. Principio di diritto, la cui assertività è stata successivamente mitigata da ulteriore pronuncia della Suprema Corte (Cass. n. 16825 del 2016), la quale demanda al giudice di merito l’accertamento, nel caso concreto, dell’accessorietà o meno della garanzia prestata considerando l’intero assetto negoziale (in tal senso cfr. Cass. civ., sez. 3^, 15.5.2019, n. 12874).
Orbene, la clausola rispetto alla quale le parti convenute hanno eccepito la vessatorietà, oltre ad essere formulata nel senso suddetto, contiene ulteriori disposizioni incompatibili con la natura accessoria della garanzia fideiussoria.
Trattasi, in particolare, della deroga all’art. 1939 c.c., ossia della clausola di sopravvivenza, volta a preservare l’efficacia della fideiussione anche nel caso di invalidità dell’obbligazione principale.
A fronte di tali pattuizioni (in particolare le deroghe all’art. 1945 c.c. e all’art. 1939 c.c.), quindi, viene meno la necessaria dipendenza dell’obbligazione di garanzia dall’obbligazione principale garantita, sicché non è ravvisabile l’elemento dell’accessorietà che costituisce predicato naturale della fideiussione.
Ciò trova ulteriore conferma nella esclusione, disposta dalle parti, della disciplina di cui all’art. 1957 c.c., atteso che detta norma è espressione dell’accessorietà dell’obbligazione fideiussoria, instaurando essa un collegamento tra la scadenza dell’obbligazione di garanzia e la scadenza dell’obbligazione principale (Cass. 21399/2011).
Ciò considerato, qualificata la garanzia prestata da P.L. in termini di contratto autonomo, le clausole sopra richiamate non possono definirsi vessatorie, atteso che la disciplina con essa dettata è strettamente correlata, e dunque direttamente consequenziale, all’assenza del vincolo di accessorietà che connota la stessa.
Più specificamente, sulla base delle considerazioni appena esposte, il garante non è legittimato ad opporre, ai sensi dell’art. 1945 c.c., al creditore beneficiario le eccezioni spettanti al debitore principale e la norma di cui all’art. 1957 c.c., in quanto espressione del rapporto di accessorietà, non può, di regola, trovare applicazione al contratto autonomo di garanzia, in difetto di diversa pattuizione inter partes (in tal senso cfr. ex plurimis Cass. 5526/2012; più di recente cfr. Trib. Roma sez. 1^, 10/04/2019, n. 7872, che richiama altresì Cass., S.U., 08.02.2010, n. 3947, conf. a Cass. n. 2377/2008; Cass. n. 11261/2005).
In ogni caso, con riferimento alla norma da ultimo citata, anche ove la garanzia prestata fosse stata qualificata in termini di fideiussione, tale clausola non sarebbe comunque rientrata tra quelle particolarmente onerose per le quali l’art. 1341 c.c., comma 2, esige, ove predisposte da uno dei contraenti, la specifica approvazione per iscritto dell’altro contraente (in tal senso cfr. Trib. Roma, sez. 17^, 10 aprile 2019, n. 7872, che richiama a sua volta Cass., n. 9245/2007; Cass., Ord. n. 21867/2013; Cass., Ord. n. 28943/2017).
Parimenti, non può ritenersi vessatoria neppure la clausola che dispone la reviviscenza dell’obbligazione di garanzia, anche in caso di invalidità o revoca dei pagamenti, da parte del debitore garantito, posto che, in tale ipotesi, il rapporto principale non si è definitivamente estinto con un pagamento valido e irrevocabile (in tal senso cfr. Cass., sez. 1^, 17 ottobre 2008, n. 25361).
Dunque, configurata la garanzia de qua in termini di contratto autonomo di garanzia ed esclusa la vessatorietà della suddetta clausola, si reputa del tutto irrilevante, ai fini della contestazione relativa all’esistenza del credito, l’eccezione afferente alla violazione del disposto di cui all’art. 1941 c.c..
Ciò sia in ragione della non applicabilità della citata norma al contratto autonomo di garanzia – stante l’elisione del vincolo di accessorietà rispetto al rapporto principale – sia in quanto, anche se si fosse trattato di fideiussione, la conseguenza non sarebbe stata la nullità dell’intera clausola (7b), bensì la validità della medesima nei limiti dell’obbligazione principale (art. 1941 c.c., comma 3).
Per la ragioni suesposte, si rigettano tutte le eccezioni preordinate ad escludere l’esistenza del credito, quale elemento costitutivo dell’azione revocatoria.
Ricorrono anche gli ulteriori requisiti dell’azione sopra citata.
Sussiste, innanzitutto, l’eventus damni, da intendersi come diminuzione del patrimonio del debitore tale da rendere più incerta e difficile la soddisfazione del credito.
In particolare, a seguito della donazione de qua, la debitrice si è spogliata di beni immobili per un valore complessivo pari a Euro 318.000,00 (cfr. contratto di donazione). Pur non risultando, questi, gli unici cespiti immobiliari della P., certamente essi rappresentavano per il creditore parte rilevante del patrimonio della stessa, atteso che gli ulteriori beni immobili di proprietà della citata convenuta risultano oggetto di precedente pignoramento e di ipoteca legale (cfr. visura allegata all’atto di citazione, nella sezione “pregiudizievoli di conservatoria”): elementi, questi ultimi, che rendono sicuramente più incerta la soddisfazione della pretesa creditoria della Siena Npl 2018.
