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Tribunale Piacenza, 04/05/2010, n.281

Massima

In virtù della disposizione di cui all’art. 33 comma 2 lettera u) d.lg. n. 206 del 2005 (cd. codice al Consumo) la clausola, che stabilisce come sede del foro competente una località diversa da quella di residenza o domicilio del consumatore, deve ritenersi vessatoria e come tale inefficace. Trattandosi di norma avente carattere processuale, essa sarebbe comunque applicabile alle cause iniziate dopo la sua entrata in vigore, ancorché derivanti da contratti stipulati in epoca anteriore.

Supporto alla lettura

CLAUSOLA VESSATORIA

Con l’espressione clausola vessatoria si fa riferimento a clausole inserite all’interno di un regolamento contrattuale, che per il loro contenuto comportano uno squilibrio di diritti e obblighi a danno di una parte e a favore di un’altra.

Disciplinata dagli artt. 1341 e 1342 c.c., e, nel Codice del Consumo, dagli artt. 33 e ss. D. Lgs. 205/2006, la loro applicazione varia a seconda della natura dei contraenti:

  • si applica la normativa codicistica nel caso di contratti conclusi tra professionisti o imprenditori (business to business) o tra consumatori (consumer to consumer);
  • si applica la disciplina consumeristica quando uno dei due contraenti sia un consumatore e l’altro un professionista o imprenditore (business to consumer).

Ambito oggettivo di applicazione

FATTO E DIRITTO

rilevato che, nella presente controversia, M.M., attore-committente, chiede la condanna di Nulli Mantova s.r.l., convenuta-appaltatrice, al risarcimento dei danni subiti a seguito della non corretta esecuzione di lavori di appalto relativi alla fornitura e posa in opera di un tetto.

Resiste la convenuta, in rito eccependo l’incompetenza territoriale; nel merito, la decadenza dalla denuncia dei vizi e comunque l’insussistenza degli stessi.

La causa è istruita con una CTU affidata al geom. P.;

ritenuto che, non può essere accolta l’eccezione di incompetenza territoriale formulata dalla difesa di parte convenuta.

Infatti, è ben vero che la clausola 10 del contratto inter partes prevede come foro esclusivo quello di Brescia.

Tuttavia, come eccepito dalla difesa di parte attrice, la clausola, che stabilisce come sede del foro competente una località diversa da quella di residenza o domicilio del consumatore, deve ritenersi vessatoria ex art. 1469 bis n. 19 c.c. ratione temporis vigente ed ora trasfuso nell’art. 33 comma 2 lettera u) D.Lgs. n. 206/2005 (cd. Codice al Consumo), e come tale inefficace ex art. 1469 quinques c.c. ratione temporis vigente.

È noto, infatti, che la giurisprudenza consolidatasi sin da Cass. Sez. Un. n. 14669/2003, ha chiarito che la norma deve intendersi come indicante un foro esclusivo e speciale che impedisce pertanto l’applicabilità dei fori di cui agli artt. 18-20 c.p.c. (conformi le successive Cass. n. 16336/2004, Cass. n. 19591/2004, Cass. n. 19594/2004, Cass. n. 2543/2005, Cass. n. 5007/2005, Cass. n. 8980/2005, Cass. n. 13890/2005, Cass. n. 19304/2005, Cass. n. 4208/2007, Cass. n. 14669/2007, Cass. n. 18743/2007, Cass. n. 13051/2008, Cass. n. 24262/2008).

Né può dubitarsi dell’applicabilità della normativa al caso di specie.

Infatti, sotto il profilo temporale la norma è stata introdotta dalla L. n. 52/1996, cioè tre anni prima del contratto, stipulato nel 1999, e cinque anni prima dell’inizio della controversia; ed in ogni caso, trattandosi di norma avente carattere processuale, essa sarebbe comunque applicabile alle cause iniziate dopo la sua entrata in vigore, ancorché derivanti da contratti stipulati in epoca anteriore (per tutte, cfr. nuovamente Cass. Sez. Un. n. 14669/2003).

Sotto il profilo dei presupposti soggettivi, è certo che il contratto è intercorso tra un professionista, id est la società Nulli Mantova, ed un consumatore, id est il M.. Quest’ultimo, infatti, pur svolgendo la professione di avvocato, nel caso che qui occupa agiva certamente per soddisfare esigenze della vita quotidiana estranee all’esercizio della sua attività professionale, quali quelle connesse alla ristrutturazione della propria abitazione, e pertanto deve essere considerato consumatore (ex pluribus, Cass. n. 4208/2007, Cass. n. 23892/2006, Cass. n. 13643/2006, Cass. n. 11933/2006, Cass. n. 10127/2001). Né ha rilevanza alcuna la circostanza, sulla quale la difesa del convenuto ha lungamente dibattuto, circa il fatto che il M. sia stato assistito da un direttore dei lavori, architetto F., atteso che la valutazione circa la natura di professionista o consumatore va fatta con esclusivo riferimento alla posizione soggettiva del committente, indipendentemente dal fatto che lo stesso agisca da solo od affiancato da collaboratori di sua fiducia.

