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Tribunale di Pavia sez. lav., 19/11/2021, n. 274

Massima

In materia di tutela del diritto alla salute del minore affetto da Disturbo dello Spettro Autistico, il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) è tenuto a sostenere le spese relative all’erogazione di prestazioni sanitarie e servizi che presentano evidenze scientifiche di un significativo beneficio in termini di salute, a livello individuale o collettivo, a fronte delle risorse impiegate.

Supporto alla lettura

DIRITTO ALLA SALUTE

Si tratta di un principio fondamentale riconosciuto a livello internazionale e, in Italia, è sancito dall’art. 32 Cost. Riguarda il benessere fisico, mentale e sociale di ogni individuo.

L’attuazione del diritto alla salute in Italia è avvenuta attraverso il Servizio Sanitario Nazione (SSN), istituito con la L. 833/1978 di riforma sanitaria che prevede un modello di tutela universalistico, che garantisce l’accesso alle cure a tutti, indipendentemente dalla condizione economica e sociale (in precedenza, l’assistenza sanitaria si basava su un sistema mutualistico legato alla posizione lavorativa, che non garantiva la copertura a tutti i cittadini).

Il concetto di tutela del diritto alla salute è molto ampio, infatti include diversi aspetti:

  • diritto alle prestazioni sanitarie: garantisce l’accesso alle cure e ai servizi medici necessari per mantenere e ripristinare la salute;
  • diritto all’integrità psicofisica: protegge la persona da lesioni e danni alla propria salute fisica e mentale;
  • diritto a un ambiente salubre: include la protezione dell’ambiente, considerato fondamentale per la salute della collettività;
  • diritto di rifiutare le cure: si basa sul principio di autodeterminazione, consent al paziente di rifiutare un trattamento medico, previa corretta informazione (c.d. “consenso informato”), a meno che non sia imposto dalla legge per motivi di salute pubblica.

Ambito oggettivo di applicazione

FATTO E DIRITTO
Con ricorso ex 414 cpc, depositato in data 8.3.2019, (omissis) E DI (omissis), nella loro qualità di genitori del minore (omissis) rassegnavano le seguenti conclusioni:

che l’Ill.mo Tribunale adito, contrariis reiectis, previa fissazione di udienza ex art. 415 cpc, accertato il diritto alla salute fatto valere dai ricorrenti nella loro predetta qualità, voglia condannare l’A.T.S. DI PAVIA, AGENZIA DI TUTELA DELLA SALUTE DI PAVIA, in persona del legale rappresentante pro tempore, corr. in Pavia, viale Indipendenza n. 3, c.f. e P.I.V.A. (omissis), fino a quando il minore ne avrà bisogno e comunque per almeno 48 mesi, oltre ai 12 mesi per cui l’ATS è già stata condannata in sede cautelare, a sostenere le spese relative all’erogazione in favore del minore (omissis), nato a Pavia il –omissis– ed ivi residente, di 20 ore settimanali di terapia domiciliare ABA, somministrate da parte dei professionisti specializzati (terapisti e supervisore) che attualmente seguono il bambino e/o che in futuro dovessero seguirlo (se diversi da quelli attuali), mediante il rimborso alla famiglia delle somme che la stessa eroga mensilmente ai suddetti professionisti, dietro rilascio di apposita fattura e/o nota spesa e/o contratto di lavoro o, alternativamente, mediante pagamento diretto degli stessi. Con vittoria delle spese di giudizio, oltre 15 % spese generali, 4% CPA e IVA di Legge.

Esponevano che, a seguito di ricorso ex art 700 cpc, il giudice del lavoro di Pavia, con ordinanza depositata il 9 gennaio 2019, aveva accolto parzialmente la loro domanda e aveva condannato A.T.S. di Pavia, in considerazione dei compiti che la legge regionale n. 23/2015 attribuisce a detto ente, a ‘sostenere le spese di 10 ore settimanali di terapia domiciliare ABA per 12 mesi a favore del minore (omissis) affetto da sindrome dello spettro autistico e chiedevano, nel presente giudizio, che l’ATS di Pavia fosse condannata a sostenere i costi delle terapie medesime, così come svolte dagli attuali specialisti, per 20 ore alla settimana e fino a quando il minore ne avrebbe avuto bisogno e comunque per un termine di almeno 4 anni (oltre ai 12 mesi per i quali l’ATS medesima è già stata condannata in fase cautelare).

