Massima

La controversia promossa dalla genitrice di un minore affetto da Disturbo dello Spettro Autistico contro la ASL, in cui si chiede l’accertamento del diritto del minore a un trattamento terapeutico con metodologia ABA a carico del Servizio Sanitario Regionale e la sua continuazione a tempo indeterminato e con maggiore numero di ore settimanali, rientra nella giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo (GA).

Supporto alla lettura

DIFETTO DI GIURISDIZIONE

Disciplinato dall’art. 37 c.p.c., consiste nell’impossibilità per il giudice ordinario di esplicare la propria funzione giurisdizionale, in quanto devoluta dalla legge ad altri giudici appartenenti non semplicemente ad altri uffici (altrimenti si configurerebbe difetto di competenza ex art. 38 c.p.c.) bensì ad altri sistemi giudiziali, come quello dei ricorsi amministrativi o ad altri poteri pubblici (es.: Pubblica Amministrazione).

In passato, tale difetto era era rilevato, anche d’ufficio, in qualunque stato e grado del processo, trattando alla stregua il difetto assoluto di giurisdizione (quando la questione proposta di fronte al giudice è in realtà riservata al legislatore o all’amministrazione) e il difetto relativo di giurisdizione (che si occasiona tra diverse giurisdizioni), la nuova formulazione dell’art. 37 c.p.c. ha distinto le diverse ipotesi di difetto di giurisdizione, chiarendo, definitivamente, le facoltà impugnatorie riconosciute all’attore nei giudizi di impugnazione.
La riforma Cartabia non sembra invece incidere in maniera nettamente innovativa sul processo amministrativo dal momento che il tenore letterale dell’art. 9 c.p.a., prevedeva già che «il difetto di giurisdizione è rilevato in primo grado anche d’ufficio. Nei giudizi di impugnazione è rilevato se dedotto con specifico motivo avverso il capo della pronuncia impugnata che, in modo implicito o esplicito, ha statuito sulla giurisdizione».

Ambito oggettivo di applicazione

MOTIVI DELLA DECISIONE
La sig.ra (omissis), unica esercente la potestà genitoriale sul minore (omissis), nato a Roma il (omissis), affetto da Disturbo dello Spettro Autistico diagnosticato dall’UOC di Neuropsichiatria infantile dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma nel luglio del 2017, conviene in giudizio la ASL Roma 6 chiedendo che, confermando l’ordinanza cautelare emessa il 9.12.2020 all’esito del giudizio n. 3484/2020, il Tribunale adito accerti e dichiari il diritto del minore a ricevere la somministrazione, anche indiretta, del trattamento con metodologia ABA a carico del Sistema Sanitario Regionale, fino a quando sarà ritenuto utile dalle competenti autorità. Chiede, inoltre, che la ASL convenuta sia condannata al pagamento in suo favore della somma di E 7.645,83, pari alla spesa sostenuta per sopperire alla mancata erogazione, diretta e indiretta, della predetta terapia. Evidenzia, infatti, che, dopo la diagnosi del 2017, il bambino, su indicazione della UOC di Neuropsichiatria infantile, ha iniziato la terapia ABA presso la ONLUS La Fenice e poi presso la Cooperativa sociale Punto e a Capo, a sue spese esclusive, fino a quando il Tribunale di Velletri, con il provvedimento cautelare del 9.12.2020, ha ordinato alla ASL odierna convenuta di somministrare al minore la medesima terapia, in via diretta o mediante copertura dei relativi costi, limitandola, tuttavia, a sole 10 ore settimanali e per la durata di soli 12 mesi.

La ASL Roma 6 si costituisce in giudizio e premette che, in ottemperanza all’ordinanza cautelare del Tribunale di Velletri del 9.12.2020, ha predisposto nei confronti del minore (omissis) un Piano Terapeutico Riabilitativo Personalizzato incentrato sulla terapia ABA (PTPA). Ciò premesso, non contesta, anzi conferma, l’utilità della prosecuzione della somministrazione al minore del trattamento riabilitativo con metodologia ABA secondo le modalità indicate dal Tribunale (10 ore settimanali) sino a quanto sarà ritenuto opportuno dai sanitari del competente Dipartimento in base agli obiettivi fissati dal Piano Terapeutico Personalizzato. Sulla base di tale premessa, chiede di confermare quanto statuito con l’ordinanza cautelare innanzi indicata, trattamento diretto per 10 ore settimanali per 12 mesi, e rigettare la domanda di rimborso spese in quanto il minore è stato preso in carico dal servizio TSMREE (Area della Salute Mentale e della Riabilitazione in Età Evolutiva) sin dal luglio del 2017, con proposta di un percorso diagnostico terapeutico assistenziale (PDTA), rifiutato, tuttavia, dalla genitrice che preferiva far assistere il figlio presso un centro non convenzionato.

