• Home
  • >
  • Tribunale Foggia sez. III, 05/04/2023, n.959

Tribunale Foggia sez. III, 05/04/2023, n.959

Massima

L’azione revocatoria può essere esercitata solo dal creditore, per tale intendendosi – in un’accezione molto ampia – ogni soggetto titolare di un credito, anche soggetto a termine o condizione, o di una mera aspettativa o ragione di credito anche eventuale, non assumendo rilevanza i requisiti della certezza liquidità ed esigibilità del credito stesso. Pertanto sono legittimati ad agire tutti coloro che siano titolari di un diritto di credito di qualsiasi natura e gli elementi della ‘legitimatio ad causam’ e dell’interesse ad agire in revocatoria vengono meno solo nel caso di sopravvenuto integrale pagamento, in corso di causa, di quanto dovuto dal debitore, posto che in tali ipotesi cessa l’esigenza di dichiarare l’inefficacia dell’atto di disposizione del patrimonio, essendo stato estinto il credito da garantire.

Supporto alla lettura

Azione revocatoria

L’azione revocatoria è un mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale, con cui il creditore chiede la revoca e conseguente dichiarazione di inefficacia di atti di disposizione del proprio patrimonio posti in essere dal debitore, che diminuiscano la garanzia del creditore, ossia la sua possibilità di soddisfarsi sul patrimonio del debitore. A differenza dell’azione surrogatoria, il cui esito è a favore di tutti i creditori, l’azione revocatoria opera ad esclusivo vantaggio del creditore che ha agito. L’atto revocato rimane perfettamente valido, ma esso è inefficace nei confronti del creditore che ha agito, che potrà soddisfarsi sul bene oggetto dell’atto revocato come se esso non fosse mai uscito dal patrimonio del debitore e sottoporlo ad esecuzione forzata (art. 2902 c.c.). In sostanza il terzo che acquista non potrà avvalersi dello scudo della trascrizione a protezione del bene quale regime di pubblicità dell’atto poiché inopponibile al creditore che ha esperito vittoriosamente l’azione revocatoria. Il bene sarà esposto quindi ad azioni esecutive e conservative.

Ambito oggettivo di applicazione

Preliminarmente, va evidenziato che la presente sentenza viene estesa senza l’esposizione dello “svolgimento del processo”, ai sensi delle indicazioni di cui al secondo comma dell’art. 132 c.p.c., come modificato per effetto dell’entrata in vigore dell’art. 45, comma 17, della Legge 18 giugno 2009, n. 69, e in maniera sintetica a norma dell’art. 16 bis, comma 9 octies del D.L. 18 ottobre 2012 n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012 n. 221 (comma aggiunto dall’art. 19, comma 1, lett. a), n. 2 ter) del D.L. 27 giugno 2015 n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015 n. 132).

Devono, pertanto, considerarsi integralmente richiamati dalla presente pronuncia gli atti introduttivi e di costituzione delle parti, le memorie ex art. 183, VI comma, c.p.c., le note di trattazione scritta e i verbali di causa.

Appare comunque opportuno riportare, per comodità espositiva, le conclusioni delle parti e, sia pure brevemente, le rispettive deduzioni ed eccezioni.

Con atto di citazione notificato il 01.12.2015, Fallimento di F.L. (di seguito il Fallimento) ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Foggia Frores s.n.c. di F.A. e C. e D.N.S., chiedendo l’accoglimento delle seguenti conclusioni: ” 1) accertarsi e dichiararsi, per le ragioni esposte in premessa, che, ai sensi dell’art. 2901 c.c., l’atto di compravendita rogato per Notar L. C. del 14.11.2014 Rep. n. 164079 Racc. n. 49225, avente ad oggetto il compendio immobiliare specificato alle lettere a) b) e c) del punto 6) della premessa, è inefficace nei confronti del Fallimento di F.L., in quanto recante pregiudizio alle sue ragioni di credito; 2) per l’effetto emettere, in ogni caso, ogni altro provvedimento ritenuto utile, opportuno e consequenziale alla dichiarata inefficacia della compravendita; 3) condannare i convenuti, in solido, al pagamento in favore della curatela fallimentare di spese e compensi del presente giudizio”.

A tal proposito, l’attore ha dedotto che: con sentenza del 22.10.2004, era stato dichiarato dal Tribunale di Foggia il fallimento del sig. F.L., titolare della ditta Edilterm di F.L., con sede in San Severo alla Via A.; con sentenza n. 1150 del 24.09.2012 il Tribunale di Foggia aveva dichiarato l’inefficacia della scrittura privata di risoluzione anticipata del contratto di affitto di azienda intercorso tra la Frores s.n.c. e il Fallimento di F.L., con condanna della S.n.c. in solido con i soci F.A. e D.A., alla restituzione in suo favore della complessiva somma di € 252.142,00 oltre interessi legali, nonché al pagamento delle spese di giudizio liquidate in complessivi € 4.535,00 oltre accessori come per legge; avverso la predetta sentenza Frores s.n.c. e F.A. avevano proposto appello e il relativo giudizio si era concluso con l’emissione della sentenza n. 503/2015 depositata il 3.3.2015, con cui la Corte D’Appello di Bari aveva confermato la sentenza di primo grado, condannando gli appellanti al pagamento in favore del fallimento delle spese legali del secondo grado di giudizio, quantificate in € 7.000,00 oltre accessori come per legge; in forza delle citate pronunce era creditore della somma di € 271.075,92 come quantificata nell’atto di precetto notificato alla D. in data 22.06.2015, oltre spese legali liquidate per il giudizio di appello nonchè spese successive ed interessi; con atto di compravendita del 14.11.2014 Rep. n. 164079 Racc. n. 49225 a rogito Notar L. C., la Frores s.n.c. aveva ceduto il suo intero patrimonio a D.N.S., vale a dire il compendio immobiliare sito in San Severo con ingresso dalla Via A. comprendente:

