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Tribunale di Napoli sez. VIII, 29/07/2024, n. 7462

Massima

L’impugnazione di testamenti olografi per incapacità del testatore e/o per sospetta falsità grafica richiede allegazione e prova specifiche e puntuali. La mancata dimostrazione della lesione della quota di legittima e la carente ricostruzione dell’asse ereditario comportano il rigetto delle domande di riduzione delle disposizioni testamentarie e di scioglimento della comunione ereditaria.

Supporto alla lettura

AZIONE DI RIDUZIONE

Si tratta di quell’azione concessa ai legittimari o loro eredi o aventi causa, diretta a reintegrare le quote a essi spettanti, che siano state lese per effetto di donazioni o disposizioni testamentarie (spesso tali donazioni o disposizioni hanno ad oggetto beni immobili).

Con tale azione si tutelano i  legittimari che in questo modo potranno ottenere giudizialmente la quota di legittima, così come determinata dagli artt. 556 e ss c.c.

È un’azione:

  • di accertamento costitutivo (dell’esistenza della lesione della legittima);
  • di inefficacia relativa e sopravvenuta e non di nullità: la sentenza di riduzione non attua un trasferimento, ma opera in modo che il trasferimento posto in essere dal de cuius si consideri come non avvenuto nei confronti del legittimario;
  • personale e non erga omnes perché si rivolge verso specifici soggetti;
  • con effetti retroattivi reali perché gli effetti retroagiscono al momento dell’apertura della successione.

Ambito oggettivo di applicazione

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con atto di citazione ritualmente notificato, (omissis) – premettendo che il (omissis) decedeva in Ercolano (omissis), nato a (omissis), lasciando quali figli legittimari l’attrice e (omissis), (omissis), (omissis), (omissis) e (omissis) – conveniva in giudizio (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), (omissis) (in proprio e quale esercente la potestà genitoriale sul figlio minore (omissis)), (omissis) (in proprio e quale esercente la potestà genitoriale sul figlio minore (omissis)), (omissis), (omissis), (omissis), (omissis) e (omissis).

L’attrice affermava in atti:

– di essere figlia, unitamente ai germani convenuti, del de cuius (omissis), per il quale il 29.05.2013 veniva aperta amministrazione di sostegno;

– che in data 8.04.2015 venivano pubblicati, su richiesta del nominato esecutore testamentario (omissis), n. 3 testamenti olografi del de cuius, come da atto per Notaio (omissis) di Portici del 01.04.2015, rep. n. 13544, rac. 7507, registrati in data 8.04.2015 al n. 2664;

– con l’ultimo dei 3 testamenti, datati rispettivamente 01.12.2005, 08.05.2007 e 13.12.2008, il de cuius, in revoca a precedenti disposizioni, aveva nominato suoi eredi universali i due nipoti ex filia (omissis) e (omissis), il nipote (omissis), il minore (omissis), figlio della compagna, (omissis), il nipote (omissis), disponendo altresì legati in favore di (omissis) (moglie di (omissis)) e della compagna (omissis);

– che le ultime volontà del genitore andavano dichiarate nulle/annullabili perché redatte in mancanza del requisito della capacità di intendere e di volere del testatore e/o per vizio della volontà del predetto al momento della loro redazione, attese le numerose patologie da cui (omissis) era da tempo affetto, e del suo limitato grado di cultura;

– che il de cuius nulla disponeva, invece, in favore dell’attrice e ciò giustificava in subordine una domanda di riduzione delle disposizioni che l’avevano completamente pretermessa, con conseguente reintegra della sua quota di riserva lesa in relazione alla composizione del patrimonio ereditario, come ricostruita in sede di inventario dall’amministratore di sostegno;

– in via successiva, chiedeva procedersi allo scioglimento della comunione ereditaria ab intestato, con conseguente devoluzione dell’intero asse ereditario agli eredi legittimi, con vittoria di spese.