Infine, sotto il profilo oggettivo, la clausola risulta predisposta unilateralmente da parte committente in un modulo-formulario (cfr. all. 1 fascicolo di parte attrice); e il professionista non ha provato, ed in realtà nemmeno offerto di provare o quantomeno dedotto, quanto a lui incombeva, cioè che la clausola sia stata oggetto di trattativa individuale ex art. 1469 ter c.c., ora trasfuso nell’art. 34 comma 5 D.Lgs. n. 206/2005.

Discende, in conclusione, l’inefficacia della clausola e quindi l’infondatezza dell’eccezione di incompetenza;

considerato che, solo parzialmente fondata è l’eccezione di decadenza, formulata dalla difesa di parte convenuta sul presupposto che l’attore non ha denunciato i vizi entro sessanta giorni dalla consegna dei lavori nel dicembre 1999, ma solo nel giugno 2000.

Invero, occorre distinguere le due tipologie di vizi lamentati, id est il numero e la posizione delle barre filettate da un lato, nonché il fenomeno di torsione subito dai travetti dall’altro.

Con riferimento alle barre filettate, ha chiarito il CTU, con motivazione convincente e pienamente condivisibile, nemmeno contestata dalle parti, dalla quale il Giudicante non ha motivo di discostarsi in quanto frutto di un iter logico ineccepibile e privo di vizi, condotto in modo accurato ed in continua aderenza ai documenti agli atti ed allo stato di fatto analizzato, che trattasi di un difetto certamente visibile sin dalla consegna dei lavori nel dicembre 1999 (cfr. pag. 6 e 12 perizia). Pertanto, la denuncia effettuata nel giugno-luglio 2000 è tardiva, in quanto posta in essere dopo lo spirare del termine di sessanta giorni previsto dall’art. 1668 c.c., e vi è allora decadenza dell’attore dalla garanzia.

Con riferimento invece alla parte più significativa dei tali vizi, id est la torsione subìta dai travetti, ha chiarito il perito che essa non poteva essere accertata al momento della consegna dei lavori a fine 1999, ma solo successivamente, trattandosi di un fenomeno a verificazione progressiva nemmeno ancora stabilizzatosi al momento del primo accesso del CTU (cfr. pag. 6 e 12 perizia). Pertanto, atteso che i termini decadenziali pacificamente decorrono da quando i vizi sono scoperti, deve ritenersi tempestiva la denuncia posta in essere nel giugno-luglio 2000, allorquando si è cominciato ad abitare l’immobile, sul presupposto del concreto accertamento del vizio poco prima di tale data.

Pertanto, conclusivamente sul punto, la garanzia deve ritenersi operante solo con riferimento al fenomeno di torsione dei travetti, non anche con riferimento al numero ed al posizionamento delle barre filettate.

osservato che, venendo al merito, deve nuovamente riportarsi alla CTU, anche sul punto pienamente condivisibile e non contestata dalle parti.

Ha infatti convincentemente evidenziato il perito, con iter logico ineccepibile, dal quale non vi è motivo di discostarsi, che il vizio denunciato da parte attrice relativamente alla torsione de travetti è realmente esistente; e che per eliminarlo, garantendo la statica della costruzione, è necessario provvedere alla rimozione della copertura ed al riposizionamento della stessa (cfr. pag. 10 perizia), con un intervento del costo di euro 15.000 in moneta dell’epoca (cfr. pag. 11 perizia).

Tale è quindi l’ammontare della condanna che deve riguardare parte convenuta. Sulla somma capitale, all’evidenza debito di valore in quanto posta risarcitoria, vanno conteggiati rivalutazione ed interessi moratori al tasso legale, dalla data del fatto, che può farsi coincidere con la consegna dei lavori il 1/12/1999, sulla somma via via rivalutata e sino al saldo (cfr. Cass. Sez. Un. n. 1712/1995 e la mai contrastata successiva giurisprudenza di legittimità);

evidenziato che, non vi sono motivi per derogare ai principi generali codificati dall’art. 91 c.p.c. in tema di spese di lite, che, liquidate come da dispositivo in assenza di nota, sono quindi poste a carico della soccombente parte convenuta ed a favore della vittoriosa parte attrice.

Per gli stessi principi in tema di soccombenza, anche le spese di CTU, già liquidate in corso di causa con il separato decreto di cui a dispositivo, sono definitivamente poste a carico di parte convenuta.

Si dà atto che il presente fascicolo è per la prima volta pervenuto a questo Giudice all’udienza del 4/5/2010, ed in tale udienza è stato deciso con sentenza contestuale ex art. 281 sexies c.p.c.

P.Q.M.

il Tribunale di Piacenza in composizione monocratica

definitivamente pronunciando, nel contraddittorio tra le parti, ogni diversa istanza disattesa

condanna Nulli Mantova s.r.l. a pagare a M.M. euro 15.000, oltre rivalutazione ed interessi legali sulla somma via via rivalutata dal 1/12/1999 al saldo;

condanna Nulli Mantova s.r.l. a rifondere a M.M. le spese di lite del presente giudizio, che liquida in euro 80 per rimborsi, euro 5.000 per diritti ed onorari, oltre IVA, CPA ed art. 14 TP;

pone definitivamente a carico di Nulli Mantova s.r.l. le spese di CTU, già liquidate con separato decreto 21/3/2003.

Piacenza, 4/5/2010

Allegati

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