SVOLGIMENTO DEL PROCESSO e MOTIVI DELLA DECISIONE
Con ricorso depositato in data 19.6.2014 il ricorrente, in qualità di figlio di B.F., ha chiesto che questo Tribunale pronunciasse l’interdizione della propria madre dal momento che la stessa, per le gravi patologie da cui risulta ormai irreversibilmente affetta, si trova in una situazione di abituale infermità di mente tale da renderla del tutto incapace di provvedere ai propri interessi.
Fissata con decreto la comparizione delle parti, all’udienza del 25.9.2014 il giudice istruttore, verificata la presenza dell’interdicenda non costituitasi in giudizio e degli altri familiari, esaminava personalmente la stessa senza riuscire però ad avere un colloquio: la signora si presentava infatti in carrozzina, assopita e del tutto assente e incapace di rispondere anche a semplici domande.
Invitate le parti alle rispettive conclusioni, il ricorrente insisteva per la pronuncia di interdizione sul presupposto della gravità della patologia e del progressivo e inesorabile aggravamento futuro; il PM invece, ritenuta sufficiente la misura meno afflittiva e più snella dell’amministrazione di sostegno, chiedeva il rigetto della domanda con nomina del figlio quale amministratore di sostegno, affidandogli tutti i più ampli poteri rappresentativi.
Il giudice rimetteva quindi la causa al Collegio per la decisione.
Va in primo luogo rilevato come la Corte Costituzionale, investita della questione di legittimità della L. n. 6 del 2004 (legge istitutiva della misura dell’amministrazione di sostegno) abbia fin da subito precisato che la complessiva disciplina inserita dalla L. n. 6 del 2004 sulle preesistenti norme del codice civile affida al giudice il compito di individuare l’istituto che, da un lato, garantisca all’incapace la tutela più adeguata alla fattispecie e dall’altro limiti nella minore misura possibile la sua capacità: solo se non ravvisi interventi di sostegno idonei ad assicurare all’incapace siffatta protezione il giudice potrà ricorrere alle ben più invasive misure dell’inabilitazione e dell’interdizione che attribuiscono un vero e proprio status di incapacità (estesa per l’inabilitato ai soli atti di ordinaria amministrazione e per l’interdetto a tutti gli atti negoziali senza distinzione alcuna): vedi Corte Cost. n. 440 del 2005.
Nel senso della residualità dell’istituto dell’interdizione, del resto, è ormai pacificamente orientata la giurisprudenza di legittimità (v. tra le altre Cassazione n. 4866 del 1.3.2010 secondo cui in materia di misure di protezione delle persone prive in tutto o in parte di autonomia, la L. 9 gennaio 2004, n. 6 ha configurato l’ interdizione come istituto di carattere residuale, perseguendo l’obbiettivo della minor limitazione possibile della capacità di agire, attraverso l’assunzione di provvedimenti di sostegno temporaneo o permanente; ne discende la necessità, prima di pronunziare l’ interdizione, di valutare l’eventuale conformità dell’amministrazione di sostegno alle esigenze del destinatario, alla stregua della peculiare flessibilità del nuovo istituto, della maggiore agilità della relativa procedura applicativa, nonché della complessiva condizione psico-fisica del soggetto e di tutte le circostanze caratterizzanti il caso di specie; e Cassazione n. 9628 del 22.4.2009 secondo cui nel giudizio di interdizione il giudice di merito, nel valutare se ricorrono le condizioni a mente dell’art. 418 cod.civ. per nominare l’amministratore di sostegno, rimettendo gli atti al giudice tutelare, deve considerare che, rispetto all’ interdizione e all’inabilitazione, l’ambito di applicazione dell’amministrazione di sostegno va individuato con riguardo non già al diverso, e meno intenso, grado d’infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, ma piuttosto alla maggiore idoneità di tale strumento ad adeguarsi alle esigenze di detto soggetto, in relazione alla sua flessibilità ed alla maggiore agilità della relativa procedura applicativa, ben potendo il giudice tutelare graduare i limiti alla sfera negoziale del beneficiario dell’amministrazione di sostegno, a mente dell’art. 405, comma 5, nn. 3 e 4, cod. civ., in modo da evitare che questi possa essere esposto al rischio di compiere un’attività negoziale per sè pregiudizievole) e la maggioranza delle Corti di merito, tra cui il Tribunale di Milano.
Poiché nella specie l’anziana sig.ra B. risulterebbe pienamente tutelata anche dalla misura di protezione meno afflittiva dell’amministrazione di sostegno, non essendo esposta al rischio di compiere attività per la stessa pregiudizievoli previo affidamento all’amministratore di sostegno di tutti i più ampli poteri rappresentativi della stessa, la domanda deve essere respinta con trasmissione degli atti al designando giudice tutelare per gli adempimenti conseguenti.
Spese compensate.
P.Q.M.
rigetta la domanda di interdizione proposta nei confronti di B.F..
Dispone che, a cura della Cancelleria, vengano trasmessi gli atti al giudice tutelare ex art. 418 c.c.
per tutti gli adempimenti necessari alla nomina di un amministratore di sostegno in favore di B.F..
Spese compensate.
Così deciso in Milano, il 31 ottobre 2014.
