• Home
  • >
  • Tribunale di Roma sez. XIV, 24/04/2023, n. 271

Tribunale di Roma sez. XIV, 24/04/2023, n. 271

Massima

Un piano di risanamento decennale, proposto in un mercato volatile e incerto come quello dell’energia, e senza l’adesione del creditore erariale, non può essere omologato, specialmente se mancano giustificazioni specifiche e attendibili per tale durata.

Supporto alla lettura

CRISI D’IMPRESA

Lo stato di crisi di un’impresa viene definito in relazione allo stato di insolvenza come una situazione connotata da minore gravità e riguarda tutte quelle situazioni degenerative economico-finanziarie dell’impresa potenzialmente idonee a sfociare nell’insolvenza medesima. In ottica aziendalistica, la crisi si identifica come il venir meno delle condizioni di equilibrio economico e finanziario dell’impresa capaci di compromettere la prospettiva di continuità aziendale.

La nozione di crisi d’impresa sotto il profilo giuridico costituisce il presupposto per l’attivazione degli strumenti di composizione negoziale volti a scongiurare il fallimento.

L’evoluzione normativa intervenuta negli ultimi anni ha cambiato gradualmente l’approccio verso il concetto di crisi d’impresa. Con le ultime riforme, infatti, sono stati introdotti nel nostro ordinamento strumenti prevalentemente negoziali per consentire all’imprenditore di disporre di un buon numero di alternative per affrontare una situazione economica sfavorevole e tutelare maggiormente i creditori sociali.

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto
Con ricorso depositato il 30.11.2022, (omissis) S.r.l. società operante nel settore della commercializzazione delle energie premesso di versare – unitamente alle “consorelle” (omissis) S.p.A. e (omissis) S.r.l., costituite a seguito di propria scissione nell’ambito di un pregresso programma di riorganizzazione – in condizioni di crisi determinata, in particolare, dall’esposizione nei confronti dell’Erario ha presentato ricorso per omologa di un accordo di ristrutturazione dei debiti (con transazione fiscale) unitamente alle altre due società sopra citate (che hanno adito il Tribunale con separato ricorso) ai sensi degli artt. 57 e ss. del CCII), supportato da un piano di risanamento incentrato:

– sulla fusione, successivamente all’omologazione delle tre citate società;

– sulla proposta di transizione fiscale avanzata all’agenzia delle entrate.

Assume la ricorrente che i flussi derivanti dalla prosecuzione dell’attività d’impresa acquisiti a seguito di tale processo riorganizzativo avrebbero consentito il pagamento: con regolarità di tutti i debiti correnti; dei crediti facenti attivamente capo all’erario, per gli importi definiti nella richiesta di transazione fiscale; delle ulteriori poste debitorie vantate dai creditori estranei all’accordo ai sensi dell’articolo 57 CCII.

La proposta di transazione fiscale, in particolare, prevede l’impegno di (omissis) al pagamento in dieci anni della somma di euro 1.449.097,84 in quaranta rate mensili, pari al 22,4222% del credito, ed è correlata ad un piano parimenti di durata decennale.

L’agenzia delle entrate non ha aderito alla proposta di accordo: prima del deposito del ricorso era decorso il termine di 90 giorni previsto dall’articolo 63 comma 2, al fine di poter procedere all’eventuale crom down di cui al successivo comma 2 bis.

Su istanza della ricorrente, che prospettava come possibile l’adesione successiva dell’erario in ragion di trattative che dichiarava in corso tra le parti, il Tribunale soprassedeva ad una decisione immediata concedendo nelle more, le misure protettive richiesta, attualmente in essere a seguito di proroga accordata dal collegio.

L’adesione dell’erario non sopraggiungeva; è dunque ora necessario procedere alla decisione.

La ricorrente chiede che il Tribunale in ragione della predicata maggior convenienza per l’erario, in quanto proposto in questa sede rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale (nella quale il credito erariale, secondo quanto riportato nel piano e nella attestazione, non potrebbe essere soddisfatto in alcuna misura), omologhi gli accordi (nel caso di specie, più correttamente trattasi di proposta di accordo) avanzata all’erario ex art. 63 comma 2 bis del CCII.

Premessa la non necessità della fissazione di una apposita udienza per l’omologazione, prevista dall’articolo 48 del CCII come obbligatoria nel solo caso di proposizione di opposizioni, non ritiene il collegio che la domanda sia accoglibile, In ragione della eccessiva durata della rateazione e del piano che impedisce di poter utilmente scrutinare la fattibilità del plano.

