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Tribunale di Frosinone sez. lav., 17/01/2024, n. 70

Massima

La terapia cognitivo-comportamentale ABA è considerata un trattamento riabilitativo compreso nei L.E.A. (Livelli Essenziali di Assistenza) e riconosciuto dalle più recenti evidenze scientifiche per i disturbi dello spettro autistico. La ASL è tenuta ad erogare tale prestazione in presenza delle condizioni di appropriatezza ed economicità.

Supporto alla lettura

DIRITTO ALLA SALUTE

Si tratta di un principio fondamentale riconosciuto a livello internazionale e, in Italia, è sancito dall’art. 32 Cost. Riguarda il benessere fisico, mentale e sociale di ogni individuo.

L’attuazione del diritto alla salute in Italia è avvenuta attraverso il Servizio Sanitario Nazione (SSN), istituito con la L. 833/1978 di riforma sanitaria che prevede un modello di tutela universalistico, che garantisce l’accesso alle cure a tutti, indipendentemente dalla condizione economica e sociale (in precedenza, l’assistenza sanitaria si basava su un sistema mutualistico legato alla posizione lavorativa, che non garantiva la copertura a tutti i cittadini).

Il concetto di tutela del diritto alla salute è molto ampio, infatti include diversi aspetti:

  • diritto alle prestazioni sanitarie: garantisce l’accesso alle cure e ai servizi medici necessari per mantenere e ripristinare la salute;
  • diritto all’integrità psicofisica: protegge la persona da lesioni e danni alla propria salute fisica e mentale;
  • diritto a un ambiente salubre: include la protezione dell’ambiente, considerato fondamentale per la salute della collettività;
  • diritto di rifiutare le cure: si basa sul principio di autodeterminazione, consent al paziente di rifiutare un trattamento medico, previa corretta informazione (c.d. “consenso informato”), a meno che non sia imposto dalla legge per motivi di salute pubblica.

Ambito oggettivo di applicazione

FATTO E DIRITTO

(omissis) e (omissis), (omissis) di genitori della minore (omissis), hanno convenuto in giudizio la AUSL di Frosinone al fine di accertare il diritto della propria figlia (omissis) al rimborso dei costi sostenuti per la terapia ABA entro il limite delle 10 ore settimanali, come da prescrizione rilasciata dalla ASL di Frosinone e ritualmente protocollata presso il centro convenzionato, sino alla data di effettivo inserimento della minore nel programma riabilitativo ABA a carico della ASL e prescritto per la durata di mesi 6 e, per l’effetto, condannare la Azienda convenuta al pagamento, in favore della ricorrente, dell’importo di euro 3569,30, pari ai costi sostenuti per la terapia fruita e per la supervisione nel periodo dall’1.3.2022 al 28.2.2023. I ricorrenti hanno esposto che la minore (omissis), nata a Colleferro il .., risulta affetta da disturbo dello Spettro Autistico, come confermato dalla ASL di Frosinone con certificazione del 12.6.2017 e dall’Ambulatorio Autismo di Ceccano in data 9.11.2018 (all. 2 e 3 ricorso).

L’Ambulatorio Autismo di Ceccano, contestualmente al rilascio della relazione del 21/11/2022 che ha confermato la diagnosi di disturbo dello spettro autistico – livello 3 e specificato le indicazioni terapeutiche, ha consegnato ai ricorrenti impegnativa per l’attivazione di percorso terapeutico ABA ad impegno medio di n. 10 ore settimanali per la durata di mesi 6 (doc. 9 ricorso).

L’impegnativa è stata protocollata a novembre 2022 presso il Centro Convenzionato di Piedimonte San Germano. Ciò nonostante, la minore non è stata inserita in alcun progetto riabilitativo, restando a carico dei genitori il costo delle cure e della terapia ABA per n. 2/4 ore settimanali con decorrenza da marzo 2022.

La AUSL di Frosinone, pur ritualmente citata in giudizio, non si è costituita ed è stata dichiarata contumace.

