Svolgimento del processo – Motivi della decisione
(omissis) s.n.c. depositava in data 15.04.2024 – per il tramite dell’apposita piattaforma telematica presso la Camera di Commercio di Caserta – istanza per la nomina di un esperto per la composizione negoziata della crisi ex art. 17 CCII, con contestuale richiesta di applicazione delle misure protettive del patrimonio ai sensi degli artt. 18 e 19 CCII.
In particolare ivi invocava l’inibizione dell’avvio e della prosecuzione di qualsivoglia azione esecutiva e cautelare sul patrimonio dell’odierno istante da parte di tutti i suoi creditori.
La ricorrente esponeva che le sue difficoltà finanziarie ed economiche nascevano prima per l’emergenza covid, in quanto causa di riduzione dei consumi da parte dei clienti di riferimento, poi in conseguenza della guerra tra Russia ed Ucraina, che comportava un forte incremento dei costi delle materie prime e dei trasporti e, quindi, della merce.
Peraltro, aggiungeva che nel settore di appartenenza si è verificata una rimodulazione dell’offerta con il forte aumento delle vendite su piattaforme di acquisto online e della grande distribuzione.
Per tali ragioni, chiedeva all’intestata giustizia di voler “(a) disporre il divieto di acquisire diritti di prelazione se non concordati con l’imprenditore (e salvo, sempre, il dissenso dell’Esperto ai sensi dell’art. 21 CCI); (b) disporre il divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive o cautelari sul patrimonio di (omissis) s.n.c. e sui beni e diritti attraverso i quali viene esercitata l’attività di impresa; (c) disporre il divieto di proporre o proseguire azioni monitorie e per ingiunzione di pagamento; (d) disporre il divieto di intimare il pagamento di somme; (e) disporre il divieto di proporre e/o coltivare istanze di liquidazione giudiziale, inibire la pronuncia della sentenza di apertura della liquidazione giudiziale o di accertamento dello stato di insolvenza; (f) disporre il divieto di unilateralmente rifiutare l’adempimento dei contratti pendenti, provocarne la risoluzione, anticiparne la scadenza ovvero modificarli in danno dell’imprenditore per il solo fatto del mancato pagamento di crediti anteriori rispetto alla pubblicazione dell’istanza di nomina dell’esperto.”
Con decreto del 19.04.2024, in seguito alla richiesta di parte ricorrente di disporre un breve rinvio, il Giudice designato fissava l’udienza del 14.05.2024 per la comparizione delle parti e dell’esperto, assegnando alla ricorrente il termine di cinque giorni dalla ricezione del decreto, per la notifica del ricorso all’esperto nominato, dott. (omissis) e, ai sensi dell’art. 3, comma 6, 7 e 8, L. n. 147 del 2021, ai primi dieci creditori per ammontare, a tutti i creditori agenti in via esecutiva e cautelare avverso la società, nonché a tutti gli istituti di credito presenti nell’estratto della centrale dei rischi prodotto dalla ricorrente.
In data 10.05.2024, l’esperto nominato ex art. 3, comma 6, 7 e 8, L. n. 147 del 2021 depositava il proprio parere, formulando le seguenti conclusioni: “Alla luce di tutte le considerazioni fin qui svolte il sottoscritto ritiene che: – La copertura del fabbisogno finanziario derivante in parte dalla cessione dei beni dismessi ed in parte dai proventi derivanti dalla gestione in continuità dell’azienda sia attendibile in funzione dei valori espressi in misura prudenziale ed in un arco temporale (5 anni) che appare adeguatamente valutato; – Le misure protettive non produrranno effetti negativi sugli approvvigionamenti in quanto il piano prevede il pagamento integrale di tutti i crediti vantati dai fornitori strategici. – Le misure protettive sulle esposizioni bancarie avranno sicuramente un impatto negativo con conseguenze sulla nuova concessione di crediti a cui, comunque, la società ritiene di non dover ricorrere utilizzando esclusivamente i proventi derivanti dalle dismissioni e dalla gestione in continuità. – Il piano sia coerente con la check-list, in conformità ai paragrafi 2-4-6 del “Documento Allegato del Ministero della Giustizia Ufficio Legislativo al decreto dirigenziale direttore generale degli affari interni 28 settembre 202, in riferimento alla Composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa, previsto dal D.L. 24 agosto 2021, n. 118 .”
Con comparsa di costituzione e risposta del 9.05.2024, si costituiva in giudizio la creditrice (omissis) S.P.A., la quale esponeva che:
1) era creditrice della ricorrente non precisando l’origine, la natura e la quantità del credito;
2) aveva appreso che la ricorrente aveva depositato in data 12.05.2023 una domanda di accesso al procedimento unitario di regolazione della crisi d’impresa o della insolvenza ex art. li 39, 40 e 44 comma primo lettera a) CCII,
3) la (omissis) s.n.c. aveva poi depositato telematicamente in data 8.03.2024 un atto di rinuncia a tale procedimento unitario n. 51/2023, che era stato promosso con la domanda di accesso depositata in data 12.05.2023;
4) il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, preso atto della rinuncia al procedimento unitario depositata dal ricorrente, aveva dichiarato la estinzione del procedimento unitario n. 51/2023 con successivo Provv. del 20 marzo 2024 poi pubblicato in data 25.03.2024.
Eccepiva dunque la radicale inammissibilità ai sensi e per gli effetti dell’art. 25 quinquies CCII del procedimento di Composizione Negoziata della Crisi e così concludeva: “-in via principale: rigettarsi le domande formulate dalla (omissis) s.n.c. in quanto radicalmente inammissibili, e comunque infondate, per i motivi esposti in atti; – in ogni caso: con vittoria di spese, diritti e onorari di causa..”
Con comparsa di costituzione e risposta dell’09.05.2024, si costituiva la (omissis) S.P.A. la quale esponeva:
1) che la stessa vantava nei confronti della ricorrente un credito per servizi di stampa pari a Euro 840.080,35, oltre interessi ex D.Lgs. n. 231 del 2002 maturati e maturandi dalla scadenza delle singole fatture importo, a sostegno del credito produceva fatture ed estratti registro vendite autenticati.