Sulla scorta di quanto esposto rassegnava le conclusioni come sopra indicate.

Si costituivano in giudizio (omissis) e (omissis) (nipoti ex filia ed eredi testamentari del de cuius), invocando il rigetto della domanda di impugnativa di testamento, non opponendosi tuttavia all’accertamento di un’eventuale lesione della quota ereditaria spettante all’attrice, e prestando adesione alla domanda di scioglimento della comunione ereditaria, limitatamente ai beni certamente nella proprietà del de cuius al momento dell’apertura della successione.

Si costituiva altresì (omissis), invocando il rigetto delle domande attoree unicamente in relazione ad un bene immobile sito in Portici di sua esclusiva proprietà per esserle stato trasferito dal de cuius a titolo oneroso il 15.12.2013.

Si costituiva in lite (omissis), invocando in via preliminare la non integrità del contraddittorio, per non essere stati evocati in giudizio tutti gli eredi nominati tali nelle schede testamentarie precedenti a quella del 13.12.2008, nel merito il rigetto delle domande per infondatezza dei motivi.

Con provvedimento del GI, espresso in data 27.06.2016, veniva disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i chiamati all’eredità di (omissis), ritenendo oggetto di impugnativa tutte e tre le schede testamentarie asseritamente riconducibili al de cuius.

Va altresì rappresentato che la medesima parte attrice aveva invocato ante causam l’emissione di un provvedimento giudiziale di sequestro giudiziario ex art. 670 n. 1 cpc prospettando nel merito l’azione, poi attivata, di impugnativa di testamento e riduzione di disposizioni testamentarie per pretermissione del legittimario. La richiesta di cautela veniva rigettata dal Tribunale di Napoli per insussistenza dei presupposti come da provvedimento del 25.01.2016 versato in atti.

Nel presente giudizio veniva altresì esteso il contraddittorio a (omissis) (figlia adottiva del de cuius e figlia naturale del di lui germano (omissis)), e ai figli di quest’ultima (omissis) ed altri (omissis), tutti quali ulteriori chiamati all’eredità in relazione ai primi due testamenti del de cuius e ritenuto così integrato il contraddittorio.

Rigettate poi le richieste istruttorie delle parti, a seguito delle conclusioni rassegnate all’udienza del 12.10.23 la causa veniva assegnata al Collegio per la decisione sulla domanda di nullità dei testamenti impugnati.

Ciò premesso, va innanzitutto dichiarata la contumacia dei convenuti (omissis) ed altri (omissis), non costituiti in lite nonostante regolare citazione.

Nel merito, si osserva che l’attrice (omissis) ha esperito azione di nullità/annullamento delle tre schede testamentarie olografe del de cuius (omissis) per incapacità del testatore ai sensi dell’art. 591, comma 2, n. 3, cpc, e in subordine ha avanzato domanda di riduzione della disposizione testamentaria eventualmente da ritenersi valida con reintegra della sua quota ereditaria lesa dalla volontà testamentaria che l’aveva completamente esclusa dalla successione ereditaria in esame.

Conseguentemente ha chiesto procedersi allo scioglimento di comunione ereditaria ab intestato, sul presupposto di rivestire la qualità di erede legittima del testatore.

In particolare, (omissis), figlia del testatore (omissis), deceduto in Napoli il (omissis), ha agito nel presente giudizio invocando una pronuncia di invalidità del:

1) testamento olografo datato 01.12.2005, in cui il de cuius nominava eredi universali le figlie (omissis), (omissis), (omissis) e (omissis), specificando le assegnazioni di determinati beni in favore di ciascuno di essi, e legava determinati beni immobili in favore della figlia naturale (omissis) (poi adottata da (omissis)) e della figlia adottiva (omissis), lasciando infine a (omissis) l’immobile sito in Portici alla via (omissis);

