In sede dibattimentale, superata la fase delle questioni preliminari e quella di ammissione delle prove, nel corso dell’istruttoria venivano esaminati i testi (omissis), (omissis) e isp. (omissis); si conferiva alla sig.ra (omissis) l’incarico di procedere alla trascrizione degli sms registrati su supporto magnetico acquisito in atti; si acquisiva inoltre la documentazione meglio indicata a verbale. All’esito, terminata l’istruttoria e dichiarata l’utilizzabilità degli atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento, le parti concludevano come in epigrafe ed il Giudice decideva come da separato dispositivo.
Brevemente sintetizzando l’oggetto del processo, la vicenda che ne è alla base è stata minuziosamente descritta dalla persona offesa (omissis).
Costei, in aula, ha riferito che nel 2004 terminava la sua relazione amorosa con tale (omissis); per la giovane si apriva un periodo di turbamento, che secondo la teste sfociava in un senso di depressione. Un giorno, nel negozio dove la (omissis) lavorava, si presentava il (omissis), che era all’epoca fidanzato di una figlia di una collega di suo padre; in seguito all’incontro, occasionato dal fatto che l’odierno imputato intendeva fare un acquisto assieme alla sua fidanzata, si instaurava un clima di confidenza con la (omissis), la quale gli raccontava la sua storia e, in particolare, la fine della relazione con il (omissis). Il (omissis) a quel punto prospettava alla (omissis) che egli sarebbe potuto riuscire a farla ritornare con il (omissis) e, successivamente, le parlava di uno spirito guida chiamato “Clara”, che a suo dire avrebbe potuto aiutare la giovane; però, per poter intervenire in suo favore, il (omissis) chiedeva in cambio una somma di danaro, sostenendo di doversi procurare un amuleto; la (omissis) si lasciava convincere e gli versava la somma di 500 euro; anche in seguito, secondo quanto dichiarato dalla persona offesa, il (omissis) le chiedeva soldi e monili perché asseriva di far parte di una cerchia di cui il capo era lo spirito guida chiamato “Clara”.
Nel frattempo, il (omissis) aveva iniziato una relazione con un’altra ragazza, ma il (omissis) continuava a dire alla (omissis) che avrebbe fatto sì che la nuova relazione cessasse e che il (omissis) tornasse da lei; l’odierno imputato sosteneva di conoscere la nuova ragazza del (omissis), la quale a suo dire frequentava un cartomante e si recava presso non meglio precisati stregoni e aveva quindi la possibilità di “contrastare” i tentativi della (omissis) di ritornare con il suo ragazzo. Perciò, per poter intercedere in suo favore, il (omissis) continuava a chiedere danaro alla giovane.
L’odierno imputato le riferiva poi che a Sarzana c’era una sorta di ufficio in una viuzza dietro l’ospedale, che a detta del (omissis) era l’ufficio di “Clara”: l’odierno imputato, secondo quanto riferito dalla (omissis), sosteneva che Clara era una persona, o almeno che la conosceva, anche se la indicava come una sorta di demonio (la teste riferisce che il numero di riferimento “diabolico” di “Clara” era 666) e arrivò anche a chiedere alla (omissis) di fare propaganda ai suoi poteri, proponendole di occuparsi di volantinaggio.
A un certo punto, il (omissis) proponeva alla (omissis) di dargli del danaro per acquistare una casa per lei e per il (omissis), in modo da ingraziarselo; addirittura conduceva la (omissis) a San Terenzo e le mostrava la casa dall’esterno. La teste ha spiegato che, su richiesta dell’odierno imputato, gli versò degli acconti per l’acquisto della casa; occorre dire che, secondo quanto riferito dalla teste, la (omissis) inizialmente gli credeva anche perchè, quando il (omissis) le diceva che il (omissis) l’avrebbe chiamata per telefono, effettivamente il (omissis) la chiamava; se il (omissis) le diceva che il (omissis) l’avrebbe attesa nel tal posto, il (omissis) effettivamente si faceva trovare in quel luogo; e ciò rendeva credibili agli occhi della (omissis) le prospettazioni dell’odierno imputato.
