Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Preliminarmente, deve darsi atto che la presente sentenza viene estesa senza la concisa esposizione dello “svolgimento del processo” e, dunque, in base alle indicazioni di cui al secondo comma dell’art. 132 c.p.c., come modificato dalla L. n. 69 del 2009, trattandosi di disposizione normativa applicabile anche ai giudizi ancora pendenti in primo grado alla data della sua entrata in vigore. È, pur tuttavia, opportuno precisare preliminarmente l’oggetto del processo.
Con atto di citazione ritualmente notificato, gli odierni attori, citavano in giudizio innanzi all’intestata autorità giudiziaria, il P3 convenuto, in persona del legale rappresentante pro tempore, al fine di sentir accertare l’intervenuta usucapione del suolo sui cui insiste il terrazzino di proprietà degli istanti.
Gli attori esponevano quanto segue: di essere coniugati in regime di comunione legale e di essere proprietari dell’immobile sito alla via (omissis), acquistato per atto di compravendita del 12.11.1986 dai genitori sigg. (omissis) e (omissis) (rep. (…) registrato a Salerno il 24.11.1986); che da detto immobile si accede ad una terrazza di circa 10 mq, che posta sul lato nord ricopre lo storico complesso immobiliare di ” (…) “, di proprietà del Comune; che la terrazza de qua sarebbe stata esistente già al momento dell’acquisto sia da parte degli istanti, che da parte del dante causa, sig. (omissis), mediante decreto di trasferimento del Tribunale del 19.6.85; che la preesistenza della terrazza sarebbe dimostrata dal materiale dei rivestimenti delle piastrelle risalente alla metà degli anni 80; che essendo decorsi oltre 20 anni dalla costruzione dell’immobile o comunque dall’acquisto dello stesso da parte degli istanti, gli stessi avrebbero usucapito la proprietà del terrazzo sui beni di proprietà comunale; che la terrazza insiste su immobile, a loro dire, appartenente al patrimonio disponibile del Comune e non destinato a finalità pubblicistiche; che, pertanto, ricorrerebbero i presupposti per l’accertamento dell’usucapione del suolo su cui insiste la terrazza.
Si costituiva in giudizio il P3 convenuto, in persona del legale rappresentante p.t., il quale, concludeva per il rigetto della domanda attorea in quanto infondata in fatto in diritto. Proponeva altresì domanda riconvenzionale chiedendo la condanna degli attori alla rimozione dell’opera abusiva insistente sulla terrazza e al risarcimento dei danni.
La causa veniva istruita con prova testimoniale oltre che documentalmente.
Successivamente, dopo la precisazione delle conclusioni, il Giudice assegnava la causa in decisione con assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c.
Immortalate le prospettazioni delle parti, nonché le fasi processuali salienti, occorre in limine scrutinare l’eccezione sollevata dal P3 secondo cui la domanda attorca sarebbe nulla ex art. 164, comma 4, c.p.c. per indeterminatezza dell’oggetto.
Tale eccezione non merita accoglimento.
Invero, gli attori – pur con una formulazione sintetica – hanno chiaramente indicato di voler ottenere l’accertamento dell’intervenuta usucapione del suolo su cui insiste una terrazza di circa 10 mq alla quale si accede unicamente dalla loro proprietà, descrivendone le caratteristiche strutturali, l’estensione, la posizione e l’epoca del possesso, deducendone altresì la disponibilità esclusiva e continua da parte loro e dei propri danti causa sin dal 1986. La domanda, pertanto, contiene tutti gli elementi minimi richiesti per la valida instaurazione del contraddittorio, ovvero: la chiara identificazione del bene oggetto del diritto rivendicato (il suolo sottostante la terrazza, ben delimitato e descritto anche per estensione); la causa petendi (l’intervenuto possesso ultraventennale); il petitum, inteso come richiesta di accertamento giudiziale del diritto di proprietà acquisito per usucapione ex art. 1158 c.c.