a) un locale a piano terra uso attività commerciale identificato in catasto al Foglio .. particella .. sub. 8;

b) un locale al piano scantinato ad uso magazzino in catasto al foglio … particella .. sub. 38 e due locali adibiti a box al piano scantinato in catasto al foglio .., particella .., sub. 39 e 40;

c) due locali adibiti a box in catasto al foglio .. particella .. sub. 43 e 44; il prezzo della compravendita era stato convenuto nell’atto in € 205.800,00 da corrispondersi entro il 30.01.2015; la vendita era stata effettuata in favore dell’ex moglie del figlio dichiarato fallito, dai soci della Frores s.n.c. (F.A. e D. A.) e che la stessa acquirente non poteva non essere a conoscenza del pregiudizio arrecato al fallimento, anche perché essa stessa aveva fatto domanda di insinuazione al passivo fallimentare per le somme ad essa spettanti a titolo di mantenimento non versato dall’ex coniuge; l’atto di compravendita non conteneva nessun elemento da cui poter desumere che il prezzo fosse stato effettivamente pagato; la vendita era stata effettuata al solo fine di sottrare i detti beni alle ragioni del fallimento e pertanto, dovevano ritenersi sussistenti i presupposti per la revocazione ex art. 2901 c.c. dell’atto di compravendita indicato.

Alla luce di quanto esposto, l’attore ha concluso per l’accoglimento delle domande come sopra riportate.

Con comparsa di costituzione e risposta con domanda riconvenzionale depositata il 14.03.2016, si è costituita la convenuta Frores s.n.c. di F.A. e C. s.n.c. (di seguito Frores) la quale ha chiesto: “Accertare e dichiarare la legittimità dell’atto di compravendita rogato per Notar C. in data 14.11.2014, che non reca pregiudizio alcuno al presunto credito vantato dal Fallimento di F.L. nei confronti della convenuta. Rigettare la domanda attrice, perché infondata in fatto ed in diritto ed oltremodo pretestuosa, per tutte le ragioni esposte in premessa. Condannare il Fallimento di F.L., ai sensi dell’art. 96 c.p.c. per responsabilità aggravata derivante da lite temeraria, al pagamento, in favore della Frores snc, della somma che riterrà equa e di giustizia il Tribunale, quantificandone l’ammontare. Con vittoria di spese, diritti ed onorari di causa”.

A sostegno della propria posizione, la convenuta ha esposto che: in virtù di un atto di precetto notificato il 22.06.2015, alla D. fondato sui titoli esecutivo costituiti dalle sentenze di primo grado n. 1150/2012 del Tribunale di Foggia e secondo di grado n. 503/2015, l’attore aveva proceduto ad esecuzione immobiliare presso la debitrice pignorando l’immobile sito in San Severo alla Via P. primo piano e box al n. 147 del valore di circa 250.000,00, giusta procedura esecutiva pendente dinanzi il Tribunale di Foggia, iscritta al n. R.G.E. 353/2015; alla data del 14.11.2014, ovvero dell’atto di compravendita oggetto di revocazione, era titolare di un patrimonio immobiliare del valore di circa € 600.000,00 composto da: una villetta sita in Campomarino Lido (CB); un appartamento sito in san Severo (FG) alla Via P. primo piano e box al n. 147 e dall’immobile ad uso commerciale sito in san Severo alla Via A. e Via N.; pertanto, l’atto dispositivo oggetto del presente giudizio non aveva pregiudicato in alcun modo le ragioni creditorie del Fallimento; in ogni caso, non dovevano ritenersi sussistenti i presupposti oggettivi e soggettivi richiesti dall’art. 2901 c.c.; doveva rilevarsi l’inammissibilità della azione proposta in quanto già con il pignoramento immobiliare avviato nel 2015 avente ad oggetto beni immobili del valore di € 262.400,00 il Fallimento di F., era in procinto di soddisfare le proprie pretese; comunque doveva evidenziarsi la temerarietà della azione intrapresa dal Fallimento, ragion per cui spiegava domanda riconvenzionale, chiedendo il risarcimento dei danni subiti e subendi ex art. 96 c.p.c. nella misura ritenuta equa e di giustizia dal Tribunale adito.

Con comparsa di costituzione e risposta con domanda riconvenzionale depositata in data 14.03.2016, si è costituita in giudizio anche l’ulteriore convenuta D.N.S., concludendo per l’infondatezza dell’azione promossa dal fallimento, rassegnando le seguenti conclusioni:” rigettare la domanda attrice, perché infondata in fatto ed in diritto, per tutte le ragioni esposte in premessa. Condannare il Fallimento di F.L., in persona del suo curatore dott. R. I., al risarcimento del danno, nei confronti della sig.ra D.N.S., a titolo di responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., della somma che sarà ritenuta equa dal Tribunale adito. Condannare la Frores snc di F.A. e C., in persona del suo legale rappresentante p.t., sig. F.A., alla restituzione, nei confronti della sig.ra D.N.S., della somma corrisposta a titolo di pagamento del prezzo di vendita dell’immobile ad uso commerciale sito in San Severo (FG) alla Via A. e alla via N., oltre le spese di trasferimento versate al Notaio L. C., o della diversa somma che sarà accertata in corso di causa, somme per le quali si spiega domanda riconvenzionale. Con vittoria di spese e competenze”.

