1. – Con ricorso depositato in data 29/10/2021 la parte ricorrente, premesso di essere docente di ruolo nelle materie di Lettere e Latino presso il Liceo Classico-Scientifico-Linguistico “(omissis)” di (omissis), ha convenuto in giudizio il Ministero dell’Istruzione e del Merito e l’Istituto Scolastico “(omissis)”, chiedendo “in via preliminare: accertato il mancato rispetto del GDPR da parte del Dirigente scolastico del Liceo Classico-Scientifico- Linguistico “(omissis)” di (omissis), Viale (omissis), n. (omissis) dichiarare nullo ovvero annullabile il Decreto di sospensione dal lavoro (prot. 3138/ Rif) qui impugnato. In via principale dichiarare, nullo, illegittimo e/o comunque annullabile il Decreto di sospensione dal lavoro (prot. 3138/ Rif) per le ragioni tutte di cui al ricorso e per l’effetto condannare il suddetto, al reintegro della ricorrente sul luogo di lavoro presso il quale era stata assegnata ed al risarcimento dei danni patiti consistenti nelle retribuzioni di legge dovute dalla data della sospensione fino a quella dell’effettiva reintegra sul lavoro, oltre agli ulteriori emolumenti di legge spettanti, oltre ad ogni ulteriore voce dovuta in forza del CCNL vigente; In ogni caso con vittoria di diritti, spese e onorari.”
A sostegno della propria domanda la ricorrente ha allegato che con decreto notificatole in data 29/09/21 è stata sospesa dal lavoro e dalla retribuzione, sulla base dell’inadempimento all’obbligo vaccinale per il personale scolastico previsto dal D.L. 6 agosto 2021, n. 111, non avendo esibito all’accesso dell’Istituto scolastico il richiesto “Green Pass” nei giorni 3, 8, 13, 15 e 16 settembre 2021, avendo del resto apertamente manifestato sin dal giorno 1 settembre al Dirigente Scolastico la sua contrarietà alla vaccinazione e il rifiuto di effettuare il tampone ogni 48 ore. In punto di diritto la ricorrente deduce l’inefficacia del decreto impugnato per contrarietà della disciplina nazionale sopra menzionata alla normativa europea a tutela della privacy (GDPR – Regolamento Generale sulla protezione dei dati -UE/2016/679) rappresentando che in una occasione almeno, il controllo sul suo possesso della certificazione Green Pass è stato effettuato da personale ATA nella personale di tale sig.ra Paola; nel merito eccepisce il contrasto tra la normativa istitutiva del Green Pass con il Regolamento Europeo n. 953/2021 del 14 giugno 2021 paragrafo 36, e con le norme costituzionali che tutelano il diritto al lavoro. Con memoria tempestivamente depositata si è costituito il Ministero, eccependo preliminarmente il difetto di giurisdizione in favore del giudice amministrativo, e chiedendo nel merito il rigetto del ricorso.
Senza sviluppi istruttori, la causa è stata discussa e decisa all’odierna udienza.
2.– In via preliminare, deve esser rigettata l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dal Ministero resistente.
Invero, il provvedimento di sospensione oggetto del presente ricorso è un atto adottato con le capacità e i poteri del privato datore di lavoro, trattandosi di una atto privatistico di gestione del rapporto di lavoro, privo dei caratteri dell’autoritatività. Pertanto, in difetto di un esercizio autoritativo del potere amministrativo, ne consegue che la correlativa situazione giuridica soggettiva in capo alla ricorrente deve essere qualificata in termini di diritto soggettivo e non già di interesse legittimo, anche alla luce del petitum e della causa petendi di cui al ricorso, laddove la situazione dedotta in giudizio è delineata chiaramente in termini di diritto soggettivo. In tal senso si è recentemente pronunciata anche la Corte di Cassazione a Sezioni Unite con ordinanda n. 9403 del 05/04/2023 (Rv. 667443 – 01) nella quale ha statuito che “in tema di pubblico impiego contrattualizzato, la controversia relativa alla sospensione di un agente della polizia locale per la mancata ottemperanza all’obbligo vaccinale anti Covid-19, introdotto dall’art. 4 ter del d.l. n. 44 del 2021, conv. con modif. dalla l. n. 76 del 2021, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, poiché l’attività di verifica dell’osservanza di tale obbligo, da parte del datore di lavoro, non è ascrivibile all’ambito pubblicistico, ma a quello degli atti di gestione del rapporto di lavoro, seppur vincolati nei presupposti, nei contenuti e nelle modalità di esplicazione dalla previsione di legge.
