Fatto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con atto di citazione, ritualmente notificato, (omissis) S.r.l. conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Firenze, il sig. An. No. e (omissis) S.r.l. al fine di ottenere la pronuncia di condanna degli stessi, in tesi, al pagamento di euro 1.260.000,00, oltre interessi di mora, in adempimento dell’accordo di vendita raggiunto tra le parti (cfr. docc. 4 e 5 fascicolo di parte attrice) e, in ipotesi, al risarcimento del danno patito per l’ingiustificato recesso delle trattative, quantificato in euro 1.260.000,00 o in subordine in euro 348.077,91, oltre interessi e rivalutazione monetaria.
Parte attrice, in particolare, contestava l’inadempimento della convenuta in ordine all’accordo negoziale con essa raggiunto (cfr. doc. 4 fascicolo di parte attrice), a seguito di una articolata trattativa (cfr. doc. 5 fascicolo di parte attrice), con riferimento all’acquisizione da parte del sig. No. di tre rami dell’azienda “(omissis) s.r.l.” (oltre che del marchio “Saida”), con contestuale piano di composizione della crisi ex art. 56 ss. Codice della Crisi e dell’Insolvenza.
In ragione di ciò, (omissis) S.r.l. proponeva la domanda di condanna da inadempimento contrattuale e, in subordine, domandava l’accertamento della responsabilità precontrattuale dei convenuti, con condanna degli stessi al risarcimento del danno, quantificato in euro 1.260.000,00 (valore del contratto da concludere) o, in subordine, in euro 348.077,91 (importo che sarebbe stato risparmiato dall’attrice a seguito del pagamento delle rate della rottamazione quater per cui il sig. No. in base agli accordi doveva corrispondere le relative necessarie somme).
Si costituiva, a mezzo di comparsa di costituzione e risposta, il sig. An. No., in proprio e quale legale rappresentante di (omissis) S.r.l., contestando la ricostruzione in fatto proposta da parte attrice ed eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva, il mancato raggiungimento di un accordo contrattuale e la legittimità dell’interruzione delle trattative.
La causa è stata istruita in via esclusivamente documentale ed è stata discussa ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c.
2. In via preliminare, devono essere rigettate le istanze istruttorie reiterate dalle parti in sede di precisazione delle conclusioni.
A tale proposito, risulta sufficiente richiamare l’ordinanza istruttoria emessa in data 11-9-2024, nella quale si è ritenuto, oltre alla superfluità dell’ordine di esibizione, “di non ammettere le prove richieste da parte attrice atteso che i capitoli di cui alla memoria istruttoria appaiono formulati in modo generico o valutativo od inerenti a circostanze irrilevanti” e “di non ammettere le prove richieste da parte convenuta atteso che i capitoli di cui alla memoria istruttoria appaiono formulati in modo generico od inerenti a circostanze superflue”.
3. Ciò detto, anche prescindendo dalla questione inerente alla legittimazione passiva del sig. No. (cfr. comparsa di costituzione e risposta, p. 4), la pretesa attorea risulta infondata per le ragioni di seguito esposte.
Contrariamente a quanto argomentato da Pasticceria Po. S.r.l. (cfr. atto di citazione, p. 4: “l’accordo era già stato raggiunto a seguito di circa un anno di lavoro”), non si può ritenere che la stessa abbia soddisfatto l’onere di comprovare l’intervenuta conclusione con la parte convenuta del contratto posto a fondamento del credito azionato giudizialmente.
A tal riguardo, mette conto osservare come nessuno degli elementi allegati da parte attrice sia inidoneo a dimostrare l’intervenuto perfezionamento di un contratto di cessione di azienda tra (omissis) S.r.l. e (omissis) S.r.l.
Ciò vale, in primo luogo, in relazione alle convenzioni prodotte in atti tanto da parte attrice (cfr. doc. 4 fascicolo di parte attrice) che da parte convenuta (cfr. doc. 4 fascicolo di parte convenuta).
È principio di diritto, infatti, quello ai sensi del quale, ai fini della configurabilità di un definitivo vincolo contrattuale, è necessario che tra le parti sia raggiunta l’intesa su tutti gli elementi dell’accordo, non potendosene ravvisare pertanto la sussistenza là dove, raggiunta l’intesa solamente su quelli essenziali ed ancorché riportati in apposito documento (cosiddetto “minuta” o “puntuazione”), risulti rimessa ad un tempo successivo la determinazione degli elementi accessori (cfr. Cassazione civile sez. III, 24/04/2024, n. 11126).
