Massima

“E’, dunque, incontestabile il collegamento negoziale con la conseguenza che, nel caso di estinzione anticipata del finanziamento, deve essere riconosciuto il diritto del consumatore ad ottenere direttamente dal finanziatore la restituzione di tutti gli oneri ed accessori proporzionalmente non dovuti, ivi compresi quelli inerenti alla provvigione dovuta all’intermediario, residuando all’istituto di credito un diritto di regresso nei confronti dell’intermediario.”

Supporto alla lettura

ESTINZIONE ANTICIPATA FINANZIAMENTO

L’estinzione anticipata del finanziamento è il diritto concesso ai consumatori (indicato anche nel contratto bancario e nella documentazione che contiene tutte le informazioni in merito alle c.d. modalità di estinzione) di estinguere il debito con banche o agenzie di credito prima della scadenza del contratto. Sarà quindi necessario restituire il debito residuo del finanziamento, cioè la parte del debito non ancora coperto; un importo che viene calcolato tenendo conto dei tassi di interesse maturati fino a quel momento.

Per i prestiti personali e cessioni del quinto, l’estinzione anticipata può essere richiesta in qualsiasi momento (è libera da vincoli). Questa operazione è vantaggiosa se realizzata entro pochissimi anni dall’inizio del contratto.

Una volta deciso di estinguere in anticipo il finanziamento, è necessario richiedere alla banca il conteggio estintivo, cioè un documento bancario che tiene traccia dei versamenti effettuati fino a quel momento, e dell’importo residuo ancora da versare. A partire dal conteggio estintivo sarà possibile quindi conoscere l’importo residuo da rimborsare alla banca, in particolare, il calcolo dell’estinzione anticipata del finanziamento prevede che a quell’importo vengano detratti tutti i costi “recurring”:

  • spese di incasso rata;
  • costi di intermediazione;
  • quota assicurativa;
  • spese di gestione;
  • costi legati alla durata del prestito.

Con una sentenza della Corte di Giustizia Europea (c.d. sentenza Lexitor), si è aperto alla possibilità di un rimborso che include anche i costi “up front” del finanziamento, cioè i costi una tantum (es. spese di istruttoria e quelle di apertura pratica).

Trattandosi a tutti gli effetti di un recesso, è previsto il pagamento di una penale per l’estinzione anticipata:

  • mutui bancari: non è prevista una penale di recesso (Decreto Bersani 40/2007) per mutui sottoscritti da soggetti privati per l’acquisto o la ristrutturazione di un immobile;
  • credito al consumo: è prevista una penale che per legge (riforma del credito del 2013) non può superare l’1% del debito residuo se il contratto viene chiuso più di anno prima della scadenza del finanziamento, lo 0,5% se invece manca meno di 1 anno alla scadenza. In ogni caso va tenuto conto della penale nel conteggio estintivo.

Ambito oggettivo di applicazione

Con atto di citazione in appello, (omissis) BANCA S.p.A.” ha convenuto in giudizio (omissis) per la riforma della sentenza del Giudice di Pace di Ferrara n. (omissis) del 17 gennaio 2022 (depositata il 09 obbraio 2022).

L’appellante ha dedotto che il giudizio di primo grado era diretto ad accertare l’inapplicabilità dei principi espressi dalla sentenza della Corte di Giustizia Europea n. 383 dell’11 settembre 2019, nota come “sentenza Lexitor” del 2019 al rapporto di credito con la convenuta e, di conseguenza, la non ripetibilità dei costi c.d. “up front” a seguito della estinzione anticipata efettuato dalla cliente ex art 125 sexies T.U.B.

Il Giudice di Pace di Ferrara ha rigettato la domanda e, facendo applicazione dei principi interpretativi enunciati dalla Corte comunitaria, in accoglimento della domanda riconvenzionale dalla convenuta, ha condannato l’istituto alla restituzione della somma richiesta pari ad € 2.230,17.

L’appellante ha dedotto la (erroneità della sentenza in virtù della dedotta
inapplicabilità retroattiva della decisione della Corte di Giustizia, essendo
il rapporto di credito sorto nel 2015 e cessato nel 2018, anche alla luce della normativa interna sopravvenuta (art. 11 octies D.L. 73/21, c.d. “Decreto Ristori bis“) che – nel modificare l’art. 125 sexies in linea con quanto affermato dalla C.G.UE – ne aveva previsto l’applicabilità solo per il futuro.