La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che: “Ai fini della validità dell’atto di citazione, non è necessaria una rigorosa indicazione tecnico-giuridica dell’oggetto, essendo sufficiente che dal complesso delle allegazioni risulti chiara la domanda proposta e siano identificabili il bene e il diritto azionato” (Cass. civ., sez. III, 03/02/2012, n. 1610; conf. Cass. civ., sez. II, 26/06/2013, n. 16004).
Inoltre, le successive difese, memorie ex art. 183 c.p.c. e la fase istruttoria hanno ulteriormente precisato e circostanziato l’oggetto della pretesa, permettendo al convenuto di articolare compiutamente le proprie difese, anche con prova contraria e riconvenzionale.
Non ricorrono, dunque, i presupposti per la declaratoria di nullità dell’atto introduttivo, né sussiste alcuna lesione del diritto di difesa della parte convenuta.
L’eccezione va quindi rigettata.
Passando al merito, la domanda di usucapione proposta dagli attori nei confronti del P3 è infondata e, quindi, va rigettata.
Il bene oggetto della domanda insiste su un immobile appartenente al patrimonio indisponibile del Comune, destinato a finalità pubblicistiche sin dall’acquisizione dal soppresso Ente ECA. È pacifico che il complesso denominato ” (…) ” è vincolato ex lege per il suo valore storico-monumentale ed è oggetto di un progetto di recupero funzionale finanziato con fondi pubblici.
Ai sensi dell’art. 828, co. 2, c.c., i beni del patrimonio indisponibile non possono essere usucapiti. In tal senso è fermo l’orientamento della giurisprudenza di legittimità: “I beni facenti parte del patrimonio indisponibile degli enti pubblici non possono essere sottratti alla loro destinazione, se non nei modi stabiliti dalla legge, e non possono essere oggetto di usucapione da parte di terzi ” (Cass. civ., sez. II, 26/03/2007, n. 7253; Cass. civ., sez. II, 20/10/2003, n. 15701).
Ne consegue l’inidoneità giuridica del bene a costituire oggetto di acquisto a titolo originario per usucapione, a prescindere dal possesso degli attori.
La terrazza in questione è risultata essere opera abusiva, realizzata mediante apertura di un vano balcone su immobile di proprietà pubblica, come accertato dagli atti dell’Ufficio tecnico comunale e confermato da tre ordinanze di demolizione, due dinieghi di sanatoria e due sentenze del TAR Campania.
La costruzione di un manufatto abusivo esclude il requisito della pacificità e dell’animus domini richiesto dall’art. 1158 c.c. ai fini dell’usucapione: “L’abusività edilizia esclude il possesso ad usucapionem, poiché l’animus non è riconducibile ad un’intenzione di esercitare un diritto di proprietà, ma ad un comportamento contra legem ” (Cass. civ., sez. II, 27/07/2000, n. 9872; TAR Catania, sez. II, 06/02/2023, n. 348).
Neppure il mero decorso del tempo è sufficiente a sanare una condotta illecita: “Non si può usucapire il diritto di mantenere una costruzione abusiva, in quanto l’usucapione non può caducare norme imperative di diritto pubblico ” (TAR Sicilia, Catania, 28/03/2023, n. 2826; Cons. Stato, sez. IV, 28/02/2017, n. 908).
Fondata risulta, invece, la domanda riconvenzionale spiegata dal P3 diretta ad ottenere la condanna alla rimozione dell’opera abusiva insistente su bene di proprietà pubblica e al risarcimento del danno.
In primo luogo, dagli atti di causa risulta documentalmente provato che la terrazza oggetto di controversia è stata realizzata in assenza di titolo edilizio, come accertato dal Comune in sede amministrativa e definitivamente confermato da due pronunce del TAR Campania, sede di S. (sent. n. 1312/2014 e n. 1220/2015). L’opera è stata inoltre oggetto di tre ordinanze di demolizione (n. 17/2011, n. 17/2014 e n. 595/2014), rimaste inottemperate, e di due dinieghi di sanatoria, fondati sulla insanabilità degli abusi ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001 e del vincolo paesaggistico insistente sull’area.