Concludeva pertanto: “dato atto che (omissis) S.p.A. NON ha nei confronti di (omissis) S.N.C. dei F.lli (omissis) (omissis) e (omissis) alcun obbligo di esecuzione per contratti in essere; (omissis) S.p.A. allo stato NON si oppone alla concessione e/o conferma a favore di (omissis) S.N.C. dei F.lli (omissis) e (omissis) delle misure protettive previste dal Codice della crisi d’impresa che siano destinate ad evitare che singoli creditori procedano in via esecutiva o con istanze di liquidazione giudiziale nei confronti della società debitrice ricorrente per il periodo a tal fine previsto dalla normativa in materia di composizione negoziata della crisi di impresa.”
Con comparsa di costituzione e risposta del 9.5.2024, si costituiva La S.R.L. (omissis), la quale esponeva che:
1) era creditrice della S.N.C. (omissis) della somma di Euro. 56.515,07 quale corrispettivo per la fornitura di merce di cui alle fatture n. ((omissis)) del 2/9/22, ((omissis)) del 12/9/22 e ((omissis)) del 4/11/22;
2) la s.n.c. (omissis) non rispettava i termini di pagamento scadenti rispettivamente il 31/12/22 e il 28/2/23 e, di fronte alle richieste di pagamento della comparente, rilasciava n. 3 assegni, tratti rispettivamente su C. per Euro. 13.000,00, su (omissis) per Euro.13.000,00 e su (omissis) per Euro. 12.303,03 tutti scadenti il 10/3/23 che non vennero onorati per mancanza totale o parziale di fondi;
3) essa chiedeva ed otteneva dal Tribunale di Torino in data 1/8/23 decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo per la somma di Euro. 56.515,07 oltre interessi e spese di procedura che provvedeva a notificare alla S.N.C. (omissis), unitamente all’atto di precetto per complessivi Euro. 63.868,37, in data 1/8/23;
4) nelle more tra il deposito del ricorso per decreto ingiuntivo e la sua concessione, la S.R.L. (omissis) in data 17/5/23 riceveva dalla S.N.C. (omissis) comunicazione che in data 10/5/23 era stato depositato presso il Tribunale di Santa Maria CapuaVetere un ricorso per l’ammissione al concordato preventivo con contestuale istanza di misure protettive e che il procedimento era rubricato al n. R.G. 51-1/2023 G.D. Dr.ssa (omissis).
5) la crisi e l’insolvenza della società ricorrente erano ormai conclamate e non esistevano ragionevoli possibilità di risanamento e, pertanto considerava inammissibile la concessione delle misure richieste dalla ricorrente:
Così concludeva: “la S.R.L. (omissis) in persona di chi sopra e come sopra rappresentata difesa e domiciliata si oppone alla conferma delle misura protettive richieste dalla S.N.C. (omissis) nella presente procedura e ne chiede la revoca per la mancanza dei presupposti soggettivi ed oggettivi di applicabilità.”
Con comparsa di costituzione e risposta del 9.5.2024, si costituiva la (omissis) GMBH, la quale esponeva che:
1) era creditrice della ricorrente per l’importo di Euro 280.967,46, oltre interessi commerciali e rivalutazione, come da fatture, per la fornitura di prodotti da cancelleria;
2) in seguito a numerose iniziative extra-processuali per il recupero del credito, vedeva inibita qualsivoglia iniziativa giudiziale in ragione dell’apertura del concordato preventivo della ricorrente e la pedissequa concessione delle misure protettive;
3) la concessione di ulteriori misure protettive si profilava come un abuso dello strumento processuale;
Pertanto, concludeva chiedendo: “che codesto Tribunale voglia rigettare la richiesta di concessione e/o conferma delle misure protettive formulata dalla (omissis) S.n.c. dei F.lli (omissis) (omissis) e (omissis) nella presente procedura”.
Con comparsa di costituzione e risposta del 10.5.2024, si costituiva il Condominio (omissis), il quale esponeva che:
1) il proprio titolo esecutivo era costituito Decreto ingiuntivo n. 1368/2023 emesso in data 01.12.2023, RG n. 4841/2023, n. cronol. 9159/2023 del 02/12/2023, dal Giudice di Pace di Caserta, notificato in data 05.12.2023 alla (omissis) S.n.c. la quale non proponeva opposizione nei termini di legge; il titolo veniva dichiarato esecutivo nei confronti di (omissis) S.n.c. con decreto di esecutorietà’ n. cronol. 3512/2024 del 26/04/2024 RG n. 4841/2023;
2) era creditore anche per ulteriori ed imprecisate somme per quote condominiali maturate dopo il (omissis)
Concludeva pertanto: “Tanto premesso, preso atto del Ricorso ex artt. 18 e 19 C.C.I. proposto dalla (omissis) S.n.c. dei F.lli (omissis) (omissis) e (omissis), con il presente atto si costituisce il Condominio L. 1 (c.f.: (…)) di via (omissis) in (omissis), in persona dell’amministratore p.t. avv. (omissis), chiedendo l’integrale soddisfazione della propria posizione creditoria.”
Con comparsa di costituzione del 10.05.2024, si costituiva in giudizio la (omissis) S.p.A., esponendo che:
1) il Tribunale di Bologna, con decreto ingiuntivo telematico provvisoriamente esecutivo n. 1281/2023 emesso in data 6 marzo 2023, ingiungeva alla societa (omissis) s.n.c. di pagare alla (omissis) s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, la somma di Euro 469.018,07, oltre alle spese del procedimento liquidate in Euro 2.240,00 per compensi professionali ed in Euro 634,00 per spese, oltre il 15 % per spese generali, IVA e C.P.A. ed oltre alle successive occorrende;
2) provvedeva all’esecuzione del pignoramento immobiliare sui beni della ricorrente, il quale veniva interrotto in seguito alla proposizione della domanda di accesso al concordato preventivo;
3) nonostante la rinuncia al concordato, i creditori venivano soddisfatti
4) la prospettazione proposta nel ricorso in merito alla patrimonializzazione della società non era stata correttamente effettuata, in quanto sugli immobili di proprietà della ricorrente pendeva l’iscrizione del pignoramento immobiliare in parola, per le rimanenze di magazzino appariva difficoltoso procedere effettivamente ad una vendita remunerativa, nonchè risultavano ininfluenti i richiami alle dilazioni di pagamento verso i creditori ed alla digitalizzazione dell’attività.
5) pertanto, la domanda di accesso alla procedura costituiva abuso strumentale dei mezzi processuali volto a dilatare le tempistiche di soddisfacimento dei creditori;
Concludeva, tuttavia: “Tutto ciò dedotto ed argomentato, la (omissis) s.p.a., in un’ottica di piena collaborazione e fiducia nell’istituto della procedura di composizione negoziata, confidando nella buona fede del debitore ricorrente e nella fattibilità del piano, manifesta il proprio consenso alla concessione e/o conferma delle misure protettive di cui al ricorso ex artt. 18 e 19 C.C.I. depositato dalla società (omissis) s.n.c. dei F.lli (omissis) (omissis) e (omissis)”.