All’udienza del 25.11.2021 il procuratore della ASL Roma 6 dichiarava a verbale la disponibilità dell’Azienda di proseguire nell’erogazione del trattamento ABA per 10 ore settimanali per un ulteriore anno, riservando il deposito del nuovo Piano Terapeutico. All’udienza del 20.09.2022 il procuratore dalla ASL dichiarava che l’Azienda Sanitaria aveva disposto la proroga del trattamento fino al 31.12.2022 per cui i procuratori delle parti chiedevano, congiuntamente, il rinvio della causa al fine di verificare la possibilità di un bonario componimento della lite.

All’udienza del 26.01.2023 i procuratori della ricorrente dichiaravano che nelle more l’Azienda Sanitaria aveva ulteriormente prorogato la somministrazione del trattamento fino al 30.06.2023, purtuttavia affermavano di non ritenere sufficiente ai fini terapeutici né le ore settimanali né il periodo concesso dall’ASL convenuta.

Evidenziavano che, in ogni caso, fino al 16 gennaio il trattamento era stato sospeso per cui andavano recuperate le ore relative al medesimo periodo.

Il procuratore della ASL, insisteva, quindi, nell’accoglimento dell’eccezione di difetto di giurisdizione dell’AGO, i procuratori della ricorrente ne chiedevano il rigetto sull’assunto che la pronuncia della Cassazione richiamata dall’Azienda Sanitaria opera solo all’interno del giudizio in cui è emessa.

La causa veniva decisa in virtù della documentazione prodotta dalle parti. All’esito del deposito di note di udienza, ex art. 127 ter c.p.c., il giudicante decideva la causa con sentenza completa di dispositivo ed esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione ai sensi dell’art. 429 c.p.c..

La giurisdizione

Così delineato il thema decidendum del presente giudizio, va preliminarmente affrontata la questione della giurisdizione sollevata dalla ASL resistente.

Osserva il giudicante che è bene rammentare, in virtù del costante orientamento delle Sezioni Unite della S.C. di Cassazione, che la decisione sulla giurisdizione è determinata dall’oggetto della domanda da identificare non già in base al criterio della c.d. prospettazione (ossia avendo riguardo alle deduzioni e richieste formalmente avanzate dall’attore), bensì sulla base al c.d. petitum sostanziale, da individuare indagando sull’effettiva natura della controversia in relazione alle caratteristiche del particolare rapporto fatto valere in giudizio ed alla consistenza delle situazioni giuridiche soggettive su cui esso si articola e si svolge (cfr. ex plurimis: Cass., Sez. Un., 26 maggio 2004 n. 10180;, 3 marzo 2003 n. 3145; 10 maggio 2001 n. 186; 19 novembre 1999 n. 799; 30 giugno 1999 n. 379).

Di recente le SS.UU. (cfr. ord. n. 1781/2022) si sono pronunciate in tema di riparto della giurisdizione proprio in materia di trattamento riabilitativo ABA richiesto dai genitori di un minore affetto da Disturbo dello Spettro Autistico in modalità diretta o per equivalente monetario al fine di assicurare al figlio un programma riabilitativo adeguato all’accertata gravità della sua patologia.

Il Tribunale adito declinava la giurisdizione indicando quella del giudice amministrativo. Conseguentemente, i ricorrenti riproponevano la medesima domanda al TAR che profilava, anch’esso, il difetto di giurisdizione, affermando di non condividere la statuizione contraria del giudice ordinario preventivamente investito della questione. I genitori del minore, pertanto, proponevano ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione chiedendo dichiararsi la giurisdizione del TAR.

Nel percorso motivazionale della citata ordinanza, con cui le Sezioni Unite hanno ritenuto il ricorso fondato, si afferma, in primo luogo, che la domanda di condanna della ASL a somministrare uno specifico trattamento terapeutico individualizzato, sia nelle modalità dirette sia per equivalente monetario indennitario, pone la controversia della sfera di applicazione in parte qua della previsione dell’art. 133 co. 1 del D.lgs. n. 241/2010 (codice del Processo Amministrativo) a norma del quale: Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie materia di pubblici servizi… relative a provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione.

Le SS.UU. precisano, quindi, che debba considerarsi impugnabile, quale provvedimento negativo, anche l’omissione provvedimentale della PA sanitaria in relazione alle specifiche richieste azionate giudizialmente, e che, non vertendosi nell’ipotesi della contestazione dell’esecuzione di un programma individuale di intervento terapeutico in favore del soggetto disabile, bensì in quella della richiesta di ampliamento del programma medesimo con una specifica prestazione, viene implicata l’attività discrezionale sia amministrativa sia tecnica della ASL, con la consequenziale devoluzione della controversia al GA in virtù della citata disposizione del codice del processo amministrativo.