A sostegno della propria posizione ha evidenziato: la mancanza dei presupposti richiesti dall’art. 2901 c.c. ai fini della azione introdotta, in quanto l’atto di compravendita del 14.11.2014, era connotato da assoluta buona fede e improduttivo di alcun pregiudizio per il creditore, essendo, altresì, carente l’elemento psicologico caratterizzante la posizione del terzo; che in particolare, non aveva alcun interesse a creare pregiudizio al fallimento essendosi insinuata nell’ambito della procedura concorsuale quale creditrice privilegiata, per essa e per i suoi figli al fine di recuperare la somma di € 196.800,00 dovuta dall’ex coniuge poi fallito a titolo di mantenimento maturato, a far data dal 15.01.2004; che il prezzo della compravendita stabilito in € 205.800,00 era stato corrisposto alla venditrice Frores a mezzo bonifici bancari prodotti in atti; che a seguito della notifica in data 01.12.2015, dell’atto di citazione di cui al presente giudizio, aveva inviato in data 02.12.2015 alla società venditrice una raccomandata con cui aveva chiesto la risoluzione dell’atto pubblico in questione con domanda di restituzione dell’importo versato e delle spese sostenute per il rogito; che doveva rilevarsi la propria totale estraneità rispetto alla situazione debitoria della Frores s.n.c. e dei suoi soci e di conseguenza, del potenziale pregiudizio in danno del Fallimento; che dopo essersi separata dal coniuge F.L. in data 15.01.2004, non aveva avuto più nessun rapporto con quest’ultimo e con gli ex suoceri, vantando, al contrario, nei confronti dell’ex marito il credito rinveniente dal mancato pagamento del mantenimento; che in conseguenza dell’azione intrapresa dal fallimento aveva subito un duplice danno derivante dal pagamento del prezzo della compravendita e dalla impossibilità di commercializzare il detto immobile, vista la trascrizione della domanda da parte dell’attore, ragioni per cui spiegava domanda riconvenzionale nei confronti della convenuta Frores s.n.c. di F.A. e C. chiedendo la restituzione della somma corrisposta a titolo di pagamento del prezzo di vendita dell’immobile ad uso commerciale sito in San Severo (FG) alla Via A. e alla via N., oltre le spese di trasferimento versate al Notaio L. C..

In merito all’istruttoria espletata in corso di causa, concessi i termini per il deposito delle memorie ex art. 183 6° comma c.p.c., il giudizio è stato istruito mediante interrogatorio formale, prova per testi e consulenza tecnica d’ufficio.

All’udienza del 21.9.2022, la causa è stata trattenuta in decisione con concessione alle parti dei termini di cui all’art. 190 c.p.c.

***

Tanto premesso, la domanda proposta da parte attrice è fondata e deve essere accolta per le ragioni che seguono.

Riassumendo la posizione delle parti, il Fallimento di F.L. ha agito ex art. 2901 c.c. per ottenere la declaratoria di inefficacia dell’atto di compravendita posto in essere tra i convenuti Frores s.n.c. (venditore) e D.N.S. (acquirente) in data 14.11.2014, al fine di tutelare la propria posizione di creditore della somma di € 271.075,92 nei confronti della società venditrice, in virtù della sentenza del Tribunale di Foggia n. 1150 del 24.09.2012, confermata in appello dalla sentenza n. 503 depositata il 30.3.2015 della Corte D’Appello di Bari, oltre interessi, spese e compensi del doppio grado di giudizio.

La convenuta Frores, ha concluso per il rigetto della domanda, sostenendo che le ragioni creditorie non potevano dirsi pregiudicate dall’atto di disposizione del 14.11.2014, considerato che con il medesimo non si era verificata alcuna alterazione patrimoniale tale da pregiudicare la posizione dell’attore, mancando altresì i presupposti di cui all’art. 2901 c.c..

La Frores S.n,c,. Inoltre, con domanda riconvenzionale ha chiesto la condanna ex art. 96 c.p.c. del Fallimento attore.

La convenuta D.N.S., dal canto suo ha rilevato la totale infondatezza dell’azione e la propria estraneità rispetto ai rapporti tra la Frores ed eventuali suoi creditori, evidenziando la propria buona fede rispetto all’atto di disposizione del 14.11.2014, rilevando in ogni caso la carenza dei presupposti -dal punto di vista dell’elemento psicologico- per l’accoglimento della domanda ex art. 2901 c.c. spiegata. Inoltre, la medesima, al contempo ha formulato domanda riconvenzionale nei confronti della Frores S.n.c. al fine di ottenere la restituzione da parte della predetta società venditrice delle somme versate a titolo di corrispettivo della vendita, oltre le spese sostenute per il rogito.

Chiarita la posizione delle parti, e preso atto della tempestività delle domande riconvenzionali formulate da entrambi i convenuti, tenuto conto della dipendenza logica delle predette domande rispetto all’accoglimento della domanda principale spiegata dal fallimento, questo giudice ritiene opportuno delibare le questioni attinenti alla fondatezza della domanda principale, per poi affrontare le domande riconvenzionali spiegate dai convenuti.

Per quanto attiene poi all’eccezione di inammissibilità dell’azione ex art. 2901 c.c. spiegata dalla Frores in virtù della pendenza della procedura esecutiva avviata dal Fallimento attore in danno della predetta società, deve osservarsi come tale circostanza non osti alla proposizione della domanda di revocatoria, posto che, con la predetta azione, l’attore ambisce esclusivamente a ricostituire la garanzia del debitore mirando ad ottenere l’inefficacia degli atti pregiudizievoli posti in essere da quest’ultimo, sicchè la contemporanea pendenza di una procedura esecutiva già avviata non osta alla proposizione della domanda revocatoria nella misura in cui il credito che con tale azione si tende a preservare, non risulti interamente soddisfatto prima della proposizione dell’azione in questione.