2) testamento olografo datato 08.05.2007, in cui il de cuius nominava eredi universali i nipoti (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), (omissis) e (omissis), specificando le singole assegnazioni di beni per ciascuno di essi e disponendo altresì di lasciare ulteriori beni immobili in favore della figlia naturale (omissis) (poi adottata da (omissis)) e della figlia adottiva (omissis), lasciando infine ad (omissis) l’immobile sito in Portici alla via (omissis);

3) testamento olografo datato 13.12.2008, in cui il de cuius nominava eredi universali (omissis), (omissis), (omissis), (omissis) e (omissis), specificando le singole assegnazioni di beni per ciascuno di essi, disponendo altresì di lasciare il 50 per cento della quota successoria di (omissis) anche alla di lui coniuge (omissis), e di lasciare ad (omissis) tutti i beni mobili e il denaro appartenente al de cuius.

Le tre schede testamentarie sono state pubblicate con unico atto per Notaio (omissis) dell’8 aprile 2015 n. (omissis), allegato D all’atto n. 7507 della Raccolta.

L’istante, deducendo lo stato di incapacità naturale del testatore, ha inoltre allegato alla domanda di annullamento per falsità, limitata all’ultimo negozio testamentario, un parere grafologico pro veritate che pone in dubbio l’autenticità della scheda datata 13.12.2008, seppur analizzata senza comparazione con altri scritti e su atto prodotto in fotocopia. Con ciò è stato anche dedotto in citazione il profilo di invalidità delle schede, in quanto rivelatrici di una volontà viziata e di una autografia falsata dalla guida di una mano terza.

Ebbene, l’impugnativa dei predetti testamenti è infondata.

La dedotta invalidità dei negozi testamentari impugnati sotto il profilo della incapacità a testare del de cuius è rimasta nel corso del giudizio assolutamente generica e priva di adeguato sostegno probatorio.

In citazione viene dedotta una perdita da parte del testatore della capacità di autodeterminarsi in modo libero e consapevole, senza tuttavia che la parte istante abbia specificato la tipologia, l’entità, l’epoca di insorgenza e di aggravamento delle patologie del de cuius che avrebbero contaminato le sue volontà in misura tale da invalidarne il contenuto. La parte attrice sul punto si è limitata a rimarcare una condizione del de cuius di “cardiopatia ischemica cronica, ipertensione arteriosa di grado 3, diabete di tipo 2, pregressa neoplasia prostatica con TURP e vasculopatia cerebrale cronica con deterioramento delle funzioni cognitive”, siccome risultante dalla cartella clinica relativa al ricovero ospedaliero del 15.06.2012, i cui approfondimenti diagnostici appaiono tuttavia aver esplorato ambiti diversi da quello prettamente neurologico.

È stata poi versata in atti copia della documentazione sanitaria afferente un successivo ricovero ospedaliero del de cuius presso l’Ospedale S.M. di Loreto Nuovo di Napoli risalente al 15.01.2013, con diagnosi di “ictus cerebrale ischemico carotideo destro, vasculopatia cerebrale multifattoriale, cardiopatia ischemica, Pregresso IMA, ipertensione arteriosa e diabete mellito, BPCO”.

Tutto quanto certificato e appena analizzato, senza contenere alcuno specifico riferimento ad una condizione di conclamato decadimento cognitivo del de cuius, si riferisce in ogni caso ad un lasso temporale che va dal 15.6.2012 al 28.01.2013 (data delle seconde dimissioni ospedaliere), lontano di alcuni anni dall’epoca delle volontà impugnate.

Nessuna ulteriore, valida e specifica documentazione sanitaria tra quella versata in atti può essere retrodatata al momento della redazione delle schede testamentarie contestate, la più recente delle quali risale al 13 dicembre 2008.

Nessuna prova è stata articolata dalla parte attrice, né in citazione né in memorie ex art. 183 cpc, al fine di dimostrare che il testatore presentasse problemi neurologici di tale entità da compromettere significativamente la sua capacità di intendere e di volere al momento dei testamenti e che lo stesso non fosse assolutamente in grado di intendere il significato ed il valore di quanto solo formalmente emergente quali ultime volontà.