Si costituiva ATS Pavia chiedendo il rigetto del ricorso deducendone la infondatezza, sostenendo che la domanda sarebbe fondata sull’erroneo presupposto che il modello terapeutico ad approccio cognitivo comportamentale ABA sia l’unica terapia esistente per far fronte alle esigenze sanitarie del bambino affetto da disturbo dello spettro autistico, laddove sussisterebbero terapie di comprovata evidenza scientifica con efficacia comparabile al modello ABA e, quindi, alternativo allo stesso, come il trattamento offerto dall’Asl tramite il centro convenzionato di riabilitazione neuropsichiatrica e di psicoterapia dell’età evolutiva ‘Dosso Verde’.

Disposta CTU medico legale all’udienza del 23.9.2021 la causa veniva decisa come da dispositivo della presente sentenza

La domanda è fondata nei limiti di seguito indicati.

Come già osservato in sede cautelare è necessario ripercorrere brevemente il quadro normativo generale in tema di tutela del diritto alla salute, per poi affrontare le problematiche specifiche del caso in esame.

È costante affermazione giurisprudenziale (si veda Cass. n. 17541/11; Cass. n. 24033/13) quella secondo cui la dimensione primaria e costituzionalmente garantita del diritto alla salute non possa essere sacrificata o compromessa dalla discrezionalità amministrativa, dovendosi escludere la configurabilità di atti amministrativi (comunque disapplicabili ai sensi della L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 5, all. E), condizionanti in tal senso il diritto all’assistenza (cfr. per tutte Cass., Sez. Un. 24 giugno 2005 n. 13548; Cass., Sez. Un. 30 maggio 2005 n. 11334). Ciò premesso, la sussistenza o meno del diritto all’erogazione di una prestazione sanitaria richiesta al Servizio Sanitario Nazionale deve essere accertata in relazione ai presupposti stabiliti dalla disciplina dettata in materia sanitaria nel testo modificato dal decreto legislativo 19 giugno 1999 numero 229, art. 1), che così recita’1. La tutela della salute come diritto fondamentale dell’individuo ed interesse della collettività è garantita, nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana, attraverso il Servizio sanitario nazionale, quale complesso delle funzioni e delle attività assistenziali dei Servizi sanitari regionali e delle altre funzioni e attività svolte dagli enti ed istituzioni di rilievo nazionale, nell’ambito dei conferimenti previsti dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, nonché delle funzioni conservate allo Stato dal medesimo decreto. 2. Il Servizio sanitario nazionale assicura, attraverso le risorse finanziarie pubbliche individuate ai sensi del comma 3, e in coerenza con i principi e gli obiettivi indicati dagli articoli 1 e 2 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, i livelli essenziali e uniformi di assistenza definiti dal Piano sanitario nazionale nel rispetto dei principi della dignità della persona umana, del bisogno di salute, dell’equità nell’accesso all’assistenza, della qualità delle cure e della loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze, nonché dell’economicità nell’impiego delle risorse. 3. L’individuazione dei livelli essenziali e uniformi di assistenza assicurati dal Servizio sanitario nazionale, per il periodo di validità del Piano sanitario nazionale, è effettuata contestualmente all’individuazione delle risorse finanziarie destinate al Servizio sanitario nazionale, nel rispetto delle compatibilità finanziarie definite per l’intero sistema di finanza pubblica nel Documento di programmazione economico-finanziaria. Le prestazioni sanitarie comprese nei livelli essenziali di assistenza sono garantite dal Servizio sanitario nazionale a titolo gratuito o con partecipazione alla spesa, nelle forme e secondo le modalità previste dalla legislazione vigente. …omissis… 7. Sono posti a carico del Servizio sanitario le tipologie di assistenza, i servizi e le prestazioni sanitarie che presentano, per specifiche condizioni cliniche o di rischio, evidenze scientifiche di un significativo beneficio in termini di salute, a livello individuale o collettivo, a fronte delle risorse impiegate. Sono esclusi dai livelli di assistenza erogati a carico del Servizio sanitario nazionale le tipologie di assistenza, i servizi e le prestazioni sanitarie che: a) non rispondono a necessità assistenziali tutelate in base ai principi ispiratori del Servizio sanitario nazionale di cui al comma 2; b) non soddisfano il principio dell’efficacia e dell’appropriatezza, ovvero la cui efficacia non è dimostrabile in base alle evidenze scientifiche disponibili o sono utilizzati per soggetti le cui condizioni cliniche non corrispondono alle indicazioni raccomandate; c) in presenza di altre forme di assistenza volte a soddisfare le medesime esigenze, non soddisfano il principio dell’economicità nell’impiego delle risorse, ovvero non garantiscono un uso efficiente delle risorse quanto a modalità di organizzazione ed erogazione dell’assistenza’.