Ha, poi, evidenziato la piena efficacia della clausola contrattuale di non rimborsabilità dei costi up front, espressamente accettata dalla cliente, contestando il criterio utilizzato dal Giudice per il calcolo proporzionale delle somme da restituire (pro rato temporis in luogo del criterio del costo ammortizzato) ed eccepito, infine, il difetto di legittimazione passiva dell’istituto di credito in relazione alla domanda di restituzione dei costi di intermediazione creditizia, pagati direttamente al mediatore.

La convenuta si è ritualmente costituita in giudizio, chiedendo la conferma della sentenza, sul presupposto dell’infondatezza dei motivi di appello per le ragioni già indicate nel giudizio di primo grado e recepite dal Giudice di Pace.

Nelle note conclusive, preso atto della sentenza della Corte costituzionale n. 263/2022 nel frattempo depositata, l’appellante ha limitato le proprie
conclusioni all’accertamento del difetto di legittimazione passiva con riferimento ai costi di intermediazione creditizia e invocato l’applicazione
del criterio del “costo ammortizzato” – in luogo di quello pro rata temporis -per il calcolo dei costi up front da restituire.

All’udienza del 2 febbraio 2023 le parti hanno precisato le conclusioni e discusso oralmente la causa ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c.

***

L’art. 16, paragrafo I, della Direttiva 2008/ 48/CE, disciplinante il rimborso anticipato del credito, era stato attuato nell’ordinamento nazionale con l’inserimento – nel Testo Unico Bancario – del (previgente) art. 125 sexies.

Prima dell’intervento della Corte comunitaria, tale disposizione era stata
interpretata riconoscendo al consumatore il diritto alla restituzione dei
soli costi dipendenti dalla durata del contratto (costi recurring), soluzione condivisa dalla normativa secondaria adottata dalla Banca d’Italia e dalla giurisprudenza medio tempore formatasi.

A seguito della pubblicazione delle sentenza Lexitor (la quale, come
anticipato, ha interpretato l’art. 16 cit. nel senso della rimborsabilità di
tutti i costi connessi al fnanziamento), si era sviluppato un nutrito dibattito dottrinale e giurisprudenziale circa la applicabilità immediata o
meno della sentenza della C.G.UE nel contenzioso giudiziario interno, in
considerazione della vigenza delle disposizioni normative secondarie che continuavano a prevedere – e prevedono tuttora – la rimborsabilità pro
quota solamente dei costi recurring.

In tale incerto contesto, è intervenuto il D.L. n. 73/2021, il cui art. 11
octies, come visto, ha modificato l’art. 125 sexies del TUB, introducendo una formulazione coerente con i principi affermati dalla Corte di Giustizia
– prevedendo il diritto del cliente, che estingua anticipatamente il finanziamento, alla restituzione di “tutti i costi compresi nel costo totale del credito“, in misura proporzionale alla vita residua del contratto – limitandone tuttavia gli effetti per il futuro e continuando a prevedere l’applicazione della precedente disposizione – integrata dalle norme secondarie della Banca d’Italia – ai rapporti pregressi.

Adeguandosi alla novella legislativa, il Collegio di Coordinamento dcll’ABF ha modificato il proprio orientamento escludendo la restituzione dei costi up front.

Le prospettazioni delle parti sono, dunque, espressione delle tesi dottrinali e giurisprudenziali che si fronteggiavano prima ddl’intervento della Corte Costituzionale, sollecitato dal Tribunale di Torino e fondato sulla constatazione che ostava all’applicazione dei principi contenuti nella sentenza Lexitor ai rapporti sorti prima della novella normativa, non tanto la previsione della irretroattività della applicazione dell’art. 125 sexies, quanto il richiamo alle norme secondarie demandate alla Banca d’Italia che, come visto, prevedevano (e prevedono) la rimborsabìlità dei soli costi recurring.

La soluzione, prima dell’intervento del Giudice delle Leggi, era, dunque, rimessa ad una attenta applicazione della gerarchia delle fonti, del principio di primazia delle norme comunitarie e dei rimedi di risoluzione delle antinomie normative (nazionali e sovranazionali).

Nelle more del giudizio, come anticipato, la Corte Costituzionale è intervenuta con la Sentenza n. 263 del 8 novembre 2022, dichiarando l’incostituzionalità del secondo comma dell’art. 11 octies, limitatamente all’inciso “e le norme secomiarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia“, ritenendo che la precedente formulazione dell’art. 125 sexies, applicabile ratione temporis, fosse in contrasto con i principi della sentenza Lexitor esclusivamente in riferimento al rinvio operato alle norme secondarie citate.

