rilevato che Se.Se. sottoscriveva in data 21.01.2016 per il tramite dell’agenzia (…) proposta di acquisto di bene immobile, sito in Scisciano, Corso (…), di proprietà del convenuto Am.Ra. come da formulario Fo.), consegnando all’agenzia un assegno dell’importo di Euro 3.000,00;
rilevato che la proposta veniva accettata dal Sig. Am.Ra. in data 26/01/2016;
rilevato che la predetta proposta all’art. 4 conteneva la condizione dell’erogazione del mutuo a favore dell’attore, che doveva avvenire entro 60 gg. dall’accettazione e al cui verificarsi era subordinata l’efficacia della stessa;
rilevato che seguivano due scritture ulteriori tra l’attore e il convenuto Am.Ra. ad integrazione della prima, limitatamente all’importo della caparra confirmatoria ed alle modalità di pagamento della medesima che con esse subiva un aumento a carico di Se.Se. e da corrispondersi ad Am.Ra., sempre con previsione di condizione dell’erogazione del mutuo in favore dell’attore;
rilevato che parte attrice deduceva che l’agenzia immobiliare si era impegnata verbalmente a favorire il buon esito della pratica di mutuo; rilevato che, come emerge dalla documentazione prodotta in giudizio, l’attore provvedeva a corrispondere la caparra confirmatoria tramite assegno di Euro 17.000,00 e di Euro 15.000,00 (cfr. documenti in atti), versando complessivamente la somma di Euro 35.000,00 sulla scorta dei tre atti sottoscritti dalle parti;
rilevato, altresì, che l’agenzia immobiliare aveva richiesto e ottenuto dal sig. Se. la somma di Euro 5.000,00 a titolo di provvigione nonostante l’affare fosse ancora in corso;
rilevato che successivamente alla terza scrittura del maggio 2016 l’attore non veniva più contattato da nessuno dei convenuti per aggiornamenti e che solo su propria insistente richiesta nell’ottobre 2016 veniva informato verbalmente dal l.r.p.t dell’Agenzia immobiliare dell’avvenuta delibera di mutuo per un importo di gran lunga inferiore a quello richiesto;
rilevato che a fronte del mancato avveramento della condizione relativa alla concessione del mutuo, l’attore non otteneva la restituzione degli importi versati, pur a fronte di missiva del 03.02.2017 indirizzata all’Agenzia;
rilevato che l’agenzia dopo qualche giorno provvedeva alla restituzione di parte della provvigione raggiungendo un accordo con l’attore, laddove pur a fronte di formale sollecito (cfr. messe in mora in atti) il sig. Am. non restituiva la caparra versata dall’attore;
rilevato altresì che l’attore veniva a conoscenza attraverso visura dell’Agenzia del territorio che il convenuto Am. aveva intanto alienato a terzi in data 29.03.2017 l’immobile senza informare l’attore senza formale recesso dalla trattativa in corso;
rilevato che l’attore agiva per ottenere l’accertamento della responsabilità in solido dei convenuti per violazione dei relativi obblighi contrattuali con condanna alla restituzione degli importi versati stante il mancato avveramento della condizione apposta agli atti preliminari di vendita e la perdita di efficacia degli stessi;
rilevato che secondo i principi enunciati dalla Suprema Corte di Cassazione anche di recente (Cass. n. 22046/2019) ove le parti subordinino gli effetti di un contratto alla condizione che il promissario acquirente ottenga da un istituto bancario un mutuo per potere pagare in tutto o in parte il prezzo stabilito, tale condizione è qualificabile come “mista”, dipendendo la concessione del mutuo anche dal comportamento del promissario acquirente nell’approntare la pratica. Tuttavia, la mancata erogazione del prestito comporta le conseguenze previste in contratto, senza che rilevi, ai sensi dell’art. 1359 c.c., un eventuale comportamento omissivo del promissario acquirente, sia perché questa disposizione è inapplicabile qualora la parte tenuta condizionatamente ad una data prestazione abbia interesse all’avveramento della condizione (cd. condizione bilaterale), sia perché l’omissione di un’attività in tanto può ritenersi contraria a buona fede e costituire fonte di responsabilità, in quanto essa costituisca oggetto di un obbligo giuridico, e la sussistenza di un siffatto obbligo deve escludersi per l’attività di attuazione dell’elemento potestativo in una condizione mista (in senso conforme Cass. n. 18512/2017 che ribadisce che la condizione può ritenersi apposta nell’interesse di uno solo dei contraenti solo in presenza di una clausola espressa in tal senso o di elementi che inducano a ritenere che l’altra parte non abbia alcun interesse al suo verificarsi; ne consegue che l’art. 1359 c.c., secondo cui la condizione del contratto si considera avverata qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario al suo avveramento, non è applicabile nel caso in cui la parte, tenuta condizionatamente ad una determinata prestazione, abbia anch’essa interesse al verificarsi della condizione);
osservato, sempre in punto di diritto, che in senso conforme si è espressa anche la S. Corte di Cass.