L’eccezione, pertanto, deve essere disattesa ben potendo l’attore agire per la revocatoria di alcuni atti dispositivi posti in essere dal proprio debitore anche laddove abbia già instaurato procedure esecutive volte al recupero del proprio credito, considerato che solo a seguito della conclusione della procedura esecutiva e quindi della liquidazione/assegnazione delle somme in favore dei creditori procedenti il proprio credito potrà risultare soddisfatto del tutto o parzialmente.

Superati questi rilievi, in tema di azione ex art. 2901 c.c. giova rammentare che l’azione revocatoria, come la stessa collocazione della sua disciplina nel capo V del libro VI insieme con l’azione surrogatoria e il sequestro conservativo, rappresenta un mezzo legale di conservazione della garanzia patrimoniale del creditore mirando a far dichiarare giudizialmente l’inefficacia, nei confronti del creditore stesso, degli atti di disposizione del patrimonio con cui il debitore arrechi pregiudizio alle sue ragioni. La funzione dell’azione è pertanto quella di tutelare l’interesse del creditore contro atti di disposizione del debitore, incidenti in modo pregiudizievole sulla consistenza del suo patrimonio. Tale finalità – secondo alcune posizioni, eminentemente cautelare – si realizza attraverso la dichiarazione di inefficacia dell’atto di disposizione del debitore in maniera da consentire poi l’esperimento di azioni cautelari ed esecutive sul bene oggetto dell’atto di disposizione (Cfr. in tal senso Cass. 25855/2021).

Va detto, inoltre, che ai fini dell’accoglimento dell’azione revocatoria l’ordinamento richiede la sussistenza di presupposti tanto di natura soggettiva quanto oggettiva.

Partendo dall’analisi dei primi, l’art. 2901 c.c. richiede in primo luogo nell’istante la qualità di creditore. Tale qualità, deve ritenersi intesa in senso ampio, in capo al soggetto titolare di un credito già esistente anche se soggetto a termine o condizione, dilatandosi così la tutela alla semplice aspettativa e ad una “ragione di credito anche eventuale”, non assumendo rilevanza i requisiti della certezza liquidità ed esigibilità del credito stesso (Cfr. in tal senso Cass. 10522/2020; Cass. 11755/2018; Cass. 3981/2003; Cass. 1050/1996 ).

Si ritengono pertanto legittimati ad agire tutti coloro che siano titolari di un diritto di credito di qualsiasi natura e gli elementi della legitimatio ad causam e dell’interesse ad agire in revocatoria vengono meno nell’ipotesi di sopravvenuto integrale pagamento, in corso di causa, di quanto dovuto dal debitore. In tali ipotesi, infatti, cessa l’esigenza di dichiarare l’inefficacia dell’atto di disposizione del patrimonio, essendo stato estinto il credito da garantire (in tal senso C. 21100/2004). L’interesse ad agire, invece, non viene meno nel caso in cui il bene oggetto dell’atto dispositivo sia tornato nel patrimonio del debitore, essendo l’interesse costituito anche dall’effetto prenotativo proprio della trascrizione della domanda giudiziale di revoca (C. 25862/2020).

Legittimato passivo all’esercizio dell’azione revocatoria è il debitore (oltre che il terzo), cioè colui che sia attualmente obbligato nei confronti del creditore istante o anche il soggetto di un semplice rapporto di aspettativa.

Nei confronti del debitore, inoltre, rileva il suo atteggiamento psicologico, il c.d. consilium fraudis, diversamente qualificabile a seconda che l’atto sia anteriore o posteriore al sorgere del credito ovvero oneroso o gratuito.

La gratuità o onerosità dell’atto impugnato rilevano poi sul piano dei limiti soggettivi entro cui l’accertamento dell’atteggiamento psicologico deve essere condotto. Nell’azione revocatoria ordinaria la scientia damni e il consilium fraudis sono requisiti riferiti alla figura del debitore, che, nel caso di atti a titolo oneroso, investe anche la figura del terzo acquirente, in tal caso si parlerà di partecipatio fraudis. Infatti, quanto al terzo, se l’atto di disposizione è a titolo oneroso ed anteriore al sorgere del credito, occorre la partecipatio fraudis, ossia la conoscenza, da parte del terzo, della dolosa preordinazione della vendita rispetto al credito futuro.

Per giurisprudenza costante, inoltre, l’anteriorità o meno del credito rispetto all’atto impugnato va valutata con riferimento al momento della sua effettiva insorgenza e non a quello del suo accertamento giudiziale (Cfr. in tal senso Cass. 23326/2018; C. 8013/1996).

Quanto ai secondi (requisiti di carattere oggettivo), il presupposto dell’azione revocatoria è rappresentato dal c.d. eventus damni cioè dal pregiudizio alle ragioni dei creditori che gli atti di disposizione del debitore possono arrecare. La lesione, inoltre, deve atteggiarsi come effettiva ed attuale, dell’interesse del creditore alla conservazione della garanzia patrimoniale pur se il danno non è attuale, ma si profila soltanto un pericolo di danno come conseguenza del comportamento del debitore. Sul punto, infatti, la giurisprudenza è concorde nel ritenere che per integrare il presupposto oggettivo dell’azione revocatoria ordinaria è sufficiente che l’atto di disposizione renda la realizzazione del diritto del creditore incerta o soltanto difficoltosa (Cfr. in tal senso Cass. 26310/2021; Cass. 19207/2018; Cass. 1896/2012; Cass. 19234/2009).

Pertanto ai sensi dell’art. 2901 c.c., l’ordinamento giuridico esige che il creditore dia prova di tre elementi:

a) la sussistenza di un credito;

b) l’eventus damni, dovendo cioè l’atto dispositivo arrecare un vulnus alla garanzia patrimoniale generica del creditore

c) la scientia damni in capo al debitore disponente, consistente nella consapevolezza (o agevole conoscibilità) del carattere lesivo delle ragioni del credito, nel caso in cui l’atto dispositivo sia successivo al sorgere del credito, oppure, in caso di atti dispositivi antecedenti, l’animus nocendi, vale a dire che l’atto dispositivo sia stato posto in essere con l’intenzione di pregiudicare il soddisfacimento del futuro creditore.