Ebbene, nelle citate convenzioni risulta evidente il mancato raggiungimento di un accordo su taluni elementi del contratto (si veda, per esempio, la mancata individuazione del canone annuo di affitto del laboratorio: cfr. ‘Convenzione’, p. 3), nonché il differimento dell’effettiva attività di acquisto ad un momento posteriore (“(omissis), dal suo canto, manifesta il proprio interesse ad acquisire le Aziende nell’ambito e all’esito/nel corso dell’instauranda procedura concorsuale”; “L’acquisizione dei rami d’Azienda di cui sopra sarà subordinata alle risultanze positive di un accordo con i dipendenti da effettuarsi in sede sindacale”).
Pertanto, anche tenuto conto della mancata sottoscrizione e della mancata datazione della ‘Convenzione’, non si può ritenere la stessa alla stregua di un vero e proprio accordo contrattuale, dovendosi piuttosto far riferimento ad un impegno alla prosecuzione delle trattative in corso tra le parti (come confermato dallo stesso testo della ‘Convenzione’: “sottoscrivendo il presente strumento Po., Cu. e Si. si impegnano a non sollecitare trattative diverse da quella contenuta nel presente strumento aventi il medesimo oggetto o che inficerebbe lo scopo della presente”).
Peraltro, anche laddove l’assetto negoziale insito nel testo della Convenzione fosse ritenuto completo, occorrerebbe, in ogni caso, rilevare, sulla scorta dei canoni ermeneutici di cui agli artt. 1362 ss. c.c., il difetto di un’attuale ed effettiva volontà delle parti di considerare concluso il contratto (cfr. Cassazione civile sez. III, 24/04/2024, n. 11126, cit.).
Ciò emerge in modo chiaro dalla corrispondenza prodotta in giudizio da parte convenuta, intercorsa successivamente (28-10-2023) rispetto alle bozze di accordo previamente analizzate (l’ultima delle quali del 27-10-2023), dalla quale si evince il perdurare della perplessità del potenziale acquirente in ordine alle modalità di rilascio della caparra in assenza di idonea garanzia (cfr. doc. 3 fascicolo di parte convenuta: mail Dott. Ga., commercialista No., del 28-10-2023 “Grazie, come già anticipato, il problema riguarda il versamento della caparra in assenza di qualsiasi garanzia. Ripeto, sempre detto che trovare i fondi in pochissimo tempo per Panificio non è un problema, altra cosa è versare 120K senza alcuna garanzia (..) Pasticceria Po. non è operativa e non vende niente; mi chiedo che tipo di garanzia possa dare? Personalmente Pa.?”).
È evidente, dunque, che l’accordo in questione, diversamente da quanto sostenuto nella ricostruzione attorea (cfr. atto di citazione, p. 5-6: “le parti hanno raggiunto l’accordo, nel testo della convenzione prodotto in atti”), non costituisce la regolamentazione finale del rapporto, ma ne è solo una regolamentazione provvisoria: si tratta di un accordo preparatorio su alcuni punti del contratto, con la conseguenza che le trattative possono proseguire sulle rimanenti parti dell’accordo e le parti ben possono ritornare sui loro passi fino a che il contratto non venga concluso (cfr. Cassazione civile sez. III, 24/04/2024, n. 11126, cit.).
E analoghe considerazioni possono essere replicate anche avuto riguardo al contenuto delle ulteriori mail (cfr. doc. 5 fascicolo di parte attrice) scambiate tra i commercialisti delle parti (Dott. Ga. e Dott. Ro.), esplicative della necessità di ulteriori specificazioni per il perfezionamento dell’accordo negoziale (mail Dott. Ga. del 20-10-2023: “in allegato la bozza di convenzione; io la trasmetto perché i tempi stringono ma mi riservo alcune modifiche visto che l’avvocato di An. deve ancora esprimere il suo parere”; mail Dott. Ro. del 20-10-2023: “ti inoltro le ns prime revisioni. Ci riserviamo gli opportuni approfondimenti e le eventuali integrazioni dopo aver ricevuto la versione definitiva”; mail Dott. Ga. del 25-10-2023: “in allegato la versione con i nostri ultimi interventi. Sostanzialmente la riduzione sul prezzo di listino che, come da accordi, non deve essere superiore al 20%”; mail Dott. Ro. del 25-10-2023: “va bene il 20%. L’unica cosa che volevamo capire meglio riguarda il punto evidenziato in giallo (Si., giustamente, mi diceva che la Due diligence gli risultava già fatta)”; mail Dott. Ga. del 25-10-2023: “possiamo modificare la frase inserendo che la due diligence ha avuto esito positivo. Importante è l’accordo sindacale”).
