Massima

Il giudice di pace incorre in errore dichiarando la propria incompetenza per valore in una controversia di risarcimento danni da ritardo aereo di importo inferiore alla soglia prevista dall’art. 7 c.p.c. per i beni mobili. In sede di appello avverso tale erronea declinatoria, il tribunale, dichiarata la nullità della sentenza di primo grado, deve decidere il merito, applicando il Reg. CE n. 261/2004 che prevede una compensazione pecuniaria standardizzata per ritardi superiori a tre ore, salvo prova di circostanze eccezionali adeguatamente dimostrate, distinguendosi tale compensazione dal risarcimento del danno individuale ai sensi della Convenzione di Montreal, che richiede la dimostrazione di un pregiudizio significativo.

Supporto alla lettura

DIRITTO ALLA COMPENSAZIONE PECUNIARIA

Il Regolamento CE n. 261/2004 e la Convenzione di Montreal del 28.05.1999 –resa esecutiva in Italia con legge n. 12 del 10.01.2004– sono le normative di riferimento per la protezione dei diritti dei passeggeri nel trasporto aereo.

Il Regolamento CE n. 261/04 è valido solamente se:

  • il volo avviene all’interno dell’Unione Europea sia che il vettore aereo sia europeo o extra UE
  • l’arrivo del volo è un aeroporto sito nel territorio dell’UE con provenienza da un paese extra UE ma solo se la tratta è gestita da una compagnia aerea dell’Unione Europea
  • il volo parte dal territorio UE con destinazione un paese extra UE ed è gestito da un vettore aereo dell’UE o extra UE.

Non si applica, nel caso di vettore aereo non comunitario per il ritardo conseguito in un volo intercontinentale: in questo caso, si deve far riferimento alla Convenzione di Montreal, alla legislazione locale ed alle norme che regolano il contratto di trasporto, e a partire dal 2021 – dopo l’uscita del Regno Unito dall’UE – anche in caso di ritardo, negato imbarco o cancellazione dei voli dal Regno Unito verso l’UE se il volo è stato effettuato da una compagnia aerea del Regno Unito o da un altro vettore extra UE.

Per compensazione pecuniaria si intende l’indennizzo che la compagnia aerea deve pagare al passeggero nel caso di ritardo prolungato del volo (almeno 3 ore rispetto all’originario itinerario di viaggio) e viene corrisposta senza bisogno di una prova specifica del danno. Quindi, per aver diritto al risarcimento il passeggero deve solo provarela conclusione del contratto di trasporto, cioè di aver comprato il biglietto ed il ritardo prolungato del volo.

Il passeggero ha diritto ad un risarcimento supplementare, laddove dimostri di aver subito un pregiudizio ulteriore a causa del ritardo areo. Il danno supplementare è inteso sia come danno patrimoniale, (danno emergente e lucro cessante), sia come danno non patrimoniale, (danno all’integrità psico-fisica, danno morale e danno esistenziale). Ed inoltre, ha diritto a ricevere assistenza da parte del vettore aereo che è obbligato a fornire cibi e bevande in relazione alla durata dell’attesa, il pernottamento in albergo con relativo trasporto navetta da/per l’aeroporto.

Il diritto alla compensazione pecuniaria opera in via automatica a meno che:

  • la Compagnia aerea, non dimostri che il ritardo è dovuto a circostanze eccezionali quali il caso fortuito o la forza maggiore. In altri termini, il vettore aereo deve provare che le condizioni che hanno dato origine al ritardo non si sarebbero potute evitare anche se fossero state adottate tutte le misure necessarie (es. se il volo ritarda a causa di condizioni meteo avverse).
  • in caso di cancellazione del volo il passeggero sia avvisato con un preavviso di almeno due settimane o, in caso di un periodo temporale inferiore prima della data di partenza, che gli venga offerto un volo alternativo con caratteristiche simili a quello originario.