Ciò posto, passando al riscontro degli elementi poc’anzi richiamati deve osservarsi come nel caso di specie deve ritenersi pacifica l’esistenza del credito indicato dall’attore, discendente dalla sentenza n. 1150 del 24.09.2012 pronunciata dal Tribunale di Foggia la quale, ha riconosciuto il diritto del Fallimento di F. a vedersi rimborsato da parte della Frores S.n.c. in solido con i suoi soci della somma di € 252.142,00, oltre spese e quantificate in € 4.535,23, oltre accessori come per legge.

La sentenza in questione poi appellata dalla Frores s.n.c. è stata confermata dalla Corte di Appello con sentenza n. 503/2015 con la quale la Corte Territoriale ha disposto la ulteriore condanna della società in solido con F.A. al pagamento delle spese del secondo grado di giudizio quantificate in € 7.000,00 oltre spese ed accessori di legge.

Per quanto concerne poi la valutazione in ordine alla anteriorità o meno del credito rispetto all’atto di disposizione, in considerazione del diverso onere probatorio scaturente, ritiene questo Giudice che il credito sia stato accertato giudizialmente nel 2012, ovvero in data anteriore rispetto all’atto dispositivo compiuto nell’anno 2014, a nulla rilevando che la sentenza del Tribunale di Foggia sia stata poi appellata e quindi l’accertamento in essa compiuto sia divenuto definitivo in data successiva rispetta all’atto di disposizione del 14.11.2014. Fermo restando che nella pronuncia di primo grado si fa riferimento ai rapporti di natura patrimoniale intercorsi tra il Fallito F.L. e la Frores S.n.c. dai quali peraltro era derivato il credito poi accertato in sentenza, che senza dubbio avevano data anteriore rispetto all’atto di disposizione richiamato. Pertanto, ai fini dell’anteriorità del credito, sia che si voglia dare rilievo al momento in cui in origine era sorta l’obbligazione, sia per contro, al momento il cui è stato posto in essere l’accertamento da parte del giudice di prime cure con la pronuncia 1150/2012 depositata in 24.9.2012, i termini delle questioni non cambiano in quanto il credito risulta comunque anteriore rispetto all’atto di disposizione.

Di fatti “In tema di azione revocatoria ordinaria, il requisito dell’anteriorità del credito rispetto all’atto dispositivo del debitore va riscontrato con riferimento al momento di insorgenza del credito stesso e non già rispetto a quello del suo accertamento giudiziale” Corte di Cassazione, Sezione 3 civile, Ordinanza 5 settembre 2019, n. 22161.

Il credito vantato dalla società attrice, pertanto deve considerarsi anteriore rispetto all’atto di disposizione in contestazione, posto che gli atti di cui si chiede l’inefficacia sono incontrovertibilmente successivi alla sentenza n. 1150 del 24.09.2012 emessa dal Tribunale di Foggia in danno della società debitrice come pure rispetto alle obbligazioni per le quali è stata disposta in sentenza la condanna della Frores nei confronti del fallimento.

L’anteriorità del credito rispetto agli atti in contestazione appare quindi idonea a limitare l’onere probatorio incombente sull’attore alla prova della scentia damni e non dell’animus nocendi, richiesto, appunto, in caso di atto dispositivo antecedente al sorgere del credito.

Chiariti gli aspetti relativi alla sussistenza del credito dell’attore e dell’anteriorità del medesimo rispetto all’atto di disposizione per cui è causa, per quanto concerne la sussistenza dell’eventus damni, si rileva quanto segue.

Dall’esame della consulenza tecnica d’ufficio è emerso che alla data del compimento della compravendita (14.11.2014) le proprietà intestate alla società erano solamente quelle poi trasferite alla convenuta D. N. vale a dire quelle indentificate, con diversa destinazione urbanistica, in catasto di San Severo al foglio .. particella .., sub. 8, 38,39,40,43,44. Infatti, il consulente nominato ha indicato nel proprio elaborato che al momento dell’atto disposizione gli immobili rientranti nel patrimonio della Frores erano esattamente gli stessi di cui poi è stata disposta l’alienazione in favore della convenuta D.N.S. e nello specifico:

un locale a piano terra uso attività commerciale identificato in catasto al Foglio .. particella .. sub. 8;

un locale al piano scantinato ad uso magazzino in catasto al foglio .. particella .. sub. 38 e due locali adibiti a box al piano scantinato in catasto al foglio .., particella .., sub. 39 e 40; – due locali adibiti a box in catasto al foglio .. particella .. sub. 43 e 44.

Dopo aver individuato gli immobili di proprietà della Frores il Consulente ha provveduto ad una valutazione dei medesimi-alla luce delle condizioni degli immobili, con ciò valutando lo stato di manutenzione, le rifiniture, l’esposizione degli immobili nonché le caratteristiche della zona- stimando che il valore approssimativo del patrimonio della società al momento dell’atto di disposizione si aggirava attorno ai 300.696,00.

Alla luce delle conclusioni raggiunte dal CTU da ritenersi attendibili in quanto scevre da vizi o illogicità, è quindi evidente, che nel caso di specie con l’atto dispositivo in questione il patrimonio della società sia stato praticamente azzerato.

