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Tribunale di Roma sez. I, 18/12/2017, n. 23576

Massima

L’apolidia è riconosciuta al soggetto nato nella ex Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia che, in applicazione della Convenzione di New York e con una prova quantomeno indiziaria della mancanza di cittadinanza da parte di qualsiasi Stato, dimostri di non poter acquisire quella degli Stati successori (nella specie, il Montenegro) per assenza dei requisiti legali di ius sanguinis o residenza, liberando l’interessato dalla “prova diabolica” dell’inesistenza di ogni legame civico.

Supporto alla lettura

CITTADINANZA

Il termine “cittadinanza” indica il rapporto tra un individuo e lo Stato, ed è in particolare uno status, denominato civitatis, al quale l’ordinamento giuridico ricollega la pienezza dei diritti civili e politici.  In Italia il moderno concetto di cittadinanza nasce al momento della costituzione dello Stato unitario ed è attualmente disciplinata dalla L. 91/1992.

La cittadinanza italiana si acquista iure sanguinis, cioè se si nasce o si è adottati da cittadini italiani.  Esiste una possibilità residuale di acquisto iure soli, se si nasce sul territorio italiano da genitori apolidi o se i genitori sono ignoti o non possono trasmettere la propria cittadinanza al figlio secondo la legge dello Stato di provenienza. Si può diventare cittadini italiani anche per matrimonio (iure matrimonii), la quale è riconosciuta dal prefetto della provincia di residenza del richiedente.

La cittadinanza può essere richiesta anche dagli stranieri che risiedono in Italia da almeno dieci anni e sono in possesso di determinati requisiti. In particolare il richiedente deve dimostrare di avere redditi sufficienti al sostentamento, di non avere precedenti penali, di non essere in possesso di motivi ostativi per la sicurezza della Repubblica.

La legge prevede alcuni casi in cui può venir meno lo status di cittadino italiano, si può riacquistare su domanda, e il D.L. 113/2018, convertito con L. 132/2018 ha introdotto all’art. 10 bis della L. 91/1992 l’istituto della revoca della cittadinanza nei casi espressamente previsti dall’art. 10 bis della citata L. 91/1992.

Diverso è parlare di “cittadinanza europea” che non è uno status che si acquisisce, infatti ogni cittadino di un Paese membro della Ue, oltre alla cittadinanza del paese di origine, gode della cittadinanza europea. Secondo la testuale dizione del trattato di Maastricht (TUE), è cittadino dell’Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro.

La cittadinanza dell’Unione europea comporta una serie di norme e diritti ben definiti, che si possono raggruppare in quattro categorie:

  • la libertà di circolazione e di soggiorno su tutto il territorio dell’Unione;
  • il diritto di votare e di essere eletto alle elezioni comunali e a quelle del Parlamento europeo nello Stato membro di residenza;
  • la tutela da parte delle autorità diplomatiche e consolari di qualsiasi Stato membro in un paese terzo nel quale lo Stato di cui la persona in causa ha la cittadinanza non è rappresentato;
  • il diritto di presentare petizioni al Parlamento europeo e ricorsi al mediatore europeo.

 

Il D. Lgs. 36/2025, conv. L. 74/2025, ha modificato la legge sulla cittadinanza italiana, soprattutto in merito allo ius sanguinis. Il fine è quello di limitare la trasmissione automatica della cittadinanza per discendenza, introducendo requisiti più stringenti e valutando il “vincolo effettivo e attuale con la comunità nazionale”. Le nuove disposizioni non si applicano a chi ha presentato domanda di riconoscimento della cittadinanza entro il 27 marzo 2025 (data di entrata in vigore del decreto); è prevista invece una finestra temporale, dal 1 luglio 2025 al 31 dicembre 2027, per il riacquisto della cittadinanza italiana da parte di cittadini che siano nati in Italia o che abbiano risieduto in Italia per almeno 2 anni, o che abbiano perso la cittadinanza prima del 16 agosto 1992.

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto e diritto

Con atto di citazione regolarmente notificato l’attore chiede all’intestato Tribunale il riconoscimento dello status di apolide.

A fondamento della domanda rileva: di essere nata il (omissis) a Niksic, all’epoca nella Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia, ma domiciliato in Italia, dove aveva ottenuto nel 1987 il permesso di soggiorno che non era stato rinnovato in quanto non cittadina montenegrina. Il Ministero non si è costituito.

All’udienza del 3 ottobre 2017 la causa è stata riservata alla decisione del collegio, previa rinuncia ai termini di cui all’art. 190 c.p.c.

In ordine ai presupposti per il riconoscimento dello stato di apolide detti si ricavano dalla Convenzione di New York del 28.9.54, ratificata in Italia con L. n. 306 del 1962, in forza del rinvio delineato dall’art. 10 della Costituzione ai trattati internazionali per la disciplina della condizione giuridica dello straniero, la quale all’art. 1 qualifica la condizione dell’apolide come colui che non è considerato come cittadino da nessuno Stato, ai sensi della legge nazionale.