Con comparsa di costituzione del 13.05.2024, si costituiva la (omissis) S.p.A., la quale esponeva che:
1) il piano, nel caso in esame, individuava un debito bancario collocato nella categoria chirografaria per la somma di Euro 169.783,61 del tutto non corrispondente alla debitoria esistente con la Banca;
2) la (omissis) S.p.A. risulta essere creditrice nei confronti della società ricorrente e garanti delle somme di Euro767.857,19 oltre interessi, somma cristallizzata all’interno del decreto ingiuntivo n. 1166/2023 del 05.05.2023 ritualmente notificato, non opposto e divenuto definitivo ed esecutivo ai sensi dell’art. 647 c.p.c. • Euro 97.177,31 relativa al mancato pagamento del solo finanziamento n. ((omissis)), oltre interessi moratori successivi da determinarsi in via convenzionale dal 21.03.2023 sino al soddisfo, somma portata dal decreto ingiuntivo n. 383/2024 emesso da codesto Tribunale non provvisoriamente esecutivo in data 04.03.2024 e opposto dalla società e dai fideiussori;
3) che tale debitoria non risulta dal piano di risanamento e costituisce elemento idoneo a non ottenere l’adozione delle misure di protezione richieste
Concludeva, pertanto: “Tanto premesso, la (omissis) spa per il tramite della sua mandataria (omissis) S.p.A. come sopra rappresentata e difesa, con la presente memoria, si oppone alla concessione e/o conferma delle misure di protezione.”
All’udienza del 14.05.2024, compariva il legale rappresentante pro tempore e il consulente della ricorrente, con l’avv. (omissis), il quale reiterava la richiesta di conferma delle misure protettive consistenti nella sospensione delle procedure esecutive ordinarie e quelle ex art. 48-bis D.P.R. n. 602 del 1973, attestando la regolare notifica nei confronti dei creditori.
Compariva anche l’esperto, dott. (omissis), che si riportava al parere positivo già espresso nonché i difensori dei creditori Credit Agricole, il Condominio (omissis) 1.
Compariva altresì il difensore della (omissis), il quale si opponeva alla conferma delle misure richieste.
Alla stessa udienza il Giudice, sentite le parti, riservava la decisione, con termine alla ricorrente di gg. 10 (dieci) per il deposito di note conclusionali e successivo termine di gg. 5 (cinque) per repliche alle parti costituite.
Nel contesto di tali note, la ricorrente:
a) con riferimento alle eccezioni formulate da (omissis) s.p.a. – unico creditore ad essere entrato nel merito del piano proposto – che le stesse erano frutto di un’errata lettura della documentazione agli atti, giacché l’importo indicato dalla predetta nella propria memoria – vale a dire Euro 169.783,61 – era corrispondente non all’ammontare della debitoria complessiva della (omissis), quanto all’importo di cui si proponeva il pagamento, ai fini del risanamento dell’azienda, pari dunque al 20% del debito complessivo come per tutti i creditori chirografari.
b) quanto all’eccezione, sollevata da alcuni creditori, relativa al mancato rispetto del termine di 4 mesi di cui all’art. 25 quinquies ccii – nella consapevolezza che effettivamente non era intercorso tale lasso tra la rinuncia alla precedente domanda di concordato e la proposizione del ricorso ex art. 18 CCII – precisava quanto segue: (i) che l’art. 25 quinquies ccii non prescrive la perentorietà del termine, e pertanto lo stesso era da considerarsi – dal punto di vista strettamente processuale – meramente ordinatorio; (ii) nel merito, circa le finalità individuate dal legislatore allorquando ha ritenuto di voler indicare un intervallo temporale tra una procedura concorsuale e un’altra, che nella relazione illustrativa al Decreto Legislativo di attuazione della Direttiva (UE) 2019/1023 è indicato che: “L’articolo 25-quinquies riproduce il comma 2 dell’articolo 23 del D.L. n. 118 del 2021 convertito, con modificazioni, dalla L. n. 147 del 2021, che non consente l’accesso alla composizione negoziata in pendenza del procedimento per l’accesso ad uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza ai sensi dell’articolo 40, anche nelle ipotesi di cui agli articoli 44, comma 1, lettera a) e 54, comma 3, o dell’articolo 74. A tale disposizione è stata aggiunta la previsione del secondo periodo con la quale i medesimi limiti di accesso sussistono anche in caso di rinuncia dell’imprenditore alle domande indicate nel medesimo periodo, intervenuta nei quattro mesi precedenti la presentazione dell’istanza. Si tratta di integrazione con la quale si intende scoraggiare l’abbandono di una procedura di ristrutturazione giudiziale al solo fine di entrare nel percorso stragiudiziale della composizione per evitare eventuali abusi e possibili danni ai creditori”. Pertanto, a suo avviso la finalità ultima della norma appariva quella di evitare un utilizzo abusivo dello strumento, ai danni dei creditori. In ordine a tal profilo, secondo la ricorrente la consecuzione delle due procedure, e la rinuncia al ricorso per concordato preventivo ex art. 40 CCII, si era resa necessaria per esigenze tutt’altro che abusive, ma anzi protettive rispetto ai diritti della massa dei creditori. In particolare, quando la società decideva di rivolgersi al nuovo difensore ed al nuovo advisor finanziario, già pendeva la procedura concordataria, nella quale la società era assistita da altri professionisti (come da seguenti atti depositati: ricorso per concordato preventivo doc. A, piano di concordato, doc. B; relazione dell’attestatore ex art. 87 CCII, doc. C; parere del commissario, doc. D). Dall’analisi della documentazione sociale/economica/finanziaria, anche depositata nel fascicolo della procedura concordataria pendente, tuttavia, era emerso ai nuovi professionisti che nel piano presentato in quella sede mancava un importante posta debitoria della società, segnatamente i debiti nei confronti dei due soci receduti, (omissis) e (omissis), per la complessiva cifra di Euro 3.526.150,00 quali indicati nell’elenco creditori prodotto sub 10 (cfr. visura (omissis) depositata sub doc. 5, dalla quale emergono i due recessi avvenuti in data 15.03.2021 e 14.03.2022): due poste che andavano senz’altro inserite nel piano di concordato, e che sono state inserite nella composizione negoziata (una a debito ed una a fondo poiché controversa, ma comunque entrambe contemplate in chiave satisfattiva). Secondo la (omissis) l’importo in questione era tale che non sarebbe stato possibile procedere ad una modifica del piano di concordato, nel breve lasso di tempo rimasto nella procedura concordataria: il ricorso era stato proposto in data 03.05.2023, e, dopo vari decreti tra cui quello di concessione delle misure protettive, vi era già stato un articolato provvedimento del Tribunale in data 22.11.2023 (doc. E), cui era seguito il deposito di una nota di chiarimenti (doc. F), e quindi si era addivenuti all’udienza del 24.01.2024 con concessione di ulteriori, ma ultimativi, 30 giorni da parte del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (doc. G). I tempi stretti, quindi, avevano correttamente indotto la società a rinunciare al ricorso proposto (doc. H). La ricorrente ha quindi precisato che – dovendo valutare le strade da intraprendere per fronteggiare la situazione di crisi in cui versava – ha ritenuto di intraprendere la strada della composizione della crisi ex artt. 18 e 19 CCI, ritenendolo strumento più snello rispetto alla procedura di concordato e – peraltro – in termini economici si rivela più vantaggioso per la massa dei creditori (in particolare per i creditori chirografari). Il maggior vantaggio a suo avviso emergeva sia rispetto al piano concordatario depositato in passato (e che non teneva conto dell’ulteriore posta debitoria) sia rispetto ad un eventuale piano concordatario da depositare ex novo¸ qualora si fosse scelta nuovamente la strada del concordato ex art. 40 CCII (tenuto conto delle maglie più stringenti che, in punto di diritto, caratterizzano tale procedura).
