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Tribunale Pavia sez. III, 29/01/2025

Massima

L’autorità giudiziaria può disporre lo scioglimento del condominio, ai sensi degli articoli 61 e 62 delle disposizioni di attuazione del Codice civile, solo quando l’immobile sia divisibile in parti strutturalmente autonome. Tale presupposto è soddisfatto quando i due corpi di fabbrica, pur con caratteristiche similari, risultano edifici separati con nessun elemento strutturale (travi, pilastri, fondazioni, ecc.) comune ai due edifici. Lo scioglimento è ammissibile anche se restano in comune con gli originari partecipanti alcune delle cose indicate dall’articolo 1117 del codice.

Supporto alla lettura

Condominio

1.La natura giuridica del Condominio.

Quella della natura giuridica del condominio è una questione che ha fatto sorgere numerosi contrasti in dottrina e in giurisprudenza. La giurisprudenza di legittimità si è più volte espressa sostenendo che il condominio non può considerarsi un soggetto giuridico distinto dai singoli condomini che lo compongono. Secondo la giurisprudenza di legittimità, il condominio è un ente di gestione sfornito di personalità distinta da quella dei suoi partecipanti.
In questo contesto dottrina e giurisprudenza hanno elaborato diverse teorie alle volte in contraddittorio tra loro. S’è detto che il condominio è:
a) un ente di gestione sprovvisto di personalità giuridica e autonomia patrimoniale distinta da quella dei suoi partecipanti (Cass n. 7891/2000);
b) un centro d’imputazione d’interessi distinto dai singoli partecipanti (Cass. 19 marzo 2009, n. 6665);
c) una organizzazione pluralistica (Cass. SS.UU. n. 9148/08).
La legge di riforma n. 220/2012 non ha preso posizione sul problema ma, come evidenziato dalle Sezioni unite della Suprema corte nella sentenza n. 19663/2014, ha introdotto una serie di disposizioni che sembrerebbero confermare la tendenza alla progressiva configurabilità “di una sia pur attenuata personalità giuridica”. In merito si rimanda all’ammissione della pignorabilità da parte dei fornitori del conto corrente condominiale, nonostante il nuovo disposto dell’art. 63 disp. att. c.c. sulla responsabilità dei singoli condomini per le obbligazioni comuni. Ma con la sentenza n. 10934/2019, le medesime Sezioni unite hanno escluso che il condominio possa configurarsi come un autonomo soggetto di diritto.

2. Condominio consumatore

È utile ricordare che ai sensi dell’art. 3 del codice del consumo (d.lgs n. 206/2005), consumatore o utente è “la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta” (art. 3 lett. a) Codice del consumo), mentre il professionista è “la persona fisica o giuridica che agisce nell’esercizio della propria attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale, ovvero un suo intermediario” (art. 3 lett. c) Codice del consumo).
L’orientamento che si è finora delineato, sia di merito che di legittimità, ha valorizzato in via pressoché esclusiva l’assunto secondo il quale, essendo il condominio ente di gestione privo di personalità giuridica, «l’amministratore agisce quale mandatario con rappresentanza dei vari condomini, i quali devono essere considerati consumatori in quanto persone fisiche operanti per scopi estranei ad attività imprenditoriale o professionale» (Cassazione, sentenze 10679/2015 e 452/2005). Di recente il tribunale di Milano, con ordinanza sospensiva del giudizio, ha rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la seguente questione pregiudiziale: “Se la nozione di consumatore quale accolta dalla direttiva 93/13/CEE osti alla qualificazione come consumatore di un soggetto (quale il condominio nell’ordinamento italiano) che non sia riconducibile alla nozione di “persona fisica” e di “persona giuridica”, allorquando tale soggetto concluda un contratto per scopi estranei all’attività professionale e versi in una situazione di inferiorità nei confronti del professionista sia quanto al potere di trattativa, sia quanto al potere di informazione …” (Trib. Milano, ord. 1 aprile 2019).
La corte di Giustizia si è pronunciata affermato che il Condominio è consumatore “L’articolo 1, paragrafo 1, e l’articolo 2, lettera b), della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, devono essere interpretati nel senso che non ostano a una giurisprudenza nazionale che interpreti la normativa di recepimento della medesima direttiva nel diritto interno in modo che le norme a tutela dei consumatori che essa contiene siano applicabili anche a un contratto concluso con un professionista da un soggetto giuridico quale il condominio nell’ordinamento italiano, anche se un simile soggetto giuridico non rientra nell’ambito di applicazione della suddetta direttiva” (Corte giustizia UE , 02 aprile 2020, n.329, sez. I).

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Oggetto della presente controversia è la domanda svolta dalle parti attrici sopra identificate per ottenere lo scioglimento del condominio CP_3 ” sito in Torrevecchia Pia, frazione Zibido al Lambro di To (PV), via P..