La natura abusiva e insanabile dell’intervento rende illegittimo il mantenimento della terrazza, costruita su bene pubblico (complesso ” (…) “), appartenente al patrimonio indisponibile del Comune, come attestato dalle certificazioni comunali in atti. Ai sensi dell’art. 828, comma 2, c.c., i beni appartenenti al patrimonio indisponibile non possono essere sottratti alla loro destinazione se non nei modi stabiliti dalla legge e non sono pertanto suscettibili di usucapione o acquisizione per fatti concludenti.
La giurisprudenza ha chiarito che: “La costruzione abusiva su bene appartenente al patrimonio indisponibile dell’ente pubblico non può dar luogo ad alcuna tutela possessoria o acquisitiva, dovendo prevalere la funzione pubblica cui il bene è destinato” (Cass. civ., sez. II, 15 gennaio 2013, n. 869; Cons. Stato, sez. IV, 20 febbraio 2019, n. 1178).
Ne consegue che il mantenimento dell’opera abusiva da parte degli attori si pone in violazione del regime giuridico del bene, ostacolandone l’effettiva disponibilità da parte dell’amministrazione e determinando un’illegittima compressione del diritto dominicale pubblico, che legittima la richiesta di rimozione coatta formulata in via riconvenzionale.
Quanto al risarcimento del danno, deve ritenersi sussistente in re ipsa, quale conseguenza diretta e immediata dell’illecita occupazione di bene pubblico, della compromissione della destinazione istituzionale del compendio ” (…) ” e delle spese sostenute dal P3 per attivare plurime procedure amministrative e giudiziali per il ripristino dello status quo ante.
Secondo consolidata giurisprudenza: “In caso di occupazione abusiva di suolo pubblico, sussiste la responsabilità del soggetto che si è illegittimamente appropriato del bene, a prescindere dalla prova del danno, trattandosi di lesione del diritto pubblico dominicale che determina un danno in re ipsa, anche in termini di mera limitazione al godimento” (Cass. civ., sez. I, 19 luglio 2011, n. 15846; Cass. civ., sez. II, 7 marzo 2018, n. 5450).
Il danno deve essere liquidato equitativamente, ai sensi dell’art. 1226 c.c., tenuto conto: della durata della condotta illecita (dal 2010 ad oggi); della natura del bene coinvolto (bene storico-monumentale vincolato); delle ripercussioni sull’uso pubblico dell’intero compendio; delle risorse amministrative impiegate.
Valutati tali elementi, si ritiene equa la liquidazione in Euro 15.000,00 a titolo risarcitorio.
Ogni ulteriore questione resta assorbita in tutto quanto sinora osservato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunziando sulla domanda proposta, così provvede:
a) Rigetta la domanda di usucapione proposta dagli attori;
b) Accoglie parzialmente la domanda riconvenzionale proposta dal Comune e, per l’effetto:
1. accerta e dichiara che la terrazza realizzata dagli attori insiste su bene immobile appartenente al patrimonio indisponibile del Comune di Cava de’ Tirreni;
2. condanna gli attori alla rimozione integrale dell’opera abusiva realizzata in violazione della normativa edilizia e urbanistica;
3. condanna altresì gli attori, in solido tra loro, al risarcimento del danno in favore del (omissis) che liquida equitativamente in Euro 15.000,00;
c) Condanna gli attori, in solido tra loro, alla rifusione delle spese di lite in favore del (omissis) che si liquidano in complessivi Euro 4.380,35 per compensi, oltre rimborso forfettario del 15%, IVA e CPA come per legge.
Manda la cancelleria.
Così deciso in Nocera Inferiore, il 13 maggio 2025.
Depositata in Cancelleria il 13 maggio 2025.