La corrispondenza intercorsa, seppur all’evidenza espressiva di una trattativa tra le parti, non può, dunque, portare a ritenere che queste ultime abbiano trovato un’intesa in ordine alla totalità dei profili contrattuali richiesti ai fini della cessione di azienda, presentandosi, invero, alla stregua di una fissazione provvisoria e preliminare dei punti sino a quel momento concordate tra le stesse, nell’ottica di un’implementazione successiva.
In senso contrario alla ricostruzione da ultimo declinata, non possono venire in rilievo né il messaggio “Whatsapp” inviato dal sig. No. in data 2-11-2023 (cfr. memoria di parte attrice ex art. 171-ter c.p.c., p. 1), né, tantomeno, l’appuntamento fissato presso l’Agenzia delle Entrate Riscossione, il versamento della prima rata della rottamazione (cfr. doc. 6 fascicolo di parte attrice).
Se, quanto al primo profilo, è sufficiente segnalare la genericità del contenuto del messaggio inviato dal sig. No., all’evidenza inespressivo di una condotta concludente dello stesso (“ciao sono con gente, ti chiamerà Ga., la soluzione l’ho trovata io ciao a dopo”), in relazione alla prenotazione presso l’Agenzia delle Entrate, invece, la medesima non assume alcuna valenza dirimente in ordine alla intervenuta (pretesa) cessione dei rami di azienda, non presentando alcun elemento indicativo in tal senso.
Del resto, a smentita della tesi attorea, può altresì essere richiamata la lettera di intenti inoltrata dal Dott. Ga., per conto del sig. No., in data 3-11-2023 (quindi soltanto il giorno dopo il messaggio “Whatsapp” asseritamente concludente inviato da quest’ultimo), volta a chiarire il perdurante interesse all’acquisto del marchio “Saida” e dei tre rami aziendali, ma indicativa della necessità di ulteriori specifiche ai fini della definizione dell’accordo (cfr. doc. 7 fascicolo di parte attrice: “L’Operazione dovrebbe essere soggetta e condizionata al verificarsi delle seguenti condizioni sospensive (le “Condizioni Sospensive”) da verificarsi entro e non oltre il 30 novembre 2023 (..) Resta inteso che ci riserviamo di valutare che la definizione e i contenuti del piano attestato siano sostenibili (..) La presente manifestazione di interesse, lo si ribadisce, non costituisce una proposta contrattuale, né un’opzione o qualunque atto di carattere vincolante”).
In ragione di quanto esposto sino a questo punto, non si può, quindi, ritenere perfezionato il contratto di cessione d’azienda tra Pasticceria Po. S.r.l. e Panificio Toscano S.r.l. e, per l’effetto, non può conseguentemente trovare accoglimento la domanda di condanna proposta da parte attrice.
4. Del pari, deve essere respinta la domanda, proposta in via subordinata da Pasticceria Po. S.r.l., finalizzata all’accertamento della responsabilità precontrattuale della convenuta per avere ingiustificatamente abbandonato le trattative intavolate, con conseguente condanna della stessa al risarcimento del danno di euro 1.260.000,00, prezzo fissato tra le parti nel dedotto accordo tra le stesse concluso (cfr. atto di citazione, pp. 6-7).
Al riguardo, è dirimente il rilievo che l’attrice non ha provato il danno dalla stessa addotto, in assenza dell’allegazione di alcun elemento idoneo in tal senso.
Sul punto, è principio di diritto oramai da tempo affermato dalla Suprema Corte quello secondo il quale la responsabilità precontrattuale prevista dall’art. 1337 c.c., coprendo nei limiti del cosiddetto interesse negativo, si estende non soltanto alle spese inutilmente sopportate a causa delle trattative, ma anche al danno per il pregiudizio economico derivante dalle rinunce a stipulare un contratto altrettanto o maggiormente vantaggioso, se la sua mancata conclusione si manifesti come conseguenza immediata e diretta del comportamento della controparte (cfr. Cassazione civile sez. III, 06/07/2023, n. 19202).
