Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Nel giudizio di primo grado parte attrice citava in giudizio (omissis) SpA richiedendo la condanna alla restituzione degli oneri aggiuntivi sostenuti al momento del pagamento di ciascuna bolletta telefonica; si costituiva in giudizio la citata società, chiedendo dichiararsi inammissibile la domanda o, comunque, rigettarla nel merito.
Con la sentenza oggetto del presente gravame, il giudice di pace accoglieva la domanda e condannava la convenuta alla restituzione dell’indebito, oltre interessi e spese di lite.
Avverso detta decisione proponeva appello (omissis) SpA, deducendo sotto diversi profili l’erroneità ed ingiustizia della sentenza di primo grado; si è costituita parte appellata, insistendo per il rigetto dell’impugnazione e la conferma della sentenza di primo grado, con vittoria di spese.
All’odierna udienza, il Giudice ordinava discutersi oralmente la causa.
In via assolutamente preliminare, deve rilevarsi la proponibilità dell’appello, ex artt. 113, comma 2, 339, commi 1 e 3, e 341 c.p.c., trattandosi di controversia da decidere secondo diritto, rientrando il rapporto giuridico per cui è causa tra quelli conclusi ex arr. 1342 c.c.
Sempre in via preliminare, ritiene questo Giudice che, come recentemente statuito dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite (ord. n. 4896/2006), la controversia in esame rientra nella giurisdizione del Giudice ordinario: infatti, sotto il primo profilo, in caso di rapporti individuali di utenza con soggetti privati -non regolati da fonti di natura amministrativa ma da fonti negoziali – le relative controversie attengono a diritti soggettivi e non rientrano né nella giurisdizione di legittimità né in quella esclusiva del Giudice amministrativo; sotto il secondo profilo, le controversie in rema di I.V.A. fra soggetto attivo e soggetto passivo della rivalsa non attengono al rapporto tributario, non essendo il cessionario soggetto passivo di imposta, ed esulano quindi dalle attribuzioni delle Commissioni tributarie.
In punto di fatto, non è contestato che parte attrice in primo grado sia utente (omissis) e titolare della posizione indicata nell’atto di citazione a giudizio; tale circostanza, difatti, può reputarsi cerra in relazione sia al tenore dell’atto di citazione che all’assenza di puntuali contestazioni da parte del convenuto. li fondato il motivo di appello afferente alla legittimità dell’addebito delle spese di spedizione delle bollette ed all’infondatezza della domanda di ripetizione di quelle versate alla (omissis), il cui accoglimento rende superfluo l’esame degli ulteriori morivi, fra loro peraltro intimamente connessi dal punto di vista logico e giuridico.
Ed infatti, l’articolo di legge che si assume essere stato violato – arr. 21, L. n. 633 del 1972, ai sensi del quale “le spese di emissione della fattura e dei conseguenti adempimenti e formalità non possono formare oggetto di addebito a qualsiasi titolo” – non rappresenta una disposizione di ordine pubblico, come tale inderogabile (diversamente da quanto opinato dal giudice di prime cure), in quanto tale norma, anche se inserita in un testo normativo di carattere fiscale, non regola i rapporti tra contribuente e fisco ma il rapporto sostanziale fra chi effettua la cessione di beni o la prestazione di servizi ed il cessionario o il committente degli stessi. Se ne deduce che le parti, spendendo il proprio potere di autonomia privata, ben possono pattuire diversamente e che, nel caso di specie, l’art. 14 delle condizioni generali di fornitura ha, appunto, previsto una disciplina differente, ponendo a carico dell’urente le spese di spedizione.
Va altresì evidenziato che, come hanno di recente statuito dalla Corte di Cassazione (Sez. III, 13.2.2009, n. 3532), le spese di spedizione della fattura emessa per la fruizione dei servizi telefonici non debbono necessariamente gravare sull’impresa che eroga il servizio, non potendo un siffatto obbligo desumersi dall’art. 21, comma ottavo, del D.P.R. 26 agosto 1973, n. 633, introdotto dal D.P.R. 23 dicembre 1973, n. 687, in quanto la’spedizione non può ritenersi segmento dell’operazione di emissione della fattura, nè ricondursi “ai conseguenti adempimenti e formalità”, previsti dalla citata disposizione, segnando, invece, il momento stesso in cui viene a perfezionarsi la fatturazione.
Tali spese trovano, pertanto, compiuta disciplina nell’ambito del diritto civile e della volontà negoziale delle parti, dovendosi correlare all’obbligazione di pagamento del servizio telefonico, per cui, ove sia contrattualmente previsto (come nella specie, in forza dell’alt. 28 delle condizioni generali di abbonamento), che esse gravino sull’utente e siano anticipate da chi emette la fattura, il relativo rimborso deve essere escluso dalla base imponibile del corrispettivo per il servizio telefonico reso dal gestore, come si evince dall’art. 15, comma 1, n. 3, D.P.R. n. 633 del 1973.
Questo Giudice ritiene, inoltre, che non si versa in ipotesi di clausola vessatoria, poiché nella individuazione generale esplicata dall’art. 1469-bis c.c., oggi trasfuso nell’art. 33 D.Lgs. n. 206 del 2005, si considerano vessatorie quelle clausole che “determinano a carico del-consumatore un significativo sqnilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto”; nel caso di specie, infatti, l’incidenza modestissima della spesa di spedizione non è idonea ad alterare il sinallagma contrattuale, per cui non è possibile qualificare come vessatoria la clausola che pone il relativo onere a carico dell’utente (alla luce altresi dell’art. 1469-ter c.c., oggi trasfuso nell’art. 34 D.Lgs. n. 206 del 2005, secondo cui non si considerano vessatorie quelle clausole che “riproducono disposizioni di legge” concetto da intendersi in senso ampio di norma giuridica, e che l’art. 14 delle condizioni generali di contratto riproduce l’art. 53 D.P.R. n. 523 del 1984, il quale prevede espressamente la possibilità di addebito delle spese postali).
Nel caso di specie, si è quindi in presenza di una pattuizione contrattuale compatibile con l’estrinsecazione dell’autonomia negoziale costituzionalmente garantita.
Alla luce delle considerazioni che precedono, l’appello va accolto, con conseguente rigetto della domanda proposta in primo grado.
La presenza in subiecta materia di orientamenti giurisprudenziali di merito difformi, l’obiettiva controvertibilità della lite, la natura della controversia ed il comportamento processuale delle parti concretamente tenuto suggeriscono al Tribunale la compensazione integrale delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale di Nocera Inferiore, Prima Sezione Civile, in persona del Giudice dott. Luigi Levita, definitivamente pronunciando sull’appello, così provvede:
– accoglie l’appello e, per l’effetto, rigetta la domanda proposta in primo grado;
– compensa integralmente fra le parti le spese di lite di entrambi i gradi di giudizio.
Così deciso in Nocera Inferiore, il 3 luglio 2013.
Depositata in Cancelleria il 3 luglio 2013.