Tuttavia l’acquisto della casa di San Terenzo non si perfezionava e la (omissis) ha riferito di non avere mai neppure visto il contratto di acquisto.
A un certo punto della vicenda, la (omissis), a corto di risorse finanziarie, era costretta a chiedere un prestito a una finanziaria privata, anche in questo caso con l’intervento del R.B., che le indicava a chi rivolgersi. Appena ottenuto il finanziamento (dell’ammontare di circa 14-15 mila euro), la (omissis) lo versava ratealmente al (omissis). Le motivazioni di queste richieste di danaro addotte dal (omissis), secondo quanto spiegato dalla (omissis), erano riferite inizialmente all’acquisto della casa, poi erano diventate del tutto generiche (riferite tra l’altro all’acquisto di amuleti, o comunque per ingraziarsi lo spirito guida “Clara”): il (omissis) faceva leva sullo stato di sostanziale assoggettamento della persona offesa.
Successivamente la (omissis) conosceva un altro ragazzo, tale (omissis), con il quale instaurava una relazione. Il (omissis) a quel punto le chiedeva 3500 euro per versare un acconto, anche stavolta per l’acquisto di una casa; in quel caso la (omissis) chiedeva la somma al (omissis), che gliela versava, e successivamente l’odierna persona offesa versava il danaro al (omissis).
La (omissis) ha riferito che in seguito, alla chiusura dell’attività commerciale presso la quale la stessa lavorava, si interruppe il suo rapporto di lavoro. Alla giovane veniva corrisposto il trattamento di fine rapporto e, poco dopo, le si presentava il (omissis) chiedendole di versargli il danaro che la (omissis) aveva incassato a tale titolo; la (omissis) ancora una volta accondiscendeva e versava la somma al (omissis) un po’ alla volta.
In definitiva, la teste ha riferito che l’odierno imputato le chiedeva del danaro quasi tutti i giorni, nell’arco di circa 8 mesi, con vari pretesti, in relazione alle sue personali necessità (per un ammontare complessivo da lei stimato in circa 60 mila euro), e che lei non riusciva a opporsi. Le cifre che chiedeva variavano in base a ciò che gli serviva.
La teste ha anche riferito di avere dato al (omissis) un libretto di assegni e di avere successivamente appreso che l’odierno imputato aveva emesso assegni a firma falsa, a terze persone; ha altresì spiegato la (omissis) di aver dato al (omissis) anche il Bancomat, in quanto costui si era offerto di recarsi in banca per eseguire un prelievo su un bonifico che la (omissis) aspettava, e poi non glielo restituiva più.
Sul finire della vicenda, il (omissis) si lamentava con la (omissis), sostenendo di avere perso i suoi “poteri” per colpa della fidanzata del (omissis).
La teste ha altresì dichiarato di avere prelevato dei gioielli da casa, per consegnarli all’odierno imputato: il (omissis) le riferiva di avere sotterrato i gioielli vicino alla casa della fidanzata del (omissis). Diceva anche che i soldi gli servivano per pagare degli amuleti.
Nel corso del rapporto con il (omissis), la (omissis) riceveva da lui telefonate e sms, dapprima con pressioni per versargli il danaro in modo che lo spirito guida “Clara” non la abbandonasse; poi con minacce di possibili guai che sarebbero stati cagionati dall’ostilità dello spirito guida in caso di mancato pagamento, accompagnate talora dall’indicazione di termini di scadenza per effettuare i versamenti.
Le richieste del (omissis) si protrassero fino a quando l’odierno imputato disse alla (omissis) che i suoi soldi erano stati versati sul conto corrente di tale (omissis); ma, poiché la (omissis) conosceva il fratello di questa ragazza, riusciva per suo tramite a mettersi in contatto con lei; la (omissis), oltre a negare in modo categorico di avere mai ricevuto dei versamenti dal R.B., metteva in guardia la (omissis) dall’odierno imputato, che le indicava come personaggio dedito all’inganno. A quel punto, l’odierna persona offesa decideva di raccontare tutto ai suoi genitori, che fino ad allora erano rimasti all’oscuro di tutto. Seguiva la denuncia in data 26.7.05, che secondo la (omissis) interveniva circa due settimane dopo la cessazione della condotta.
