Fatto e diritto
Con ricorso del 12.1.23 la parte ricorrente, docente a tempo determinato, ha chiesto la condanna dell’Amministrazione resistente alla attribuzione del beneficio cd Bonus carta docenti per gli anni indicati in ricorso.
Il MI. resisteva.
All’odierna udienza la causa è stata infine discussa e decisa come da infrascritto
dispositivo.
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Il ricorso è fondato e va pertanto accolto.
In base alla normativa, in particolare l’art. 1 comma 121 della L. n. 107/2015 ai sensi del quale “Al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali, è istituita, nel rispetto del limite di spesa di cui al comma 123, la Carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione del docente di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado. La Carta, dell’importo nominale di euro 500 annui per ciascun anno scolastico, può essere utilizzata per l’acquisto di …” Al ricorrente, in quanto docente precario, non era riconosciuto il beneficio dei 500,00 euro annuali destinati alla “formazione” e accreditati sulla c.d. carta docente.
Tale scelta normativa risulta, tuttavia, in contrasto con il diritto dell’U.E. (CGUE, ord.18.5.2022: “La clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura nell’allegato della direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale che riserva al solo personale docente a tempo indeterminato del Ministero dell’istruzione, e non al personale docente a tempo determinato di tale Ministero, il beneficio di un vantaggio finanziario dell’importo di EU. 500 all’anno, concesso al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali, mediante una carta elettronica che può essere utilizzata per l’acquisto di libri e di testi, anche in formato digitale, di pubblicazioni e di riviste comunque utili all’aggiornamento professionale, per l’acquisto di hardware e software, per l’iscrizione a corsi per attività di aggiornamento e di qualificazione delle competenze professionali, a corsi di laurea, di laurea magistrale, specialistica o a ciclo unico, inerenti al profilo professionale, ovvero a corsi post lauream o a master universitari inerenti al profilo professionale, per rappresentazioni teatrali e cinematografiche, per l’ingresso a musei, mostre ed eventi culturali e spettacoli dal vivo, ad altre attività di formazione e per l’acquisto di servizi di connettività al fine di assolvere l’obbligo di effettuare attività professionali a distanza”). Peraltro, l’interpretazione che equipara anche con riferimento alla Carta Docenti la posizione dei docenti non di ruolo a quella dei docenti di ruolo appare in linea anche con i principi affermati costantemente dalla Corte di Giustizia Europea, in relazione ad alcune note questioni come quella concernete il riconoscimento del servizio c.d. pre-ruolo svolto dai docenti precari nel periodo antecedente la stabilizzazione. Così, ad esempio, la decisione della Corte di Giustizia 22.12.2010, nei procedimenti riuniti C- 444/09, Gaviero e C-456/09, Ig. To. in cui si afferma che: “un’indennità per anzianità di servizio … rientra nell’ambito di applicazione della clausola 4, punto 1, dell’Accordo Quadro, in quanto costituisce una condizione d’impiego, per cui i lavoratori a tempo determinato possono opporsi ad un trattamento che, relativamente al versamento di tale indennità, al di fuori di qualsiasi giustificazione obiettiva, sia meno favorevole di quello riservato ai lavoratori a tempo indeterminato che si trovano in una situazione comparabile. Il carattere temporaneo del rapporto di lavoro di taluni dipendenti pubblici non può costituire, di per sé, una ragione oggettiva ai sensi di tale clausola dell’Accordo Quadro”. Secondo i principi affermati dalla Suprema Corte, in particolare, occorre verificare che non vi siano in concreto ragioni che giustifichino la disparità di trattamento dei docenti assunti a tempo determinato, come ad esempio, lo svolgimento di compiti e mansioni non del tutto assimilabili a quelle svolte dai docenti assunti a tempo indeterminato. Nel caso di specie, nulla è stato provato che possa giustificare il diverso trattamento dei docenti e ciò ancora di più se si considera che viene in rilievo la formazione e l’aggiornamento del docente che non può che essere considerata identica sia per i docenti assunti a tempo indeterminato che per quelli assunti a tempo determinato. A ragionare diversamente, infatti, si dovrebbe ipotizzare che l’attività svolta dai docenti c.d. precari possa essere caratterizzata da un minor grado di aggiornamento del personale docente, il che certamente risulterebbe irragionevole e in contrasto con il principio costituzionale di eguaglianza e finirebbe, in definitiva, anche con il ledere irrimediabilmente il diritto all’istruzione costituzionalmente garantito, considerando che si avrebbe un corpo docenti la cui formazione è differenziata a seconda della stabilità o meno del rapporto di lavoro; il che, evidentemente, non è concepibile senza che si dia luogo ad una inammissibile disparità di trattamento.
Venendo alla conseguenze pratiche di quanto finora detto, occorre qualificare correttamente la domanda della parte ricorrente.