Né a conclusioni diverse può condurre l’esame delle ragioni della convenuta Frores s.n.c. che ha dedotto di possedere alla data dell’atto di che trattasi un patrimonio immobiliare costituito da: una villetta sita in Campomarino Lido; un appartamento sito in san Severo alla Via P., primo piano e box al n. 147 piano terra; un immobile ad uso commerciale sito in San Severo alla via A. e alla via N., quest’ultimo venduto alla sig.ra D.N.S..

Invero, dall’esame della documentazione prodotta in atti dal Fallimento, con la propria memoria 183 comma 6 n.2 c.p.c. risulta che la villetta sita in Campomarino (CB contraddistinta in catasto al foglio .., p.lla .., sub 11 e 27) è di proprietà di F.L. e non della società e, in ogni caso è il relativo atto di trasferimento è stato a sua volta oggetto di azione revocatoria conclusasi con la sentenza n. 150 del 19.06.2008 del Tribunale di Foggia – Sezione distaccata di San Severo – con cui è stata dichiarata l’inefficacia dell’atto di donazione con cui il predetto immobile era stato donato da F.A. a F.L., fallito poi nella pendenza del detto giudizio, con statuizione peraltro confermata dalla Corte D’Appello di Bari del 02.05.2014.

Per quanto concerne l’appartamento sito in San Severo alla Via P. e relativo box di proprietà della D., come riferito dalla stessa convenuta, a seguito di atto di precetto notificatole dal Fallimento di F.L. il 22.06.2015 per € 271.075,92 il predetto immobile è stato sottoposto a procedura esecutiva immobiliare recante n. r.g.e. 313/2015 ancora pendente. In merito a tale profilo, inoltre, parte attrice ha documentato in corso di causa che nella procedura è intervenuto con atto del 15.10.2015 creditore privilegiato per € 78.000,00 con ciò sottolineando come la vendita del bene non avrebbe comunque comportato l’integrale soddisfazione del credito vantato nei confronti della Frores.

Alla luce di quanto esposto, questo giudice ritiene che, con l’atto di disposizione di cui si discute, il debitore non abbia solo ridotto la propria garanzia patrimoniale, ma la abbia praticamente azzerata con conseguente nocumento delle ragioni creditorie dell’attore, senza provare per contro che il proprio patrimonio risultava consistente al punto tale da garantire in ogni caso la soddisfazione del credito da questi vantato nei suoi confronti. Sul punto, infatti, va ribadito come il patrimonio della società al momento dell’atto di disposizione coincideva con quello alienato alla D.N.S., senza considerare che anche il prezzo pattuito per l’alienazione del compendio immobiliare per cui è causa è risultato al di sotto del valore di mercato degli immobili della stessa zona geografica.

Per quanto concerne poi la scentia damni, in capo alla debitrice Frores, la sussistenza del detto presupposto trova fondamento nella circostanza che sulla scorta della sentenza del Tribunale di Foggia n. 1150 del 24.09.2012, era stato notificato alla società in data 19.06.2014 atto di precetto per la somma complessiva di € 269.068,06, pertanto è evidente che al momento dell’atto dispositivo del 14.11.2014, la società non poteva non essere a conoscenza della volontà del creditore di agire esecutivamente per il recupero del suo credito e conseguentemente del pregiudizio arrecato con la vendita del suo patrimonio, nel momento in cui un questo stava per avviare, come poi di fatto poi avvenuto- un’azione esecutiva in suo danno. Diversamente non può attribuirsi alcun rilievo alla pendenza del giudizio di appello avverso la detta sentenza, giudizio, peraltro, nell’ambito del quale la Corte D’Appello di Bari, già in sede di inibitoria ex art. 283 c.p.c. con ordinanza depositata il 23.04.2013 aveva ritenuto manifestamente infondata l’istanza.

Ancora poi indice della sussistenza della scentia damni è l’elemento temporale in cui la compravendita è stata posta in essere, a fronte dell’atto di precetto notificato il 19.06.2014 alla società debitrice, l’atto di disposizione è stato compiuto circa 5 mesi dopo l’intervenuta notifica.

In sostanza e in assenza di ulteriori elementi di segno contrario, può ritenersi che in pendenza del giudizio dinanzi alla Corte D’Appello di Bari, la debitrice abbia voluto mettere a riparo il suo patrimonio da eventuali iniziative esecutive ad opera del fallimento, spogliandosi del compendio immobiliare per cui è causa.

Per quanto riguarda poi la partecipazione da parte del terzo, vale a dire l’odierna dell’odierna convenuta D.N.S., deve osservarsi come ai fini della configurazione della fattispecie di che trattasi, risulti necessaria la partecipatio fraudis.

Nel caso di specie e come già osservato “La prova della “partecipatio fraudis” del terzo, necessaria ai fini dell’accoglimento dell’azione revocatoria ordinaria nel caso in cui l’atto dispositivo sia oneroso e successivo al sorgere del credito, può essere ricavata anche da presunzioni semplici, ivi compresa la sussistenza di un vincolo parentale tra il debitore ed il terzo, quando tale vincolo renda estremamente inverosimile che il terzo non fosse a conoscenza della situazione debitoria gravante sul disponente” (Cass. civ. Sez. VI – 3 Ordinanza, 05.09.2019, n. 22160).

Ciò posto a riguardo deve ritenersi che la convenuta D.N.S. non potesse non essere a conoscenza della situazione debitoria degli ex suoceri F.A. e D. A. e della Frores s.n.c, da cui aveva acquistato il compendio immobiliare, posto che proprio la società in questione, a sua volta, era debitrice del proprio ex marito, F.L., da cui la D.N.S. si era separata consensualmente con ricorso depositato il 24.06.2003 ed omologato il 15.01.2004.

Il rapporto di parentela, pertanto, costituisce un indice di indubbia valenza nel far presumere la consapevolezza dei soggetti interessati dall’atto di disposizione circa il pregiudizio con questo arrecato alle ragioni creditorie attraverso lo svuotamento patrimoniale operato.

