Massima

Il procedimento sommario di convalida di sfratto per morosità e di licenza per scadenza del contratto, in attuazione del D.lgs. 149/2022, è esteso anche alle fattispecie di godimento diverse dalla mera locazione, includendo espressamente i contratti di comodato di beni immobili e di affitto d’azienda. Tale estensione trova fondamento nella ratio della riforma, volta a soddisfare l’esigenza di una definizione celere dei procedimenti per la pronta liberazione di immobili, ed è legittimata dalla formulazione letterale degli artt. 657 e 658 c.p.c..

Supporto alla lettura

SFRATTO

Lo sfratto è un provvedimento previsto dalla legge per tutelare i proprietari di immobili in affitto.

Si distinguono quindi quattro tipologie di sfratto:

  • sfratto per morosità: quando l’inquilino ritarda il pagamento anche di un solo mese di canone di locazione, per più di 20 giorni dalla data stabilita (lo stesso vale se non versa gli oneri accessori, es. le spese condominiali, accumulando un debito superiore a due mensilità del canone). E’ l’unica tipologia in cui l’inquilino moroso può presentarsi all’udienza e chiedere al giudice il c.d. termine di grazia, cioè un periodo di tempo aggiuntivo (90 giorni, estesi a 120 giorni in caso di dimostrate condizioni precarie a livello economico o di salute) che il giudice concede all’inquilino moroso per pagare al proprietario l’affitto arretrato, gli interessi e le spese legali;
  • sfratto per finita locazione: quando l’inquilino rifiuta di lasciare l’abitazione al termine del contratto. La normativa prevede la possibilità di richiedere lo sfratto per finita locazione in forma preventiva, c.d. “intimazione di licenza per finita locazione”, funge da disdetta (sempre entro 6 mesi dalla scadenza del contratto per evitare il rinnovo automatico). Se l’inquilino non dovesse liberare l’immobile al termine della locazione, l’intimazione rappresenta un vero e proprio titolo esecutivo e diventa utilizzabile;
  • sfratto per necessità: a livello giuridico non si tratta di un vero e proprio sfratto, ma di un diniego di rinnovo del contratto di affitto. A seconda del tipo di contratto di affitto, cambiano le tempistiche per il rinnovo della locazione alla prima scadenza (4 anni in caso di canone libero e 3 anni per gli affitti a canone concordato). I motivi che consentono questa tipologia di sfratto (sempre inviando un preavviso scritto di almeno 6 mesi) sono tutti quei casi in cui il proprietario vuole destinare l’immobile a uso abitativo, commerciale, artigianale o professionale per se stesso o per un familiare fino al secondo grado. Se entro l’anno successivo alla riconsegna dell’immobile i motivi della disdetta non vengono rispettati, l’inquilino ha diritto di riattivare il precedente contratto di affitto, o, in alternativa, può richiedere un risarcimento non inferiore a 36 mensilità di canone;
  • sfratto per inadempienza contrattuale: quando l’inquilino commetta violazioni al contratto tali da richiedere una risoluzione dell’accordo (es.  il cambio di destinazione d’uso dell’appartamento, attività illegali condotte nell’immobile, disturbo dei vicini, o sublocazione non autorizzata). Anche la grave inadempienza non rientra tecnicamente nelle tipologie di sfratto in senso stretto, infatti in questo caso si parla di risoluzione del contratto, anche se il procedimento giudiziario è il medesimo dello sfratto.

Qualora dovesse presentarsi il caso in cui si cumulino le domande di sfratto per morosità e finita locazione, è possibile richiedere una convalida di sfratto per morosità se precedentemente ci si è avvalsi della licenza per finita locazione, in questo modo si velocizzano anche i tempi di risoluzione del rapporto. Per recuperare eventuali crediti successivi alla scadenza del contratto, con la riforma Cartabia è stato stabilito un risarcimento forfettario, richiedibile in concomitanza allo sfratto o col procedimento “sfratto per finita locazione e decreto ingiuntivo”.

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La domanda di risoluzione del contratto di locazione risulta fondata e deve essere accolta.

Va preliminarmente risolta l’eccezione sollevata dal convenuto in ordine alla applicabilità della procedura di convalida di sfratto per morosità al contratto per cui è causa, laddove lo stesso debba qualificarsi quale affitto d’azienda.

Premesso che questo giudice, pur nella consapevolezza che la questione sia all’esame della Corte di legittimità, ritiene applicabile il rito sommario anche al contratto di affitto di azienda, in virtù delle riflessioni già svolte nell’ordinanza 28.11.2023, rilevando che debba comunque essere osservato come la riforma introdotta dal D.lgs. 149/2022 abbia inteso estendere l’applicabilità del procedimento di sfratto per morosità anche a fattispecie di godimento diverse dalla mera locazione(nello stesso senso Trib. Verona 11 luglio 2023); a tal proposito si osserva che l’estensione del rito sommario per morosità ai contratti di affitto di azienda era espressamente prevista dalla legge delega in forza della quale il decreto è stato emanato e, vieppiù, nella relazione illustrativa del decreto attuativo 149/2022 (G.U. 19.10.2022 Serie gen. 245) viene espressamente dato atto che “In attuazione del principio contenuto nel comma 5, lett. R) si è estesa la applicabilità del procedimento di convalida, di licenza per scadenza del contratto e di sfratto per morosità, anche ai contratti di comodato di beni immobili e di affitto di azienda, entro tali limiti modificando dunque l’articolo 657 c.p.c.”.