Ambito oggettivo di applicazione

(omissis)

FATTO E DIRITTO

Con atto di citazione ritualmente notificato, (omissis) citava dinanzi, il Giudice di Pace di Roma, la Compagnia aerea (omissis) denunciando la cancellazione del volo Milano – (omissis) TU757 in data 16 giugno 2014 ed il conseguente ritardo di otre 5 ore sull’orario di arrivo a destinazione, senza che venisse fornita al passeggero alcuna informazione.

Si costituiva in giudizio la (omissis) che sollevava eccezione di incompetenza funzionale del Giudice di pace in favore Tribunale di Roma, affermando che la Convenzione di Varsavia, nella propria traduzione italiana del termine Tribunel o Court, avrebbe demandato la materia del trasporto aereo alla competenza del Tribunale italiano.

Nel merito, la convenuta in primo grado, non contestava l’accaduto, confermando la circostanza che il volo in contestazione era giunto a destinazione a (omissis) con un ritardo di 4 ore e 22 minuti; tuttavia, ad esonero di ogni responsabilità della Compagnia aerea, deduceva che il ritardo era dipeso dal verificarsi di una collisione dell’aeromobile con uccelli in volo (c.d. bird strike), circostanza eccezionale imprevedibile e ad essa non imputabile. A dimostrazione di quanto dedotto, produceva in atti una comunicazione telex datata 19.09.2014
fatta pervenire alla sede italiana della Compagnia aerea dal responsabile delle operazioni di volo presso l’aeroporto di (omissis).

Con sentenza n. 11491/2018 del 05.04.2018, il Giudice di Pace pur affermando in
motivazione che “nelle Convenzioni internazionali sia compiuto un riferimento generico al “tribunale” quale autorità giudiziaria, non rilevando in quella sede le eventuali articolazioni interne ad ogni singolo Stato” e che in ordine al riparto interno della competenza tra organi giurisdizionali “occorre fare riferimento alle norme del codice di procedura civile e in particolare agli artt. 7 e 9, disciplinanti rispettivamente la competenza del giudice di pace e del tribunale”, dichiarava la propria incompetenza a favore del Tribunale di Roma assumendo che la domanda di risarcimento dei danni proposta dall’attore non rientrasse tra le materie di competenza del Giudice di Pace ai sensi dell’art. 7 c.p.c., rientrando invece tra quelle di competenza del Tribunale ai sensi dell’art. 9 c.p.c. secondo il quale “il tribunale è competente per tutte le cause che non sono di competenza di altro giudice”.

Con atto di citazione notificato a mezzo PEC in data 01.11.2018, (omissis) ha interposto appello chiedendo l’integrale riforma della sentenza n. 11491/2018 del 05.04.2018 in punto di dichiarazione di incompetenza e l’accoglimento delle richieste avanzate con l’originario atto di citazione alle cui motivazioni e argomentazioni si è integralmente richiamato.

Nonostante la tempestività e la ritualità della notificazione dell’atto di citazione in appello, la (omissis) non si è costituita nel presente grado di giudizio ed è stata pertanto dichiarata contumace.

La causa è stata istruita documentalmente attraverso l’acquisizione del fascicolo di primo grado.

All’udienza a trattazione scritta dell’01.07.2020, sulle conclusioni trascritte in epigrafe, la causa è stata trattenuta in decisione, previa assegnazione all’appellante costituito dei termini per il deposito della comparsa conclusionale.

****

In primo luogo, va considerato che l’art. 46 c.p.c. esclude nei giudizi dinanzi al giudice di pace l’applicazione del regolamento di competenza – sia quello necessario sia quello facoltativo –ai sensi, rispettivamente, degli art. 42 e 43 c.p.c.

Pertanto, le pronunce del giudice di pace che decidono solo sulla competenza sono impugnabili esclusivamente con l’appello e qualora la censura relativa alla declinatoria di competenza sia fondata, il tribunale, dichiarata la nullità della sentenza di primo grado, deve decidere sul merito quale giudice d’appello.

