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Tribunale di Roma sez. I, 13/04/2017, n. 7530

Massima

La cittadinanza italiana, diritto imprescrittibile trasmesso per ius sanguinis e ius matrimonii, si afferma nel tempo superando, per volere costituzionale, le antiche limitazioni di genere nella sua trasmissione e riconoscimento.

Supporto alla lettura

CITTADINANZA

Il termine “cittadinanza” indica il rapporto tra un individuo e lo Stato, ed è in particolare uno status, denominato civitatis, al quale l’ordinamento giuridico ricollega la pienezza dei diritti civili e politici.  In Italia il moderno concetto di cittadinanza nasce al momento della costituzione dello Stato unitario ed è attualmente disciplinata dalla L. 91/1992.

La cittadinanza italiana si acquista iure sanguinis, cioè se si nasce o si è adottati da cittadini italiani.  Esiste una possibilità residuale di acquisto iure soli, se si nasce sul territorio italiano da genitori apolidi o se i genitori sono ignoti o non possono trasmettere la propria cittadinanza al figlio secondo la legge dello Stato di provenienza. Si può diventare cittadini italiani anche per matrimonio (iure matrimonii), la quale è riconosciuta dal prefetto della provincia di residenza del richiedente.

La cittadinanza può essere richiesta anche dagli stranieri che risiedono in Italia da almeno dieci anni e sono in possesso di determinati requisiti. In particolare il richiedente deve dimostrare di avere redditi sufficienti al sostentamento, di non avere precedenti penali, di non essere in possesso di motivi ostativi per la sicurezza della Repubblica.

La legge prevede alcuni casi in cui può venir meno lo status di cittadino italiano, si può riacquistare su domanda, e il D.L. 113/2018, convertito con L. 132/2018 ha introdotto all’art. 10 bis della L. 91/1992 l’istituto della revoca della cittadinanza nei casi espressamente previsti dall’art. 10 bis della citata L. 91/1992.

Diverso è parlare di “cittadinanza europea” che non è uno status che si acquisisce, infatti ogni cittadino di un Paese membro della Ue, oltre alla cittadinanza del paese di origine, gode della cittadinanza europea. Secondo la testuale dizione del trattato di Maastricht (TUE), è cittadino dell’Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro.

La cittadinanza dell’Unione europea comporta una serie di norme e diritti ben definiti, che si possono raggruppare in quattro categorie:

  • la libertà di circolazione e di soggiorno su tutto il territorio dell’Unione;
  • il diritto di votare e di essere eletto alle elezioni comunali e a quelle del Parlamento europeo nello Stato membro di residenza;
  • la tutela da parte delle autorità diplomatiche e consolari di qualsiasi Stato membro in un paese terzo nel quale lo Stato di cui la persona in causa ha la cittadinanza non è rappresentato;
  • il diritto di presentare petizioni al Parlamento europeo e ricorsi al mediatore europeo.

 

Il D. Lgs. 36/2025, conv. L. 74/2025, ha modificato la legge sulla cittadinanza italiana, soprattutto in merito allo ius sanguinis. Il fine è quello di limitare la trasmissione automatica della cittadinanza per discendenza, introducendo requisiti più stringenti e valutando il “vincolo effettivo e attuale con la comunità nazionale”. Le nuove disposizioni non si applicano a chi ha presentato domanda di riconoscimento della cittadinanza entro il 27 marzo 2025 (data di entrata in vigore del decreto); è prevista invece una finestra temporale, dal 1 luglio 2025 al 31 dicembre 2027, per il riacquisto della cittadinanza italiana da parte di cittadini che siano nati in Italia o che abbiano risieduto in Italia per almeno 2 anni, o che abbiano perso la cittadinanza prima del 16 agosto 1992.

Ambito oggettivo di applicazione

Ragioni di fatto e di diritto della decisione
Con atto di citazione ritualmente notificato alla controparte, gli attori (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), hanno convenuto il Ministero dell’Interno per chiedere all’intestato Tribunale che venisse accertata e dichiarata la cittadinanza italiana, in quanto discendenti di cittadini italiani, esponendo che gli ascendenti non hanno mai perduto la cittadinanza italiana ed hanno potuto trasmetterla validamente ai discendenti. Inoltre, l’attrice (omissis), ha chiesto che fosse accertato l’acquisto della cittadinanza per aver contratto matrimonio con (omissis).