Di seguito la ricorrente ha quindi allegato i seguenti tre schemi riepilogativi, per la dimostrazione di quanto esposto:
A) Schema riassuntivo della debitoria e dei pagamenti di cui alla presente procedura composizione negoziata
(omissis)
B) Schema riassuntivo della debitoria e dei pagamenti di cui alla domanda di concordato rinunciata (senza i debiti vs soci): concordato rinunciato
(omissis)
C) Schema riassuntivo della debitoria e dei pagamenti di cui ad un’ eventuale nuova procedura di concordato concordato (ipotesi con debiti vs soci )
PRIVILEGIATI
(omissis)
Ha pertanto concluso per l’accoglimento del ricorso.
Ciò posto, è necessario in primo luogo soffermarsi sulle censure di inammissibilità dell’istanza che sono state proposte da taluni creditori con riferimento alla prescrizione dettata dall’art. 25 quinquies CCII.
La norma in parola ha posto dei limiti all’accesso alla composizione negoziata, stabilendo che esso è precluso sia nella pendenza dei procedimenti introdotti con art. 40, 44 comma 1, lettera a), 54, comma 3, e 74, sia nel caso in cui l’imprenditore abbia rinunciato nei quattro mesi precedenti all’istanza ex art. 17 CCII ad una delle domande indicate nei sopracitati articoli.
Se deve registrarsi un noto dibattito giurisprudenziale sulla prima eventualità, soprattutto in riferimento alla possibilità che a precludere l’accesso alla composizione negoziata siano anche le istanze di iniziativa di soggetti diversi dall’imprenditore (sul punto nel senso della preclusione v., Trib. Bergamo, 23 gennaio 2024; Trib. Palermo, 22 maggio 2023; nell’opposta direzione, Trib. Bologna, 23 giugno 2023; App. Potenza, 27 dicembre 2022) sull’altro versante, nel quale va collocata la fattispecie odierna, ossia quello dell’intervenuta rinuncia all’istanza proposta dal debitore medesimo, il campo appare maggiormente sgombero.
Il legislatore, infatti, nel temperare la previsione di cui al D.L. n. 118 del 2021, che vietava indiscriminatamente al debitore di fare accesso alla composizione negoziata qualora avesse, in precedenza, presentato una domanda di concordato preventivo (anche ai sensi dell’art. 161, comma 6, L. fall.) o di omologazione degli accordi di ristrutturazione, ha previsto un periodo di apparente inibizione al debitore di quattro mesi per la proposizione dell’istanza di cui all’art. 17 CCII a far data dall’abdicazione ad altra domanda di regolazione della crisi e dell’insolvenza.
La ratio della vecchia normativa era da individuarsi nell’assunto per cui la presentazione di una domanda di accesso a strumenti di ristrutturazione preventiva e alla liquidazione giudiziale, o di accesso al concordato minore per sovraindebitamento, presupponevano la sussistenza di una condizione di squilibrio economico-patrimoniale che non rendeva ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa, per cui in tali casi si escludeva la possibilità di ricorrere alla composizione negoziata della crisi.
Con l’introduzione dell’art. 25 quinquies, ad oggi all’imprenditore è consentito di non proseguire con il concordato preventivo per deviare verso la più agile composizione negoziata, a condizione che vi sia una soluzione di continuità tra i rimedi, che il legislatore ha individuato in quattro mesi.
Sub species è pacifica la circostanza che non siano intercorsi 4 mesi tra la rinuncia alla precedente domanda di concordato e la proposizione del ricorso ex art. 18 CCII.
La ricorrente, tuttavia, ha prospettato da un lato la questione della non perentorietà di tale termine e, dall’altro, ha inteso individuare la ratio del limite temporale in esame, muovendo sotto questo profilo dalla relazione illustrativa al Decreto Legislativo di attuazione della Direttiva (UE) 2019/1023.
In ordine a quest’ultimo aspetto, ha chiarito che la finalità della norma sarebbe quella di evitare un utilizzo abusivo dello strumento, ai danni dei creditori.
Il primo argomento speso dall’odierno istante non appare condivisibile né calzante.
Invero il richiamo della ricorrente alla tematica dei termini processuali ed alla disciplina relativa di cui all’art. 152 c.p.c., non tiene conto della decisiva circostanza che la composizione negoziata non rappresenta un procedimento, cui magari poter estendere norme o principi derivabili dal codice di rito, quanto un percorso negoziale per regolazione della crisi o dell’insolvenza reversibile.
Ne deriva che pretendere d’indagare sulla natura del suddetto termine nei sensi prospettati dalla ricorrente risulta erroneo e, per vero, anche ultroneo.
