Motivi della decisione
In udienza preliminare, l’imputato F. A. personalmente, assistito dal suo difensore, ha chiesto di procedere con rito abbreviato.
Ammesso il rito, le parti hanno svolto in discussione le richieste conclusive trascritte in epigrafe.
Il procedimento trae origine dalla denuncia-querela sporta da F. R. in data 21.03.2022 esponendo di avere già in precedenza denunciato comportamenti molesti dell’ex compagno F.A., padre del figlio A., nato nel 2016, una prima volta nell’aprile 2020, non opponendosi all’archiviazione del procedimento, ed una seconda volta nel maggio 2021, determinandosi a rimettere la querela nel novembre successivo, a seguito di un accordo avanti al giudice civile per la regolamentazione del diritto paterno di visita al figlio minore e del suo obbligo di contributo al mantenimento e ad un temporaneo rasserenamento del rapporto con l’odierno imputato.
Tuttavia, F.A. aveva ripreso ad intromettersi con prepotenza nella sua vita con continue ed insistenti chiamate e mediante l’invio di messaggi – anche una decina al giorno – di contenuto offensivo e denigratorio ed esercitando un controllo sulle sue frequentazioni; in particolare, ostile alla sua relazione con D. P. B., l’imputato la insultava (“..”) e la minacciava di fargliela pagare e di privarla dell’affidamento del figlio se non avesse tenuto il suo nuovo compagno lontano dal bambino.
Anche in presenza del bambino l’imputato ingiuriava F. a causa della sua relazione con un altro uomo (“..”) infierendo su di lei davanti al suo pianto (“..”).
Il 31.01.2022, riaccompagnando il figlio presso l’abitazione materna, F. A. aveva dato causa, con i consueti rimproveri per la presunta incapacità educativa di F., ad una discussione, nel corso della quale, alla presenza del bambino, in un gesto di stizza, lanciava le chiavi a terra, attingeva F. R. al viso con uno schiaffo e la offendeva ripetutamente (“..”) minacciando di agire per privarla dell’affidamento di A. A seguito di tale episodio, F. entrava in contatto con il centro antiviolenza White Matilda; in occasione di un incontro con la dottoressa B. S. il 16.02.2022 l’odierna parte civile riceveva più tentativi di contatto mediante videochiamata dell’imputato, che pretendeva di sapere e di accertarsi di dove ella si trovasse.
Pochi giorni dopo, il 19.02.2022, riaccompagnando nuovamente il figlio presso l’abitazione, materna, l’imputato insisteva per fare ingresso in casa e, alterato dal rifiuto dell’ex compagnia di consentirgli l’accesso, le lanciava addosso la borsa che doveva restituirle.
Nei giorni seguenti in tutte le occasioni di contatto l’imputato ribadiva di ritenere F.R. incapace di educare il figlio, affetta da sindrome depressiva e bisognosa di trattamento psichiatrico, minacciando di richiedere un trattamento sanitario obbligatorio e di chiedere che lo fosse tolto l’affido del bambino.
Il 28.02.2022, avvertendo forte angoscia, F. si sottoponeva ad una visita psichiatrica presso il C.P.S. di Carate Brianza, in esito alla quale il medico, dottoressa G. F., escludeva la necessità di terapia farmacologica, attribuendo lo stato ansioso riscontrato alla reazione all’esperienza legata ai comportamenti dell’ex compagno e consigliando la prosecuzione del percorso già avviato presso il centro antiviolenza.
Le conversazioni a mezzo applicazione Whatsapp del febbraio 2022 confermano la prospettazione da parte dell’imputato dell’intervento di assistenti sociali a fronte di pretese inadeguatezze dell’odierna parte civile rispetto al ruolo materno (“..”) e la registrazione da parte sua, all’insaputa della sua interlocutrice, di telefonate con F. R., seguita dalla minaccia di divulgarne il contenuto al padre ed al precedente compagno della donna, per portarli a conoscenza di commenti critici nei loro riguardi e della sua ipocrisia e abilità manipolatoria (avendo ricevuto supporto tanto dall’uno, quanto dall’altro rispetto alle condotte intrusive e prepotenti dell’imputato).
F.U., padre della parte civile, ha riportato de relato i racconti della figlia circa i continui controlli e le umiliazioni subite dall’imputato.
S.B., psicologa presso il centro antiviolenza White Matilda di Desio, ha dichiarato che F. R. lamentava l’incapacità del suo ex compagno di accettare la fine della loro relazione sentimentale e le sue continue intromissioni nella sua vita, con telefonate, anche sei o sette volte al giorno, e messaggi, per controllare i suoi movimenti, così pervasive da renderle difficile vivere liberamente e serenamente impropria vita.
La testimone ha potuto riferire un episodio occorso in sua presenza, quando, non ricevendo risposta ad una chiamata, l’imputato ne faceva seguire in rapida successione altre due nei minuti successivi; di particolare rilievo è la reazione ansiosa manifestata nell’occasione da F. R., ancor più che per le insistenti chiamate, per il suggerimento della psicologa di ignorarle, anche per il futuro, che le causava un forte stato di preoccupazione ed angoscia, essendo abituata a rispondere subito alle telefonate dell’ex compagno per evitare che egli si arrabbiasse con lei, così di fatto consentendo le sue moleste intrusioni e soggiacendo alla sua invasiva presenza.
