Massima

In tema di separazione personale dei coniugi, il provvedimento di cui all’art. 156 c.c., volto a tutelare il coniuge beneficiario dell’assegno di mantenimento in caso di inadempimento dell’altro, può prevedere congiuntamente l’ordine di pagamento diretto di una quota del reddito di cittadinanza percepito dall’obbligato e il sequestro di beni di sua proprietà, anche immobiliari. La pignorabilità del reddito di cittadinanza, pur in assenza di espresse previsioni legislative, è ammissibile in virtù della sua natura di misura di politica attiva del lavoro e della generale applicabilità del principio di responsabilità patrimoniale di cui all’art. 2740 c.c..

Supporto alla lettura

REDDITO DI CITTADINANZA

Il Reddito di Cittadinanza è una misura di politica attiva del lavoro e di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale.

Si tratta di un sostegno economico ad integrazione dei redditi familiari, ed è associato ad un percorso di reinserimento lavorativo e sociale, di cui i beneficiari sono protagonisti sottoscrivendo un Patto per il lavoro o un Patto per l’inclusione sociale.

Per ottenerlo occorre possedere determinati requisiti di cittadinanza, economici e di altro tipo.
La legge di Bilancio 2023 ha stabilito che dal 1° gennaio 2024 il Reddito di cittadinanza sarà superato dalle nuove misure di inclusione sociale e lavorativa. Potranno continuare a ricevere il Reddito di Cittadinanza fino al 31 dicembre 2023 i nuclei familiari dove ci sia almeno una persona minorenne o con disabilità o con almeno 60 anni di età, in caso contrario potranno continuare a riceverlo i nuclei familiari avviati ai servizi sociali che entro il 30 novembre 2023 siano stati da questi presi in carico in quanto valutati non attivabili al lavoro, oppure i cui componenti tra i 18 e i 59 anni siano stati avviati ai Centri per l’Impiego e da questi, in quanto non attivabili, reindirizzati ai servizi sociali e presi in carico entro il 30 novembre 2023.
Il c.d. “Decreto Lavoro 2023” (D.L. 4 maggio 2023, n. 48, convertito con modificazioni dalla L. 3 luglio 2023, n. 85) ha introdotto due nuove misure di inclusione sociale e lavorativa:
  • dal 1° settembre 2023 possono accedere al Supporto per la Formazione e il Lavoro (SFL) i singoli componenti dei nuclei familiari, di età compresa tra 18 e 59 anni, con un valore dell’ISEE non superiore a euro 6.000 annui, che non hanno i requisiti per accedere all’Assegno di inclusione o i singoli componenti dei nuclei che percepiscono l’Assegno di Inclusione che decidono di partecipare ai percorsi di politiche attive per il lavoro, purché risultino esclusi dalla scala di equivalenza usata per calcolare il beneficio spettante e dagli obblighi di attivazione dell’ADI. La misura è incompatibile con il Reddito e la Pensione di cittadinanza e con ogni altro strumento pubblico di integrazione o di sostegno al reddito per la disoccupazione;
  • dal 1° gennaio 2024 i nuclei familiari con un valore ISEE non superiore a euro 9.360, dove ci sia almeno una persona minorenne o con disabilità o over 60 o in condizioni di svantaggio certificate dalla pubblica amministrazione potranno richiedere l’Assegno di Inclusione (AdI) per 18 mesi rinnovabili.

Entrambe le nuove misure richiedono il rispetto di ulteriori requisiti, che riguardano principalmente la condizione economica, la cittadinanza, la residenza e il soggiorno.