Con sentenza n. 16620/2013, secondo cui in base alla norma dell’art. 1359 c.c. la condizione del contratto si considera avverata qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario al suo avveramento; detta norma non è applicabile nel caso in cui la parte tenuta condizionatamente ad una determinata prestazione abbia anch’essa interesse all’avveramento di essa. La condizione può ritenersi apposta nell’interesse di una sola delle parti contraenti soltanto quando vi sia un’espressa clausola contrattuale che disponga in tal senso ovvero allorché – tenuto conto della situazione riscontrabile al momento della conclusione del contratto – vi sia un insieme di elementi che nel loro complesso inducano a ritenere che si tratti di condizione alla quale l’altra parte non abbia alcun interesse; in mancanza, la condizione stessa deve ritenersi apposta nell’interesse di entrambi i contraenti (conf. Cass. n. 6423/2003; Cass. n. 23824/2004); rilevato che, nel caso di specie dal contenuto del contratto preliminare concluso tra le parti emerge inequivocabilmente la natura bilaterale della condizione apposta in assenza di una specifica disposizione diversa; rilevato che nel caso di mancata conclusione del contratto di mutuo, il contratto preliminare, la cui efficacia era stata subordinata, in virtù della clausola condizionale, all’erogazione del mutuo, non acquisirà mai efficacia e, conseguentemente, non sorgerà in capo alle parti l’obbligo contemplato nello stesso, di addivenire alla stipula del contratto di vendita. Inoltre, sciolto il dubbio circa la definitiva inefficacia del preliminare, la somma eventualmente versata a titolo di caparra confirmatoria dal promissario acquirente dovrà essere restituita allo stesso, proprio perché la mancata erogazione del mutuo, privando definitivamente di efficacia il contratto preliminare, che costituisce il solo titolo giustificativo del pagamento della caparra, lo rende indebito e quindi obbliga alla restituzione della somma ricevuta a tal titolo (così App. Roma n. 1666/2018);
osservato, per completezza, che il comportamento del promissario acquirente di approntare la pratica di mutuo, dedotto nella clausola condizionale, non è vincolante per lo stesso, in quanto non costituisce l’oggetto di un’obbligazione, ma rappresenta semplicemente l’elemento potestativo di una condizione mista, cioè è un mero fatto al cui verificarsi le parti hanno subordinato l’efficacia della fattispecie contrattuale. Pertanto, l’eventuale inerzia del promissario acquirente al riguardo non sarebbe sanzionabile. Ne consegue che le parti, per rafforzare la tutela giuridica in favore del promittente venditore, potrebbero espressamente prevedere l’attività dedotta in condizione quale oggetto di una specifica obbligazione, al fine di vincolare il promissario acquirente a porre in essere tutti quei comportamenti funzionali alla conclusione del mutuo; rilevato che la perdita di efficacia degli atti sottoscritti dalle parti emerge anche dal comportamento tenuto dal convenuto Am.Ra. il quale, in seguito alla scadenza del termine di avveramento della condizione, ha comunque mostrato il proprio disinteresse alla vendita dell’immobile al sig. Se., salva la propria ingiustificata pretesa di trattenere definitivamente la caparra inizialmente versata dall’ attore; rilevato che il comportamento del convenuto Am.Ra., il quale si è sostanzialmente rifiutato di restituire la caparra rende legittima la richiesta restitutoria dell’attore della caparra versata dall’ attore medesimo;