La teste (omissis), madre della (omissis), ha riferito in merito a quanto portato a sua conoscenza, evidentemente dopo che la figlia aveva deciso di raccontarle tutto.
Una sera, verso le 23,30, la (omissis) rientrava in casa e chiamava la madre; poi si buttava sul letto e si metteva a piangere. A quel punto, la giovane raccontava la vicenda ai suoi genitori, riferendo loro che il (omissis) era riuscito a farsi dare un po’ per volta del danaro per comprare un appartamento per lei e per il suo ragazzo, sebbene i due fossero in procinto di lasciarsi. Nel riferire alla madre in merito al comportamento del (omissis), la (omissis) raccontava che costui la prendeva per le mani, e lei sentiva come se le mani le si addormentassero, la “plagiava” o qualcosa del genere, e le parlava di una certa Clara, una specie di maga, un’entità superiore, di cui la teste ha riferito anche il “numero magico”; la giovane si sentiva soggiogata e continuava a versare al (omissis) soldi e anche assegni. Quando poi la (omissis) si era resa conto di avere esaurito le proprie risorse finanziarie, aveva anche preso l’oro di casa e glielo aveva dato.
Alla fine, per come riferito dalla teste, la figlia ritenne che la situazione fosse divenuta insopportabile e disse al (omissis) che avrebbe raccontato tutto in famiglia. Cosa che effettivamente fece.
Il giorno dopo il racconto della (omissis) alla madre, il (omissis) telefonava a casa della (omissis) e parlava con la giovane, la quale gli comunicava di aver detto tutto ai genitori. A quel punto, l’odierno imputato le prometteva che sarebbe venuto a casa e che le avrebbe restituito qualcosa, il che però non avveniva, nemmeno in seguito; non vi furono più incontri tra il (omissis) e la (omissis). La teste (omissis) ha però riferito che l’odierno imputato continuava a telefonare e a mandare sms: voleva che la (omissis) non denunciasse.
Secondo la teste, il danno economico subito fu di circa 50 mila euro; ciò induceva lei e il marito ad attivarsi per ripianare il debito (tra l’altro ricorrendo a un finanziamento di circa 10-15 mila euro). L’Isp. (omissis) ha riferito in ordine alle indagini delegate svolte dalla Polizia: oltre all’audizione a sommarie informazioni delle persone coinvolte nella vicenda, venivano letti i messaggi sul cellulare della (omissis): messaggi che provenivano dall’utenza del (omissis) (la n. …omissis…, come da scheda Vodafone in atti), e che la denunciante aveva salvati sul suo cellulare a nome “Clara”. La documentazione pervenuta in atti e la trascrizione degli sms mediante perizia hanno fornito ampie conferme alla versione accusatoria.
Per quanto, infatti, la vicenda appaia per certi versi singolare, quasi paradossale (essendo innegabile la peculiarità di un’induzione a versare ripetutamente somme di danaro di notevole entità sotto la prospettazione di poteri occulti, con la promessa di intercedere presso uno spirito guida per ottenere benefici per la vittima e con minacce di non meglio precisate conseguenze negative, sempre di derivazione esoterica, in caso di mancata corresponsione di quanto richiesto), deve riconoscersi che la materialità dei fatti, ampiamente suffragata dalla documentazione affluita al fascicolo processuale, fornisce da un lato ampio riscontro alle dichiarazioni della persona offesa e della madre di costei e, dall’altro, non trova spiegazioni alternative alla versione accusatoria.