Ne è conseguita la piena ripetibilità dei costi up front sia per i rapporti pregressi – in applicazione del testo legislativo abrogato, ma integrato dalla sentenza della C.G.UE – sia per i rapporti sorti dopo il 26 maggio 2021 – in applicazione dell’art. 125 sexies come modificato dall’art. 11 octies, commi 1, lettera b), e 2, del D.L. 25 maggio 2021, 11. 73, convertito, con modificazioni, con la L. 23 luglio 2021, 11. 106.

Il Giudice delle leggi ha dato atto, in sintesi, di come, all’esito della sentenza, dovesse ravvisarsi una coincidenza sul piano sostanziale – nonostante la diversità letterale – tra le due formulazioni (ante e post 2021) dell’art. 125 sexies, oltre che tra queste e l’art. 16 cit. come interpretato dalla sentenza Lexitor, con applicazione retroattiva.

La corrispondenza sul piano sostanziale delle disposizioni consente di
evidenziare che il nuovo testo, oltre a valere per il futuro, consolida il contenuto normativo della precedente formulazione, in senso conforme
alla più volte citata sentenza della C.G.UE, assicurando l’effettività del
diritto, di matrice europea, alla riduzione di tutti i costi sostenuti dal consumatore.

Ciò posto, restano le contestazioni di parte attrice in relazione ai criteri di determinazione dei costi up front e di difetto di legittimazione passiva dell’istituto di credito in relazione ai costi della mediazione creditizia.

Giova premettere come il III comma del novellato art. 125 sexies individui espressamente nella banca finanziatrice il soggetto obbligato alla restituzione del compenso per l’attività di intermediazione creditizia, salvo il diritto di rivalsa sul mediatore.

Attesa l’applicazione solo futura della nuova formulazione, la norma assume – per i rapporti pregressi – un’indubbia valenza ricognitiva della disciplina generale del credito al consumo, prevista dal T.U.B, dalla quale trarre la ratio della previsione del diritto di regresso.

In generale, tale ricostruzione dogmatica appare coerente con la constatazione che le disposizioni normative del Titolo VI, capo II del TUB riconoscono l’esistenza di un collegamento negoziale tra il contratto di credito e quelli accessori e funzionali allo stesso, in quanto negozi tutti finalizzati a realizzare un’unica operazione commerciale.

Nella fattispecie del collegamento negoziale, infatti, i singoli, rapporti perseguono un interesse immediato e diretto che è strumentale all’interesse globalmente conseguito dell’operazione, costituente la ragione causale concreta.

L’unitarietà della operazione commerciale e il collegamento negoziale strumentale consentono – nell’ottica della tutela integrale del consumatore – di riconoscere il diritto di quest’ultimo di esercitare i propri diritti direttamente nei confronti del finanziatore, senza obbligo di parcellizzazione dell’esercizio dell’azione giudiziaria.

Emblematico è l’art. 125 quinquies – come novellato dal d.lgs 141/2010 – che riconosce al consumatore il diritto di agire direttamente nei confronti del finanziatore, in caso di inadempimento del fornitore, per la restituzione degli importi pagati e lo legittima ad agire anche nei confronti ciel cessionario del credito.

Anche nel contratto di mediazione creditizia si apprezza un collegamento negoziale con il contratto di finanziamento, essendo il primo indubbiamente preordinato, accessorio e funzionale al secondo.

La circostanza che la somma dovuta a titolo di oneri di intermediazione sia versata al mediatore, non elimina – in virtù del dedotto collegamento negoziale – la responsabilità dalla banca mutuante (cfr. Tribunale di Napoli, 30 settembre 2022, n. 8552).

A ciò si aggiunga che la “provvigione” viene trattenuta dal capitale mutuato – unitariamente agli altri costi e commissioni – e versata dalla Banca direttamente all’intermediario, la cui terzietà non è spesso nemmeno percepita dal consumatore.

E’, dunque, incontestabile il collegamento negoziale con la conseguenza che, nel caso di estinzione anticipata del finanziamento, deve essere riconosciuto il diritto del consumatore ad ottenere direttamente dal finanziatore la restituzione di tutti gli oneri ed accessori proporzionalmente non dovuti, ivi compresi quelli inerenti alla provvigione dovuta all’intermediario, residuando all’istituto di credito un diritto di regresso nei confronti dell’intermediario (cfr. Trib. Napoli Nord, 18 gennaio 2023 e Trib. Monza 4 gennaio 2023).

L’espressa previsione nel nuovo art. 125 sexies, dunque, non innova, ma riconosce l’esistenza del predetto collegamento negoziale, armonizzando il testo con la espressa previsione dell’estensione alle spese up front del diritto di credito del consumatore derivante dalla estinzione anticipata del finanziamento.