Avverso la domanda di scioglimento si sono opposti i condomini costituiti in giudizio mentre i rimanenti sono rimasti contumaci.

2. Venendo al merito della controversia si osserva in via preliminare che parte attrice, contrariamente da quanto sostenuto dai convenuti nella propria comparsa conclusionale, non ha svolto alcuna modifica inammissibile della propria domanda.

In particolare, i convenuti hanno evidenziato che parte attrice nei propri atti introduttivi aveva chiesto lo scioglimento del condominio con il mantenimento in comune delle sole aree di cui ai punti 12 e 15 della relazione di parte allegata alla citazione (cfr. doc. n. 1 fascicolo parte attrice) mentre, all’esito dell’attività istruttoria gli attori hanno chiesto di mantenere in comune una maggiore estensione di beni.

Invero, si tratta di una rinuncia parziale della domanda inizialmente formulata.

Si deve, infatti, evidenziare che l’indicazione di un maggior numero di beni da mantenere in comune coincide dal punto di visto logico ad un minore numero di beni oggetto di godimento separato da parte del CP_3 risultante dalla domanda di scioglimento.

In quanto rinuncia tale la modifica risulta ammissibile.

2.1. In via, ancora, preliminare occorre rigettare l’eccezione di improcedibilità sollevata dalla parte convenuta.

Nella specie, la parte si duole del fatto di non essere stata messa nelle condizioni di partecipare effettivamente al procedimento di mediazione instaurato dagli attori in quanto il precedente amministratore del condominio, figlio di uno degli attori, non aveva riconsegnato al nuovo amministratore la documentazione condominiale.

Sul punto si deve però evidenziare, in via generale, che la condotta tenuta da un soggetto terzo rispetto alla compagine degli attori – vale a dire il precedente amministratore di condominio – non può essere imputabile a quest’ultimi al punto da rendere inefficace la condizione di procedibilità formalmente assolta.

In ogni caso, l’eccezione è generica in quanto non vengono specificate in nessun modo la natura ed il contenuto della documentazione che i convenuti non avrebbero avuto modo di consultare prima di partecipare al procedimento di mediazione.

Pertanto, l’argomentazione della parte circa il fatto che la propria partecipazione sarebbe stata fittizia non è in alcun modo verificabile.

3. Quanto al merito della domanda si osserva, innanzitutto, che l’art. 61 delle disposizioni di attuazione del Codice civile prevede che “Qualora un edificio o un gruppo di edifici appartenenti per piani o porzioni di piano a proprietari diversi si possa dividere in parti che abbiano le caratteristiche di edifici autonomi, il condominio può essere sciolto e i comproprietari di ciascuna parte possono costituirsi in condominio separato. Lo scioglimento è deliberato dall’assemblea con la maggioranza prescritta dal secondo comma dell’articolo 1136 del codice, o è disposto dall’autorità giudiziaria su domanda di almeno un terzo dei comproprietari di quella parte dell’edificio della quale si chiede la separazione”.

Il successivo art. 62 chiarisce, poi, che “La disposizione del primo comma dell’articolo precedente si applica anche se restano in comune con gli originari partecipanti alcune delle cose indicate dall’articolo 1117 del codice. Qualora la divisione non possa attuarsi senza modificare lo stato delle cose e occorrano opere per la sistemazione diversa dei locali o delle dipendenze tra i condomini, lo scioglimento del condominio deve essere deliberato dall’assemblea con la maggioranza prescritta dal quinto comma dell’articolo 1136 del codice stesso”.

È incontestato che il condominio è costituito da due corpi di fabbrica; il primo, identificato nella citazione con il n.1 e nella ctu con la lettera A, è composto unicamente da 8 villette a schiera mentre il secondo, identificato nella citazione con il n. 2 e nella ctu con la lettera B, è composto da 8 villette a schiera e 4 appartamenti.

Nel caso di specie lo scioglimento è chiesto da sei comproprietari su dodici di modo che sussiste il requisito numerico posto dall’art. 61 citato pari al 30%.

Quanto ai presupposti fattuali il ctu nominato nel corso del giudizio ha innanzitutto accertato che i due edifici sono “autonomi dal punto di vista strutturale, in quanto, seppure con caratteristiche similari, sono edifici separati con nessun elemento strutturale (travi, pilastri, fondazioni, ecc.) atti a sostenere i carichi agenti (pesi propri degli elementi, carichi verticali, carichi orizzontali, ecc.) comune ai due edifici”.

La giurisprudenza di legittimità ha specificato che “L’autorità giudiziaria può disporre lo scioglimento del condominio, ai sensi degli artt. 61 e 62 disp. att. cod. civ., solo quando l’immobile sia divisibile in parti strutturalmente autonome” (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 21686 del 14/10/2014; Sez. 2, Sentenza n. 27507 del 19/12/2011).