Sono presenti in atti, in copia, n. 3 assegni versati dalla (omissis) al (omissis) nel febbraio-marzo 2005 (per un totale di 6700 euro), oltre alla denuncia di smarrimento in data 23.3.05 di altri assegni appartenenti alla stessa serie; è acquisito altresì il contratto di finanziamento (in data 11.1.05) della somma di euro 15.050.000 alla (omissis), verso un rimborso rateale di 359,10 euro al mese nell’arco di 60 mesi; vi è traccia, sull’estratto di conto corrente della persona offesa, delle ricariche telefoniche effettuate dalla (omissis) sull’utenza cellulare del (omissis) nel periodo novembre-dicembre 2004 e dei prelevamenti eseguiti sul conto corrente della (omissis) nell’arco temporale della vicenda: tra questi spicca quello di euro 3500 eseguito in data 21.1.05, due giorni dopo il versamento di assegno di pari importo, probabilmente riferito alla somma richiesta dal (omissis) e che la (omissis) gli versava dopo averne richiesto l’ammontare al (omissis); e si nota anche che, in seguito all’incasso della somma di 15.000 euro ottenuta mediante il contratto di finanziamento, venivano prelevate somme di ammontare significativo nel giro di pochi giorni (prima 4000 euro, poi 2800 euro, poi 1200 euro, nei giorni compresi tra il 13 e il 18 gennaio 2005). In generale, comunque, i prelevamenti sono di entità e di frequenza scarsamente spiegabili come normali operazioni finanziarie, specie per una giovane commessa.
Ma ciò che fornisce decisivo riscontro alla versione dei fatti fornita dalla persona offesa è la lettura degli sms trascritti mediante perizia, provenienti dall’utenza del (omissis) e riferiti esattamente ai fatti narrati dalla (omissis): è ricorrente il riferimento a “Clara” come decisiva per far riavere “Ale” (evidentemente il (omissis)) alla (omissis), la quale veniva però invitata, a più riprese, a versare a tal fine somme di danaro, e incoraggiata a fidarsi e a credere nello spirito guida; è presente anche l’invito, rivolto alla (omissis), a non parlare di “Clara” con il padre, altrimenti “sarebbe la fine” (sms n. 80 del 22.12.04); in qualche caso le espressioni del (omissis) nei confronti della (omissis) si fanno quasi proterve (“…omissis…”, sms n. 76 del 27.12.04); ricorre anche il numero 666, ossia il famoso numero magico dello spirito guida (v. ad es. sms n. 46, 47, 55, 56, 58, 59, 60, 61, 63, 66, 67, 69). Vi sono anche riscontri molto specifici alla destinazione di alcune somme prelevate dalla (omissis): a titolo di esempio, nell’sms n. 64 del 13.1.05 il (omissis) invita espressamente la giovane a ritirare euro 4000, somma che risulta in effetti prelevata dalla (omissis) in pari data in base all’estratto di conto corrente; nell’sms n. 62 del 18.1.05, vi è la richiesta alla (omissis) di prelevare 1200 euro, e anche di tale prelievo in pari data vi è riscontro sull’estratto del conto corrente della (omissis). Accanto a richieste così prosaiche, il tono dei messaggi del (omissis) è sempre fortemente permeato di uno stile esoterico, non senza vibranti incoraggiamenti alla (omissis) e ricorrenti promesse che, eseguendo quanto a lei richiesto dal (omissis), la giovane avrebbe ottenuto la felicità e l’amore. C’è anche il riscontro della vicenda degli assegni della (omissis) utilizzati dall’odierno imputato con firma falsa e andati in protesto: il (omissis) cerca di rassicurare la ragazza dicendo che farà richiamare i titoli oppure ne assicurerà la copertura (vds. sms nn. 41,42, 43 del 3.3.05); così come vi è il riscontro dell’addebito dell’assegno n. 8004721530 (per l’importo di euro 1200) in favore di (omissis), fidanzata del (omissis), risultante dall’estratto di conto corrente in data 15.3.05 e dalla fotocopia dello stesso titolo: nell’sms n. 32 del 14.3.05 (ossia del giorno prima) il (omissis) fa menzione di tale assegno che è necessario coprire; e in effetti la somma, il giorno dopo, viene regolarmente addebitata alla (omissis). Ancora, vi è il riscontro dell’assegno di euro 5000 (emesso dalla (omissis) al (omissis) in data 10.3.05), rimasto insoluto in quanto protestato, come si ricava sempre dall’estratto di conto corrente: nell’sms n. 30 il (omissis) chiede alla (omissis) di intervenire sulla banca promettendo di coprire in un paio di giorni la somma corrispondente, cosa che evidentemente non avviene.