Ne’ rileva, ai fini della eliminazione del suddetto requisito, la partecipazione societaria di cui la sig.ra P. risulta titolare, per un valore di Euro 56.000,00, nella “Società Agricola Gelso della Valchetta S.n.c. di Fl., To., Va.Ca. & co”. Va infatti tenuto conto dell’esiguità del valore della suddetta quota ove raffrontata al complessivo ammontare del credito vantato dalla società Npl 2018, pari a Euro 2.980.033,00 (anche ove si consideri l’ipotetica decurtazione prospettata dalle convenute nelle contestazioni relative al quantum del credito).
Ne’ assume alcun rilievo a fini dell’integrazione del profilo oggettivo dell’eventus damni l’esistenza di ulteriori garanzie, personali o reali assistenti il credito, ovvero la capienza del patrimonio degli altri garanti o del debitore principale.
Tali elementi, oltre a non essere stati in alcun modo provati, sono del tutto irrilevanti, atteso che la verifica del suddetto requisito deve essere compiuta con riferimento esclusivamente alla consistenza patrimoniale e alla solvibilità del garante (cfr. in termini analoghi Cass., sez. 2^, 19.10.2006, n. 22465, anche con riferimento alla garanzia fideiussoria); non rilevando, quindi, nel caso di specie, né la capienza del patrimonio del debitore garantito né quella degli ulteriori garanti.
Poste le suddette considerazioni, non sussistendo prova di ampie e ulteriori residualità patrimoniali in capo alla donante, è evidente come la donazione della nuda proprietà di immobili di consistente valore, in età molto avanzata della debitrice donante, determini accresciute difficoltà per l’azione di recupero del credito.
Sussiste, altresì, l’ulteriore requisito della consapevolezza (cd. scientia damni) da parte della debitrice del pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni del creditore.
Al riguardo occorre premettere che l’atto dispositivo posto in essere da P.L. è indubbiamente a titolo gratuito e successivo all’assunzione del debito. Più segnatamente, con riguardo a quest’ultimo profilo, occorre fare riferimento esclusivamente alla data in cui P. ha assunto la garanzia in favore della società attrice (12 febbraio 2007), atteso che il credito da quest’ultima vantato nei confronti della prima è chiaramente sorto in tale momento (cfr. altresì Cass. civ. sez. 3^, 28 giugno 2019, n. 17435, seppure limitatamente alla garanzia fideiussoria, secondo la quale: il debito del fideiussore, obbligato in solido con il debitore principale per il pagamento del debito di quest’ultimo nei confronti del creditore, sorge nel momento stesso in cui sorge la fideiussione, se in quel momento sussiste il debito del debitore principale”; circostanza, quest’ultima, giustificata dal vincolo di accessorietà che connota tale specifica garanzia).
Pertanto, considerato che il credito è certamente anteriore al compimento dell’atto dispositivo (21 maggio 2014) – a nulla rilevando la notifica (successiva) dell’atto di citazione – è sufficiente la prova della mera consapevolezza di arrecare pregiudizio all’interesse creditorio e non anche la dolosa preordinazione dell’atto.
A tal fine rilevano in via presuntiva:
a) il legame di tipo societario che lega la garante, sig.ra P.L., alla titolare dell’azienda agricola debitrice principale (trattasi della sig.ra B.M.P., che dal contratto di mutuo, pag. 1, risulta essere titolare della “Azienda Agricola Aquilaia di B.M.P.”), atteso che, quest’ultima è anche socio amministratore della “società Agricola Gelso della Falchetta S.n.c. di Fl., To., Va.Ca. & co.”, in cui la P. possiede una rilevante quota societaria (cfr. doc. n. 2, “visura”, allegato all’atto di citazione). Circostanza, questa, presuntiva della conoscenza da parte della P. della situazione debitoria in cui versava l’Azienda Agricola Aquilaia;
b) la consistente diminuzione del patrimonio immobiliare della disponente per effetto della liberalità, atteso che lo stesso risulta sostanzialmente incapiente in assenza di qualsiasi prova contraria, da parte della medesima convenuta, in ordine alla presenza di ulteriori cespiti patrimoniali diversi da quelli già oggetto di pignoramento e ipoteca.
Peraltro, trattandosi di atto a titolo gratuito non si richiede che il pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore sia conosciuto, oltre che dal debitore, anche dai terzi beneficiari, trattandosi di requisito richiesto solo per la diversa ipotesi di atti a titolo oneroso.
Alla luce di quanto suesposto, il contratto di donazione del 21.5.2014 a rogito notaio Q. di Guidonia Montecelio meglio indicato in dispositivo deve essere dichiarato inefficace nei confronti della Siena Npl 2018 S.r.l., con conseguente ordine al competente Conservatore dei RR.II. di annotare la presente sentenza a margine della trascrizione dell’atto.
Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