Inoltre, e in senso contrario, non può attribuirsi alcuna valenza alla circostanza relativa al fatto che la D.N.S. si fosse insinuata nel fallimento dell’ex marito onde vedersi riconosciute le somme maturate da lei e dai suoi due figli a titolo di mantenimento. Anzi, a fronte della insinuazione al passivo per complessivi € 11.00,00 di cui ammessi € 3.000,00 in privilegio ed € 6.000,00 in chirografario, la debitrice ha riferito di essere creditrice nei confronti dell’ex marito e quindi del fallimento della complessiva somma di € 196.800 a titolo di mantenimento non versato dal lontano 15.01.2004, ovvero dalla omologazione della separazione consensuale. Tale assunto avvalora ulteriormente l’ipotesi che l’atto dispositivo in favore della ex nuora sia stato effettuato al fine di sottrarre beni al fallimento del F. in modo da assicurarli alla D.N.S. ed ai rispettivi figli, considerato che il credito di cui aveva chiesto l’insinuazione era stato ammesso in misura ridotta.

Ancora sempre nel senso della consapevolezza da parte della D. N. militano le conclusioni raggiunta dal Ctu nel proprio elaborato.

Sul punto, infatti la consulenza tecnica espletata in corso di causa, della quale questo Giudice ritiene di condividere le conclusioni, ha accertato che il valore del compendio venduto in € 300.000,00 anziché € 205.800,00 pattuiti, quindi una somma inferiore di quasi 100.000,00 rispetto al valore di mercato dei medesimi. A ciò si aggiunga che, anche le modalità di pagamento del prezzo della vendita depongono a sfavore della convenuta. Invero la non agiata condizione economica della D.N.S. risultante anche dalle dichiarazioni testimoniali rese dai genitori della stessa, unitamente alle deduzioni della convenuta circa il mancato adempimento da parte dell’ex marito dell’obbligazione di pagamento del mantenimento in favore suo e dei due figli, mal si conciliano con il fatto che la D.N.S. abbia versato alla società venditrice nel periodo dal 21.11.2014 al 26.08.2015 (circa sei mesi) l’intero prezzo di acquisto degli immobili pari ad € 205.800,00 oltre alle spese di rogito, senza stipulare alcun contratto di mutuo e con l’aiuto minimo dei suoi genitori, visto che il padre della convenuta D.N.G. ha dichiarato di averla aiutata con un esborso di circa 30-40 mila euro.

Ancora poi la circostanza che la D.N.S. come dichiarato dalla Madre T. C. all’udienza del 27.10.2017, abbia intrapreso attività di commercio di materiale idraulico (ovvero la stessa svolta dal marito e dai suoceri) dopo essere stata impiegata presso una ditta di pulizie, come risultante sempre dalle dichiarazioni dei testi, lascia palesemente intendere che la stessa non si sia mai effettivamente allontanata dalla famiglia dell’ex marito, neppure fisicamente, visto che la teste T. C., madre della D.N.S. ha anche dichiarato che dopo la separazione la figlia ha continuato ad abitare a circa 4-500 metri dal suocero.

In virtù di ciò la D.N.S. non poteva non essere a conoscenza della situazione economica degli altri soggetti interessati alla presente vicenda e soprattutto del debito dei suoi ex suoceri nei confronti del figlio proprio ex marito nonchè delle conseguenze dell’acquisto in contestazione.

Da ultimo inoltre alcuna valenza di segno favorevole alla convenuta può essere attribuito alla raccomandata del 02.12.2015 inviata dalla debitrice alla società venditrice e per conoscenza al fallimento, per chiedere la risoluzione del contratto di vendita stipulato, con ogni conseguenza restitutoria, poiché la stessa nulla prova rispetto alle effettive intenzioni delle parti o quanto meno nulla esclude circa la consapevolezza della D.N.S. rispetto alla lesione delle ragioni dei creditori derivanti dall’atto disposizione per cui è causa.

Alla luce di quanto esposto e della ricostruzione fornita è pertanto lecito ritenere che la presente vicenda processuale veda il coinvolgimento di una intera famiglia in cui i genitori titolari della Frores, debitori del proprio figlio fallito, hanno poi venduto gli immobili familiari alla ex moglie di quest’ultimo al fine di evitare la totale apprensione del patrimonio della Frores da parte dei creditori.

Per tali ragioni, questo giudice ritiene che se per un verso parte attrice abbia adempiuto l’onere probatorio su di essa gravante ex art. 2697 c.c., lo stesso non possa dirsi per i convenuti.

Di conseguenza questo giudice ritiene che la domanda formulata dal Fallimento di F.L. debba essere accolta e pertanto, deve essere dichiarata l’inefficacia dell’atto del 14.11.2011 a rogito Notaio L. C., recante numero di repertorio 164079 raccolta n. 49225 con cui Frores s.n.c. di F.A. e C. ha venduto a D.N.S. il seguente compendio immobiliare in catasto di San Severo : locale piano terra censito al foglio .. particella .. sub 8, locale piano scantinato ad uso magazzino e due locali adibiti a box censiti al foglio .. particella .. sub 38, 39 e 40, due locali adibiti a box censiti al foglio .., particella .. sub 43 e 44.

Venendo poi all’esame delle domande riconvenzionali spiegate da entrambi i convenuti, si prospetta quanto segue.

In merito alla richiesta di condanna ex art. 96 c.p.c. formulata dalla Frores nei confronti del fallimento attore deve osservarsi come la medesima debba essere rigettata in conseguenza dell’accoglimento della domanda formulata. Infatti, l’accoglimento anche solo parziale della domanda formulata dall’attore -che nel caso di specie e stata accolta totalmente- vale ad escludere la ricorrenza dei presupposti richiesti dalla disposizione di cui all’art. 96 c.p.c. per la condanna richiesta.