Ambito oggettivo di applicazione

Il Giudice istruttore

Sciogliendo la riserva assunta all’udienza del 27.11.2019;

vista l’istanza avanzata da (omissis) (con l’avv. (omissis)) in danno di (omissis) con cui la stessa, in qualità di coniuge di quest’ultimo e di titolare di assegno di contribuzione al mantenimento delle due figlie minori, giusta ordinanza presidenziale del 26.3.2019, allegando l’inadempimento del coniuge, ha chiesto ex art. 156, IV° co. c.c., emettersi sia l’ordine al Ministero del Lavoro e/o all’INPS, quale ente erogatore del reddito di cittadinanza, di pagamento diretto in suo favore della somma di € 360,00 pari all’assegno di mantenimento di cui sopra, che disporsi il sequestro della quota di proprietà del (omissis) dell’immobile adibito a casa coniugale ed assegnatole in forza della medesima ordinanza presidenziale;

– rilevato che (omissis) si è opposto all’accoglimento del ricorso, allegando per un verso la impignorabilità del reddito di cittadinanza e quanto alla domanda di sequestro, la sproporzione fra il valore della quota del 75% dell’immobile di cui è titolare e il debito maturato nei confronti della moglie per gli assegni non corrisposti;

– ritenuto che la richiesta di ordine al terzo di pagamento diretto della somma di € 360,00, da prelevare dal reddito di cittadinanza corrisposto a (omissis) misura pari ad €859,00 mensili, sia meritevole di accoglimento;

– richiamato il condivisibile orientamento della Suprema Corte, secondo il quale, in tema di separazione personale dei coniugi, l’ordine ai terzi, tenuti a corrispondere periodicamente somme di denaro al coniuge obbligato all’erogazione dell’assegno di mantenimento ed inadempiente, di versarne una parte direttamente agli aventi diritto, presuppone l’accertamento, da parte del giudice, dell’inadempimento, mentre non deve tenersi conto delle esigenze dell’obbligato medesimo, nè della gravità dell’inadempimento o dell’intenzionalità di esso (Cass. civ. 23668/2006);

– osservato che la circostanza dell’inadempimento a volte totale a volte parziale del (omissis) documentata mediante l’atto di precetto del 15.7.2019 e non è in ogni caso da questi contestata (cfr. deduzioni a verbale di udienza del 11.9.2019);

– ritenuto in diritto che l’inadempimento dell’obbligo di mantenimento del coniuge separato legittima, ove tale comportamento provochi fondati dubbi sulla tempestività dei futuri pagamenti, l’emanazione dell’ordine ai terzi, tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di denaro al coniuge obbligato, che una parte di esse venga versata direttamente all’avente diritto, in quanto la funzione che adempie l’assegno di mantenimento viene ad essere frustrata anche da semplici ritardi (Cass. civ. 23668/2006; Cass. civ. 11062/2011);

– ritenuto che nella vicenda in esame, le allegazioni del resistente e il ricorso all’atto di precetto da parte della (omissis) per il recupero forzoso delle somme dovute dal coniuge, inducono a ritenere che l’ordine di pagamento diretto delle somme è in sè idoneo, quanto meno allo stato, a costituire unico strumento di sicure attuazione del credito dell’istante;

– ritenuto che il reddito di cittadinanza (introdotto dal d.l. n. 4 del 2019, conv. con modif. dalla l. n. 26 del 2019), possa essere utilizzato per i bisogni primari delle persone delle quali il titolare ha l’obbligo di prendersi cura, anche se non fa più parte dello stesso nucleo familiare;

– considerato che sebbene il dcreto istitutivo nulla dica quanto alla pignorabilità del reddito di cittadinanza, la dottrina chiamata sin da subito ad occuparsi della questione e la prima giurisprudenza di merto, ne hanno ammesso la pignorabilità senza l’osservanza dei limiti di cui all’art. 545 c.p.c.;

– osservato che a favore di questa opzione interpretativa militano i seguenti argomenti: a) la definizione contenuta nel comma 255 dell’art. 1 del reddito di cittadinanza quale misura “contro la povertà, la disuguaglianza e l’esclusione sociale”, che vale “a garanzia del diritto del lavoro” e “della libera scelta del lavoro”, anche attraverso la salvaguardia del “diritto all’informazione, all’istruzione, alla formazione e alla cultura”; b) l’assenza nel testo del decreto di qualunque riferimento alla natura alimentare del reddito di cittadinanza, anzi da escludersi alla luce della platea di soggetti deboli esclusi dal novero dei beneficiari, tra i quali ad esempio, gli inabili al lavoro; c) quindi, il carattere predominante di miusra di politica attiva dell’occupazione; d) la natura eccezionale e di stretta interpretazione delle disposizioni che prevedono divieti di pignorabilità rispetto ad un principio generale – quello di cui all’art. 2740 c.c. – che innerva il sistema;