In tal senso si è espressa infatti la S.C. affermando il principio secondo il quale che “l’appello avverso la declinatoria di competenza da parte del giudice di pace in causa esorbitante dai limiti della sua giurisdizione equitativa, impugnazione necessaria, essendo interdetto il regolamento di competenza avverso le sentenze del giudice di pace ex art. 46 c.p.c., investe il tribunale, ove la censura sia infondata, dell’esame del merito quale giudice dell’appello, in conseguenza del normale effetto devolutivo; qualora, invece, la censura relativa alla declinatoria di competenza sia fondata, non ricorrendo alcuna delle ipotesi di rimessione al primo giudice, previste dagli artt. 353 e 354 c.p.c., il tribunale, previa declaratoria della nullità della sentenza di primo grado per erronea declinatoria della competenza, deve, in ragione dell’effetto devolutivo dell’appello, decidere sul merito quale giudice d’appello, così esercitando ritualmente e correttamente la propria “potestas decidendi”, e non rimettere le parti avanti al giudice di pace per la rinnovazione del giudizio in primo grado” (Cass., 17/12/2019, n. 33456; conf. Cass., 26/09/2018, n. 23062).

Nella fattispecie in esame, la pronuncia di primo grado declinatoria della competenza del giudice di pace è errata, sia pure per ragioni diverse da quelle dedotte dall’appellante.

Difatti, il Giudice di Pace, dopo aver correttamente affermato – conformemente al noto orientamento della S.C. (Cass. 17/10/2014, n. 22035; conf. Cass., ord., 26/05/2005, n. 11183) – che “nelle Convenzioni internazionali sia compiuto un riferimento generico al “tribunale” quale autorità giudiziaria, non rilevando in quella sede le eventuali articolazioni interne ad ogni singolo Stato”, ha ugualmente ritenuto che la domanda di risarcimento del danno da trasporto aereo internazionale, sia pure per il valore di € 1.000,00, non rientrasse né tra le
materie di competenza del giudice di pace ai sensi dell’art. 7, secondo comma, c.p.c. – il quale prevede la sua competenza per materia nei limiti di valore attualmente di euro 20.000,00 soltanto “per le cause di risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli e natanti” – , né nella sua competenza generale per valore ai sensi del primo comma dello stesso articolo, ma che rientrasse tra quelle residue di competenza del tribunale ai sensi del successivo art. 9 c.p.c.

Tale interpretazione delle disposizioni sulla competenza per valore e materia è tuttavia errata, così come precisato dalla S.C. in un caso analogo, laddove ha stabilito che è errato affermare che “le disposizioni del codice di procedura civile, secondo cui i giudici di pace sono competenti per tutte le cause aventi ad oggetto beni mobili con valore non superiore a L. 5.000.000 (attualmente 2.582,28 Euro) e per le cause aventi ad oggetto azioni di risarcimento danni prodotti dalla circolazione di veicoli e natanti con valore non superiore a L. 30.000.000 (attualmente 15.493,71 Euro), vanno lette nel senso di escludere totalmente la competenza dei giudici di pace per le cause aventi ad oggetto azioni risarcimento danni non provocati dalla circolazione di veicoli e natanti”. Sostiene infatti la S.C. che secondo corretta interpretazione di tali disposizioni “la competenza dei giudici di pace subisce in base all’articolo 7 del codice di procedura civile una limitazione radicale solo con riguardo ai beni immobili e non alle azioni di risarcimento del danno rispetto alle quali si applicano due diversi limiti di valore, quello generale Euro 2.582,28 e speciale 15.493,71 se i danni sono provocati dalla circolazione di veicoli e natanti. A tale pacifica interpretazione […] conduce in primo luogo il testo della norma che istituisce una competenza generale per le cause relative a beni mobili, e quindi anche per le cause di risarcimento del danno che comportano potenzialmente la condanna del danneggiante al pagamento di una somma denaro a titolo di risarcimento. In secondo luogo, per quanto riguarda la ratio sottostante a tale riparto di competenza, la norma ha voluto riprodurre uno storico limite funzionale alla competenza del conciliatore (quello relativo ai beni immobili) e fissare per le cause risarcitorie connesse alla circolazione di veicoli e natanti un limite di valore più elevato” (Cass., 19.12.2006, n. 27142; conf. 17.07.2003, 11110).