Dunque il DLgs.502/92 (Riordino della disciplina in materia sanitaria) pone a carico del Servizio Sanitario Nazionale (articolo 1, comma 7) quelle prestazioni sanitarie e quei servizi che presentano, in relazione a specifiche condizioni cliniche o di rischio, evidenze scientifiche di un significativo beneficio in termini di salute, a livello individuale o collettivo, a fronte delle risorse impiegate. Ciò significa che il Servizio Sanitario Nazionale si fa carico, come principio generale, di quelle prestazioni sanitarie che, sulla base delle conoscenze che derivano dalle sperimentazioni cliniche (per l’appunto, le evidenze scientifiche) sono in grado di apportare significativi benefici di salute anche commisurati alle risorse impiegate. Le lettere b) e c) del comma 7 precisano ulteriormente che sono esclusi i servizi e le prestazioni sanitarie la cui efficacia non è dimostrabile in base alle evidenze scientifiche disponibili o sono utilizzati per soggetti le cui condizioni cliniche non corrispondono alle indicazioni raccomandate ovvero quando, in presenza di altre forme di assistenza volte a soddisfare le medesime esigenze, tali prestazioni sanitarie non sono economiche.

Il legislatore statale ha provveduto con D.P.C.M. 29.11.2001 n. 19854, a determinare i principi fondamentali della materia, istituendo i c.d. Livelli Essenziali di Assistenza che rappresentano le prestazioni e i servizi che il Servizio Sanitario Nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini, attraverso la gratuità o dietro il pagamento di una quota di partecipazione (ticket), con le risorse pubbliche raccolte con la fiscalità generale. Il D.P.C.M. 29.11.2001 n. 19854 nel delineare i principi guida, individua le forme di assistenza programmata a domicilio, gli interventi sanitari e sociosanitari rivolti ai pazienti in fase terminale ed, infine, gli interventi ospedalieri a domicilio. Requisito imprescindibile dell’erogazione da parte del Servizio Sanitario della prestazione sanitaria richiesta è che la stessa offra evidenze scientifiche di un significativo beneficio in termini di salute.

Prima di passare ad analizzare la ricorrenza, nel caso di specie, delle necessarie evidenze scientifiche di efficacia del metodo ABA, occorre premettere, in via generale, che la giurisprudenza (si veda Cassazione, con la sentenza n. 7279 del 10 aprile 2015) ha anche recentemente chiarito le coordinate del principio di efficacia ed appropriatezza della terapia di cui al suddetto comma 7 dell’art. 1 della legge n.502/1992, affermando che tale principio non può essere eluso dalla mera carenza di “evidenze scientifiche disponibili”, posto che le evidenze scientifiche possono venire in rilievo allorquando sia stato scientificamente provata l’inefficacia della cura in questione e non già quando essa sia solo dubbia.