I successivi messaggi danno conto del sostanziale insuccesso che il (omissis) afferma di avere avuto nelle sue intercessioni; nonostante ciò, l’odierno imputato cerca di rassicurare la (omissis), anche con riferimento al fatto che costei riavrà presto quanto ha versato (cosa che non accadrà mai); fino a che, con l’sms n. 12 del 14.4.05, il (omissis) ammette di avere truffato la (omissis) e che non esiste nessuna “Clara”.
Abbondano, in sostanza, i riscontri al narrato della (omissis); e va sottolineato che non vi è alcun elemento che consenta anche solo di ipotizzare una diversa causale delle somme che la persona offesa ebbe a versare all’odierno imputato.
Ciò posto in termini di ricostruzione del fatto, si tratta ora di stabilire se nella condotta dell’odierno imputato possano ritenersi sussistenti gli estremi del delitto di truffa.
Ad avviso dello scrivente, la risposta è senz’altro affermativa.
Va preliminarmente sgombrato il campo da possibili diverse qualificazioni del fatto. Non può, sicuramente, parlarsi di circonvenzione di incapace ex art. 643 c.p., in quanto -come è ampiamente emerso dall’istruttoria dibattimentale- la (omissis) non versava in alcun modo in condizioni di incapacità rapportabili a quelle richieste per l’integrazione dell’ipotesi di reato in questione: al riguardo la giurisprudenza afferma chiaramente che, per la sussistenza del delitto p. e p. dall’art. 643 c.p., lo stato di infermità o di deficienza psichica della persona, pur non dovendo necessariamente consistere in una vera e propria malattia mentale, deve comunque provocare una incisiva menomazione delle facoltà di discernimento o di determinazione volitiva, tale da rendere possibile l’intervento suggestivo dell’agente; deve cioè essere esclusa la capacità del circonvenuto di avere cura dei propri interessi. La sussistenza di questa condizione di incapacità del soggetto passivo costituisce un presupposto del reato e pertanto il giudizio di colpevolezza può fondarsi solo sull’assoluta certezza della sua sussistenza (Cass. Sez. 2, n. 15185 del 25/03/2010 – dep. 20/04/2010, M., Rv. 247018). All’evidenza, la (omissis) non versava in siffatte condizioni, in quanto non solo ella non era affetta da alcuna patologia incidente sulla sua capacità di autodeterminarsi, ma la stessa opera di induzione del (omissis) presupponeva che la stessa fosse bensì capace di curare i propri interessi, sia pure previa induzione a farlo in favore dello stesso imputato.
Né potrebbe riqualificarsi il fatto nell’ipotesi di estorsione.
La (omissis) ha bensì parlato di minacce che il (omissis) impiegava nei suoi confronti per indurla a eseguire versamenti in danaro o assegni o gioielli in suo favore; ma, sia per quanto da lei riferito, sia per quanto emerge dalla lettura degli sms del (omissis), si trattava di prospettazioni di guai e mali non univocamente certi e riconducibili anche indirettamente alla volontà e alla condotta dello stesso imputato, ma piuttosto a possibili ed eventuali ritorsioni, in danno della (omissis), da parte dello spirito guida evocato dal (omissis). Al riguardo, la pacifica giurisprudenza di legittimità distingue fra l’ipotesi in cui è configurabile la truffa, nella condotta di chi prospetti un male come possibile ed eventuale, in ogni caso non proveniente direttamente o indirettamente da chi lo prospetta, in modo che la persona offesa non è coartata, ma si determina alla prestazione, costituente l’ingiusto profitto dell’agente, perché tratta in errore dall’esposizione di un pericolo inesistente; e l’ipotesi in cui si configura l’estorsione, che si ha quando il male viene indicato come certo e realizzabile ad opera del reo o di altri, poichè in tal caso la persona offesa è posta nella ineluttabile alternativa di far conseguire all’agente il preteso profitto o di subire il male minacciato (ex plurimis Cass. Sez. 2, Sentenza n. 21537 del 06/05/2008).
Resta dunque da vedere se sussistano gli elementi costitutivi del delitto di truffa, contestato al (omissis) in forma aggravata.