Pertanto, contrariamente a quanto affermato dalla sentenza impugnata, sebbene la domanda di risarcimento del danno da trasporto aereo internazionale non rientrasse (come erroneamente risarcimento del danno da trasporto aereo internazionale non rientrasse (come erroneamente sostenuto dall’appellante) tra le controversie citate dal secondo comma dell’art. 7 c. p.c. (“cause di risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli e natanti”) rispetto alle quali vale il superiore limite di valore euro 20.000,00, la stessa rientrava ugualmente nella competenza del giudice di pace ai sensi del primo comma del medesimo articolo, trattandosi di azione risarcimento del danno non provocato dalla circolazione di veicoli e natanti, per un valore non superiore ad euro 5.000,00.

Ne consegue allora che, essendo fondata la censura relativa alla declinatoria di competenza per per materia contenuta nella sentenza del Giudice di Pace appellata, va dichiarata nulla la sentenza impugnata e la controversia va decisa nel merito da questo Tribunale, quale giudice dell’appello.

La domanda è fondata nei limiti e per le ragioni appresso indicate.

L’azione di pagamento della compensazione pecuniaria prevista dal Reg. CE n. 261/2004 e di risarcimento del danno ai sensi della Convenzione di Montreal, si riferiscono al ritardo subito dall’odierno appellante il 16.06.2014 in occasione trasporto aereo operato dalla Compagnia aerea appellata sulla tratta Milano – (omissis) – volo TU757.

(omissis) non ha contestato l’accaduto, confermando anzi la circostanza che il volo in contestazione è giunto a destinazione a (omissis)  con un ritardo di 4 ore e 22 minuti.

Essa, tuttavia, ha invocato, quale causa di esonero della responsabilità ai sensi dell’art. 5, par. 3, del citato Reg. CE n. 261/2004, la circostanza eccezionale ed imprevedibile , ad essa non imputabile della collisione dell’aeromobile con  uccelli  in  volo (c.d. bird  strike), A dimostrazione di quanto eccepito, la (omissis) versava agli atti del primo grado una comunicazione telex datata 19.09.2014 fatta pervenire alla sede italiana della Compagnia aerea dal responsabile delle operazioni di volo presso l’aeroporto di (omissis).

In punto di diritto, va innanzitutto rilevato che nonostante (omissis) non sia una compagnia aerea comunitaria, al contratto di trasporto aereo internazionale per cui è causa trova applicazione il Regolamento CE n. 261/2004, atteso che, ai sensi dell’art. 3, par. 1, lett. a) del medesimo Regolamento, si è trattato di un volo in partenza da un aeroporto comunitario.

In base agli articoli 5, 6 e 7 del Regolamento, in caso di cancellazione del volo, ai passeggeri interessati spettano sia l’assistenza da parte del vettore operativo (con diritto del passeggero, a titolo gratuito, a pasti, bevande, uno o più pernottamenti, ove necessario – art. 9 -, ed al rimborso del prezzo pieno del biglietto ovvero, a scelta, all’imbarco su di un volo alternativo verso la destinazione finale in condizioni di trasporto comparabili – art. 8) sia la compensazione pecuniaria ai sensi dell’art. 7, salvo che vi sia stata congrua informativa, sino ad un’ora prima della partenza prevista, ovvero si dimostri che la “cancellazione del volo è dovuta a circostanze eccezionali che non si sarebbero comunque potute evitare anche se fossero state adottate tutte le misure del caso”.