Parte convenuta si è opposta allo scioglimento del condominio invocando le previsioni del regolamento condominiale richiamate nei singoli contratti di compravendita.

Si fa riferimento alle seguenti previsioni: “la parte acquirente si obbliga all’osservanza del regolamento di condominio dello stabile che dichiara di ben conoscere e accettare [..] ed in particolare prende atto: -che le aree adibite a strade , camminamenti e verde contraddistinte coi mapp.33-390-410-412-413 del foglio 14, sono di pertinenza comune a tutte le unità immobiliari comprese nel complesso; – nell’ambito delle suddette aree comuni gravitano anche tutti gli impianti (fognatura, acquedotto, elettricità, gas, telefono) di proprietà ed uso comune all’intero complesso immobiliare; – il vano indicato come ” ripostiglio casa ” nell’allegato a4 del regolamento , di proprietà comune alle unità immobiliari della palazzina ,è gravato da servitù di uso a favore del condominio; – tutte le aree di proprietà esclusiva, attraversate da impianti di interesse condominiale, sono gravate da servitù a favore del condominio ed a carico dei proprietari delle aree stesse ; – i giardini privati e le relative recinzioni dovranno essere tenuti, a cura e spese degli utilizzatori in perfette condizioni di manutenzione e di estetica ed all’interno degli stessi non potranno essere realizzate costruzioni di alcun tipo neanche a carattere provvisorio”.

La domanda originaria di parte attrice, invero, come peraltro riconosciuto dai convenuti nello svolgimento dell’eccezione qui esaminata sub paragrafo 2, è coerente con tale previsione; la relazione di parte, cui la citazione rimanda, prevede infatti di mantenere in comune i beni elencati ai punti 12 e 15, i quali coincidono con quelli indicati nei singoli atti di compravendita così come specificate nelle difese dei convenuti.

Si ritiene che tale previsione non sia ostativa allo scioglimento del condominio in quanto il rapporto pertinenziale con i beni comuni sussiste rispetto alle singole unità abitative e tale rimane anche dopo lo scioglimento; parimenti i rapporti di servitù ivi stabiliti che avranno dal lato attivo il super condominio che esiterà all’esito di questa pronuncia quale conseguenza della creazione di due condomini separati che però utilizzano congiuntamente alcuni beni comuni.

A ciò deve aggiungersi che sulla base dei risultati pervenuti in seno alla ctu gli attori hanno anche chiesto di mantenere in comune l’impianto fognario e di illuminazione del cortile essendo i rimanenti impianti per l’uso domestico (elettricità, acqua, gas, telefono) già posti a servizio delle singole utenze.

Si deve, in ogni caso, evidenziare che a prescindere da quale sia la conseguenza auspicata dagli attori con la precisazione della propria domanda, lo scioglimento del condominio non può comportare una modifica degli obblighi convenzionali derivanti in capo agli attori con la previsione contrattuale dianzi richiamata. La stessa, infatti, avrebbe richiesto un’azione modificativa e/o estintiva del titolo convenzionale ad essi sotteso.

In definitiva, la domanda degli attori può essere accolta con le limitazioni qui evidenziate.

4. Alla soccombenza di parte convenuta segue la sua condanna al pagamento delle spese processuali sostenute dall’attrice le quali vengono liquidate nel dispositivo, secondo i parametri medi del D.M. n. 55 del 2014, calcolati per tutte le fasi processuali, tenuto conto di quanto previsto per le cause aventi un valore compreso tra 26.000 e 52.000 euro, non essendo diversamente determinabile il valore di causa.

Le spese di lite vengono poste a carico dei soli convenuti costituitisi in giudizio in quanto non è stata documentata l’opposizione di quelli contumaci alla domanda degli attori, evidenziato, peraltro, che alcuna iniziativa stragiudiziale risulta dagli stessi assunta.

3.1. Le spese di ctu vengono poste definitivamente a carico dei convenuti.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, così dispone:

– accoglie la domanda e, per l’effetto, dispone lo scioglimento del Controparte_3 ” sito in Torrevecchia Pia, frazione Zibido al Lambro di To (PV), via P. come da tabelle grafiche riportate nell’atto depositato dagli attori in data 13 dicembre 2024;

– accerta e dichiara che costituiscono beni comuni delle costituende entità condominiali l’impianto di fognatura e quello di illuminazione del cortile, ferme restando le ulteriori previsioni contrattuali e regolamentari evidenziate al paragrafo 3 della presente sentenza;

– Condanna i convenuti costituiti in giudizio a rimborsare agli attori le spese di lite, che si liquidano in € 545 per spese ed € 7.616 per compensi professionali, oltre spese generali pari al 15% dei compensi, c.p.a., nonché i.v.a., se prevista, secondo le aliquote di legge;

– pone definitivamente a carico dei convenuti costituiti in giudizio le spese di ctu. Pavia, 29 gennaio 2025

Allegati

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