Sostenere che fosse verosimilmente già in essere al momento dei testamenti una importante compromissione delle funzioni cognitive del de cuius, senza tuttavia poterne ricostruire natura, corso ed entità, non appare a questo Collegio valevole a dimostrarne l’incapacità di testare.

Sul punto, secondo un orientamento del Giudice di legittimità che può ritenersi assolutamente consolId.to, l’annullamento del testamento per incapacità naturale del testatore postula l’esistenza non già di una semplice anomalia o alterazione delle facoltà psichiche ed intellettive del de cuius, bensì la prova che, a cagione di una infermità transitoria o permanente, ovvero di altra causa perturbatrice, il soggetto sia stato privo in modo assoluto, al momento della redazione dell’atto di ultima volontà, della coscienza dei propri atti o della capacità di autodeterminarsi; peraltro, poiché lo stato di capacità costituisce la regola e quello di incapacità l’eccezione, spetta a chi impugna il testamento dimostrare la dedotta incapacità, salvo che il testatore non risulti affetto da incapacità totale e permanente, nel qual caso grava, invece, su chi voglia avvalersene provarne la corrispondente redazione in un momento di lucido intervallo (Cass. Sez. 6, ord. 3934 del 19.02.2018).

Infondata risulta, inoltre, la dedotta invalidità delle ultime volontà di (omissis) sotto il diverso profilo della loro autenticità grafica.

Ai sensi dell’art. 602 c.c. per testamento olografo si intende il testamento scritto, datato e sottoscritto a mano dal testatore; pertanto, la sua natura giuridica è quella di scrittura privata qualificata, da cui discende l’applicabilità della relativa normativa sull’efficacia probatoria, spettando a colui che asserisce vantare diritti su un determinato testamento, provarne l’autenticità. È affetto da nullità l’atto il cui testo viene interamente contraffatto, o nelle ipotesi in cui la scheda testamentaria si formi con l’aiuto di un terzo e quindi viene a mancare il requisito dell’olografia. In tema di nullità del testamento olografo, il requisito della sottoscrizione, distintamente dall’autografia delle disposizioni in esso contenute, ha la finalità di soddisfare l’imprescindibile esigenza di avere assoluta certezza non solo della loro riferibilità al testatore, già assicurata dall’olografia, ma anche dell’inequivocabile paternità del medesimo (Cass. civ, sez. II, sent. 18616/2017).

La validità del testamento olografo esige quindi, ai sensi dell’art. 602 c.c., l’autografia della sottoscrizione, della data e del testo del documento, essendo sufficiente ad escluderla qualsiasi intervento ad opera di terzi, indipendentemente dal tipo e dall’entità, anche se il terzo abbia scritto solo una parola durante la predisposizione del testamento, senza che assuma rilievo, peraltro, l’importanza sostanziale della parte eterografa ai fini della nullità dell’intero testamento (Cass. civ, sez. II, sent. 20703/2013). La legge prescrive, infatti, che il testamento olografo debba essere interamente vergato di mano del testatore anche per impedire che questi, nella confezione del testamento, possa subire illecite ingerenze altrui e manifestare di conseguenza una volontà non formatasi, in tutto o in parte, in modo libero e spontaneo.

Le parti del testamento scritte da mano aliena rendono nullo l’intero testamento e inapplicabile il principio “utile per inutile non vitiatur” che contrasterebbe con la duplice funzione – garanzia di libertà e di autenticità – che deve riconoscersi al requisito dell’autografia. È pertanto da ritenere che qualora nel corpo della disposizione di ultima volontà anche una sola parola sia di mano altrui e risulti che essa sia stata scritta dal terzo durante la confezione del testamento, sciente e consenziente il testatore, il testamento è nullo per l’intero giacché dalla prova che alla confezione del testamento ha collaborato una volontà altrui il legislatore fonda la presunzione assoluta di mancata spontaneità e libertà del volere (Cass., Sez. II, 7 luglio 2004, n. 12458; Cass., Sez. II, 10 luglio 1991, 7636).