Con la nota sentenza n. 402/07 del 19/11/2009, caso (omissis), la Corte di giustizia della Comunità Europee ha stabilito che “gli artt. 5, 6 e 7 del regolamento n. 261/2004 devono essere interpretati nel senso che i passeggeri di voli ritardati possono essere assimilati ai passeggeri di voli cancellati ai fini dell’applicazione del diritto alla compensazione pecuniaria e che essi possono pertanto reclamare il diritto alla compensazione pecuniaria previsto dall’art. 7 di tale regolamento quando, a causa di un volo ritardato, subiscono una perdita di tempo pari o superiore a tre ore, ossia quando giungono alla loro destinazione finale tre ore o più dopo l’orario di arrivo originariamente previsto dal vettore aereo. Tuttavia, un siffatto ritardo non implica il diritto alla compensazione pecuniaria per i passeggeri se il vettore aereo è in grado di dimostrare che il ritardo prolungato è dovuto a circostanze eccezionali che non si sarebbero comunque potute evitare anche se fossero state adottate tutte le misure del caso, ossia circostanze che sfuggono all’effettivo controllo del vettore aereo”.

Nel caso in esame, il vettore aereo, non può essere esonerato dal pagamento della compensazione pecuniaria per il ritardo all’arrivo del volo in questione, non avendo l’odierno appellato fornito la prova del fatto che il ritardo in contestazione è dipeso da circostanze eccezionali che non avrebbe potuto in alcun modo evitare, anche se avesse adottato tutte le misure del caso.

Difatti, l’unico documento prodotto in primo grado (omissis) appare inidoneo a dimostrare tanto che si sia effettivamente verificata la dedotta circostanza eccezionale, quanto le reali conseguenze della stessa sulla sicurezza dell’aeromobile, limitandosi ad indicare del tutto genericamente, quale causa del ritardo, un episodio di bird strike.

Peraltro, il documento in questione neppure proveniente dall’Autorità aeroportuale o da altro soggetto qualificato e indipendente, ma è stato formato e provenie dalla stessa parte che, una volta sollevata l’eccezione di esonero dall’obbligo di pagamento della compensazione pecuniaria, aveva l’onere di dimostrare il verificarsi della circostanza eccezionale. Esso, pertanto, non può costituire prova a favore della stessa parte da cui proviene.

Accertato, dunque, che il ritardo del volo Milano – (omissis) operato il 16.06.2014 dalla (omissis) è stato superiore alle tre ore, all’appellante è dovuta la compensazione pecuniaria pari alla somma richiesta di euro 250,00 (per tratta inferiore ai 1500 km – art. 7, par. 1, del Regolamento) non essendo neppure applicabile la riduzione al 50%.

La domanda non è invece fondata con riferimento alla richiesta di risarcimento dei danni ulteriori da ritardo aereo, ai sensi della Convenzione di Montreal, nonché a causa della mancata informativa ed assistenza del passeggero durante l’attesa.

A tale riguardo, è pacifico che il riconoscimento della compensazione pecuniaria non esclude il diritto del passeggero al “risarcimento supplementare” (art.12 del Regolamento citato).

La stessa Corte di Giustizia (sentenza del 23/10/2012, nelle causa riunite C-581/10 e C-629- 10) ha chiarito il rapporto esistente tra il diritto alla compensazione pecuniaria, fondato sull’articolo 7 del Reg. n. 261/2004, e il diritto al risarcimento del danno da ritardo, previsto all’articolo 19 della Convenzione di Montreal, tenuto conto dell’esclusione – ai sensi dell’articolo 29, seconda frase, della medesima Convenzione – della riparazione a titolo non risarcitorio.

La Corte di Giustizia ha ritenuto infatti che non vi sia alcuna incompatibilità tra i due istituti, trattandosi di due forme di tutela complementari, ma tra loro diverse e compatibili.

