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Tribunale di Torino sez. lav., 14/07/2022

Massima

La revoca del reddito di cittadinanza per asserita mancanza del requisito di 10 anni di residenza, che non tenga conto dei periodi di residenza effettiva in Italia per almeno 10 anni all’atto della domanda (provabili, ad esempio, attraverso la copertura contributiva), è illegittima sicché il ricorrente nulla deve restituire all’INPS a titolo di restituzione degli importi percepiti ma, al contrario, ha diritto a percepire la misura per il periodo successivo alla revoca sino allo scadere dei 18 mesi previsti dalla legge.

 

Supporto alla lettura

REDDITO DI CITTADINANZA

Il Reddito di Cittadinanza è una misura di politica attiva del lavoro e di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale.

Si tratta di un sostegno economico ad integrazione dei redditi familiari, ed è associato ad un percorso di reinserimento lavorativo e sociale, di cui i beneficiari sono protagonisti sottoscrivendo un Patto per il lavoro o un Patto per l’inclusione sociale.

Per ottenerlo occorre possedere determinati requisiti di cittadinanza, economici e di altro tipo.
La legge di Bilancio 2023 ha stabilito che dal 1° gennaio 2024 il Reddito di cittadinanza sarà superato dalle nuove misure di inclusione sociale e lavorativa. Potranno continuare a ricevere il Reddito di Cittadinanza fino al 31 dicembre 2023 i nuclei familiari dove ci sia almeno una persona minorenne o con disabilità o con almeno 60 anni di età, in caso contrario potranno continuare a riceverlo i nuclei familiari avviati ai servizi sociali che entro il 30 novembre 2023 siano stati da questi presi in carico in quanto valutati non attivabili al lavoro, oppure i cui componenti tra i 18 e i 59 anni siano stati avviati ai Centri per l’Impiego e da questi, in quanto non attivabili, reindirizzati ai servizi sociali e presi in carico entro il 30 novembre 2023.
Il c.d. “Decreto Lavoro 2023” (D.L. 4 maggio 2023, n. 48, convertito con modificazioni dalla L. 3 luglio 2023, n. 85) ha introdotto due nuove misure di inclusione sociale e lavorativa:
  • dal 1° settembre 2023 possono accedere al Supporto per la Formazione e il Lavoro (SFL) i singoli componenti dei nuclei familiari, di età compresa tra 18 e 59 anni, con un valore dell’ISEE non superiore a euro 6.000 annui, che non hanno i requisiti per accedere all’Assegno di inclusione o i singoli componenti dei nuclei che percepiscono l’Assegno di Inclusione che decidono di partecipare ai percorsi di politiche attive per il lavoro, purché risultino esclusi dalla scala di equivalenza usata per calcolare il beneficio spettante e dagli obblighi di attivazione dell’ADI. La misura è incompatibile con il Reddito e la Pensione di cittadinanza e con ogni altro strumento pubblico di integrazione o di sostegno al reddito per la disoccupazione;
  • dal 1° gennaio 2024 i nuclei familiari con un valore ISEE non superiore a euro 9.360, dove ci sia almeno una persona minorenne o con disabilità o over 60 o in condizioni di svantaggio certificate dalla pubblica amministrazione potranno richiedere l’Assegno di Inclusione (AdI) per 18 mesi rinnovabili.

Entrambe le nuove misure richiedono il rispetto di ulteriori requisiti, che riguardano principalmente la condizione economica, la cittadinanza, la residenza e il soggiorno.

Ambito oggettivo di applicazione

(omissis)