– ritenuto quindi che una volta ammessa la piena pignorabilità del reddito di cittadinanza, non sussiste alcuna ragione nè logica nè giuridica, per eslcudere l’ammissibilità dell’ordine di pagamento diretto al coniuge di una quota del reddito di cittadinanza erogato all’altro, inadempiente agli obblighi scaturenti dalla separazione;

– richiamato, ad ogni buon conto, l’orientamento della Suprema Corte, secondo il quale, la facoltà del Tribunale di ordinare che una quota dei redditi di lavoro del coniuge obbligato venga versata direttamente agli aventi diritto, non è soggetta alle limitazioni riguardanti la pignorabilità degli stipendi, specie in tema di contributo al mantenimento dei figli, stante la sua funzione alimentare (cfr. Cass. n. 2847/78; Cass. n. 15374/07; Trib. Roma, 3.6.2009);

– precisato che l’ordine di pagamento diretto può essere emesso per l’intera somma dovuta dal terzo, quando questa non ecceda, ma anzi realizzi pienamente, l’assetto economico determinato in sede di separazione con la statuizione che, in concreto, ha quantificato il diritto del coniuge beneficiario;

– ritenuto che tali condizioni ricorrano nel caso di specie, ammontando l’assegno di mantenimento dovuto dal (omissis) ad € 360,00 e percependo questi mesilmente a titolo di Reddito di Cittadinanza la somma di € 859, 67;

– ritenuto che sia meritevole di accoglimento anche la domanda di sequestro della quota di proprietà dell’immobile assegnato alla (omissis) in forza dell’ordinanza presidenziale;

– considerato che a differenza del sequestro conservativo di cui all’art. 671 c.p.c., il provvedimento previsto dall’art. 156 c.c. presuppone un credito già accertato (sia pure in via provvisoria) e si sfonda sulla semplice inadempienza agli obblighi di mantenimento a favore del coniuge incolpevole e dei figli posti a carico dell’altro coniuge, svolgendo una funzione di coazione, anche psicologica, sì da assicurare l’adempimento di detti obblighi (Cass. Sez. I, Sentenza n. 944 del 28.1.2000);

– ritenuto che l’ordine a terzi, tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di denaro all’obbligato, che una parte venga direttamente versata all’avente diritto, e il sequestro di beni del coniuge obbligato possono essere concessi anche contemporaneamente, a carico del medesimo obbligato (Cass. civ. Sez. I, Sent., 22-04-2013, n. 9671);

– ritenuto che nella specie il fatto dell’inadempimento è accertato;

– tenuto conto dell’importo mensile del mantenimento (€ 360,00 mensili) e valutando prospetticamente la durata dell’eventuale futuro inadempimento del (omissis) in relazione alle esigenze di mantenimento delle due figlie oggi rispettivamente di 8 e 7 anni, la somma fino a concorrenza della quale disporre la misura di cui all’art. 156, comma 6, c.c., deve stabilirsi in € 40.000,00;

– ritenuto che trattandosi di procedimento in corso di causa, alla liquidazione delle spese si provvederà unitamente al merito.

P.Q.M.

– accoglie il ricorso ex art. 156, VI° co., c.c. proposto da (omissis) nei confronti di (omissis), per l’effetto;

– autorizza il sequestro della quota del 75% dell’immobile, sito Andria (omissis) in N.C.E.U. al fg. (omissis) p.lla (omissis) di proprietà di (omissis), fino alla concorrenza della somma di euro 40.000,00;

– ordina all’I.N.P.S. di versare direttamente e mensilmente a (omissis) nata a Terlizzi il (omissis) e residente ad Andria, via (omissis), prelevandola dal reddito di cittadinanza corrisposto a (omissis), nato a Andria il (omissis), la somma di € 360,00 mensili, oltre ulteriori aggiornamenti ISTAT, a decorrere dal mese di febbraio 2020;

– spese al merito.

Si comunichi

Trani, 30.1.2020

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