Inoltre, “la guida della mano del testatore da parte di una terza persona esclude, di per sé, il requisito dell’autografia, indispensabile per la validità del testamento olografo, a nulla rilevando l’eventuale corrispondenza del contenuto della scheda rispetto alla volontà del testatore ed essendo ultroneo verificare se la “mano guidante” sia intervenuta su tutta la scheda testamentaria, trattandosi di condotta in ogni caso idonea ad alterare la personalità ed abitualità del gesto scrittorio e tale da condizionare l’accertamento della validità del testamento alla verifica di ulteriori circostanze – quali l’effettiva finalità dell’aiuto del terzo o la corrispondenza del testo scritto alla volontà dell’adiuvato – che minerebbero le finalità di chiarezza e semplificazione alla base della disciplina del testamento olografo” (sic: Cass. Civ., Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 5505 del 06/03/2017).

Ebbene, dal punto di vista procedurale, la parte che contesti l’autenticità di un testamento olografo deve proporre domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura e grava su di essa l’onere della relativa prova, secondo i principi generali dettati in tema di accertamento negativo (cfr. Cass. civ., Sez. Un., 15 giugno 2015, n. 12307), non essendo sufficiente il mero disconoscimento dell’atto (cfr. Cass. civ, sez. VI, sent. 24749/2019).

La necessità di una siffatta azione per quaestio nullitatis, ad avviso delle SS.UU. consente di rispondere: “- da un canto, all’esigenza di mantenere il testamento olografo definitivamente circoscritto nell’orbita delle scritture private; – dall’altro, di evitare la necessità di individuare un (assai problematico) criterio che consenta una soddisfacente distinzione tra la categoria delle scritture private la cui valenza probatoria risulterebbe di incidenza sostanziale e processuale intrinsecamente elevata, tale da richiedere la querela di falso, non potendosi esse relegare nel novero delle prove atipiche (…); – dall’altro, di non equiparare l’olografo, con inaccettabile semplificazione, ad una qualsivoglia scrittura proveniente da terzi, destinata come tale a rappresentare, quoad probationis, una ordinaria forma di scrittura privata non riconducibile alle parti in causa; – dall’altro ancora, di evitare che il semplice disconoscimento di un atto caratterizzato da tale peculiarità ed efficacia dimostrativa renda troppo gravosa la posizione processuale dell’attore che si professa erede, riversando su di lui l’intero onere probatorio del processo in relazione ad un atto che, non va dimenticato, è innegabilmente caratterizzato da una sua intrinseca forza dimostrativa; – infine, di evitare che la soluzione della controversia si disperda nei rivoli di un defatigante procedimento incidentale quale quello previsto per la querela di falso, consentendo di pervenire ad una soluzione tutta interna al processo, anche alla luce dei principi affermati di recente da questa stessa Corte con riguardo all’oggetto e alla funzione del processo e della stessa giurisdizione, apertamente definita risorsa non illimitata” (così Cass. civ., Sez. Un. cit.).

Ciò premesso in punto di diritto, osserva il Collegio che la domanda principale dell’attrice finalizzata alla declaratoria di nullità dei testamenti olografi attribuiti a (omissis) va qualificata come domanda di accertamento negativo della provenienza delle scritture e, pertanto, è stata correttamente incardinata.

Tuttavia, nulla di specifico viene dedotto dalla parte istante sul punto, tant’è che l’attrice si limita a gettare il sospetto che la mano del testatore sia stata “guidata”, alla luce delle conclusioni raggiunte sul punto, in modo per la verità marcatamente parziale, dal CTP dott.ssa (omissis), atteggiandosi come una contestazione del tutto generica circa la “non genuinità della scrittura” che non avrebbe potuto (a pena di ricerche meramente esplorative) nemmeno essere sopperita da una CTU grafologica.