Gli attori (omissis), (omissis), (omissis), (omissis) hanno esposto di essere discendenti diretti (omissis), nato nel Comune di Genova il (omissis), come 0risulta dallo atto di nascita rilasciato dall’Archivio storico dei Comune di Genova (doc. 2), trasferitosi successivamente in Colombia, dove dalla sua unione con (omissis) era nata in data (omissis) la figlia (omissis), (docc. 3, 4,5).

Dalla successiva unione di (omissis), in data 25 gennaio 887, con (omissis), nasceva in data (omissis) la figlia, (omissis), come risulta dall’atto di nascita debitamente autenticato, apostilleto (docc1. 6, 7 e 8). In data 24 luglio 1918, (omissis) aveva quindi contratto matrimonio con (omissis) (docc. 9 e 10). Dall’unione coniugale, in data 20 settembre 1930, nasceva la Figlia (omissis), come risulta dall’atto di nascita, debitamente autenticato, apostillato (doc. 11). Quest’ultima, in data 5 aprile 1953 contraeva matrimonio con (omissis), come risulta dall’ atto di matrimonio, debitamente autenticato, apostillato (docc. 12 e 13). Dal matrimonio ò nato il figlio, primo degli odierni attori, (omissis), in data -omissis, come risulta dall’ atto di nascita, debitamente autenticato, apostillato (doc. 14). In data 19 novembre 192 (omissis), ha quindi contratto matrimonio con (omissis) anch’essa odierna attrice, come risulta dall’atto di matrimonio debitamente autenticato, apostillato (docc.15 e 16). Dal matrimonio sono poi nati i figli ed anch’essi odierni attori: (omissis), in data -omissis- (doc.17); (omissis), in data (omissis) (doc,18). Dall’unione del primo dei suddetti figli, (omissis), con (omissis), è infine nata la figlia, minorenne ed anch’essa odierna attrice, (omissis), in data (omissis) (doc. 19). L’avo capostipite (omissis) era un cittadino italiano che non ha mai ricevuto la cittadinanza colombiana (doc.. 20) ne ha mia rinunciato alla cittadinanza italiana e cosi pure la figlia, (omissis), come risulta dalla dichiarazione dell’Ambasciata italiana a Bogotà in 23,11:2014 (doc. 21).

Pertanto, gli attori hanno chiesto che venga accertato e dichiarato che (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), sono cittadini italiani dalla nascita, in quanto discendenti da avi italiani che hanno validamente trasmesso loro la cittadinanza italiana.

L’attrice (omissis), ha chiesto che venga dichiarato e accertato di essere cittadina italiana per matrimonio.

Il Ministero si è costituito non opponendosi alla domanda formulata dagli attori ma chiedendo la compensazione delle spese di giudizio in considerazione dell’impossibilità per l’amministrazione di riconoscere in via amministrativa la sussistenza della cittadinanza derivante da discendenza materna.

Acquisita la documentazione depositata da parte attrice, tutta debitamente munita di A POSTILLE, la causa è stata rimessa al Collegio per la decisione all’udienza del 9 marzo 2016 con rinuncia ai termini di legge per il deposito della comparsa conclusionale, il Collegio ritiene che la domanda possa essere accolta, poiché la documentazione in atti dà la prova della sussistenza del diritto vantato dagli attori.

(omissis), (omissis), (omissis), (omissis) sono discendenti diretti di (omissis), cittadino italiano, nato (omissis) in Genova, e della di lui figlia (omissis) nata in Colombia l'(omissis).

La circostanza che l’avo fosse nato prima della costituzione de[ Regno d’Italia non ha impedito che Io stesso acquistasse la cittadinanza italiana anche se emigrato all’estero. Il riconoscimento della cittadinanza italiana era disciplinato prima della costituzione del Regno di Italia, dal codice civile del Regno di Sardegna del 1837 (cosiddetto Codice Albertino), e successivamente è stata disciplinata dal Codice Civile del Regno D’Italia del 25/06/1865, fino alla approvazione della legge n, 555 del 13 giugno 1912. Inoltre, per disciplinare il Fenomeno delle migrazioni erano state emanate le leggi del 31 gennaio 1901 n.23 e poi la legge 17 maggio 1906 n. 217.