Così’ delineato il quadro normativo generale in tema di tutela del diritto alla salute, in relazione al caso di specie si evidenzia che la legge 18/08/2015, n.134 (‘Disposizioni in materia di diagnosi, cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie’ ha previsto in primo luogo all’art 2 che l’Istituto superiore di Sanità aggiorni ‘le Linee guida sul trattamento dei disturbi dello spettro autistico in tutte le età della vita sulla base dell’evoluzione delle conoscenze fisiopatologiche e terapeutiche derivanti dalla letteratura scientifica e dalle buone pratiche nazionali ed internazionali’; l’art. 3 prevede che ‘nel rispetto degli equilibri programmati di finanza pubblica e tenuto conto del nuovo Patto per la salute 2014-2016, con la procedura di cui all’articolo 5, comma 1, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, si provvede all’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, con l’inserimento, per quanto attiene ai disturbi dello spettro autistico, delle prestazioni della diagnosi precoce, della cura e del trattamento individualizzato, mediante l’impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche disponibili. 2. Ai fini di cui al comma 1, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano …, stabiliscono percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali per la presa in carico di minori, adolescenti e adulti con disturbi dello spettro autistico, verificandone l’evoluzione, e adottano misure idonee al conseguimento dei seguenti obiettivi: a) la qualificazione dei servizi di cui al presente comma costituiti da unità funzionali multidisciplinari per la cura e l’abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico; b) la formazione degli operatori sanitari di neuropsichiatria infantile, di abilitazione funzionale e di psichiatria sugli strumenti di valutazione e sui percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali basati sulle migliori evidenze scientifiche disponibili; c) la definizione di equipe territoriali dedicate, nell’ambito dei servizi di neuropsichiatria dell’età evolutiva e dei servizi per l’età adulta, che partecipino alla definizione del piano di assistenza, ne valutino l’andamento e svolgano attività di consulenza anche in sinergia con le altre attività dei servizi stessi;

d) la promozione dell’informazione e l’introduzione di un coordinatore degli interventi multidisciplinari; e) la promozione del coordinamento degli interventi e dei servizi di cui al presente comma per assicurare la continuità dei percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali nel corso della vita della persona….’.

E’ altresì previsto che entro centoventi giorni dall’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza previsto dall’articolo 3, comma 1, il Ministero della salute provvede, in applicazione dei livelli essenziali di assistenza medesimi, all’aggiornamento delle linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità e dell’appropriatezza degli interventi assistenziali nei disturbi pervasivi dello sviluppo (DPS), con particolare riferimento ai disturbi dello spettro autistico. (‘Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502’), il quale all’art. 60, dedicato proprio alle persone con disturbi dello spettro autistico, sancisce che: ‘Ai sensi della legge 18 agosto 2015, n. 134, il Servizio sanitario nazionale garantisce alle persone con disturbi dello spettro autistico, le prestazioni della diagnosi precoce, della cura e del trattamento individualizzato, mediante l’impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche’. Le linee di indirizzo sono state aggiornate con documento del 10.5.2018.

Nel caso di specie lo specialista neuropsichiatra infantile dr (omissis), formulata la diagnosi in data 21.6.2016 (doc 1 all ricorso), nella successiva visita del 10.4.2017 (doc 15 all ricorso), preso atto della sottoposizione del minore all’intervento ABA, accertava una evoluzione positiva, in particolare sul versante linguistico e della comunicazione e raccomandava ai genitori di proseguire il trattamento in atto, raccomandazione ripetuta nella successiva visita del 26 gennaio 2018 (doc 2 all ricorso).

Il dr (omissis), all’esito delle visite mediche, non prescriveva altra terapia o percorso terapeutico alternativo, pur facendo parte – in qualità di neuropsichiatra infantile dell’IRCCS Fondazione Mondino – del tavolo di approfondimento tecnico che aveva portato alla stesura, nell’ottobre 2017, di un percorso di presa in carico precoce di soggetti in età evolutiva affetti da disturbi dello spettro autistico – approvato da ATS Pavia – con decreto n 372/DGI 24.11.2017 – non comprendente l’intervento ABA.