Un ulteriore episodio è stato riportato da C. N., un’amica della coppia F. – F., che assisteva ad una lunga videochiamata dell’imputato all’ex compagna, a cui soltanto poco prima aveva riaffidato il figlio; nell’occasione, sebbene in compagnia di amici, l’imputato aveva trattenuto al telefono F. a lungo ed il tenore della conversazione, per quanto percepito da C., era tale da indurla a temere una lite, per evitare di assistere alla quale ella intratteneva il piccolo A..
Tanto premesso, se per i fatti antecedenti al maggio 2021 oggetto di altri procedimenti l’azione penale è improcedibile per intervenuta definizione del procedimento con decreto di archiviazione, in assenza di autorizzazione alla riapertura delle indagini (fatti di cui alla denuncia-querela dell’aprile 2020), e per estinzione del reato, a seguito di remissione di querela (fatti di cui alla denuncia-querela del maggio 2021), i fatti successivi oggetto di narrazione da parte di F. R., non contrastata da contrarie allegazioni dell’imputato, silente nell’interrogatorio in fase di indagini preliminari, integrano reiterati atti di molestia e di minaccia (le iniziative per privare la parte civile dell’affidamento del figlio minore usando a pretesto una sua presunta incapacità genitoriale) attuati dall’imputato entro un arco temporale di mesi per intromettersi con prepotenza nella sfera privata della donna, ostacolando la sua relazione con un altro uomo e mantenendo un costante controllo su di lei, servendosi in modo strumentale del diritto di visita e di contatti con il figlio, in nesso causale con lo stato di ansia pervasiva e di costante turbamento della tranquillità d’animo riportato dalla parte civile ricordando le proprie ricorrenti crisi di pianto, confermato dalla sua reazione in presenza della psicologa S. B. e, altresì, manifestato nel corso della sua escussione a sommarie informazioni, interrotta a causa di un nuovo episodio di pianto.
Gli atteggiamenti assillanti, ossessivi e prepotenti dell’imputato, protratti nel tempo, e la continua denigrazione della persona della parte civile sono certamente idonei ad ingenerare una condizione di grave c persistente ansia quale quella descritta da F. R., integrante uno degli eventi tipici del reato di atti persecutori, in relazione al cui addebito, per quanto esposto, l’imputato deve essere riconosciuto responsabile.
Parimenti, è provata la responsabilità dell’imputato per il reato di lesioni di cui al capo 2) di rubrica, alla luce delle dichiarazioni della parte civile e del referto medico del mattino successivo al fatto, attestante una contusione alla mandibola giudicata guaribile in tre giorni. In punto di trattamento sanzionatorio, in difetto di alcuna circostanza concreta suscettibile di apprezzamento ai fini di una mitigazione della pena, si stima congrua per il più grave reato di cui al capo a), in applicazione dei criteri di cui all’art. 133 c.p., la reclusione per un anno, pari al già adeguato minimo edittale, in ragione del limitato periodo temporale di consumazione dei fatti, aumentata ad anni uno, mesi uno e giorni quindici di reclusione per il reato satellite di cui al capo 2), il cui vincolo di continuazione con il reato di atti persecutori è fondato sulla contestualità delle condotte, inserite nell’unitario quadro delle vessazioni ai danni della parte civile.
In ragione del rito prescelto, la pena è ridotta a quella finale di nove mesi di reclusione.
L’incensuratezza dell’imputato non osta a prevedere che, ammonito dalla presente condanna, egli saprà in futuro adeguare i propri comportamenti astenendosi dal reiterare illeciti; pertanto, può essere ordinata la sospensione condizionale della pena e, altresì, la non menzione della presente condanna ex art. 175 c.p.
L’imputato è onerato del pagamento delle spese processuali.
L’affermazione della penale responsabilità dell’imputato per i reati che gli sono ascritti fonda il suo obbligo di risarcire i danni non patrimoniali derivati alla parte civile, che, in via equitativa, possono essere liquidati nella somma di 5.000,00 euro, oltre rivalutazione dal dovuto al saldo.
Compete, altresì, alla parte civile la rifusione delle spese sostenute per la costituzione e difesa in giudizio, che si liquidano in 1.265,00 euro, comprensivi di rimborso forfettario delle spese, oltre Iva, e C.p.a., disponendo il pagamento a favore dello Stato, atteso che la parte civile è ammessa al patrocinio gratuito.
P.Q.M.
visti gli artt. 442, 533 c 535 c.p.p.
dichiara
F.A. responsabile dei reati ascritti, unificati nel vincolo della continuazione, e, operata la riduzione per il rito, lo condanna alla pena di mesi nove di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.
Ordina la sospensione condizionale della pena e la non menzione della condanna ex art. 175 c.p.
Visti gli artt. 538 e ss. c.p.p, condanna l’imputato a risarcire alla parte civile F. R. i danni non patrimoniali, che liquida in 5.000,00 euro, oltre rivalutazione dal dovuto al saldo.
Condanna, altresì, l’imputato alla rifusione alla parte civile delle spese di costituzione e difesa in giudizio, che liquida in 1.265,00 euro, oltre I.v.a. e C.p.a., disponendo il pagamento a favore dello Stato ai sensi dell’art. 110 D.P.R. 115/2002.
Indica in giorni sessanta il termine per il deposito della motivazione.
Così deciso in Monza, il 3 ottobre 2023.