Ed invero da quanto si evince dal tenore letterale della norma, l’elemento patologico in questione rileverebbe non sulla richiesta delle misure protettive e cautelari, quanto piuttosto sulla stessa proponibilità dell’istanza ex art. 17 ( art. 25 quinquies, comma 1, secondo periodo, CCII: “L’istanza non può essere altresì presentata nel caso in cui l’imprenditore, nei quattro mesi precedenti l’istanza medesima, abbia rinunciato alle domande indicate nel primo periodo”).
Ebbene, è pacifica la natura stragiudiziale della composizione negoziata, almeno fino al momento in cui il debitore non chieda di accedere alle misure protettive ex artt. 18 e 19 CCII.
Da tanto consegue che attenendo l’istanza ex art. 17 ad una procedura stragiudiziale, il Tribunale non può essere chiamato a pronunciarsi sulla sua ammissibilità, sebbene non sia stato osservato il termine disposto per la sua presentazione.
Del resto una pronuncia di inammissibilità dell’istanza di accesso alla procedura per mancato rispetto dei termini previsti all’art. 25 quinquies determinerebbe l’applicazione di una sanzione processuale nell’ambito di una fase della procedura di carattere meramente stragiudiziale.
Atteso dunque che tale valutazione esula dalle competenze del Giudicante, non deve trascurarsi la rilevanza che può assumere la rinuncia alla domanda di accesso ad uno strumento di regolazione della crisi, operata dal debitore previo deposito dell’istanza ex art. 17, in termini di affidabilità e perseguibilità del piano di risanamento.
Più segnatamente, come pure evidenziato dalla ricorrente la scelta legislativa del termine in discussione radica la sua ratio nell’esigenza di evitare abusi del debitore, che possano determinare un differimento della soluzione della crisi e/o dell’insolvenza reversibile ovvero dell’approdo alla sola misura effettivamente applicabile al caso, della liquidazione giudiziale.
Invero il tema dell’abuso era stato scrutinato rispetto agli strumenti processuali utilizzati in sequenza dal debitore, per farne conseguire sanzioni d’inammissibilità (si cfr. in merito “Richiamato sul punto un precedente reso dalla Corte di Cassazione, in relazione ad una fattispecie in cui una domanda di concordato preventivo era stata riproposta senza elementi di novità pochi giorni dopo la risoluzione del precedente concordato, secondo cui la domanda di concordato preventivo presentata dal debitore non per regolare la crisi dell’impresa attraverso un accordo con i suoi creditori, ma con il palese scopo di differire la dichiarazione di fallimento, è inammissibile in quanto integra gli estremi di un abuso del processo, che ricorre quando, con violazione dei canoni generali di correttezza e buona fede, nonché dei principi di lealtà processuale e del giusto processo, si utilizzano strumenti processuali per perseguire finalità eccedenti o deviate rispetto a quelle per le quali l’ordinamento li ha predisposti (v. Cass. civ. Sez. VI – 1 Ord., 11/10/2018, n. 25210).
Ora il legislatore del codice della crisi ha declinato in maniera espressa i doveri dell’imprenditore e delle parti interessate, ai sensi dell’art. 4.
La buona fede e la correttezza rilevano anche nella composizione negoziata.
Ma la sanzione che può conseguire alla sua violazione non è in termini d’inammissibilità dell’istanza ex art. 17 CCII, quanto in ordine alla sorte sia del percorso di composizione che, nel caso, sulla verifica del ragionevole affidamento nel debitore e nel prospettato risanamento in punto di conferma delle misure protettive del patrimonio.
Quanto al primo aspetto, va ricordato che l’art. 25 sexies CCII, al primo comma, testualmente prevede che: “Quando l’esperto nella relazione finale dichiara che le trattative si sono svolte secondo correttezza e buona fede, che non hanno avuto esito positivo e che le soluzioni individuate ai sensi dell’articolo 23, commi 1 e 2, lettera b) non sono praticabili, l’imprenditore può presentare, nei sessanta giorni successivi alla comunicazione di cui all’articolo 17, comma 8, una proposta di concordato per cessione dei beni unitamente al piano di liquidazione e ai documenti indicati nell’articolo 39. La proposta può prevedere la suddivisione dei creditori in classi.”.
Dunque, presupposto di ammissibilità della proposta di concordato semplificato, strumento di regolazione ancorato all’esito della CN, è che a corredo relativo vi sia: 1) una relazione finale in cui l’esperto nominato ai sensi dell’art. 13 CCII dichiari che: (i) le trattative si sono svolte secondo correttezza e buona fede; (ii) le trattative non hanno avuto esito positivo; (iii) le soluzioni negoziali individuate ai sensi dell’art. 23, commi 1 e 2 let. b) del CCII (contratti privati con uno o più creditori idonei ad assicurare la continuità aziendale per un periodo non inferiore a due anni; convenzione in moratoria di cui all’art. 62; conclusione di un accordo con tutti i creditori che produce gli effetti di cui agli articoli 166, comma 3, lettera d), e 324; predisposizione di accordi di ristrutturazione dei debiti ai sensi degli articoli 57, 60 e 61) non sono praticabili.
Il successivo vaglio sulla ritualità della proposta, previsto dall’art. 25 sexies co. 3 CCII deve poi estendersi non solo alla formale sussistenza delle attestazioni nella relazione dell’esperto, ma anche all’attendibilità e ragionevolezza di tali attestazioni, con la conseguenza che nel caso in cui queste ultime risultino del tutto prive di motivazione, ovvero siano corredate da motivazioni che non trovino riscontro nella documentazione agli atti, la proposta dovrà considerarsi “irrituale” (cfr. Tribunale Monza 17.4.2023).
Secondo la soluzione interpretativa cui il Tribunale ritiene di aderire, perché ricorra la precondizione che rende ammissibile la proposta di concordato semplificato, non è sufficiente che il debitore abbia volontariamente fatto ricorso alla composizione negoziata, ma piuttosto – anche in ragione dei principi generali dettati dall’art. 4 CCII , a proposito dei doveri delle parti – che le trattative si siano svolte e che, nonostante l’impegno profuso correttamente dall’imprenditore, in ossequio ai dettami di cui all’art. 4 citato, non sia stato possibile raggiungere la soluzione negoziata.
Invero la partecipazione dei creditori alle trattative condotte secondo correttezza e buona fede sostituisce il diritto di voto sulla proposta concordataria, sicché è necessario che vi sia stata una completa interlocuzione con i creditori interessati al piano di risanamento e che gli stessi abbiano ricevuto complete e aggiornate informazioni in merito alla situazione patrimoniale, economica e finanziaria del debitore ricorrente, sulle misure per il risanamento proposte e, di conseguenza. abbiano potuto esprimersi su esse.