Al contrario, la responsabilità precontrattuale non può ricomprendere il lucro cessante ristorabile nell’ipotesi di venturo (ed eventuale) inadempimento del contratto (cfr. Cassazione civile sez. III, 06/07/2023, n. 19202, cit.).
Ferma quindi la distinzione tra la risarcibilità del solo interesse negativo nella culpa in contrahendo e dell’interesse positivo nella responsabilità contrattuale (cfr. Cassazione civile sez. II, 03/02/2023, n. 3413), si deve rimarcare come nell’ipotesi in esame l’attrice si sia in prima istanza limitata, nell’individuazione del preteso danno precontrattuale, a quantificare il nocumento patito negli stessi termini del valore del contratto (non concluso) di cessione dell’azienda (euro 1.260.000,00), non fornendo alcuna indicazione in ordine alle spese inutilmente sostenute nello svolgimento delle trattative o alla perdita di ulteriori opportunità negoziali.
Né, del pari, può ritenersi che il danno precontrattuale patito da Pasticceria Po. S.r.l. possa essere individuato nella minor somma di euro 348.077,91, differenziale che sarebbe stato risparmiato dall’attrice nel caso in cui questa fosse riuscita (grazie ai versamenti delle caparre contrattuali da parte dei convenuti) ad aderire alla cd. “rottamazione quater”, suscettibile di ridurre il debito attoreo presso Agenzia delle Entrate Riscossioni dagli originali euro 893.198,68 (cfr. doc. 8 fascicolo di parte attrice) al minor ammontare di euro 545.120,77 (cfr. doc. 9 fascicolo di parte attrice).
Anche a quest’ultimo riguardo, infatti, non si può mancare di sottolineare come parte attrice abbia indebitamente identificato il danno precontrattuale (asseritamente) patito nel mancato guadagno (risparmio di spesa grazie al pagamento delle rate della cd. “Rottamazione quater”) cagionatole dall'(eventuale e ipotetico) inadempimento contrattuale del sig. No. (omesso versamento delle relative somme).
Ebbene, ferma la mancata risarcibilità del lucro cessante nell’ambito della responsabilità precontrattuale (cfr. sopra), difetta all’opposto in atti qualsivoglia elemento idoneo a comprovare la perdita da parte della attrice di opportunità alternative suscettive di consentirle di beneficiare della definizione agevolata (cfr. atto di citazione, p. 5: “Pasticceria Po. ha cercato allora di recuperare le trattative con altri soggetti che aveva avviato anche prima del No. e che aveva tralasciato a partire dall’estate 2023 visto l’alto grado di maturità della trattativa con No., ma purtroppo sia imprenditori cinesi che imprenditori del settore non se la sono sentita di riprendere le trattative visto il lungo tempo trascorso e l’inevitabile peggioramento dei conti della società”), risultando così del tutto indimostrato l’interesse negativo di cui si domanda il ristoro.
Da tanto, in forza della distinzione sopra richiamata tra risarcibilità dell’interesse positivo e risarcibilità dell’interesse negativo, e pur prescindendo dalle ulteriori difese di parte convenuta (cfr. comparsa di costituzione e risposta, pp. 9 ss., in punto di nullità del negozio per illiceità del risultato distrattivo), discende la necessaria reiezione della domanda di risarcimento del danno precontrattuale, stante l’assenza di qualsivoglia prova di quest’ultimo.
Ogni altra questione è assorbita.
In definitiva, tutte le domande proposte da Pasticceria Po. S.r.l. devono, pertanto, essere rigettate.
5. Vanno poste a carico dell’attrice, in considerazione della soccombenza di quest’ultima, le spese di lite, liquidate come in dispositivo, avuto riguardo ai parametri di cui al DM 55/2014, con applicazione degli importi minimi per la fase di trattazione-istruttoria e per quella decisoria, stante il mancato svolgimento di attività istruttoria e l’assenza di scambio di memorie conclusionali nella fase decisoria, in ragione della discussione orale.
P.Q.M
Il Tribunale di Firenze, decidendo in via definitiva, respinta ogni altra domanda, istanza ed eccezione,
1. rigetta ogni domanda avanzata da parte di Pasticceria Po. S.r.l.;
2. condanna l’attrice al pagamento in favore dei convenuti delle spese di lite, liquidate in euro 23.946,00 per compensi, oltre rimborso spese al 15%, Iva e CPA, come per legge.
Firenze, 26 settembre 2024
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 27 SET. 2024.