Con ricorso depositato il 18.2.2022, ritualmente notificato, il sig. (omissis) ha evocato in giudizio l’I.n.p.s. rassegnando le seguenti conclusioni.”a) accertare e dichiarare il carattere discriminatorio della condotta tenuta dall’I.n.p.s. consistente nell’aver revocato l’erogazione al ricorrente del RDC a causa della mancanza del requisito dei dieci anni di pregressa residenza in Italia; e conseguentemente, ai fini della cessazione della discriminazione e della rimozione degli effetti, anche quale piano di rimozione ex art. 28, comma 5, d.lgs. 150/11; b) accertare e dichiarare che quanto percepito dal ricorrente nel periodo novembre 2019 – dicembre 2020 a titolo di RDC è stato legittimamente percepito e nulla è dovuto dal ricorrente in restituzione all’INPS; c) condannare l’INPS, in persona del legale rappresentante pro tempore a pagare al ricorrente: – l’importo spettante a titolo di RDC nella medesima misura riconosciuta sino al momento della revoca, per la parte successiva alla revoca stessa e sino al completamento del periodo di 18 mesi e pertanto 5 ulteriori mesilità; o in subordine la medesima somma a titolo di risarcimento del danno patrimoniale; – un ulteriore importo a titolo di danno patrimoniale da perdita di chances in misura pari a euro 200,00 (o la diversa somma ritenuta di giustizia) per ciascuno dei 5 mesi nei quali il ricorrente avrebbe fruito del RDC, ove non fosse intervenuta la revoca e per ciascuno degli ulteriori mesi nei quali il ricorrente avrebbe potuto proporre la domanda di nuovo accesso al RDC dall’agosto 2021 (data di possibile decorrenza della nuova domanda) fino alla data dell’ordinanza; d) ordinare all’INPS di ammettere il ricorrente al RDC anche per le eventuali domande successive alla ordinanza, ferma la verifica di tutti i requisiti previsti dal DL 4/19 salvo quello della residenza decennale”.

L’I.n.p.s. si è tempestivamente costituito formulando in via preliminare un’eccezione di improcedibilità della domanda, di inammissibilità dell’azione ex art. 28 D.lgs 150/2011, chiedendo l’integrazione del contraddittorio ex art. 102 c.p.c. e nel merito, la reiezione della domanda.

La causa è stata istruita mediante acquisizione di documentazione e decisa nei termini di cui al dispositivo.

Premesso:

il ricorrente è cittadino egiziano e nell’atto introduttivo ha dedotto di essere entrato in Italia nel 2005, di aver ottenuto la ricevuta del primo permesso di soggiorno nell’aprile 2009, di lavorare regolarmente in Italia dall’aprile del 2009, di essere iscritto nei registri anagrafici dalla fine dell’anno 2011, di essere titolare di permesso di soggiorno in Italia per soggiornanti di lungo periodo dal 25.10.2019.

La domanda amministrativa volta all’ottenimento del reddito di cittadinanza è stata presentata dal ricorrente in data 25 ottobre 2019;

in accoglimento di detta domanda il ricorrente ha percepito il r.d.c. dal novembre 2019 al dicembre 2020;

l’Inps ha revocato il beneficio con comunicazione del 29 marzo 2021 per mancanza del requisito di residenza (art. 2 c. 1 lett. a) n. 2 L. 26/2019) e con provvedimento del 19 ottobre 2029 ha richiesto al ricorrente la restituzione di quanto percepito indebitamente stante il difetto del requisito della residenza in Italia da almeno 10 anni.

Rilevato:

in via preliminare deve essere rilevato che il ricorrente all’udienza di discussione del 14.7.2022 ha insistito per l’accoglimento delle conclusioni sub capi b) e c) dell’atto introduttivo, implicitamente rinunciando alle restanti domande ivi formulate.

L’eccezione di improcedibilità della domanda ai sensi dell’art. 413 c.p.c. formulata dall’I.n.p.s. è infondata e deve essere respinta.

Nello stesso provvedimento datato 29.3.2021 con cui l’Istituto ha comunicato al ricorrente la revoca del reddito di cittadinanza, si legge: “contro il presente provvedimento può proporre azione giudiziaria nelle forme di rito e nei previsti termini di legge, dandone notifica a questa sede”; (cfr. doc. 9 f.r.);

parimenti infondata è l’eccezione di difetto di legittimazione passiva formulata dall’I.n.p.s. sul presupposto che la competenza delle verifiche anagrafiche appartenga alle Amministrazioni comunali e non all’Istituto; del resto, lo stesso Istituto, che per legge è l’Ente deputato all’erogazione della prestazione, nell’illustrare gli argomenti a sostegno dell’eccezione si è poi limitato a chiedere l’integrazione del contraddittorio ex art. 102 c.p.c. nei confronti del Comune di Rivalta, in tal modo riconoscendo la propria legittimazione passiva.

Nel merito la domanda deve essere accolta.

La normativa applicabile alla fattispecie è quella contenuta nel D.L. n. 26 del 28.3.2019 convertito, con modificazioni, dalla L. 26/2019.