Le S.U della Cassazione hanno poi individuato, sulla base della definizione convenzionale la nozione per cui’ è apolide colui che si trova in paese di cui non è cittadino provenendo da altro paese dal quale ha perso formalmente o sostanzialmente la cittadinanza con ciò sottolineando come il giudice debba verificare, quando viene chiesto di accertare tale status, anche se vi fossero le condizioni formali di possesso della cittadinanza nel paese di provenienza (o quello con cui ha avuto un legame giuridicamente rilevante) se sussistono quelle sostanziali, da accertare alla stregua delle norme applicabili in quegli stato di cui è accertato esservi stato un collegamento effettivo. Va inoltre rilevato, sotto il profilo dell’onere della prova,’ che neppure si può pretendere dall’interessato la prova ‘diabolica’ che nessuno Stato (in questo caso i tutti quelli derivanti dalla federazione socialista jugoslava) lo considera suo cittadino o pretendere che egli attenda all’infinito la risposta di ciascuno di tali Stati e che, pertanto, ciò’ che da lui si pretende e di dare una prova quantomeno indiziaria.. della sua mancanza di cittadinanza dallo Stato di provenienza suo o dei suoi genitori.

Tanto premesso, nel merito della domanda si rileva che l’attrice, per circostanza non contestata, e nata a Niksic, che all’epoca faceva parte della Repubblica Socialista Federativa dì, Jugoslavia, e oggi, appartiene al Montenegro.

L’art. 249 della Costituzione della Repubblica socialista prevedeva la doppia cittadinanza con prevalenza del principio dello ius sanguinis quella della Federazione e quella di una delle sei repubbliche federate (che non aveva rilievo internazionale). Nella Successiva Repubblica Federale di Jugoslavia, sorta nel 1992 – che limitava la sua sovranità a alla Serbia incluso il Kossovo e Montenegro veniva normalmente riconosciuta la cittadinanza alle’ persone già cittadini della federazione socialista che dei residenti fuori confine. Nel 1996 è natala Repubblica di Serbia e Montenegro e, dal 2006, si è completata la disgregazione della federazione socialista in concomitanza con la nascita degli stati indipendenti di Bosnia, Croazia, Slovenia, Macedonia, Serbia e Montenegro.

Si tratta oggi di capire se l’attore ha o meno titolo per rivendicare la cittadinanza in alcuno degli stati della ex repubblica federale socialista, in particolare il Montenegro che oggi comprende il territorio in cui è nata.

Ebbene l’attrice rileva’ di aver ottenuto – in data 21.9.2012 dalle autorità consolari l’attestazione della mancanza di cittadinanza montenegrina. Va poi rilevato che la L. 13 del 2008 non consentirebbe l’acquisto della cittadinanza né applicando l’art. 5 (ipotesi in cui i genitori siano cittadini montenegrini al momento della nascita della minore o lo stesso sia residente sul territorio: ed è evidente che i genitori dell’attrice non posseggono la cittadinanza montenegrina, stato non’ esistente all’epoca della loro nascita) né l’art. 41 (che richiede affinché un cittadino delle ex repubbliche jugoslave, acuisti la cittadinanza la registrazione sul Montenegro prima del 3 giugno 2006, può acquisire la cittadinanza montenegrina per adesione a determinate condizioni: anche questa ipotesi non è applicabile alla fattispecie non sussistendo la residenza in Montenegro prima del 2006).

Appare chiaro che l’attrice, avendo perduto (come i suoi genitori) la cittadinanza della Federazione socialista Jugoslava, non avrebbe titolo a rivendicare la cittadinanza “per nascita” 1 della Repubblica del Montenegro, ‘non risultando residente in quel territorio, al giugno 2006. L’attrice non ha stabilito alcun rapporto con quel Paese. È evidente poi che la ipotetica possibilità, da escludersi comunque in concreto date le circostanze del caso, che l’interessato possa essere naturalizzato a domanda, è irrilevante ai fini del presente giudizio atteso che una siffatta’ modalità di acquisto della cittadinanza potrebbe riguardare in astratto qualsiasi Stato. Ne consegue che dovendo ritenersi ella privo di qualunque cittadinanza (non potendo, evidentemente, fornirne, una prova negativa con riferimento a qualunque Stato) e della conseguente protezione, come di quella di organismi delle Nazioni Unite; non, risultando avere commesso crimini ai sensi dell’art. 12 par. iii, Conv. di New York del 28. settembre 1954 (L. 1 febbraio 1962, n. 306), la sua domanda deve essere accolta. Nulla sulle spese stante l’ammissione della parte al gratuito patrocinio.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando:dichiara l’apolidia di (omissis), nata a Niksic il (omissis);

nulla sulle spese.

Roma, 24.11.2017

Depositata in Cancelleria il 18/12/2017

Allegati

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