Ritenuto che, aldilà delle relazioni preliminari ai suddetti testi normativi, tale conclusione risulti legittimata dalla stessa formulazione letterale degli artt. 657 e 658 c.p.c., posto che il primo espressamente estende le forme sommarie del procedimento di sfratto alle fattispecie del comodato e dell’affitto di azienda mentre l’art. 658 c.p.c. – che non è stato modificato dal legislatore del 2022 – richiama espressamente le modalità sommarie di cui alla norma precedente anche per la risoluzione dovuta a inadempimento, pur lasciando intonsi i termini “locatore” e “conduttore” (ma anche “canone d’affitto”, che in realtà è dicitura impropria e mista che sembra ricomprendere fattispecie più estese rispetto alla mera locazione); appare allora opportuno considerare che i termini “locatore” e “conduttore”, utilizzati nell’art. 658 c.p.c., debbano essere intesi in senso lato, onnicomprensivo delle figure, rispettivamente, del concedente e del titolare del diritto personale di godimento previsto di volta in volta nel titolo, sia per esigenze di interpretazione sistematica, derivanti dalla ratio della norma, volta a soddisfare esigenze sottese alla instaurazione e definizione in via celere (e salvo opposizione) di procedimenti per la pronta liberazione di immobili, sia per la circostanza che a far data dal R.D. 504/1942 mai si è pensato che la discrasia terminologica fra i soggetti elencati nell’art. 657 c.p.c. e quelli previsti nell’art. 658 c.p.c. impedisse di azionare il rito sommario per l’inadempimento nei contratti diversi dalla locazione (l’affitto agrario, la mezzadria, la colonia),già in allora richiamati dall’art. 657 c.p.c. (Cass. civ., 20/08/2015 n., 17008; Cass. civ., 08/08/1984, n. 4638; Trib. Milano 23 maggio 2003).

Ritenuto peraltro che il titolo sul quale si fonda l’azione debba essere ascritto al genus della locazione e non dell’affitto, poiché l’intero contratto 27.11.2007, aldilà della intestazione, pare riferito in via prioritaria alla locazione del terreno sul quale si volge l’attività, che – seppur munito delle attrezzature ivi poste – viene considerato quale bene primario concesso in godimento: ciò appare evidente all’art. 1, ove si individua come oggetto del contrato un appezzamento di terreno, all’art. 2 ove si identifica detto bene quale oggetto del contratto (e non l’azienda, o il complesso dei beni organizzati, che neppure sono individuati, descritti o in qualche modo espressamente individuati) e se ne vieta la sub locazione, anche nella forma dell’affitto di azienda (circostanza che fa presumere, viceversa, che il genus a cui le parti fanno riferimento sia da ricondurre alla locazione, avendo altrimenti ben potuto far riferimento al semplice subaffitto di azienda), così come il mutamento di destinazione, attività certamente riconducibile al bene immobile più che all’azienda; anche l’art. 3 fa riferimento a durata, rinnovo e disdetta tipici delle locazioni commerciali di beni immobili, mentre i successivi art 5 e 6 fanno riferimento unicamente al bene immobile, identificandolo sempre come oggetto del contratto, e ai necessari adeguamenti urbanistici, senza che mai si faccia alcun riferimento al contesto aziendale, e così gli artt. 7, 8 e 9 hanno ancora riguardo al bene e non al complesso di beni aziendali, che mai è nominato.

Va peraltro rilevato che la qualificazione del contratto, una volta convertito il rito, perde la sua rilevanza processuale, trattandosi ormai di ordinaria risoluzione per inadempimento, applicabile sia alla fattispecie della locazione che dell’affitto.

Inadempimento che è rilevantissimo (oltre i centomila euro), e che non è contestato quanto alla sua sussistenza storica.

Parte convenuta, tuttavia, eccepisce che ciò vada imputato alla mancanza di agibilità del bene, che ne comporta l’impossibilità di utilizzarlo (a dispetto del fatto che costei lo abbia tuttavia occupato sino alla esecuzione coattiva della ordinanza di rilascio ex art 665 c.p.c.). Sotto tale profilo avanza, anzi, specifica domanda riconvenzionale.

Deve a tal proposito essere osservato che la qualità di locatore si è trasferita da Dal Pino Amilcare (che aveva sottoscritto il contratto) al custode giudiziale della esecuzione immobiliare 66/2021 pendente contro lo stesso A. DAL P., che ha promosso lo sfratto, ed è oggi in capo a F. srls, aggiudicataria del bene immobile espropriato e oggetto di locazione.