L’art. 2 recita: “1. Il Rdc e’ riconosciuto ai nuclei familiari in possesso cumulativamente, al momento della presentazione della domanda e per tutta la durata dell’erogazione del beneficio, dei seguenti requisiti:

a) con riferimento ai requisiti di cittadinanza, residenza e soggiorno, il componente richiedente il beneficio deve essere cumulativamente:

1) in possesso della cittadinanza italiana o di Paesi facenti parte dell’Unione europea, ovvero suo familiare, come individuato dall’articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, che sia titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, ovvero cittadino di Paesi terzi in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo; 

2) residente in Italia per almeno 10 anni, di cui gli ultimi due, considerati al momento della presentazione della domanda e per tutta la durata dell’erogazione del beneficio, in modo continuativo; (…)“.

La norma non impone limiti temporali alla rilevanza dei periodi di residenza, richiedendo unicamente la continuità negli ultimi due anni, che nella fattispecie è pacifica, e la residenza complessivamente superiore a dieci anni.

Con circolare del 14 aprile 2020 n. 3803 , il Ministero del lavoro e delle Politiche sociali ha chiarito che il requisito della residenza protratta per 10 anni deve intendersi riferito alla effettiva presenza del richiedente sul territorio italiano e non alla iscrizione anagrafica, consentendo all’interessato di fornire prova della sua presenza anche in assenza di iscrizione.

L’attestazione come risultante dai registri anagrafici costituisce quindi una mera presunzione del luogo di residenza del destinatario superabile con altri “oggettivi ed univoci elementi di riscontro“ consentiti dall’ordinamento. Si tratta di elementi di riscontro che attestano la regolare presenza sul territorio quali un contratto di lavoro, l’ estratto conto contributivo dell’INPS, documenti medici, scolastici o contratto di affitto o ancora vecchi permessi di soggiorno, ecc..”.

La Questura di Torino, ufficio immigrazione, ha attestato che il ricorrente è regolarmente soggiornante in Italia dal 29 gennaio 2010 e che dal 2017 è titolare di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo. (cfr. doc. in atti).

Dall’estratto conto previdenziale in atti risulta che in favore del ricorrente plurimi datori di lavoro hanno negli anni regolarmente versato i contributi all’I.n.p.s.; il primo periodo per il quale vi è stato versamento contributivo decorre dal 1.4.2019 e fino al 31.12.2019; le risultanze di detto estratto contributivo consentono di ritenere che il ricorrente nei periodi coperti da contribuzione ha prestato attività di lavoro dipendente e quindi era presente in Italia; la somma dei periodi in relazione ai quali vi è copertura contributiva, partendo da quello iniziale sopra ricordato, supera il decennio, circostanza che consente di ritenere integrato il requisito della residenza (effettiva) in Italia per almeno 10 anni all’atto della domanda (25.10.2019).

Per tutto quanto sopra argomentato deve ritenersi illegittima la revoca della prestazione e non dovuta la restituzione degli importi richiesti al ricorrente dall’I.n.p.s..

La restante domanda di parte ricorrente avente ad oggetto il risarcimento del danno patrimoniale da perdita di chances non merita accoglimento.

Il provvedimento di revoca non costituiva un impedimento giuridico alla proposizione di una nuova domanda, mentre con riferimento alla dedotta perdita di ulteriori servizi durante gli ulteriori 5 mesi in cui il ricorrente avrebbe goduto della prestazione qualora la stessa non fosse stata revocata dall’I.n.p.s., quali proposte di corsi professionali, aiuto nella redazione dei curricula, segnalazione di offerte di lavoro, nulla di specifico è stato allegato e neppure è stato richiesto di provare, circa la sussistenza del paventato danno.

Le spese di lite seguono la soccombenza, e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo, con distrazione in favore dei procuratori antistatari.

P.Q.M.

Visto l’art. 442 c.p.c.

disattesa ogni altra domanda, eccezione e deduzione,

– accerta e dichiara che nulla deve il ricorrente all’Inps con riferimento agli importi percepiti a titolo di reddito di cittadinanza per il periodo novembre 2019 – dicembre 2020;

– accerta e dichiara il diritto di parte ricorrente a percepire il reddito di cittadinanza, nella misura di legge, con riferimento al periodo successivo alla revoca e fino allo scadere dei 18 mesi previsti dalla legge;

– condanna l’I.n.p.s. alla rifusione delle spese di lite che liquida in euro 2.800,00, oltre spese forfettarie al 15%, iva, cpa, con distrazione in favore dei difensori di parte ricorrente Avv.ti (omissis), (omissis) e (omissis);

– fissa in giorni 60 il termine di deposito della sentenza.

Torino, 14/07/2022

Allegati

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