Questo Giudice ritiene che l’analisi comportamentale applicata (ABA acronimo di Applied behaviour intervention) richiesta dai ricorrenti appaia conforme alla fondamentale previsione di cui all’art. 1 comma 7 del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 in quanto prestazione sanitaria per la quale sussistono evidenze scientifiche di un significativo beneficio in termini di salute. A tal fine non puo’ che aversi riguardo allo strumento previsto dallo stesso art. 2 della legge del 18/08/2015, n.134 ossia alla Linea guida (21) sul trattamento dei disturbi dello spettro autistico che l’Istituto superiore di Sanità – Organo tecnico del Ministero della Salute – ha provveduto ad aggiornare nell’ottobre 2015 (doc 4 all ATS). Si evidenzia che a pag. 12 (‘introduzione’: doc 3 all ASST) si legge: ‘Questa linea guida tratta in modo esclusivo degli interventi rivolti ai bambini e adolescenti (nella fascia di età tra 0 e 18 anni) con disturbi dello spettro autistico. Proprio la metodologia di ricerca adottata per elaborare la linea guida determina che gli interventi affrontati nel documento siano solo quelli su cui sono disponibili studi scientifici volti a valutarne l’efficacia. Gli interventi che non sono stati sottoposti a verifica di efficacia attraverso studi scientifici di adeguata validità (secondo il criterio adottato di selezione degli studi..) non sono trattati nella linea guida.’ In relazione all’efficacia dei programmi intensivi comportamentali la linea guida si diffonde nell’analizzare le prove scientifiche raggiunte, secondo diverse metodologie di revisioni, ‘inclusive’ o ‘restrittive’ rispetto alle quali si può affermare, per sintesi, che nel primo caso, ossia il gruppo delle inclusive sono state fornite prove coerenti nel sostenere l’efficacia del modello dell’analisi comportamentale applicata su tutte le misure di esito valutate ossia QI, linguaggio, comportamenti adattativi, se paragonati ad un gruppo eterogeneo di interventi non altrettanto strutturati, quali il trattamento standard, la combinazione di interventi educativi terapeutici senza strutturazione, e lo stesso ABA ma ad intensità ridotta o con distinte modalità di erogazione, centrata sulla clinica o sui genitori. Quanto al gruppo delle revisioni restrittive vengono forniti risultati non univocamente favorevoli all’intervento sperimentale delle misure di esito valutate. La conclusione cui giunge la linea guida 21 è emblematicamente espressa nelle raccomandazioni laddove si legge che ‘con riferimento all’analisi comportamentale applicata gli studi sostengono una sua efficacia nel migliorare le abilità intellettive, il linguaggio e i comportamenti adattativi e bambini con disturbi dello spettro autistico. Le prove a disposizione, anche se non definitive, consentono di consigliare l’utilizzo del metodo ABA nel trattamento dei bambini con disturbi dello spettro autistico’. Dalla ulteriore documentazione prodotta da ATS (doc 5: linee guida per l’autismo aggiornamento 2017) della società italiana di neuropsichiatria dell’infanzia e della adolescenza) emerge che l’analisi del comportamento quale metodo di intervento intensivo precoce viene inserita tra le strategie di intervento terapeutico.

Ciò posto questo giudicante è chiamato a valutare anche due fondamentali profili, quello della intensità e della durata del trattamento di cui si chiede il riconoscimento da parte del Servizio sanitario nazionale, nella consapevolezza che la stessa Linea Guida 21sottolinea più volte l’esigenza di assicurare un trattamento il più possibile intensivo, strutturato, continuativo e individualizzato. Nel documento si sottolinea altresì che incidono sulla efficacia del metodo alcune variabili legate al singolo soggetto che riceve l’intervento, quanto all’età o alle abilità intellettive dello stesso ma evidenzia altresì che al momento non ci sono dati sufficienti a stabilire in misura precisa l’effetto di tali variabili sull’efficacia dell’intervento.