La risposta affermativa a tale quesito riposa su una serie di elementi univoci, atteso che nelle emergenze probatorie appare agevole ravvisare:
– gli artifizi e raggiri (con conseguente induzione in errore della (omissis)), mediante l’utilizzo di una pressione psicologica sulla persona offesa, turbata e disorientata dalla fine della sua esperienza amorosa con (omissis) e indottasi a sottostare alle continue richieste di danaro del (omissis) a causa del suo insistito richiamo a uno spirito-guida di nome “Clara”: ciò in relazione ai benefici che tale spirito guida avrebbe avuto sulla vita affettiva della (omissis); ai danni che avrebbe potuto comportare l’intervento negativo di “Clara” in caso di mancata adesione della (omissis) alle richieste dell’imputato; alle rassicurazioni di quest’ultimo sul fatto che la (omissis), oltre a trovare felicità e amore, avrebbe avuto indietro quanto versato; all’accreditarsi del (omissis) come attendibile nel preannunciare alla (omissis) situazioni che effettivamente si sarebbero verificate (es. le telefonate e gli incontri con il (omissis); il mostrare -sia pure dall’esterno-l’abitazione di San Terenzo che il (omissis) asseriva di dover comprare per la (omissis)). A nulla rileva l’inverosimiglianza delle circostanze prospettate dal (omissis) per indurre in errore la (omissis): la giurisprudenza, in casi del tutto simili a quello in esame, afferma che è configurabile il reato di truffa nel caso in cui l’imputato, esaltando i suoi poteri divinatori, induca in errore una persona particolarmente indifesa ed esposta, per la propria credulità, a pensare di potersi liberare dei propri mali attraverso l’esorcismo e la magia, in quanto la valutazione dell’induzione in errore deve essere effettuata ex post e la grossolanità del raggiro o dell’artificio non esclude la possibilità di successo nei confronti di persona particolarmente vulnerabile (Cass. Sez. 6, n. 26107 del 14/04/2003 – dep. 18/06/2003, P.G. in proc. Montechiaro, Rv. 225872); e non può dubitarsi sia della particolare vulnerabilità della (omissis), sia delle ragioni di tale condizione, alla stregua della compiuta istruttoria;
– l’ingiusto profitto con altrui danno, riferibile alle reiterate e ingiustificate dazioni della (omissis) al (omissis), risultate totalmente prive di valida causale e anzi fittiziamente riferite all’intercessione dell’imputato presso un fantomatico spirito-guida: dazioni alle quali mai seguiva non solo – com’è ovvio- alcuna tangibile prestazione del (omissis) in favore della (omissis), ma neppure alcuna restituzione a favore di quest’ultima da parte dell’imputato, con conseguente danno economico per la persona offesa e illecita locupletazione per il (omissis);
– il dolo, reso evidente dalla condotta assai protratta e particolarmente suadente del (omissis) (oltretutto risultato non nuovo a simili azioni, come evidenzia anche il certificato penale in atti), il quale faceva aggio sulla debolezza e vulnerabilità della (omissis) (riferita a un delicato momento affettivo di quest’ultima) e la induceva, mediante l’impiego degli anzidetti artifici e raggiri, a una serie di versamenti in danaro, assegni e gioielli di rilevante entità, promettendo poi falsamente di restituire il tutto non appena la (omissis) si determinava a raccontare l’accaduto in famiglia e poi a denunciarlo, ma senza mai provvedere, neppure in seguito, ad alcuna restituzione.
Sussistono poi le contestate aggravanti.
Certamente è configurabile quella di cui al comma 2 n. 2 dell’art. 640 c.p., in quanto nella specie il pericolo di ritorsioni da parte dello spirito guida era sicuramente inesistente, siccome riferito a figura immaginaria la cui esistenza veniva falsamente prospettata alla (omissis).
Altrettanto certa è la configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 61 n. 7 c.p.: l’entità delle somme e delle altre consistenze finanziarie versate dalla (omissis), oltre a essere già in assoluto di rilevante entità, lo è a maggior motivo in relazione alle condizioni economiche della (omissis) (semplice commessa in un negozio, il cui conto corrente, al termine della vicenda, risulta essere stato completamente azzerato, e che ha dovuto fare ricorso a un finanziamento assai impegnativo in termini di rateizzazione per sopperire alle condizioni determinate dalle continue dazioni al (omissis)) e della stessa famiglia (la madre della vittima ha riferito di avere a sua volta fatto ricorso a un finanziamento, d’intesa col marito, in seguito alla vicenda). In relazione a quanto precede, è evidente che il danno patrimoniale sopportato dalla persona offesa va qualificato come di rilevante gravità.