rilevato quanto alla posizione dell’agenzia immobiliare che la richiesta restitutoria appare infondata in ragione della circostanza che pur a fronte della chiara lettera della proposta di acquisto contenuta nel formulario sottoscritto dall’attore al punto 1.3 circa i tempi della consegna alla parte venditrice dell’assegno a titolo di caparra, detta pattuizione risulta ampiamente superata dalle successive scritture integrative che hanno disciplinato proprio le modalità di pagamento della caparra, nonché in ragione dell’accordo raggiunto con l’attore come dallo stesso dedotto in citazione circa la restituzione di parte della provvigione; rilevato inoltre che non può condividersi la prospettazione attorea circa la configurabilità di una responsabilità solidale dell’Agenzia con il convento Am. e in assenza di alcuna prova scritta dell’impegno assunto dal l.r.p.t. in ordine alla richiesta di mutuo;
ritenuto in conclusione che vada dichiarato il mancato avveramento della condizione di positiva erogazione del mutuo cui erano subordinate le tre scritture private sottoscritte dalle parti con la conseguente perdita di efficacia delle stesse e obbligo restitutorio della somma di Euro 35.000,00 da parte del sig. Am. in favore dell’attore Se., quale somma da questi versata a titolo di caparra come da assegni in atti;
ritenuto infine che, integrando tale ultima obbligazione un debito di valuta, sul suddetto importo vadano riconosciuti i soli interessi legali e non anche la rivalutazione monetaria, il tutto con decorrenza dalla data del 26.03.2016, ovvero dai 60 giorni successivi all’accettazione della proposta, fino al soddisfo;
ritenuto quanto alla richiesta risarcitoria che la stessa non posa trovare accoglimento stante la genericità della domanda e l’assenza di supporto istruttorio sul punto;
ritenuto che le spese di lite, determinate sulla base dei criteri previsti dal D.M. n. 55/2014, debbano seguire la soccombenza, quanto ai rapporti tra parte attrice ed il convenuto Am.Ra.;
rilevato altresì quanto ai rapporti con l’Agenzia immobiliare che le stesse possono ritenersi giustamente compensate alla luce del coinvolgimento della medesima nelle trattative preliminari quanto all’obbligo sulla stessa gravante di consegnare la caparra solo a seguito dell’avveramento della condizione, che tuttavia non ha generato responsabilità solo in ragione delle successive integrazioni negoziali tra le parti;
P.Q.M.
Il Tribunale di Nola, prima sezione civile, in persona del Giudice Unico Dott.ssa Lucia Paura, definitivamente pronunciando nel giudizio civile iscritto a ruolo con il n. 408/2018 di R.G., disattesa ogni contraria domanda, istanza ed eccezione, così provvede:
- accoglie per quanto di ragione la domanda dell’attore nei confronti del sig. Am.Ra. e, per l’effetto, condanna quest’ultimo a restituire, la somma complessiva di Euro 35.000,00, pari alla caparra versata da Se.Se., oltre interessi nella misura del saggio legale dal 26/03/2016, fino al soddisfo;
- rigetta la domanda dell’attore nei confronti della convenuta Agenzia Immobiliare;
- condanna Am.Ra. a pagare a Se.Se. le spese di lite, le quali vengono liquidate 300,00 per esborsi ed in euro 3200,00 per compenso professionale, oltre spese generali nella misura del 15 per cento, IVA e C.P.A. come per legge, se dovute;
- compensa le spese tra l’attore e l’agenzia immobiliare convenuta.
Così deciso in Nola il 2 gennaio 2024.