Tale indagine implica elevate conoscenze scientifiche specialistiche e ciò ha reso necessario avvalersi, in sede di merito, dell’ausilio di un esperto della materia.

La ctu nominata (dr (omissis)) ha ricostruito la storia clinica del minore e ha evidenziato che ‘alla luce dei dati ottenuti attraverso la raccolta anamnestica, l’analisi degli atti e delle relazioni cliniche e l’osservazione clinica diretta del minore, è possibile affermare che il minore (omissis) è affetto da Disturbo dello Spettro Autistico. In base ai criteri diagnostici per i Disturbi dello Spettro dell’Autismo indicati nel DSM 5 il bambino presenta un importante deficit della comunicazione e dell’interazione sociale, associato a compromissione della sfera relazionale con ridotta intenzionalità interattiva e comunicativa. A questo si aggiungono la presenza di movimenti ed eloquio stereotipati e ripetitivi, scarsa flessibilità, interessi ristretti e ripetitivi, interessi insoliti verso aspetti sensoriali dell’ambiente. Infine, il bambino presenta un importante deficit delle competenze adattive e delle autonomie attese per l’età. In relazione alle caratteristiche del quadro clinico, basandosi su una caratterizzazione dimensionale del disturbo, si può dunque affermare che Gi. presenta una forma molto grave e altamente invalidante di autismo. In accordo con i criteri del DSM 5, il disturbo del minore corrisponde ad un livello di gravità pari a 3, sia nell’ambito della comunicazione sociale, che dei comportamenti ristretti e ripetitivi ed è pertanto caratterizzato da ‘gravi deficit della comunicazione sociale verbale e non verbale che causano una grave compromissione del funzionamento, iniziativa molto limitata nell’interazione sociale e minima risposta alle aperture sociali altrui’ e, al contempo, ‘preoccupazioni, rituali fissi e/o comportamenti ripetitivi che interferiscono marcatamente con il funzionamento in tutte le sfere'(DSM5)’ (pagina 10 CTU).

Partendo da questa premessa diagnostica la dr (omissis) – neuropsichiatra infantile e docente di neuropsichiatria infantile presso l’Università di Roma Tor Vergata – ha risposto in merito all’appropriatezza del metodo ABA osservando: ‘in tal senso, il trattamento psicoeducativo con il metodo ABA risulta appropriato ed indicato per il caso in esame. Esso, infatti, sulla scorta delle prove raccolte nelle linee guida, è in grado, attraverso la limitazione dei comportamenti – problema, di favorire una maggiore adattabilità all’ambiente e di rispondere alle esigenze del bambino, migliorando la qualità di vita del minore e della famiglia’ (pag. 11 CTU).

La CTU nel rispondere ai quesiti posti dal giudice (in relazione alla efficacia e non fungibilità) ha evidenziato la sicura utilità che l’utilizzo del metodo ABA ha apportato nella salute del minore (omissis): ‘nonostante i limiti relativi all’assessment diagnostico, alla marcata frammentarietà di follow-up clinico-valutativi specifici, è ragionevole affermare che il percorso psicoeducativo secondo metodologia ABA seguito da (omissis), l’unico trattamento a cui il bambino è stato sottoposto, abbia prodotto esiti positivi, contribuendo a garantire, seppure parzialmente, al bambino e alla sua famiglia una migliore qualità di vita’ (pag. 12 CTU).

La Ctu, rilevata la complessità della materia caratterizzata dall’intrinseca opinabilità delle valutazioni che spesso non sono propriamente agganciate a riscontri oggettivi, ha sottolineato che dall’analisi delle linee guida in materia non emergono indicazioni chiare di modelli di intervento ma piuttosto vengono individuate alcune proposte terapeutiche;

ha evidenziato, poi, che il quadro clinico del minore presenta delle caratteristiche di complessità e gravità, che richiedono un intervento intensivo ed integrato.

La CTU ha risposto poi al quesito formulatole dal giudice circa la personalizzazione del percorso terapeutico di (omissis) in termini di intensità e di durata del trattamento ABA in essere, descrivendo quello che a suo avviso, sulla scorta degli studi scientifici esistenti, dovrebbe essere il percorso futuro del minore.