Ebbene ad avviso di questo giudice l’azione va qualificata come di adempimento, in quanto correttamente tesa al pagamento di una somma di denaro determinata e certa ab origine, di fonte legale, che avrebbe dovuto essere corrisposta in corso di rapporto ma non lo è stata, risultando le peculiarità imposte dal legislatore circa l’erogazione (ossia gli strumenti informatici necessari per spendere la somma in questione e i vincoli di spesa) non modificative della natura dell’obbligazione che era, è e resta sempre e solo una obbligazione pecuniaria. (“Le obbligazioni pecuniarie si identificano soltanto nei debiti che siano sorti originariamente come tali e, cioè, aventi ad oggetto, sin dalla loro costituzione, la prestazione di una determinata somma di denaro. Costituisce, pertanto, obbligazione pecuniaria, da adempiere al domicilio del creditore al tempo della sua scadenza, ex art. 1182, comma 3, c.c., quella derivante da titolo negoziale o giudiziale che ne abbia stabilito la misura e la scadenza”: Cass. n. 34944/2021).
Né valgono a trasformare l’obbligazione da pecuniaria in una obbligazione di fare o in una di consegnare una cosa mobile determinata le modalità attuative (L. 107/2015, art. 1 comma 122: “Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca e con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definiti i criteri e le modalita’ di assegnazione e utilizzo della Carta di cui al comma 121, l’importo da assegnare nell’ambito delle risorse disponibili di cui al comma 123, tenendo conto del sistema pubblico per la gestione dell’identita’ digitale, nonche’ le modalita’ per l’erogazione delle agevolazioni e dei benefici collegati alla Carta medesima”) attraverso le quali la somma in questione viene concretamente assegnata ai docenti di ruolo e da questi utilizzata (attualmente è previsto l’accesso ad un portale sul sito ministeriale tramite l’identità digitale SPID e creazione di buoni spesa da utilizzarsi o digitalmente per acquisti on line o fisicamente presso il singolo punto vendita o di erogazione del servizio). Dunque, non potrà certamente sostenersi che un eventuale impedimento che si situi nell’ambito di tali modalità attuative, in quanto ai precari non viene dato accesso alla piattaforma, renda impossibile la prestazione. Si tratta, infatti, di semplici modalità di adempimento dell’obbligazione, inerenti più in generale ai doveri di collaborazione/cooperazione gravanti sul debitore, con conseguente necessità da parte di quest’ultimo di porre in essere tutte le prestazioni collaterali e accessorie necessarie e funzionali all’adempimento stesso.
Dunque, non potrà negarsi la somma in questione perché il portale informatico del Ministero non prevede l’accesso per i docenti precari o per gli ex precari, bensì – ribaltandosi specularmente la prospettiva in esecuzione dei doveri di buona fede e correttezza gravanti sul debitore – dovrà darsi accesso al portale a tali soggetti proprio al fine di provvedere al pagamento (adempimento) di quanto ad essi dovuto (e salva sempre ed evidentemente la possibilità per la P.A. – laddove lo ritenesse per sé maggiormente conveniente in termini di tempi e modi e, dunque, più funzionale al proprio buon andamento – di un pagamento ordinario al di fuori del canale della carta docente).
Ovviamente il meccanismo antidiscriminatorio comporta il diritto del soggetto discriminato al medesimo trattamento vantato dal soggetto non discriminato e, dunque, la somma in questione non sarà una somma “libera” dal punto di vista dello scopo, ma dovrà essere accreditata al docente e potrà essere fruita dallo stesso nei limiti e con le stesse regole valevoli per i docenti a tempo indeterminato (evidentemente e come detto l’obbligazione non si estingue perché nei confronti degli ex docenti non sono più attive eventuali credenziali informatiche per usufruire della somma de qua; piuttosto, tal credenziali andranno eventualmente riattivate proprio quale obbligazione accessoria e meramente strumentale volta all’adempimento dell’obbligazione principale). Ovviamente, visto che il più comprende il meno, sarà facoltà della P.A. soccombente procedere, alternativamente, al pagamento delle somme di denaro secondo le vie ordinarie (e, dunque, senza utilizzare il meccanismo e i vincoli di cui alla carta docente).
La prescrizione è quinquennale, trattandosi di somme che devono essere pagate periodicamente “ad anno o in termini più brevi” (art. 2948, n. 3 c.c.). Dunque, il M.I.M. va condannato al pagamento in favore del ricorrente/della ricorrente/dei ricorrenti/delle ricorrenti, delle somme relative al c.d. bonus docente, per ciascun anno di servizio, nei limiti indicati in motivazione, nel limite del quinquennio a ritroso a partire dalla data di costituzione in mora, ossia dalla notifica del ricorso.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, così dispone:
1) condanna il M.I.M. a riconoscere in favore della parte ricorrente le somme dovute per le causali di cui in motivazione, oltre accessori come per legge, nel limite prescrizionale, mediante accredito su “carta docente”, alle stesse regole assegnate ai dipendenti a tempo indeterminato o, alternativamente, al pagamento delle somme di denaro con modalità ordinarie;
2) condanna il M.I.M. a rimborsare al difensore antistatario della ricorrente le spese di lite, che si liquidano in € 700,00 per compensi, oltre i.v.a., c.p.a. e 15,00 % per rimborso spese generali
Taranto, 4.5.23