Alcuno scritto comparativo veniva infatti allegato dalla parte attrice, e neanche utilizzato in sede di parere di parte.

La complessiva genericità della domanda di impugnativa dei testamenti riconducibili al de cuius conduce al suo rigetto.

Allo stesso modo, la domanda attorea volta ad ottenere la reintegra della quota di legittima lesa, mediante riduzione delle disposizioni testamentarie del de cuius, non merita accoglimento.

Va sul punto osservato che secondo il pacifico orientamento della Corte di cassazione – che il Collegio ritiene di seguire – per accertare la lesione della quota di riserva va determinato il valore della massa ereditaria, quello della quota disponibile e della quota di legittima. A tal fine, occorre procedere alla formazione del compendio dei beni relitti e alla determinazione del loro valore al momento dell’apertura della successione; quindi, alla detrazione dal “relictum” dei debiti, da valutare con riferimento alla stessa data; e, ancora, alla riunione fittizia, cioè meramente contabile, tra attivo netto e “donatum”, costituito dai beni di cui sia stato disposto a titolo di donazione, da stimare, in relazione ai beni immobili e ai beni mobili, secondo il loro valore al momento dell’apertura della successione (artt. 747 e 750 cod. civ.) e, con riferimento al valore nominale, quanto alle donazioni in denaro (art. 751 cod. civ.). Devono calcolarsi, poi, la quota disponibile e la quota indisponibile sulla massa risultante dalla somma tra il valore del “relictum” al netto e il valore del “donatum”, e imputarsi, infine, le liberalità fatte al legittimario, con conseguente diminuzione, in concreto, della quota ad esso spettante (art. 564 cod. civ.) (Cass. n. 12919/2012; Cass. 27352/2014).

Il legittimario che propone l’azione di riduzione ha pertanto l’onere di indicare entro quali limiti è stata lesa la sua quota di riserva, determinando con esattezza il valore della massa ereditaria, nonché il valore della quota disponibile e della quota di legittima violata; a tal fine, ha l’onere di allegare e comprovare tutti gli elementi occorrenti per stabilire se, e in quale misura, sia avvenuta la lesione della sua quota di riserva (Cass. n. 14473/2011; Cass. n. 20830/2016; Cass. n. 1357/2017; Cass. 21503/2018, Cass. 18199 del 2.09.2020).

La Suprema Corte evidenzia che “l’onere di allegazione della parte effettivamente impone di offrire un quadro soddisfacente della situazione patrimoniale del de cuius ai fini del compimento delle operazioni di riunione fittizia e di imputazioni, ciò soprattutto nel caso in cui già gli elementi probatori addotti in giudizio denotino l’esistenza di beni costituenti il relictum ovvero il compimento di atti di liberalità da parte del de cuius” precisando che, soddisfatto tale onere, deve reputarsi che l’attore “soddisfi l’onere di specificità della domanda impostogli dalle legge una volta che, richiamata la misura della sua quota di legittima, quale dettata dalla legge, assuma che per effetto delle disposizioni testamentarie ovvero in conseguenza delle donazioni poste in essere in vita in favore di altri soggetti, e al netto di quanto ricevuto allo stesso titolo, residui una lesione” (v. Cass. Cit.).

Applicando tali principi al caso di specie, non può ritenersi che parte attrice abbia compiutamente adempiuto all’onere di allegazione derivante dall’azione di riduzione proposta, anche alla luce della inclusione nell’asse ereditario in questione di tre beni immobili che la stessa parte istante indica come essere stati donati dal de cuius alla figlia (omissis) e di un immobile trasferito dal de cuius a titolo oneroso alla convenuta (omissis) in data 15.12.2013 e di due immobili la cui nuda proprietà sarebbe stata acquistata dal de cuius direttamente in favore del minore (omissis), con riserva di usufrutto per il testatore. Tali trasferimenti, a titolo liberale piuttosto che oneroso, non risultano oggetto di impugnativa dell’attrice, ma rendono senz’altro incerta la composizione del patrimonio ereditario oggetto di domanda, anche alla luce delle contestazioni sollevate dai convenuti proprio in ordine alla titolarità di alcuni beni oggetto di domanda, e alla previsione di legati testamentari che non cadono evidentemente nella comunione ereditaria.