Scrive il CTU che ‘dall’analisi della documentazione clinica, dalla raccolta anamnestica con i genitori e dai dati ottenuti dall’osservazione clinica diretta del bambino, si ritiene che il progetto terapeutico più appropriato per il piccolo Gi. sia di tipo multimodale, comprendente un intervento ad indirizzo comportamentale, un trattamento neuropsicomotorio e un trattamento logopedico. Questo tipo di progetto integrato ha come obiettivo quello di favorire la flessibilità cognitiva, riducendo gli schemi di comportamenti ripetitivi e stereotipati e di favorire l’acquisizione di strategie e regole sociali’ (pagg. 12 e 13 CTU).

La consulente ha poi confermato la necessità del metodo ABA, precisando che il migliore risultato terapeutico possa essere ottenuto integrando quest’ultimo con le predette ulteriori attività neuropsicomotorie e logopediche e con un sostegno alla coppia genitoriale: ‘in risposta al quesito, riteniamo che un trattamento intensivo ad orientamento cognitivo comportamentale sia necessario per apportare un significativo miglioramento in termini di salute del minore e tuttavia, da solo non sia comunque in grado di fornire il migliore risultato terapeutico per (omissis), risultando utile solo se integrato ed inserito un progetto riabilitativo multimodale. In aggiunta a ciò, riteniamo fondamentale la programmazione di un intervento di sostegno alla coppia genitoriale’ (pag. 13 CTU).

La ctu ha fatto poi riferimento alle raccomandazioni delle linee guida, in particolare nel paragrafo ‘Variabili che modulano l’efficacia dei programmi intensivi comportamentali, (pag. 53-55 della linea guida n 21), ove, tra le conclusioni, viene riportato che ‘non sono disponibili dati su quale dovrebbe essere il numero di ore ottimale erogato settimanalmente per evitare il rischio di un training eccessivamente intensivo e stancante. Si segnala che tra gli studi inclusi in una delle metanalisi l’intensità media degli interventi erogati è compresa tra 10 e 37,5 ore a settimana (in media circa 26 ore a settimana) e che all’aumentare dell’intensità oltre le 25 ore a settimana non corrisponde un proporzionale miglioramento negli outcome.’

E’ su tale presupposto che la CTU ha predisposto il suo piano terapeutico: ‘relativamente al caso indice, considerando che in ambito scolastico, le figure a sostegno di (omissis) hanno una preparazione secondo la metodologia ABA, l’insegnante di sostegno, dott.ssa (omissis) neuropsicomotricista e consulente ABA, 15 ore settimanali e l’assistente comunale, dott.ssa (omissis), psicologa con preparazione tecnica ABA, 15 ore settimanale, questo supporto può essere considerato parte integrante del progetto terapeutico con l’obiettivo di coordinare e promuovere l’apprendimento attivo per imitazione del corpo docenti e promuovere una generalizzazione degli obiettivi raggiunti durante le attività riabilitative strutturate.

Si suggerisce un ipotetico progetto terapeutico articolato come segue:

– 5 ore di terapia cognitivo comportamentale, anche secondo metodologia ABA eseguite in ambiente domiciliare;

– 3 ore di terapia logopedica e CAA;

– 2 ore di terapia neuropsicomotoria;

– un parent-training settimanale, essenziale al fine di apportare e supportare un significativo miglioramento nello stile di vita e nelle competenze adattive del minore’ (CTU pag. 14).

I ricorrenti ritengono che la dr (omissis) abbia commesso un ‘errore marchiano sui ‘numeri’, e precisamente sulla quantificazione delle ore di terapia ABA in quanto l’orario scolastico settimanale di Gi. è di effettive 21 ore e mezza, come precisato nel questionario richiesto dal CTU ai genitori in corso di operazioni peritali, mentre 30 sono le ore complessive per le quali le due insegnanti di sostegno con specialità ABA applicate dal Comune sono chiamate a prestare il loro servizio.