L’articolo 19 della Convenzione di Montreal, infatti, implica che il danno derivi da un ritardo, che sussista un nesso di causalità tra il ritardo e il danno e che il danno sia individualizzato in ragione dei diversi tipi di pregiudizio subiti dai vari passeggeri.

Al contrario, la perdita di tempo compensata dal Regolamento comunitario non costituisce, di per sé, un danno derivante da ritardo, ma “costituisce un disagio al pari di altri disagi inerenti alle situazioni di negato imbarco, di cancellazione del volo e di ritardo prolungato che accompagnano tali situazioni, come l’assenza di comodità o il fatto di essere temporaneamente privati di mezzi di comunicazione normalmente disponibili”.

Un’altra differenza tra le due normative riguarda il fatto che la perdita di tempo è subita in modo identico da tutti i passeggeri di voli ritardati e, di conseguenza, è possibile porvi rimedio mediante una misura standardizzata, senza che sia necessario procedere ad una qualsivoglia valutazione della situazione individuale di ciascun passeggero coinvolto, cosicché siffatta misura può essere applicata immediatamente.

Inoltre, non sussiste necessariamente un nesso di causalità tra il ritardo effettivo, da un lato, e la perdita di tempo considerata come rilevante per stabilire la sussistenza del diritto alla compensazione pecuniaria ai sensi del Regolamento n. 261/2004 o per calcolare l’importo di quest’ultima, dall’altro. Infatti, il particolare obbligo di compensazione pecuniaria imposto dal Reg. n. 261/2004 non spetta per qualsiasi ritardo effettivo, ma solo per quello che comporta una perdita di tempo pari o superiore a tre ore rispetto all’orario di arrivo originariamente previsto.

Infine, la CGUE ha precisato che, date le differenze tra i presupposti e le condizioni previsti dalle due normative, l’obbligo di compensazione pecuniaria derivante dal regolamento n. 261/2004 è complementare all’articolo 29 della Convenzione di Montreal: da ciò deriva la facoltà, in capo ai passeggeri coinvolti, di instaurare comunque una causa diretta a ottenere il risarcimento del danno su base individuale alle condizioni di cui alla Convenzione di Montreal.

Ciò posto, in relazione alla domanda di risarcimento del danno non patrimoniale per il disagio subito a causa del ritardo aereo di circa 4 ore e mezza e della mancata informazione, vanno richiamate le note sentenze delle Sezioni Unite nn. 26972-5 dell’11.11.2008 in materia di risarcimento dei danni non patrimoniali.

Con tali pronunce la S.C. ha precisato che, ai fini della risarcibilità del danno non patrimoniale da inadempimento contrattuale, “il diritto deve essere inciso oltre una certa soglia minima, cagionando un pregiudizio serio. La lesione deve eccedere una certa soglia di offensività, rendendo il pregiudizio tanto serio da essere meritevole di tutela in un sistema che impone un grado minimo di tolleranza. Il filtro della gravità della lesione e della serietà del danno attua il bilanciamento tra il principio di solidarietà verso la vittima, e quello di tolleranza, con la conseguenza che il risarcimento del danno non patrimoniale è dovuto solo nel caso in cui sia superato il livello di tollerabilità ed il pregiudizio non sia futile. Pregiudizi connotati da futilità ogni persona inserita nel complesso contesto sociale li deve accettare in virtù del dovere della tolleranza che la convivenza impone (art. 2 Cost.)”.

In effetti, la richiesta di risarcimento di danni non patrimoniali per disagi e fastidi da qualificarsi minimi, tenuto conto della causa in concreto del contratto, contrasterebbe con i principi di correttezza e buona fede e di contemperamento dei contrapposti interessi contrattualmente pattuiti e costituirebbe un abuso, in danno del debitore, della tutela accordata al turista.