D’altra parte occorre che i creditori abbiano assolto nel contesto una leale collaborazione con il debitore e con l’esperto, sicché l’eventuale violazione dei relativi doveri ex art. 4 cit. e, in special modo, la sottrazione ad ogni forma di trattativa in vista della tutela esclusiva delle proprie ragioni, dovrà essere valutata dal tribunale onde evitare un’ingiusta preclusione all’imprenditore all’accesso al concordato semplificato.
Ai fini dell’accesso alla procedura deve emergere, dunque, che il debitore (come i creditori) abbia condotto le trattative secondo buona fede e correttezza e che non siano risultate praticabili le soluzioni individuate ai sensi dell’art. 23, commi 1 e 2, lett. b).
Per vero tale è il contenuto dell’art. 25 sexies, che appare in parte diverso da quello dell’art. 23 CCII, ove l’accesso al concordato semplificato risulta esclusivamente subordinato alla mancata individuazione di una delle soluzioni al superamento della crisi declinate in via alternativa al primo comma di tale disposizione.
Il differente testo delle due norme ha fatto sostenere che il concordato semplificato nell’un caso – quello dell’art. 23, co. 2 lett. c) – costituirebbe uno strumento indotto semplicemente dal mancato raggiungimento di una soluzione condivisa tra imprenditore e creditore, per così dire dovuto a ragioni di tipo soggettivo.
Nell’altro caso, quello dell’art. 25 sexies, viceversa esso sarebbe subordinato alla circostanza di un’ impraticabilità oggettiva delle soluzioni di cui all’art. 23, co. 1 e co. 2 lett. b), nonostante la buona fede e correttezza profusa dal debitore.
Ad avviso del Tribunale tale conclusione appare non solo sicuramente suggestiva ma, a ben vedere, anche consentita dalle differenze testuali rimarcate.
In altre parole, se il riferimento all’esito non positivo della composizione negoziata nonostante la buona fede e la correttezza predicate – contenuto nell’incipit dell’art. 25 sexies primo comma – fa ritenere ricorrere lo stesso presupposto di cui all’art. 23, co. 2, CCII, delle soluzioni non individuate, nondimeno lo stesso art. 25 sexies fa riferimento ad una diversa precondizione di accesso: soluzioni individuate e tuttavia non praticabili.
Quale precipitato del superiore ragionamento, è che si sia in presenza di due diverse ipotesi potenziali di accesso al concordato semplificato: nella prima, ex art. 23, co. 2, lett. c), spetterà all’esperto riferire che le trattative si sono svolte secondo buona fede e correttezza e che tuttavia non è stata individuata dalle parti alcune delle soluzioni dell’art. 23, co. 1 e co. 2 lett. b); nella seconda, che la soluzione individuata all’esito di tali trattative non si sia rivelata attuabile per ragioni indipendenti dalla volontà delle parti.
Ciò posto, la buona fede e la correttezza che paiono rilevanti in specie vanno riferite al debitore.
Più precisamente non può farsi dipendere – in senso ostativo – l’accesso allo strumento di regolazione, che ha il suo antecedente logico necessario nella composizione negoziata, da un condotta di uno o più creditori che abbiano volontariamente impedito l’esito positivo delle trattative, quando il debitore abbia viceversa tenuto una condotta improntata ai canoni indicati dall’art. 4 CCII.
Ne deriva che ricorrerà la precondizione dell’accesso al concordato semplificato, nelle due declinazioni indicate nell’art. 23, co. 2, lett. c) e nell’art. 25 sexies co. 1 , primo e secondo periodo, sia nel caso in cui non sia stata individuata la soluzione nonostante lo sforzo corretto ed in buona fede dell’imprenditore, sia quando la soluzione individuata con uno o più creditori – si sia rivelata poi oggettivamente inattuabile.
Di converso, ove vi sia stato un comportamento dell’imprenditore non coerente con il dovere di buona fede, ne potrà conseguire: a) la mancata concreta individuazione delle soluzioni di cui all’art. 23, co. 1, CCII; b) l’impossibilità di accesso al concordato semplificato.
Ecco, allora, le sanzioni all’abusivo comportamento del debitore, non in punto d’inammissibilità – non prevista – della composizione negoziata.
Quanto al rilievo dell’abuso dell’imprenditore paventato nella lettura dell’art. 25 quinquies rispetto al procedimento ex art. 19 CCII, nonostante la differenza strutturale con i provvedimenti cautelari del codice di rito, il richiamo alla relativa disciplina processuale determina che la conferma delle misure protettive richieste dalla ricorrente possa avvenire solo previo accertamento della possibilità di (omissis) di perseguire, secondo un criterio di ragionevolezza, il proprio risanamento e ciò: (i) sia sotto il profilo del fumus boni iuris, verificando la sussistenza di condizioni oggettive che consentano di perseguire il predetto obiettivo; (ii) sia sotto il profilo del periculum in mora, accertando il rischio che la mancata concessione delle misure potrebbe comportare rispetto al fine del ripristino della continuità aziendale.
Al fine di esaminare i due profili, occorre dunque sottoporre a scrutinio l’esito del test pratico, sulla ragionevole perseguibilità del risanamento, il piano di risanamento presentato dalla ricorrente, l’analisi della coerenza del piano di risanamento effettuata dall’esperto attraverso la check-list, le disponibilità finanziarie e l’adempimento degli obblighi a carico della società ricorrente, nonché le conseguenze della mancata conferma dell’applicazione delle misure protettive.
Con riferimento agli aspetti qui elencati, dalla documentazione prodotta è emerso che la società, allo stato, non dispone di una riserva di liquidità, ma ha asset ammortizzabili suscettibili di autonoma valutazione, costituiti da due immobili in dismissione messi al servizio del piano ed il cui valore ammonta ad Euro2.230.000,00 e da mobili, crediti e rimanenze di magazzino per complessivi Euro 788.375,19.
Il piano di risanamento prevede innanzitutto che la società ricorrente possa mettere a disposizione dei creditori la somma di Euro 550.000,00 ricavata della vendita a stock del magazzino da realizzarsi nell’arco temporale di 2 anni. Contestualmente si prevede:
– la riduzione dei costi fissi relativi al personale che è passato da 9 a 4 unità;
– la diversificazione dei prodotti merceologici offerti, abbandonando la linea “prodotti di cartoleria” a favore della nuova linea dei prodotti per la “igiene e benessere per la casa”, con benefici sulla gestione delle giacenze di magazzino e utilizzando procedure informatiche avanzate;
– la progressiva riduzione dei costi per la gestione dei beni immobili in cessione che saranno sostituiti da fitti passivi per immobili di dimensioni più contenute e funzionali alla gestione della vendita della linea dei nuovi prodotti.