Chiedono quindi che il numero delle ore in ambiente domiciliare sia stabilito in 13 e mezza e non solo cinque in modo da arrivare a 35 ore complessive settimanali.

‘Poiché all’aumentare dell’intensità oltre le 25 ore a settimana non corrisponde un proporzionale miglioramento negli outcome.’ (pag 53-55 della linea guida n 21 sopra già riportate) si ritiene adeguata la previsione del CTU di ‘5 ore di terapia cognitivo comportamentale, anche secondo metodologia ABA eseguite in ambiente domiciliare’ alla settimana in quanto con le 21 ore e mezzo scolastiche si raggiunge il n di 26 ore e mezzo di terapia ABA settimanali (pag. 14 CTU).

Infine si osserva che l’utilizzo della congiunzione ‘anche’ non deve trarre in inganno perché proprio in risposta alle osservazioni del CTP di ATS dr.ssa Ca., il CTU conclude per la necessità che il metodo comportamentale da utilizzare per la cura di (omissis) sia ABA.

‘La Dott.ssa (omissis) scrive nelle sue osservazioni: <In conclusione, da tutto quanto precede si ricava che in affiancamento alle ore già predisposte presso la scuola secondo metodo ABA, debbano essere erogate prestazioni riabilitative secondo altre metodologie (non ABA), rese dal SSN attraverso operatori accreditati ex Decreto Legislativo 502/92 (come per esempio ‘Dosso Verde’ citato in CTU)>. Il progetto riabilitativo suggerito dalla scrivente e che include il trattamento secondo metodo ABA anche in regime domiciliare nel numero di 5 ore a settimana, ha come razionale l’osservazione di un trend, seppure parziale, di miglioramento dei comportamenti disfunzionali di (omissis), che ancora non possono essere considerati risolti. Inoltre, allo stato attuale, il mantenimento di un intervento domiciliare secondo metodologia ABA, seppure ridotto in numero di ore, ha come obiettivo quello di favorire la generalizzazione delle competenze modulabili in più contesti’ (pagg. 3 e 4 repliche del CTU ai CTP, sottolineatura aggiunta).

Conclude il CTU indicando in due anni il periodo di durata del trattamento: ‘al momento attuale, sulla durata del trattamento così come proposto, è ragionevole suggerire un periodo di 24 mesi, tenendo anche conto delle evidenze scientifiche che indicano l’età e l’intensità del programma come le due variabili più significative in grado di modificare l’outcome’.

A.T.S. DI PAVIA va dunque condannata a sostenere le spese relative all’erogazione in favore del minore (omissis) di cinque ore settimanali di trattamento riabilitativo domiciliare mediante la metodologia Aba indicata dalle linee guida per il trattamento dei disturbi dello spettro autistico nei bambini e negli adolescenti, per la durata di mesi ventiquattro oltre ai 12 mesi già concessi in sede cautelare.

Spese compensate per la metà stante l’esito del giudizio.

Spese di CTU liquidate come da separato decreto a carico di ATS Pavia

P.Q.M.
Visto l’art 429 cpc definitivamente pronunciando:

condanna A.T.S. DI PAVIA, AGENZIA DI TUTELA DELLA SALUTE DI PAVIA, in persona del legale rappresentante, a sostenere le spese relative all’erogazione in favore del minore (omissis), di cinque ore settimanali di trattamento riabilitativo domiciliare mediante la metodologia Aba indicata dalle linee guida per il trattamento dei disturbi dello spettro autistico nei bambini e negli adolescenti per la durata di mesi ventiquattro oltre ai 12 mesi già concessi in sede cautelare;

compensate le spese per la metà dichiara tenuta e condanna ATS Pavia resistente al pagamento della residua metà di tali spese liquidate, già nella parte in E 1800,00 oltre 15% per spese generali, iva e cpa come per legge.

condanna ATS Pavia al pagamento delle spese del CTU liquidate come da separato decreto;

giorni sessanta per la motivazione

Pavia 23.9.2021

Depositata in cancelleria il 19/11/2021

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