Tale orientamento è stato successivamente confermato da Cass. 11.5.2012, n. 7256, sia pure in tema di danno da vacanza rovinata, la quale ha stabilito che “il danno non patrimoniale da vacanza rovinata, secondo quanto espressamente previsto in attuazione della Direttiva n. 90/314/CEE, costituisce uno dei “casi previsti dalla legge” nei quali, ai sensi dell’art. 2059 cod. civ., il pregiudizio non patrimoniale è risarcibile. Tuttavia, non ogni disagio patito dal turista legittima la domanda di risarcimento di tale pregiudizio non patrimoniale, ma solo quelli che – alla stregua dei generali precetti di correttezza e buona fede – superino una soglia minima di tolleranza, da valutarsi caso per caso, con apprezzamento di fatto del giudice di merito”.

La stessa decisione si è pronunciata sul tema della prova del danno non patrimoniale da “vacanza rovinata”, inteso come disagio psico-fisico conseguente alla mancata realizzazione, in tutto o in parte, della vacanza programmata, stabilendo che la stessa “è validamente fornita dal viaggiatore mediante dimostrazione dell’inadempimento del contratto di pacchetto turistico, non potendo formare oggetto di prova diretta gli stati psichici dell’attore, desumibili, peraltro, dalla mancata realizzazione della “finalità turistica” e dalla concreta realizzazione della “finalità turistica” e dalla concreta regolamentazione contrattuale delle attività e dei servizi prestati, essenziali alla realizzazione dello scopo vacanziero”.

Alla stregua di quanto esposto, il Tribunale, valutati complessivamente tutti gli elementi emersi dall’istruttoria documentale svolta, ritiene che l’odierno appellante non abbia sufficientemente dimostrato l’ulteriore pregiudizio psichico ed esistenziale patito a causa dello stress, della stanchezza psicofisica accumulata e della perdita dell’occasione lavorativa in seguito al ritardo di circa quattro ore e mezzo del volo Milano – (omissis).

In considerazione di ciò, il disagio allegato dall’appellante non supera quella soglia della gravità della lesione e della serietà del pregiudizio, quale parametro fissato dalla giurisprudenza di legittimità ai fini della risarcibilità del danno non patrimoniale da inadempimento contrattuale; conseguentemente, essi non vanno risarciti dal contraente inadempiente.

In conclusione, previa dichiarazione di nullità della sentenza del Giudice di Pace di Roma n. 11491/18 che ha erroneamente dichiarato la propria incompetenza per materia in favore di quella del Tribunale, in parziale accoglimento della domanda, la (omissis) va condannata al pagamento, in favore di (omissis) , della somma di euro 250,00 a titolo di compensazione pecuniaria, oltre interessi legali dalla domanda al saldo. Atteso l’esito del giudizio e il parziale accoglimento della domanda, le spese del doppio grado vanno compensate tra le parti in misura di due terzi e poste a carico di (omissis) in ragione del residuo terzo, nella misura liquidata in dispositivo, secondo i parametri previsti dal D.M. n. 55/2014.

P.Q.M.

Il Tribunale di Roma, definitivamente pronunciando, disattesa o assorbita ogni altra domanda ed eccezione, così provvede:

1) dichiara la nullità della sentenza n. 11491/18 con la quale il Giudice di Pace di Roma ha dichiarato la propria incompetenza per materia a favore del Tribunale;

2) in parziale accoglimento della domanda, condanna (omissis) al pagamento, in favore di (omissis), della somma di euro 250,00 a titolo di compensazione pecuniaria, oltre interessi legali dalla domanda al saldo;

3) compensa in misura di due terzi le spese del doppio grado di giudizio e condanna (omissis) al pagamento del residuo terzo in favore di (omissis), che liquida in euro 400,00 per il primo grado e in euro 450,00 per il secondo, oltre al rimborso forfettario delle spese generali, IVA e CPA.

Così deciso in Roma il 5 ottobre 2020

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