Sul punto, è ben noto al Collegio decidente l’orientamento recentemente assunto dalla Suprema Corte con la pronuncia nr 6228/2023, secondo cui nei giudizi di scioglimento della comunione la prova della comproprietà dei beni dividendi non è quella rigorosa richiesta in caso di azione di rivendicazione o di accertamento positivo della proprietà, atteso che la divisione, oltre a non operare alcun trasferimento di diritti dall’uno all’altro condividente, è volta a far accertare un diritto comune a tutte le parti in causa e non la proprietà dell’attore con negazione di quella dei convenuti, sicché, in caso di non contestazione sull’appartenenza dei beni, non può disconoscersi la possibilità di una prova indiziaria, né la rilevanza delle verifiche compiute dal consulente tecnico, siccome ridondanti a vantaggio della collettività dei condividenti.

Tuttavia, la pronuncia appena richiamata non appare attagliarsi al caso di specie, in cui sussistono invece, in relazione alla domanda di scioglimento della comunione, espresse contestazioni tra le parti proprio in ordine alla titolarità di alcuni dei beni da dividersi, sicché il CTU assolverebbe impropriamente i condividenti dall’onere, che sugli stessi in ogni caso permane, di una corretta individuazione dell’asse ereditario.

Con questo si vuol dire che la domanda attorea, anche ai fini dello scioglimento della comunione ereditaria, non consente una ricostruzione esatta dell’asse ereditario, né fornisce elementi idonei ad una corretta ricostruzione dello stesso, tenuto altresì conto dell’omessa produzione dei titoli di proprietà in relazione agli immobili per i quali si è chiesto la divisione ereditaria. Sono, infatti, versati in atti soltanto le ispezioni ipotecarie relative agli immobili donati dal de cuius alla figlia (omissis) e all’acquisto del diritto di usufrutto in capo al de cuius su un altro immobile sito in Ercolano, la cui nuda proprietà risulta acquistata dal de cuius in favore del minore (omissis)

In definitiva, le domande avanzate dalla parte attrice vanno rigettate.

Quanto alle spese di lite, in applicazione del principio della soccombenza, le stesse devono essere poste a carico dell’attrice e vengono liquidate secondo i parametri di cui al D.M. 55/2014 così come modificato dal D.M. n. 147/2022 e in vigore dal 23 ottobre 2022, per lo scaglione di valore indeterminabile complessità bassa applicando i valori minimi attesa la non particolare complessità delle questioni trattate e rilevato che l’attività istruttoria non è stata espletata.

P.Q.M.
Il Tribunale, in composizione collegiale definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, così provvede:1) dichiara la contumacia dei convenuti (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), (omissis) (già (omissis)), (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), (omissis);

2) RIGETTA tutte le domande proposte dall’attrice per le ragioni di cui in parte motiva;

3) condanna la parte attrice al pagamento, in favore dei convenuti (omissis) e (omissis), delle spese di lite che liquida in Euro 5.431,00 per onorari oltre iva e cpa e rimb. Forf. come per legge;

4) condanna la parte attrice al pagamento, in favore della convenuta (omissis), delle spese di lite che liquida in Euro 5.431,00 per onorari oltre iva e cpa e rimb. forf. come per legge;

5) condanna la parte attrice al pagamento, in favore della convenuta (omissis), delle spese di lite che liquida in Euro 5.431,00 per onorari oltre iva e cpa e rimb. forf. come per legge.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del 25 luglio 2024.

Depositata in Cancelleria il 29 luglio 2024.

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