Va, conclusivamente, affermata la penale responsabilità dell’imputato in ordine al reato a lui ascritto.
La particolare riprovevolezza della condotta dell’imputato -unitamente alla dimostrata proclività a compiere condotte analoghe – e il fatto che essa, protrattasi per un così ampio arco di tempo, sia stata posta in essere senza il minimo scrupolo verso la persona offesa e anzi profittando della sostanziale soggezione di costei indotta dalle sue sfortunate vicende sentimentali, impone di irrogare una sanzione superiore rispetto ai minimi edittali, all’uopo valutati gli elementi tutti di cui all’art. 133 c.p., e, in specie la condotta concomitante, l’intensità del dolo, la vita anteatta del (omissis).
Pertanto, ritenuto di dover categoricamente escludere la concessione delle attenuanti generiche -proprio in relazione alla condotta particolarmente biasimevole dell’imputato-, stimasi aderente alle esigenze di emenda del caso concreto la pena nella misura di anni 1 e mesi 4 di reclusione ed euro 350 di multa (riferita al delitto di truffa aggravata ex art. 640 c. 2 n. 2 c.p.), aumentata per l’ulteriore aggravante ex art. 61 n. 7 c.p. ad anni 1 e mesi 9 ed euro 500, ulteriormente aumentata per la recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale ad anni 2 e mesi 11 ed euro 800.
Segue per legge la condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali.
Non ritiene il giudicante di dover dichiarare condonata la pena per effetto dell’indulto, stante la pessima biografia penale dell’imputato, in relazione alla quale vi è la fondata possibilità che egli fruisca o abbia già fruito di tale beneficio ad altro titolo e/o che possano intervenire motivi di revoca dello stesso ex art. 1 comma 3 L. 241/2006.
In ordine alle richieste formulate dalla parte civile, ritiene il Giudice che nella presente sede possa certamente pronunciarsi sentenza di condanna dell’imputato al risarcimento del danno cagionato alla costituita parte civile; tale danno va determinato nel suo esatto ammontare nella separata sede civile, mentre appare liquidabile in favore della persona offesa una somma a titolo di provvisionale, in ragione di euro 20.000, somma che trova sicuramente capienza nell’entità del danno economico sopportato dalla (omissis).
Si ritiene inoltre equo porre a carico dell’imputato la rifusione delle spese di rappresentanza ed assistenza nella misura di euro 2000, considerati gli onorari professionali di cui al D.M. 140/12 (che questo giudice ritiene applicabili anche per l’attività processuale pregressa, a mente dell’art. 9 L. 27/12 e dell’art. 41 dello stesso decreto ministeriale) ed avuto riguardo ai criteri ivi stabiliti e, nello specifico, alle espletate attività defensionali in udienza e fuori udienza, per gli importi che analiticamente si riportano di seguito:
– FASE DI STUDIO euro 300
– FASE INTRODUTTIVA euro 500
– FASE ISTRUTTORIA euro 800
– FASE DECISORIA euro 400 TOTALE euro 2000
La suddetta somma deve intendersi non comprensiva di IVA e CNP, voci che vanno pertanto aggiunte nei termini di legge.
60 giorni per la motivazione, nelle condizioni di cui all’art. 544 c. 3, c.p.p..
Visti gli artt. 538 e ss. c.p.p. condanna l’imputato al risarcimento del danno in favore della parte civile costituita, da liquidarsi in separata sede, con assegnazione di provvisionale in ragione di euro 20.000, nonché alla rifusione delle spese processuali sostenute dalla medesima parte civile, che liquida in euro 2000, oltre IVA e CNP come per legge.
Visto l’art. 544, c. 3, c.p.p., indica in giorni 60 il termine per il deposito della motivazione.
La Spezia, 6.12.2012