3.- Nel merito, occorre innanzitutto ricostruire il quadro normativo di riferimento.
Il decreto legge 22 aprile 2021, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 giugno 2021, n. 87, ha previsto, fino al termine dello stato di emergenza (31 marzo 2022), il divieto di accesso ad una serie di servizi ed attività con riguardo ai soggetti sprovvisti della certificazione verde COVID 19 da vaccinazione, guarigione o test (c.d. green pass base), a decorrere dalla data del 6 agosto 2021 (cfr. art. 9-bis, introdotto dal decreto legge 23 luglio 2021, n. 105, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 settembre 2021, n. 126), nonché il divieto di accesso ad una serie di servizi ed attività aperte al pubblico (servizi di ristorazione al chiuso, spettacoli aperti al pubblico, musei, mostre, piscine, palestre, ecc.) con riguardo ai soggetti sprovvisti della certificazione verde COVID 19 da vaccinazione o guarigione (c.d. green pass rafforzato: art. 9-bis. 1, introdotto dalla legge 18 febbraio 2022, n. 11 di conversione del decreto legge 24 dicembre 2021, n. 221).
In entrambe le ipotesi, il divieto non si applica ai soggetti esenti per età dalla campagna vaccinale, nonché ai “soggetti esenti sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con circolare del Ministero della salute” (art. 9-bis, comma 3 e art. art. 9-bis. 1, comma 2, cit.).
Il decreto legge 6 agosto 2021, n. 111, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 settembre 2021, n. 133, art. 1, comma 6 ha introdotto nel d.l. n. 52/2021 l’art. 9 ter, il quale ha stabilito che:
“1. Dal 1° settembre 2021 e fino al 31 dicembre 2021. termine di cessazione dello stato di emergenza, al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione in presenza del servizio essenziale di istruzione, tutto il personale scolastico del sistema nazionale di istruzione e universitario, nonché gli studenti universitari, devono possedere e sono tenuti a esibire la certificazione verde COVID-19 di cui all’articolo 9, comma 2.
2. Il mancato rispetto delle disposizioni di cui al comma 1 da parte del personale scolastico e di quello universitario è considerato assenza ingiustificata e a decorrere dal quinto giorno di assenza il rapporto di lavoro è sospeso e non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominato.
3. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano ai soggetti esenti dalla campagna vaccinale sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con circolare del Ministero della salute.
4 I dirigenti scolastici e i responsabili dei servizi educativi dell’infanzia nonché delle scuole paritarie e delle università sono tenuti a verificare il rispetto delle prescrizioni di cui al comma 1. Le verifiche delle certificazioni verdi COVID-19 sono effettuate con le modalità indicate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri adottato ai sensi dell’articolo 9, comma 10. Con circolare del Ministro dell’istruzione possono essere stabilite ulteriori modalità di verifica. Con riferimento al rispetto delle prescrizioni di cui al comma 1 da parte degli studenti universitari, le verifiche di cui al presente comma sono svolte a campione con le modalità individuate dalle università.”