Nel suddetto procedimento esecutivo è stata svolta perizia da parte dell’ing. I. (doc.7 parte attrice) dalla quale emerge che l’assenza di detta agibilità è riconducibile in parte ad interventi/omissioni posti in essere dallo stesso A. DAL P. e, per la più parte, da condotte/omissioni riconducibili alla stessa conduttrice odierna convenuta, che nel contratto si impegnava a dar corso ad una nutrita serie di adempimenti urbanistici (evidentemente poi omessi).

Appare tuttavia assai singolare (e rilevante) la circostanza che il contratto di locazione venne sottoscritto dal A. DAL P., quale soggetto fisico proprietario del bene concesso in locazione, e dallo stesso A. DAL P. quale legale rappresentante (all’epoca) della società conduttrice oggi convenuta, la quale tuttavia si duole della mancanza di agibilità e addirittura promuove sul punto domanda riconvenzionale, volta ad imputare la risoluzione all’inadempimento del locatore.

Appare allora condotta processuale gravemente censurabile ex art 96 comma III c.p.c. quella di colui che solleva tale eccezione, laddove il locatore e il conduttore al momento della conclusione del contratto sono rappresentati dalla stessa persona, in ordine alla quale, ovviamente, non si pone neanche il dubbio sulla effettiva conoscenza dello stato del bene e delle sue irregolarità (tanto che se ne fa in parte menzione anche nel contratto), vieppiù a fronte di costante giurisprudenza che afferma che “non si configura l’inadempimento del locatore se la situazione urbanistica, nonostante sia di ostacolo all’ottenimento del certificato di agibilità per l’esercizio dell’attività commerciale da condurre nell’immobile locato, era nota ed è stata consapevo ente accettata dal conduttore (Cass. 9558/2017, Cass. 13651/2014; Trib. Roma12.3.2019 n. 5867).

Eventuali profili riconducibili a responsabilità del A. DAL P., quale legale rappresentante della società in allora, dovranno trovare sfogo in pertinenti azioni nei confronti di costui, ma certo non potranno ricadere sul soggetto che oggi riveste la qualifica di locatore.

Appare evidente che la coincidenza personale fra locatore e legale rappresentante del conduttore deve far ritenere sussistente in re ipsa detta conoscenza e accettazione, né potrà oggi promuoversi una domanda riconvenzionale di risoluzione per inadempimento del locatore, fondandola sulla asserita inutilizzabilità del bene, posto che l’assenza di agibilità è in parte relativa a presupposti ben noti al conduttore al momento della stipulazione del contratto, e dunque accettati, e in (buona) parte a sue proprie inadempienze.

A fronte della sussistenza di una legittima fonte di obbligazione (rappresentata dal contratto di locazione ritualmente stipulato e registrato) e del pacifico inadempiente della conduttrice nel pagamento dei canoni, non potrà che dichiararsi l’intervenuta risoluzione per fatto imputabile a quest’ultima, mentre la domanda riconvenzionale dovrà esser respinta per le ragioni appena esposte.

Poiché parte attrice nelle note 13.9.2024 da atto che l’immobile è stato rilasciato a seguito di esecuzione, non vi è luogo a provvedere sul punto.

Le spese seguono la soccombenza e, tenuto conto delle caratteristiche, dell’urgenza e del pregio dell’attività prestata, dell’importanza, della natura, della difficoltà e del valore dell’affare, delle condizioni soggettive del cliente, dei risultati conseguiti, del numero e della complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate, possono essere liquidate secondo i minimi di scaglione previsto dal D.M. 147/2022, avuto riguardo al valore dichiarato in citazione, provvedendo alla liquidazione in favore dell’attore sino alla fase dell’intervento ex art 111 c.p.c. non avendo svolto dopo tale evento ulteriore attività e in favore della intervenuta da tale momento in poi.

Sussistono i presupposti per la condanna ex art 96 comma III c.p.c. della convenuta ad importo prossimo a quello delle spese liquidate

P.Q.M.

Il Tribunale definitivamente pronunciando nella causa civile in epigrafe

Dichiara risolto per inadempimento grave del conduttore il contratto 27.11.2007 stipulato dalle parti

Respinge la domanda riconvenzionale avanzata da parte convenuta e ogni altra domanda delle parti

Condanna Camping (omissis) S.r.l. alla refusione delle spese di lite in favore di parte attrice che liquida in € 406,50 per esborsi e € 3.233,00 (studio 2.382,00, introduttiva 851,00) per competenze ex dm 147/2022, oltre spese generali 15% e accessori di legge.

Condanna Camping (omissis) S.r.l. alla refusione delle spese di lite in favore di parte intervenuta F. che liquida in € 406,50 per esborsi e € 5.848,00 (studio 2.382,00, istruttoria 1.339, decsionale 2.127,00) per competenze ex dm 147/2022, oltre spese generali 15% e accessori di legge.

Condanna Camping (omissis) SRL a pagare all’attrice l’importo di euro 6.500,00 ex art 96 comma III c.p.c.

Così deciso dal Tribunale di Massa il 11/11/2024

Allegati

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