Il rendiconto finanziario presentato dalla società evidenzia un flusso di cassa che appare idoneo a garantire il pagamento degli impegni assunti.
Va rilevato altresì che il test pratico sulla ragionevole perseguibilità del risanamento ha ottenuto un risultato positivo, evidenziando come i flussi al servizio del debito generati dalla gestione sono sufficienti a consentirne la sostenibilità.
Nello specifico, a proposito dei predetti flussi, la ricorrente ha rappresentato, tramite deposito del piano di risanamento, di avere avviato la dismissione del magazzino, che prudenzialmente è stata collocata su un arco temporale di due anni, sarà realizzata attraverso la vendita, anche sottocosto, di tutti i prodotti di lenta rotazione e fortemente legati a trend e mode di periodo.
La ricorrente ha altresì esposto che:
– La politica che la società sta già ponendo in essere, consentirà, in un arco temporale di massimo di 12/18 mesi, di ridurre gli spazi di magazzino, con la possibilità di risolvere il contratto di locazione del capannone adiacente, che ha un costo fisso di Euro 4.000 mensili.
– La società da fine 2023 e inizio 2024, al fine anche di facilitare la dismissione del magazzino a prezzi di maggior vantaggio e anticipare il ristoro per i creditori, si è attivata con l’apertura di una unità locale sita in (omissis) alla Via (omissis) (novembre 2023) destinata alla vendita al dettaglio, e si sta attivando in (omissis) al Viale (omissis) con l’apertura di un’ulteriore unità locale sempre destinata alla vendita al dettaglio.
– Il nuovo processo di commercializzazione relativo alla vendita di prodotti per la casa e per l’igiene, anche presso la sede operativa/legale, consentirà altresì una maggiore attrazione sul mercato.
– Saranno riviste le politiche aziendali sulle dilazioni di pagamento e la società ha determinato di non concedere dilazioni ai clienti superiori in media ai 45 giorni, previa un’idonea valutazione del rischio. In ogni caso, la dilazione concessa al cliente dovrà risultare inferiore alla corrispondente dilazione ottenuta dal fornitore della merce per minimizzare il rischio finanziario.
– La società sta lavorando al progetto di digitalizzazione considerato che in un mercato improntato agli acquisti on line diventa indispensabile avere l’accesso diretto al mercato: attualmente, è in uso un sistema di ordini digitali il cui ulteriore sviluppo con l’ausilio di una piattaforma potrà favorire le vendite.
– Peraltro, la capacità della (omissis) di poter gestire in proprio anche parte della distribuzione potrà rappresentare un plus da sfruttare nella competizione commerciale.
– Da inizio anno 2024, si è già proceduto in maniera netta alla riduzione drastica dei costi fissi. Gli effetti positivi sono tangibili da subito e saranno ancora più evidenti all’esito dello smaltimento del magazzino, che consentirà il rilascio del deposito condotto in locazione.
– Il risparmio sui costi sta generando effetti positivi negli equilibri economici finanziari e questo crea le condizioni necessarie per garantire gli acquisti della merce destinata alle vendite, con immediato aumento del fatturato.
Nel dettaglio, dunque, la ricorrente ha illustrato i seguenti flussi previsionali di incasso, con un arco temporale di riferimento pari ai prossimi sessanta mesi:
(omissis)
La società, pertanto, prevede di superare la crisi utilizzando nel corso di 5 anni le risorse derivanti dalla liquidazione di beni dismessi per Euro 3.048.375,19 e dalle risorse derivanti dalla continuità aziendale per Euro 479.157,68.
La tempistica dei pagamenti spalmati nei 5 anni è stata ipotizzata nel rispetto delle cause di prelazione ad eccezione dei debiti tributari e previdenziali per i quali si prevede solo una dilazione dei pagamenti nel corso dei 5 anni.
Appare dunque condivisibile il parere dell’esperto in relazione ai flussi finanziari ragionevolmente previsti per i prossimi sei mesi, quale contrappeso alla mancanza di liquidità immediata, i quali scaturiscono da un adeguato portafoglio derivante da crediti e dismissione dei beni aziendali- come illustrato nella tabella che precede – il quale è in grado di generare un flusso netto che permette di affrontare la posizione debitoria il cui ammontare, allo stato, risulta pari a 3.527.532,87 euro.
Alla luce di quanto illustrato, non può non darsi conto del parere positivo e alle conclusioni formulate dall’esperto, il quale ha infine ritenuto “Alla luce di tutte le considerazioni fin qui svolte il sottoscritto ritiene che
– La copertura del fabbisogno finanziario derivante in parte dalla cessione dei beni dismessi ed in parte dai proventi derivanti dalla gestione in continuità dell’azienda sia attendibile in funzione dei valori espressi in misura prudenziale ed in un arco temporale (5 anni) che appare adeguatamente valutato;
– Le misure protettive non produrranno effetti negativi sugli approvvigionamenti in quanto il piano prevede il pagamento integrale di tutti i crediti vantati dai fornitori strategici.
– Le misure protettive sulle esposizioni bancarie avranno sicuramente un impatto negativo con conseguenze sulla nuova concessione di crediti a cui, comunque, la società ritiene di non dover ricorrere utilizzando esclusivamente i proventi derivanti dalle dismissioni e dalla gestione in continuità.
– Il piano sia coerente con la check-list, in conformità ai paragrafi 2-4-6 del “Documento Allegato del Ministero della Giustizia Ufficio Legislativo al decreto dirigenziale direttore generale degli affari interni 28 settembre 202, in riferimento alla Composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa, previsto dal D.L. 24 agosto 2021, n. 118.”
Parere che appare logicamente e congruamente motivato sulla base degli elementi e dei documenti ostesi dalla ricorrente, da essere assolutamente condivisibile.
D’altra parte, sotto il profilo del periculum in mora, la mancata concessione di alcune delle misure protettive richieste, esporrebbe le somme destinate alla continuità aziendale ai pignoramenti già in corso e alle future azioni esecutive, precludendo la ragionevole possibilità di un risanamento, con un rischio concreto per il ripristino della continuità aziendale.