Successivamente, l’art. 2 del Decreto Legge 26 novembre 2021, n. 172 convertito, con modificazioni dalla Legge 21 gennaio 2022, n. 3. , – ha introdotto nel D.l. 44/21 l’art. 4 ter, che ha previsto che:
“- 1. Dal 15 dicembre 2021, l’obbligo vaccinale per la prevenzione dell’infezione da SARS- CoV-2 di cui all’articolo 3-ter, da adempiersi, per la somministrazione della dose di richiamo, entro i termini di validità delle certificazioni verdi COVID-19 previsti dall’articolo 9, comma 3, del decreto-legge n. 52 del 2021, si applica anche alle seguenti categorie:
a) personale scolastico del sistema nazionale di istruzione, delle scuole non paritarie, dei servizi educativi per l’infanzia di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, dei centri provinciali per l’istruzione degli adulti, dei sistemi regionali di istruzione e formazione professionale e dei sistemi regionali che realizzano i percorsi di istruzione e formazione tecnica superiore;
(…)
2. La vaccinazione costituisce requisito essenziale per lo svolgimento delle attività lavorative dei soggetti obbligati ai sensi del comma 1. I dirigenti scolastici e i responsabili delle istituzioni di cui al comma 1, lettera a), i responsabili delle strutture in cui presta servizio il personale di cui al comma 1, lettere b), c) e d), assicurano il rispetto dell’obbligo di cui al comma 1. Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 4, commi 2 e 7.
3. I soggetti di cui al comma 2 verificano immediatamente l’adempimento del predetto obbligo vaccinale acquisendo le informazioni necessarie anche secondo le modalità definite con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all’articolo 9, comma 10, del decreto- legge 22 aprile 2021, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 giugno 2021, n. 87. Nei casi in cui non risulti l’effettuazione della vaccinazione anti SARS-CoV-2 o la presentazione della richiesta di vaccinazione nelle modalità stabilite nell’ambito della campagna vaccinale in atto, i soggetti di cui al comma 2 invitano, senza indugio, l’interessato a produrre, entro cinque giorni dalla ricezione dell’invito, la documentazione comprovante l’effettuazione della vaccinazione oppure l’attestazione relativa all’omissione o al differimento della stessa ai sensi dell’articolo 4, comma 2, ovvero la presentazione della richiesta di vaccinazione da eseguirsi in un termine non superiore a venti giorni dalla ricezione dell’invito, o comunque l’insussistenza dei presupposti per l’obbligo vaccinale di cui al comma 1. In caso di presentazione di documentazione attestante la richiesta di vaccinazione, i soggetti di cui al comma 2 invitano l’interessato a trasmettere immediatamente e comunque non oltre tre giorni dalla somministrazione, la certificazione attestante l’adempimento all’obbligo vaccinale. In caso di mancata presentazione della documentazione di cui al secondo e terzo periodo i soggetti di cui al comma 2 accertano l’inosservanza dell’obbligo vaccinale e ne danno immediata comunicazione scritta all’interessato. L’atto di accertamento dell’inadempimento determina l’immediata sospensione dal diritto di svolgere l’attività lavorativa, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro.
Per il periodo di sospensione, non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominati. La sospensione è efficace fino alla comunicazione da parte dell’interessato al datore di lavoro dell’avvio o del successivo completamento del ciclo vaccinale primario o della somministrazione della dose di richiamo, e comunque non oltre il termine di sei mesi a decorrere dal 15 dicembre 2021.”
4. Così ricostruito il quadro normativo che regola la fattispecie in esame, va rilevato che l’oggetto del presente giudizio riguarda esclusivamente la violazione da parte della docente dell’obbligo di esibizione della certificazione verde previsto dalla normativa sopra richiamata e in particolare dall’art. 9 ter D.l. n. 52/2021 introdotto dal D.l. 111/2021.