In estrema sintesi, deve concludersi che, laddove la ASL rifiuti di somministrare il trattamento richiesto, o rifiuti di ampliarlo, sussiste la giurisdizione del Giudice Amministrativo; diversamente, laddove la ASL si sia impegnata a dare esecuzione ad un programma individuale di intervento terapeutico, ma ne viene contestata l’esecuzione, sussiste la giurisdizione del GO in quanto, in tale ultimo caso, non viene implicata l’attività discrezionale della PA sanitaria.

Invero, le Sezioni Unite della Cassazione erano pervenute alle medesime conclusioni già con l’ordinanza n. 20164 del 2020, in cui si afferma che, una volta che la PA ha predisposto un progetto individuale in favore di una persona disabile, in specie ai sensi dell’art. 14 della L. n. 328/2000, il portatore di disabilità diviene titolare di una posizione di diritto soggettivo alla concreta erogazione della prestazione e dei servizi ivi programmati per il cui completamento non è richiesto l’esercizio di alcuna potestà autoritativa.

Ciò posto, nel caso in esame, è pacifico che la ASL Roma 6 in un primo tempo ha dato esecuzione all’ordinanza cautelare del Tribunale di Velletri, e poi, autonomamente, si è impegnata a garantire al minore (omissis) l’esecuzione di un Piano Terapeutico Riabilitativo Personalizzato incentrato sulla metodologia ABA, predisposto della medesima PA, fino al mese di giugno 2023, purtuttavia la ricorrente sostiene che sia le ore settimanali del trattamento, sia la durata nel tempo, sono insufficienti a raggiungere l’obiettivo di migliorarne le abilità comunicativo relazionali e ridurre il disturbo comportamentale di cui è affetto il figlio minore.

Alla luce della vicenda così come ricostruita, ne consegue che il petitum sostanziale della domanda proposta dalla genitrice di (omissis) va identificato nella richiesta di ampliamento di un programma terapeutico con metodo ABA già adottato dalla ASL in favore del minore, e non nella contestazione delle modalità di esecuzione dello stesso.

Deve, pertanto, concludersi che il minore non è ad oggi portatore di un diritto soggettivo al trattamento in parola per un numero maggiore di ore settimanali, e per una durata a tempo indeterminato, come richiesto dalla difesa della ricorrente, per cui la controversia, in parte de qua, si pone nella materia del pubblico servizio, e come tale va sussulta nella previsione dell’articolo 133 co. 1 lett. c) del D.lgs. n. 241/2010 e quindi devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

Per tutti i motivi esposti il ricorso è in parte inammissibile per difetto di giurisdizione dell’AGO.

La domanda risarcitoria

Va, invece, accolta al domanda risarcitoria, avente ad oggetto il rimborso delle spese sostenute dalla ricorrente nel periodo dal 28.07.2019 al 4.12.2019 nei limiti di seguito precisati.

Ed infatti, la ricorrente allega e prova che, nel periodo di cui innanzi, l’Associazione ONLUS La Fenice e la Cooperativa sociale Punto e a Capo, a cui si era rivolta per la somministrazione della terapia ABA al figlio minore, hanno emesso fatture pari alla somma complessiva di E 7.645,83 (doc 3).

Si tratta, quindi, di spese antecedenti all’esecuzione dell’ordinanza cautelare di questo Tribunale, non reclamata dalla ASL convenuta, su cui si è formato il cd giudicato cautelare.

Pertanto, accertato il diritto del minore al trattamento ABA nei termini innanzi chiariti, e in assenza di una specifica contestazione da parte della ASL convenuta circa la congruità degli importi delle fatture in atti, non è accoglibile la tesi sostenuta dal procuratore dell’Azienda Sanitaria secondo cui la ricorrente non avrebbe diritto al rimborso di spese sostenute nel periodo successivo al rifiuto asseritamente arbitrario di aderire al progetto terapeutico proposto dalla ASL nel 2017.

Per tutti i motivi esposti il ricorso va dichiarato in parte inammissibile per difetto di giurisdizione dell’AGO e in parte merita accoglimento.

La novità della questione giustifica la compensazione delle spese processuali.

P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza o eccezione disattesa,1. Dichiara inammissibile la domanda di accertamento del diritto del minore al trattamento con metodologia ABA a carico della ASL Roma 6 per difetto di giurisdizione dell’Autorità Giudiziaria adita, sussistendo la giurisdizione dell’Autorità Giudiziaria Amministrativa.

2. Condanna la ASL Roma 6, in persona del l.r.p.t., a corrispondere a (omissis) la somma di E 7.645,85 a titolo di rimborso spese come indicato in motivazione.

3. Compensa le spese processuali.

Si comunichi alle parti.

Velletri, 5 aprile 2023

Depositata in cancelleria il 05/04/2023

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