Il motivo di appello è quindi infondato.

Del pari non condivisibile è il motivo di appello legato all’asserita erroneità della sentenza di primo grado reh1tiva al criterio utilizzato per il calcolo dei costi da rimborsare.

Preme evidenziare come la sentenza Lexitor, pur non dettando una disciplina chiara sul punto, pare indicare il metodo proporzionale come più coerente con la dicitura “per la restante durata del contratto” di cui all’art. 16 della Direttiva (punto 24 pronuncia).

A ciò si aggiunga il criterio negoziale: i costi recurring, oggetto di restituzione al momento dell’estinzione anticipata, sono stati effettivamente calcolati con il criterio pro rata temporis (cfr. atto di citazione, pag. 32 – primo grado: “Quanto, infine, alle commissioni di cui alla lettera C del prospetto economico alla pag. 1 del contratto, le stesse sono già state riconosciute all’odierna resistente e, conseguentemente, rimborsate al momento dell’estinzione anticipata del finanziamento, per la complessiva somma di € 388,80. Peraltro, deve essere evidenziato come le suesposte spese siano state conteggiate secondo il sistema del pro rata temporis del totale delle commissioni soggette a maturazione nel corso del tempo, secondo il criterio del tasso di interesse effettivo (rispondente ai criteri previsti dai principi contabili internazionali IFRSIAS)”).

Ciò emerge anche dalle condizioni informative allegate al contratto ove si riconosce la restituzione, in caso di estinzione anticipata, degli oneri “per la quota non maturata“.

Preme evidenziare poi come, successivamente al deposito della sentenza c.d. Lexitor, il Collegio di coordinamento abbia ritenuto che non vi sia una differenza ontologica tra oneri up front e oneri recurring, tutti unitariamente ricompresi nell’obbligazione restitutoria nascente ex lege dall’art. 125 sexies, secondo le regole dell’indebito oggettivo, che vale a rendere nulle le clausole contrattuali che determinano la misura e il criterio di calcolo dell’importo oggetto di restituzione.

Ne deriva che non vi può essere a valle una disciplina differente rispetto alla omogena valutazione del criterio di calcolo degli oneri a monte.

Ciò posto, avendo la banca applicato il criterio pro rata temporis ai costi recurring, oggetto di restituzione al momento dell’estinzione del contratto, si deve ritenere valevole il medesimo criterio anche per gli oneri up front.

Tale constatazione – a prescindere dal richiamo operato dalla prevalente dottrina e giurisprudenza di merito al criterio legato all’indebito conseguente alla estinzione anticipata del rapporto, che svincolerebbe il criterio di calcolo dalle pattuizioni negoziali ed in particolare da quello dell’ammortamento – smentisce, dunque, la fondatezza della eccezione di parte appellante che invoca proprio il criterio interpretativo contrattuale.

Sotto altro profilo, non rileva quanto disposto dal nuovo II comma dell’art. 125 sexies – “i contratti di credito indicano in modo chiaro i criteri per la riduzione proporzionale degli interessi e degli altri costi, indicando in modo analitico se trovi applicazione il criterio della proporzionalità lineare o il criterio del costo ammortizzato. Ove non sia diversamente indicato, si applica il criterio del costo ammortizzato.” – per le ragioni testé indicate.

Le spese del presente procedimento seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo (valori medi per la fase di studio e per quella introduttiva; valori minimi per le fasi istruttoria e decisoria, essendosi il procedimento concluso in un’unica udienza), con distrazione a favore del difensore antistatario.

P.Q.M.

Il Tribunale di Ferrara, in persona del Giudice Unico dr. (omissis), ogni diversa domanda ed eccczione reiette ed ogni ulteriore deduzione disattesa, definitivamente pronunciando nella causa n. (omissis)/2022 R.G., così provvede:

1) RIGETTA l’appello proposto dalla (omissis) BANCA S.p.A.” (P.IVA (omissis))

2) CONDANNA la (omissis) BANCA S.p.A.”, in persona del legale rappresentante pro tempore, alla rifusione a favore di (omissis), delle spese legali del presente procedimento che si liquidano in € 174,00 per esborsi ed € 1.702,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese forfettarie pari al 15%, C.N.P.A. ed I.V.A. (se prevista), da distrarsi a favore del procuratore antistatario;

3) CONDANNA la (omissis) BANCA S.p.A.”, in persona del legale rappresentante pro tempore, al versamento di una somma pari al doppio del contributo unificato a favore dell’Erario ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.p.r. 115/2002;

4) RESPINGE del resto.

Ferrara, 2 febbraio 2023

Allegati

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