Di talchè la domanda riconvenzionale formulata dalla Frores S.n.c. deve essere rigettata.

In modo analogo, seppure con le precisazioni che si diranno anche le domande riconvenzionali formulate dalla D.N.S. devono essere rigettate. La convenuta, infatti, da un lato ha chiesto la condanna ex art. 96 c.p.c. del fallimento attore e dall’altro, ha chiesto la restituzione delle somme versate in favore della società alienante a titolo di prezzo nonché delle somme versate al notaio per il trasferimento dell’immobile. In merito al primo profilo, come già osservato, l’accoglimento della domanda formulata dall’attore esclude di per se che possa essere accolta la richiesta di risarcimento ex art. 96 c.p.c.. La fondatezza dell’azione, infatti, in disparte dalla ricorrenza degli altri requisiti richiesti dalla norma, esclude la possibilità di provvedere al risarcimento richiesto. Per quanto riguarda invece la domanda di restituzione del prezzo e delle spese sostenute per il trasferimento dell’immobile deve osservarsi come tale domanda non possa trovare accoglimento.

A riguardo infatti deve osservarsi che pur non ignorando questo giudice il recente orientamento della Cassazione a mente del quale “in tema di azione revocatoria ordinaria, il terzo acquirente, in quanto soggetto passivo dell’esecuzione che il creditore può promuovere a seguito della dichiarazione d’inefficacia dell’atto dispositivo, può proporre azione di manleva ovvero di garanzia nei confronti dell’alienante […]” ( Cfr. in tal senso Cass.1583/2022 nonché Cass. n. 28428/2018), nel caso di specie, deve osservarsi come l’odierna convenuta abbia in realtà abbia esclusivamente formulato domanda riconvenzionale di ripetizione/restituzione delle somme versate a titolo di prezzo e spese relative al trasferimento degli immobili per cui è causa. A riguardo, infatti, oltre a dover essere sottolineata la diversità tra la domanda di garanzia e quella di restituzione delle somme versate a titolo di prezzo, data la diversa finalità delle medesime, deve evidenziarsi come in verità la restituzione delle somme presupponga una pronuncia di risoluzione del contratto di compravendita che non è stata richiesta nel caso di specie, essendosi limitata l’attrice a richiedere la sola restituzione degli importi versati quale prezzo del trasferimento dell’immobile. A riguardo, inoltre, deve rilevarsi come anche tralasciando quanto evidenziato in merito al contenuto della domanda riconvenzionale formulata dalla convenuta, l’accoglimento della domanda proposta dal fallimento, non determini la caducazione del contratto di trasferimento dell’immobile che ancorchè inefficace nei confronti del fallimento resta perfettamente valido tra i relativi contraenti, con la sola differenza che il creditore potrà agire sul bene o i beni in questione per la tutela delle proprie ragioni. Di talchè l’accoglimento della domanda ex art. 2901 c.c. formulata dal fallimento pone la D.N.S. – fermo restando quanto osservato in merito alla consapevolezza della medesima riguardo la lesività dell’atto di trasferimento – solo potenzialmente nella posizione di un soggetto leso dalla vendita o dal comportamento dei venditori, posto che al momento il fallimento non ha ancora avviato azioni esecutive sugli immobili di cui all’atto di trasferimento oggetto del presente giudizio. Pertanto, non avendo la convenuta articolato domande nei termini precedentemente indicati e soprattutto essendo, allo stato, il pregiudizio dal quale deriverebbe la richiesta di restituzione, solo potenziale, la domanda riconvenzionale di restituzione delle somme versate a titolo di prezzo e spese di trasferimento deve essere rigettata.

Infine, posto che il valore della causa relativa ad azione revocatoria si determina in base al credito vantato dall’attore, a tutela del quale viene proposta l’azione revocatoria stessa (Cfr. in tal senso Cass. 3697/2020), le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo ai sensi del D.M. 147/2022 con riguardo alle controversie ricomprese nello scaglione da € 260.01,00 a € 520.000,00 ai valori minimi data la particolare semplicità delle questioni articolate dalle parti.

Allo stesso modo le spese liquidate per la CTU devono essere poste definitivamente a carico dei convenuti soccombenti in via solidale.

P.Q.M.

Il Tribunale Ordinario di Foggia, definitivamente pronunciando nel merito nel contraddittorio delle parti, ogni diversa istanza eccezione e deduzione disattesa o assorbita, così provvede:

Accoglie la domanda ex art. 2901 c.c. e per l’effetto, dichiara l’inefficacia nei confronti del Fallimento di F.L. dell’atto di compravendita stipulato il 14.11.2014 a rogito Notaio L. C., tra Frores s.n.c. di F.A. e C. e D.N.S., trascritto il 09.12.2014, reg. generale 22049, reg. particolare 17190, avente ad oggetto i seguenti immobili in catasto di San Severo: locale piano terra censito al foglio .. particella .. sub 8, locale piano scantinato ad uso magazzino e due locali adibiti a box censiti al foglio .. particella .. sub 38, 39 e 40, due locali adibiti a box censiti al foglio .., particella .. sub 43 e 44.

Condanna Frores s.n.c. di F.A. e C. in solido con D.N.S. al pagamento delle spese di lite in favore del Fallimento di F.L. che si liquidano in € 1.241,00 per esborsi ed € 11.229,00 per compensi oltre spese generali iva e c.p.a.;

pone definitivamente a carico dei convenuti in via solidale le spese di CTU;

dispone che il conservatore provveda all’annotazione della presente sentenza.

Foggia 4.04.2023

Allegati

    [pmb_print_buttons]

    Accedi