Più segnatamente, alla luce di quanto fin qui emerso, è possibile concludere che le misure protettive di cui la ricorrente ha chiesto la conferma risultino strumentali e necessarie al buon esito delle trattative con i creditori e del risanamento, tenuto conto che le iniziative individuali dei creditori verosimilmente precluderebbero l’attuazione del piano di risanamento ipotizzato e impedirebbero ad H.G., nello specifico, di disporre delle liquidità necessarie agli acquisti presso i fornitori ed al pagamento dei costi a sua volta strumentali alla continuità operativa.
Né può ritenersi ostativa alla decisione il comportamento tenuto dalla ricorrente con la rinunzia al cp e l’accesso alla composizione negoziata prima del decorso del termine di cui all’art. 25 quinquies.
La parte ha dedotto come la rinuncia al ricorso per concordato preventivo ex art. 40 CCII, di sia “resa necessaria per esigenze tutt’altro che abusive, ma anzi protettive rispetto ai diritti della massa dei creditori”.
La circostanza appare documentata adeguatamente.
In particolare, nel corso del pregresso procedimento – poi rinunziato – risulta il subentro del difensore attuale della (omissis) e di altro advisor finanziario.
Risulta parimenti documentato che nel piano concordatario presentato nella primaria sede mancava un importante posta debitoria della società, segnatamente i debiti nei confronti dei due soci receduti, (omissis) e (omissis), per la complessiva cifra di Euro 3.526.150,00 quali indicati nell’elenco creditori prodotto sub 10 (cfr. visura (omissis) depositata sub doc. 5, dalla quale emergono i due recessi avvenuti in data 15.03.2021 e 14.03.2022)
Ebbene, tale omissione ragionevolmente avrebbe impedito alla (omissis) di procedere ad una modifica del piano di concordato, nel breve lasso di tempo rimasto nella procedura concordataria: (il ricorso era stato proposto in data 03.05.2023, e, dopo vari decreti tra cui quello di concessione delle misure protettive, vi era già stato un articolato provvedimento del Tribunale in data 22.11.2023 (doc. E), cui era seguito il deposito di una nota di chiarimenti (doc. F), e quindi si era addivenuti all’udienza del 24.01.2024 con concessione di ulteriori, ma ultimativi, 30 giorni da parte del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (doc. G)).
Da qui la scelta della rinunzia al concordato e, comunque, la predisposizione di un piano che, come rassegnato in premessa con gli schemi prodotti dalla ricorrente, appare anche più satisfattivo per i creditori.
Ne deriva che, al netto di quanto stia avvenendo e avverrà in sede di trattative e di eventuale individuazione delle soluzioni ex art. 23 CCII, non pare al giudicante che alla violazione del termine di cui all’art.25 quinquies sia stata sottesa una violazione dei canoni di buona fede e correttezza dell’imprenditore, da preconizzare un affidamento irragionevole nella sua condotta.
Ciò posto, nella comparazione degli interessi, appare pure evidente che la durata a tempo delle misure e la stessa entità dei crediti per cui taluni degli aventi diritto hanno già attivato rispettive procedure esecutive, non siano elementi che palesino un sacrificio sproporzionato a danno delle istanze dei creditori esecutanti.
L’odierno giudicante ritiene pertanto di dover confermare parzialmente le misure protettive del patrimonio richieste.
Segnatamente, nei confronti di tutti i creditori: 1) il divieto di promozione e/o prosecuzione delle azioni esecutive e cautelari sul patrimonio dell’imprenditore o sui beni e sui diritti con i quali viene esercitata l’attività d’impresa; 2) il divieto d’acquisizione diritti di prelazione non concordati con l’imprenditore (e salvo, sempre, il dissenso dell’Esperto ai sensi dell’art. 21 CCI); 3) il divieto di unilateralmente rifiutare l’adempimento dei contratti pendenti, provocarne la risoluzione, anticiparne la scadenza ovvero modificarli in danno dell’imprenditore per il solo fatto del mancato pagamento di crediti anteriori rispetto alla pubblicazione dell’istanza.
Quanto al resto, la richiesta non può trovare accoglimento: (i) giacché lo stesso art. 18, ai commi 4 e 5, prevede l’inibitoria alla pronunzia di sentenza di liquidazione giudiziale ; (ii) giacché la proposizione di ricorsi per ingiunzione di pagamento e la intimazione di pagamento di somme non appaiono di intralcio alle trattative.
Quanto alla durata delle misure protettive richieste, tenuto conto delle trattative che dovranno essere avviate e dell’assenza di pregiudizi particolari o sproporzionati per gli interessi dei creditori essa viene stabilita nella misura massima di centoquaranta giorni dalla pubblicazione delle stesse nel registro delle imprese.
Con riferimento alle spese, si ritiene che esse debbano essere compensate fra le parti, tenuto conto della novità della procedura in esame.
P.Q.M.
In accoglimento del ricorso depositato da (omissis) S.N.C. dei F.lli (omissis) (omissis) e (omissis)., in persona del legale rappresentante pro tempore
– conferma le seguenti misure protettive del patrimonio nei confronti di tutti i creditori: 1) il divieto di promozione e/o prosecuzione delle azioni esecutive e cautelari sul patrimonio dell’imprenditore o sui beni e sui diritti con i quali viene esercitata l’attività d’impresa; 2) il divieto d’acquisizione diritti di prelazione non concordati con l’imprenditore (e salvo, sempre, il dissenso dell’Esperto ai sensi dell’art. 21 CCI); 3) il divieto di unilateralmente rifiutare l’adempimento dei contratti pendenti, provocarne la risoluzione, anticiparne la scadenza ovvero modificarli in danno dell’imprenditore per il solo fatto del mancato pagamento di crediti anteriori rispetto alla pubblicazione dell’istanza. Con decorrenza dal giorno della pubblicazione dell’istanza nel registro delle imprese e per i successivi 140 giorni;
– avverte che ai sensi dell’art. 18 CCII sono esclusi dalle misure protettive i diritti di credito dei lavoratori;
manda all’esperto dott. (omissis) affinché segnali tempestivamente a questo Giudice ogni fatto sopravvenuto o successivamente accertato che dovesse intervenire e di natura tale da giustificare la revoca della misura e/o l’abbreviazione della sua durata;
compensa tra le parti le spese di lite;
manda alla Cancelleria per la comunicazione della presente ordinanza dalle parti, all’esperto e al Registro delle Imprese, entro il giorno successivo al deposito.
Così deciso in Santa Maria Capua Vetere, il 31 luglio 2024.
Depositata in Cancelleria il 31 luglio 2024.