In ordine alla durata di un piano di risanamento, sono state formalizzate le linee guida di seguito riportate:

– Il Consiglio nazionale dell’Ordine del Commercialisti, In data 26.5.22 ha rilasciato i “Principi per la redazione del piano di risanamento”; a proposito della durata del plano, al punto 4.1.4 si legge quanto segue: “Dovranno essere indicati I tempi necessari per l’esecuzione del Piano, tenendo presente che durate che eccedono un orizzonte temporale medio-lungo (generalmente da tre a cinque anni) si scontrano con problemi di prevedibilità analitica”;

– Il medesimo Consiglio nazionale dell’Ordine dei Commercialisti, In data 7.1.2021 ha rilasciato i Principi di attestazione dei piani di risanamento; sempre a proposito della durata del plani, al punto 6.5.11 ha espresso la seguente valutazione: “Le considerazioni svolte dalla dottrina e dalla prassi dei principi contabili sulla Inadeguata attendibilità delle previsioni di lungo periodo trovano eco anche nella prassi di diversi tribunali, che solo In rari casi considerano ragionevoli piani di durata superiore a 5 anni, anche per l’alea inevitabilmente correlata allo spostare le previsioni nel futuro. In generale anche dal punto di vista dell’attestatore un orizzonte temporale troppo lontano appare problematico, a meno che non vi siano elementi di certezza quali, ad esempio: contratti vincolanti di durata oltre 5 anni con primarie aziende come avviene nel settore degli Idrocarburi delle utilities o delle gestioni immobiliari o alberghiere. In ogni caso Il ricorso a piani aventi durata superiore a 5 anni deve essere puntualmente giustificato dal debitore con motivazione che l’attestatore deve ritenere adeguata, pronunciandosi espressamente sull’attendibilltà, nel termini di cui sopra, delle previsioni successive al quinto anno”.

Nel caso di specie si osserva che la ricorrente opera in un mercato nel quale la volatilità ed incertezza, a causa di una serie di fattori politici ed economici ben noti e dalla evoluzione oggettivamente Imprevedibile, è altissima.

La stessa ricorrente ne è consapevole e la riporta nella parte Introduttiva del plano di risanamento (da pag. 7 a pag. 11) nella quale elenca una serie di fattori all’origine della crisi, In parte legati a scelte strategiche rivelatesi non performanti, In parte alla pubblicità negativa di un provvedimento di revoca del codici abilitativi di (omissis) alla vendita di energia elettrica, attualmente all’attenzione del TAR, In parte alle contingenze politico-economiche che hanno comportato una pesante crisi del mercato energetico, con la già avvenuta espulsione di almeno 20 operatori e con la perdita per (omissis) dei principali fornitori di gas naturale, sostituiti con altro fornitore ma con marginalità nettamente inferiori.

In un contesto del genere avanzare previsioni di durata decennale circa costi, consumi, marginalità, evoluzione del mercato Interno e dinamiche competitive con altri operatori (dinamiche che vanno verso una razionalizzazione e riduzione del numero dei soggetti sul mercato a vantaggio del più grandi) è esercizio che:

– contraddice le linee guida di settore sopra riportate. Le linee guida più recenti in tema di confezione dei plani di risanamento escludono la ragionevolezza di plani ultra-quinquennali; quelle in tema di attestazione lasciano uno spazio per attestare plani più lunghi (nella specie, peraltro, non si tratta neppure di una plano di sei-sette anni, ma di dieci, quindi pari al doppio del limite di ragionevolezza riportato) in caso di presenza di elementi di certezza al quali ancorarsi, che nel caso di specie non ricorrono affatto;

– appare assai arduo e dagli esiti, per quanto di rilievo in questa sede, non connotati da adeguato grado di verosimiglianza.

Anche ipotizzando in astratto l’ammissibilità di piani ultra-quinquennali (esito che le linee guida più recenti, si ripete ancora, non permettono) va rilevato come Il plano e l’attestazione non contengano specifiche analisi, previsioni e valutazioni che giustifichino In modo analitico e logicamente attendibile le ragioni per le quali, al contrario, potrebbe avanzarsi una previsione di così ampio respiro con un sufficiente grado di verosimiglianza.

In un contesto nel quale, quindi, si chiede di imporre una proposta al creditore erariale, e non già di omologare un accordo che sia stato da quest’ultimo già condiviso nei contenuti (e, deve Intendersi, anche nei rischi) mediante l’adesione, Il Tribunale non può che negare l’omologazione richiesta.

Ai sensi dell’art. 55, comma 3, ultimo periodo del CCII, le misure protettive concesse dal Tribunale perdono efficacia dal momento della pubblicazione del presente provvedimento.

P.Q.M.

rigetta la domanda; dichiara che dalla data di pubblicazione del presente provvedimento le misure protettive concesse perdono efficacia.

Roma, 19-4-23

Depositato in Cancelleria, 24 aprile 2023

Allegati

    [pmb_print_buttons]

    Accedi