L’art. 19 del Codice Albertino prevedeva: “Il figlio nato in paese straniero da padre godente tuttora nei Regni Stati dei diritti civili inerenti alla qualità di suddito è pure suddito, e ne gode tutti i diritti”. In applicazione di tale norma i figli dei cittadini del Regno di Sardegna (cosiddetti regnicoli) nati all’estero mantenevano la cittadinanza regnicola. Il codice Civile del 1865 prevedeva all’art. 4: “E’ cittadino il figlio di padre cittadino”. Il Regno d’Italia è subentrato in qualità di Stato successore al Regno di Sardegna, pertanto tutti i cittadini appartenenti al Regno di Sardegna che alla data del 17 marzo 1861 (Unità d’Italia), avevano la cittadinanza del Regno di Sardegna acquisivano automaticamente la cittadinanza italiana anche se emigrati, se, al momento in cui lo Stato preunitario di provenienza era entrato a far parte del Regno d’Italia, non avevano acquisito la cittadinanza straniera.

La riportata interpretazione delle norme si desume anche da atti adottati dal Ministero dell’Interno (“La Cittadinanza Italiana – La Normativa, Le Procedure, Le Circolari”) nei quali si legge che nel caso in cui “.. l’ascendente dante causa, sia emigrato dall’Italia antecedentemente alla costituzione dell’unità d’Italia, con passaporto di uno Stato preunitario. Tale circostanza può ritenersi non ostativa al riconoscimento della cittadinanza italiana. Infatti, il Codice Ovile del 1865, che regolava la materia della cittadinanza antecedentemente alla legge 13.6.1912, n. 555, non escludeva dal possesso della cittadinanza italiana i suggelli emigrati prima della costituzione del Regno D’Italia.

Nel caso di specie, l’avv. (omissis) era cittadino italiano (nato prima della nascita del Regno d’Italia ed emigrato in Colombia ma che, allorché il territorio di provenienza era entrato a far parte del Regno d’Italia, non aveva mai acquisito la cittadinanza colombiana né rinunciato a quella italiana) pertanto la figlia, (omissis), era anch’essa cittadina italiana essendo provato che anche questa ultima non ha mai rinunciato alla propria cittadinanza.

incostituzionalità, se non quando essa sia stata oggetto di un accertamento contenuto in una sentenza passata in giudicato.

Nella fattispecie in esame (omissis), alla luce delle previsioni contenute nel citato art. 1 L. 555/1912, da un lato, si vedeva riconoscere la titolarità dello status di “cittadina italiana” in quanto figlia di padre cittadino italiano, ma dall’altro, in base alla stessa norma che prevedeva esclusivamente l’acquisto della cittadinanza italiana di derivazione paterna, si vedeva negare il diritto di trasmettere iure sanguinis alla propria figlia, e conseguentemente ai propri discendenti, quello status civitatis a lei attribuito.

Peraltro, anche i successivi discendenti di (omissis) devono essere considerati cittadini italiani.

Quanto alla domanda proposta dai genitori per l’acquisto della cittadinanza in capo alla minore (omissis) la domanda deve essere accolta risultando la stessa figlia di cittadino italiano iure sanguinis.

Il Collegio ritiene che la domanda possa essere accolta, con riferimento agli attori (omissis), (omissis), (omissis), (omissis) poiché la documentazione allegata dà la prova della discendenza diretta iure sanguinis da ascendenti cittadini italiani e della conseguente sussistenza del diritto vantato.

(omissis) ha chiesto il riconoscimento della cittadinanza italiana in quanto in data 19 novembre 1952 ha contratto matrimonio con (omissis) (odierno attore), che per quanto sopra esposto deve essere considerato cittadino italiano iure sanguini. L’articolo 10 della legge 13 giugno 1912, n. 555, stabilendo testualmente che “La donna straniera che si marita ad un cittadino acquista la cittadinanza italiana. La conserva anche da vedova, salvoché, ritenendo o trasportando all’estero la sua residenza, riacquisti la cittadinanza di origine”, prevedeva che le donne straniere coniugate con cittadini italiani, prima del 21 aprile 1983, acquistassero la cittadinanza in modo automatico, per effetto del matrimonio.