Orbene, risulta pacifico che la ricorrente non ha adempiuto a tale obbligo e che per tale ragione il Dirigente Scolastico, in applicazione delle previsioni legislative all’epoca vigenti come sopra richiamate, ha contestato alla stessa l’assenza ingiustificata per cinque giorni consecutivi, provvedendo al quinto giorno di assenza (16/09/21) la sospensione dal servizio e dalla retribuzione con effetto immediato ( v. provvedimento impugnato – all. 1 ricorso) Tali circostanze di fatto sono del resto serenamente ammesse dalla ricorrente, la quale anzi nel ricorso ribadisce ciò che aveva espresso già il 1/09/21 al Dirigente Scolastico e cioè la sua aperta contrarietà agli obblighi sottesi alla certificazione verde, e cioè l’obbligo vaccinale ovvero, in alternativa, quello di sottoposizione al tampone rapido ogni 48 ore.Ed invero la ricorrente censura il provvedimento impugnato esclusivamente per le seguenti ragioni:
a) contrarietà della normativa anzidetta al Regolamento Europeo n. 953/2021 del 14 giugno 2021 paragrafo 36, secondo cui : “È necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate, per esempio per motivi medici, perché non rientrano nel gruppo di destinatari per cui il vaccino anti COVID-19 è attualmente somministrato o consentito, come i bambini, o perché non hanno ancora avuto l’opportunità di essere vaccinate o hanno scelto di non essere vaccinate. Pertanto il possesso di un certificato di vaccinazione, o di un certificato di vaccinazione che attesti l’uso di uno specifico vaccino anti COVID-19, non dovrebbe costituire una condizione preliminare per l’esercizio del diritto di libera circolazione o per l’utilizzo di servizi di trasporto passeggeri transfrontalieri quali linee aeree, treni, pullman, traghetti o qualsiasi altro mezzo di trasporto. Inoltre, il presente regolamento non può essere interpretato nel senso che istituisce un diritto o un obbligo a essere vaccinati”.
b) contrarietà della stessa normativa ai principi costituzionali contemplati dagli artt. 1 e 4 Costituzione, assumendo che l’obbligo di esibizione del Green Pass costituisce un indebito ostacolo all’esercizio del diritto al lavoro nella misura in cui imporrebbe al lavoratore un trattamento sanitario, perdipiù asseritamente inadeguato rispetto al dichiarato scopo di contenere l’emergenza sanitaria e in realtà finalizzato solo ad introdurre surrettiziamente l’obbligo vaccinale, con conseguente violazione anche degli artt. 3 e 32 Cost.
4.1. Tali doglianze appaiono tuttavia infondate.
Per quanto riguarda la censura sub a), va osservato infatti che il c.d. Green pass non è uno strumento che determina una limitazione delle libertà, bensì un meccanismo che, oltre a perseguire la finalità di incentivare e non imporre la vaccinazione, crea le condizioni in presenza delle quali determinati diritti, anche fondamentali, possano essere esercitati in sicurezza nel rispetto dei diritti altrui e del dovere di solidarietà, al fine di evitare situazioni che possano causare una diffusione del virus.
In questo senso, il Green Pass appare coerente e in linea con le richiamate previsioni di cui al Regolamento UE 2021/953 che, nella versione rettificata dei primi di luglio, riconosce il libero rifiuto di persone che “hanno scelto di non vaccinarsi” e vieta discriminazioni per tale ragione; ciò in quanto è previsto che la certificazione verde sia rilasciata anche in assenza di vaccinazione, mediante il ricorso a forme alternative di natura diagnostica, che la normativa italiana ha in particolare individuato nell’esecuzione di tamponi rapidi aventi validità di 48 ore. Al riguardo si segnala che la Corte EDU, nella decisione del 7 ottobre 2021, nel dichiarare irricevibile il ricorso contro il Green pass avanzato da un docente francese, ha evidenziato che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, le norme introduttive della certificazione verde non prevedono alcun obbligo generale di vaccino, né risultava dimostrato l’esistenza di una costrizione esercitata su di lui come persona che non desidera essere vaccinata, né lo stesso aveva fornito informazioni sulla sua situazione personale, o dettagli per spiegare come la legislazione impugnata rischiasse di incidere direttamente sul suo diritto individuale al rispetto della vita privata.
Pertanto non si prospetta alcuna incompatibilità astratta del Green Pass con il principio di non discriminazione delle persone che non intendono vaccinarsi sancito dal regolamento comunitario in discussione, atteso che la normativa interna alla stregua della quale è stato adottato il provvedimento impugnato non imponeva affatto l’obbligo di vaccinazione, lasciando al singolo lavoratore la possibilità di effettuare un semplice tampone rapido e cioè un trattamento diagnostico non invasivo.
Sotto altro profilo, si osserva che l’applicazione concreta della normativa in commento da parte del Dirigente Scolastico dell’Istituto scolastico ove la ricorrente prestava servizio, non ha nel caso di specie nemmeno violato la disciplina sulla privacy sancita dal Regolamento Generale sulla protezione dei dati -UE/2016/679. Sul punto è assorbente la considerazione che la ricorrente ha apertamente manifestato il rifiuto ad esibire il green pass ( che di fatto non possedeva) all’accesso presso la sede di lavoro: pertanto non è dato comprendere come la stessa possa lamentare una violazione della privacy in mancanza di una volontà, a monte, di sottoporsi a qualsiasi forma di controllo. Ad ogni modo, il Ministero resistente ha puntualmente dimostrato che i controlli predisposti per la verifica dell’osservanza dell’obbligo di esibizione del green pass fossero conformi alla normativa comunitaria in materia di protezione dei dati personali.
Le modalità di controllo del green pass sono state infatti disciplinate dal DPCM 17 giugno 2021, il quale , all’art. 13 – in piena conformità con la normativa europea – consente ai titolari di imprese/enti, tenute alla verifica, di delegare con atto formale l’operazione a un incaricato.
Nel caso concreto, risulta per tabulas che il 31 agosto 2021 era stata diramata a tutto il personale scolastico dell’Istituto Rocci, una circolare interna che richiamava l’obbligo di esibire il green pass per accedere ai locali scolastici a partire dal 1 settembre 2021, alla quale era stata allegato uno specifico atto di delega al controllo da parte del dirigente scolastico in qualità di responsabile del trattamento dei dati ( v. doc. 1 e 2 memoria difensiva) in favore di una serie di collaboratori scolastici – per l’effetto espressamente investiti del potere di verifica del Green Pass all’ingresso dell’Istituto-, tra i quali risulta essere compresa anche la sig.ra Paola Palmieri, e cioè la collaboratrice scolastica cui ha fatto espresso riferimento la ricorrente. Per tali ragioni non è ravvisabile alcuna concreta violazione della normativa eurocomunitaria posta a tutela della privacy e conseguentemente alcun vizio procedurale a carico del provvedimento impugnato.
4.2. Passando all’esame della censura sub b) occorre osservare che con la stessa la ricorrente contesta essenzialmente la legittimità dell’obbligo vaccinale quale presupposto della certificazione verde in relazione ai principi costituzionali sul diritto al lavoro e al principio di eguaglianza.
Ebbene, su tale questione si è da ultimo pronunciata la Corte Costituzionale esprimendo principi giuridici di ampia portata e applicabili alla fattispecie in esame per analogia di ratio. In particolare, con la sentenza n. 15/2023 la Corte, nel rigettare le questioni di legittimità costituzionale sollevate dai Tribunali di Padova, Catania e Brescia in relazione all’obbligo vaccinale proprio in relazione alla categoria dei docenti, ha concluso per la non irragionevolezza né sproporzionalità dell’obbligo in questione rispetto ai dati scientifici al momento disponibili sulla propagazione dell’infezione da Covid-19.
Premesso infatti che “L’imposizione di un trattamento sanitario (in particolare di un obbligo vaccinale) può ritenersi compatibile con l’art. 32 Cost. al ricorrere di tre presupposti: a) se il trattamento sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri, giacché è proprio tale ulteriore scopo, attinente alla salute come interesse della collettività, a giustificare la compressione di quella autodeterminazione dell’uomo che inerisce al diritto di ciascuno alla salute in quanto diritto fondamentale; b) se vi sia la previsione che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato, salvo che per quelle sole conseguenze, che, per la loro temporaneità e scarsa entità, appaiano normali di ogni intervento sanitario e, pertanto, tollerabili; c) se nell’ipotesi di danno ulteriore alla salute del soggetto sottoposto al trattamento obbligatorio – ivi compresa la malattia contratta per contagio causato da vaccinazione profilattica – sia prevista comunque la corresponsione di una “equa indennità” in favore del danneggiato”, e rilevato che “ Il contemperamento del diritto alla salute del singolo (comprensivo del profilo negativo di non essere assoggettato a trattamenti sanitari non richiesti o non accettati) con l’interesse della collettività costituisce il contenuto proprio dell’art. 32 Cost. e rappresenta una specifica concretizzazione dei doveri di solidarietà di cui all’art. 2 Cost., nella quale si manifesta la base della convivenza sociale normativamente prefigurata dal Costituente”; osservato che “ La tutela della salute implica anche il dovere dell’individuo di non ledere né porre a rischio con il proprio comportamento la salute altrui, in osservanza del principio generale che vede il diritto di ciascuno trovare un limite nel reciproco riconoscimento e nell’eguale protezione del coesistente diritto degli altri. (…). . Il sindacato sulla non irragionevolezza della scelta del legislatore di incidere sul diritto fondamentale alla salute, anche sotto il profilo della libertà di autodeterminazione, va effettuato alla luce della concreta situazione sanitaria ed epidemiologica in atto. Invero, nelle ipotesi di conflitto tra i diritti contemplati dall’art. 32 Cost., la discrezionalità del legislatore deve essere esercitata alla luce delle diverse condizioni sanitarie ed epidemiologiche, accertate dalle autorità preposte. Significative sono altresì le acquisizioni, sempre in evoluzione, della ricerca medica, che debbono guidare il legislatore nell’esercizio delle sue scelte in materia.”, la Corte è pervenuta alla conclusione che le disposizioni censurate hanno operato un contemperamento del diritto alla libertà di cura del singolo con il coesistente e reciproco diritto degli altri e con l’interesse della collettività.