I motivi della decisione e le condivisibili valutazioni espresse dal Ministero convenuto giustificano la compensazione integrale delle spese di lite.

P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, così decide:(omissis), ascendente diretta degli odierni attori, doveva essere considerata cittadina italiana alla stregua dell’allora vigente Legge n. 555 del 1912 sulla -Cittadinanza italiana” che sanciva la prevalenza del principio dello ius sanguinis.

L’acquisto della cittadinanza italiana, infatti avveniva esclusivamente per derivazione paterna al figlio del cittadino a prescindere dal luogo di nascita, cosi come espressamente previsto dall’art. 1 della citata legge “‘è cittadino per nascita: I/a il figlio di padre cittadino”. (omissis) aveva conservato la cittadinanza italiana anche a seguito del matrimonio con cittadino straniero, in considerazione della dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 10 terzo comma della L. n. 555/1912, pronunciata con sentenza della Consulta n. 87/1975, che ha statuito: “L’art. 10, terzo comma, della legge 13 giugno 1912 n. 555 – nella parie in cui prevede esclusivamente nei riguardi della donna che si mariti con uno straniero la cui cittadinanza le si comunichi a seguito del matrimonio, la perdita della cittadinanza italiana,- crea un’ingiustificata e non razionale disparità di trattamento fra i due coniugi; crea, inoltre un’ingiustificata disparità di trattamento fra le stesse donne italiane sposate a stranieri, facendo dipendere la perdita automatica o la conservazione della cittadinanza italiana dall’esistenza o meno di una norma straniera che preveda l’acquisto della cittadinanza del marito da parte della moglie: pone, infine, la donna in uno stato di evidente inferiorità, privandola automaticamente per il solo fatto di matrimonio, dei diritti di cittadina italiana, e nuoce all’unità familiare in quanto potrebbe indurre la donna a non compiere l’atto giuridico del matrimonio o a scioglierlo una volta compiuto. Detta disposizione è pertanto costituzionalmente illegittima, per violazione degli artt. 3 e 29 Cost., nella parte in cui prevede la perdita della cittadinanza italiana indipendentemente dalla volontà della donna”.

Con la sentenza n. 30/1983_ la Corte Costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittima la disposizione dell’art. 1 comma 1, n. 1 della legge 13.6.1912, n.555. nella parte in cui non prevedeva che fosse cittadino per nascita anche il figlio di madre cittadina italiana.

Il quadro normativo si completa con la lettura del principio interpretativo affermato dalla Corte di Cassazione, da ultimo Cass. sez. U. n. 4466 e 4467 del 2009, secondo cui, in virtù dell’intervento additivo dovuto alla citata sentenza della Corte Costituzionale, lo stato di cittadinanza deve essere riconosciuto in via giudiziaria (e anche a prescindere da una esplicita dichiarazione di volontà resa dall’interessata), anche al figlio di madre cittadina nato prima dell’entrata in vigore della Costituzione, attesi i caratteri di assolutezza, originarietà, indisponibilità ed imprescrittibilità dello status civitatis, in quanto qualità della persona, rispetto alla quale non può applicarsi la categoria delle “situazioni esaurite”, come tali insensibili all’efficacia naturalmente retroattiva delle pronunce di

– (omissis), nato il (omissis) a Santa Marta, dipartimento Magelalena (Colombia);

(omissis), nato a Fort Lauderdale – Florida (Stati Uniti) i! (omissis);

(omissis), nato a Fort Lauderdale – Florida (Stati Uniti) il (omissis);

(omissis), nata il (omissis) a Manizales, dipartimento Caldas (Colombia), sono cittadini italiani iure sanguinis;

– dichiara che (omissis), nata il (omissis) a Santa Marta, dipartimento Magdalena (Colombia) è cittadina italiana iure matrimonii;

– ordina al Ministero dell’Interno e, per esso, all’Ufficiale dello Stato Civile competente, di procedere alle iscrizioni, trascrizioni e annotazioni di legge, nei registri dello stato civile, della cittadinanza della persona indicata, provvedendo alle eventuali comunicazioni alle Autorità Consolari competenti;

– dichiara interamente compensate le spese di lite.

COSÌ deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione civile del 17 marzo 2017.

Depositata in cancelleria il 13/04/2017.

Allegati

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