I principi enucleati nella pronuncia richiamata, benché affermati con particolare riguardo all’obbligo vaccinale, sono applicabili a qualsiasi trattamento sanitario imposto per motivi di tutela della salute pubblica, e pertanto sono indubbiamente valevoli nel presente giudizio, giacché all’epoca dei fatti di causa il Green Pass presupponeva l’adempimento dell’obbligo vaccinale o, in alternativa, la sottoposizione a test rapido antigeno nelle 48 ore. A maggior ragione, pertanto, deve ritenersi che non vi sia stata alcuna lesione dei diritti costituzionalmente garantiti a discarico della ricorrente, giacché essa, a settembre 2021 avrebbe potuto liberamente scegliere in alternativa alla vaccinazione, di sottoporsi ad un meno invaso strumento diagnostico individuato nel tampone antigeno rapido.
Il medesimo principio ha del resto trovato avallo nella giurisprudenza di merito nonché amministrativa formatasi precedentemente alla sentenza della Corte Costituzionale sopra richiamata; ex multis si richiama la sentenza del T.A.R. Lazio, n. 4531 02/09/2021, secondo cui “Deve essere rigettata l’istanza di sospensione cautelare delle norme che prevedono, per il personale docente, l’obbligo di esibire la certificazione verde per accedere all’istituto scolastico, a pena di sospensione dal servizio per assenza ingiustificata, in quanto (i) il diritto a non vaccinarsi non ha valenza assoluta, né intangibile, dovendo essere comunque correlato e contemperato con gli altri fondamentali, essenziali e poziori interessi pubblici, quali quello (attinente alla salute pubblica) a circoscrivere l’estendersi della pandemia da Covid-19 e quello di assicurare il regolare svolgimento dell’essenziale servizio pubblico della scuola in presenza; (ii) in ogni caso, il diritto a non vaccinarsi è parimenti riconosciuto dal Legislatore, il quale ha previsto, in via alternativa, l’esibizione di un test molecolare antigenico rapido con risultato negativo al virus”, nonché la sentenza del 05/10/2022, n. 8042 del Tribunale Roma, e la sentenza del 18/01/2022, n. 5 del Tribunale Trieste, non massimate.
5. Alla luce di quanto esposto va ritenuta la piena legittimità del decreto di sospensione dal servizio e dalla retribuzione impugnato con conseguente rigetto del ricorso.
6. Le spese di lite possono essere interamente compensate tra le parti in ragione della novità della questione.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, respinta ogni contraria istanza, così provvede:– rigetta il ricorso e per l’effetto dichiara legittimo il decreto di sospensione dal servizio e dalla retribuzione emesso nei confronti di Ca. Lo. dal Dirigente Scolastico del Liceo statale “Lorenzo Rocci” in data 16/9/21, notificato in data 29/9/21.
– spese di lite integralmente compensate.
Cosi deciso in data 12/09/23
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 12 SET. 2023.