Con note del 19.12.2023, parte ricorrente ha chiarito che la minore N. è stata inserita nel programma attivato presso il centro convenzionato in data 5.6.2023. Ha quindi precisato di aver diritto anche al rimborso delle spese sostenute successivamente a febbraio 2023 fino alla predetta detta, da quantificarsi in sede di separato giudizio.

La causa, ritenuta documentalmente istruita, è stata discussa nel corso della odierna udienza e decisa con separata sentenza

Il ricorso è fondato e va accolto.

I ricorrenti, in qualità di genitori esercenti la potestà genitoriale sulla minore (omissis), premesso che quest’ultima risulta affetta da disturbo dello Spettro Autistico – livello 3 (con necessità di supporto significativo) – così come confermato dalla ASL di appartenenza nella relazione rilasciata in data 21/11/2022 (all. 9 ricorso), hanno allegato che nonostante aver provveduto a protocollare l’impegnativa per l’attivazione di percorso terapeutico ABA ad impegno medio 10 ore settimanali per durata di mesi 6 presso il Centro Convenzionato di Piedimonte San Germano, la minore non è stata contattata ai fini dell’inserimento nel progetto riabilitativo prescritto con metodologia ABA. I ricorrenti hanno dunque chiesto di accertare e dichiarare il diritto della minore N. al rimborso dei costi sostenuti per la terapia ABA entro il limite delle 10 ore settimanali, come da prescrizione rilasciata dalla ASL di Frosinone e ritualmente protocollata presso il centro convenzionato, da marzo 2022 sino alla data di effettivo inserimento della minore nel programma riabilitativo ABA a carico della ASL e prescritto.

Preliminarmente va confermata la giurisdizione del Giudice adito.

La S.C. a Sezioni Unite, con sentenza n. 1781/2022, ha affermato che “La domanda di condanna dell’ASL al riconoscimento del diritto di un disabile ad uno specifico ed individualizzato trattamento terapeutico, sia in modalità diretta che per equivalente monetario, rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 104 del 2010, non essendo dubbio che, in presenza di un ‘pubblico servizio’, debba considerarsi impugnabile, quale ‘provvedimento negativo’, l’omissione provvedimentale della P.A. sanitaria in relazione alle specifiche richieste azionate giudizialmente”. Ha poi chiarito che “Non è infatti dubbio che nel caso di specie di ‘pubblico servizio’ si tratti e che debba considerarsi impugnabile, quale ‘provvedimento negativo’, l’omissione provvedimentale della PA sanitaria in relazione alle specifiche richieste azionate giudizialmente. Tale essendo il petitum sia mediati che immediato della causa promossa, non vertendosi nell’ipotesi della contestazione dell’esecuzione di un ‘programma individuale’ di intervento terapeutico in favore del soggetto disabile, ma invece in quella della richiesta di ampliamento del programma medesimo con una specifica prestazione (diretta ovvero indennitaria), ne viene dunque implicata l’attività discrezionale, sia amministrativa che tecnica, della ASL piemontese, con la consequenziale devoluzione della controversia al GA in virtù della citata disposizione del cod. proc. Amm.” (cfr. in senso analogo S.U., ordinanza n. 20164 del 24/09/2020).

La Corte di Cassazione ha più volte affermato (si veda Cass. n. 17541/11; Cass. n. 24033/13) che la dimensione primaria e costituzionalmente garantita del diritto alla salute non può essere sacrificata o compromessa dalla discrezionalità amministrativa, dovendosi escludere la configurabilità di atti amministrativi (comunque disapplicabili ai sensi della L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 5, all. E) condizionanti in tal senso il diritto all’assistenza (cfr. per tutte Cass., Sez. Un. 24 giugno 2005 n. 13548; Cass., Sez. Un. 30 maggio 2005 n. 11334).

Alla luce dei principi descritti il caso di specie, non riguardando l’ipotesi di “richiesta di ampliamento del programma individuale di intervento” ma al contrario l’esecuzione di un “programma individuale” di intervento, rientra nella giurisdizione del Giudice Ordinario adito.

Nel merito, la controversia va risolta sulla base della disciplina dettata dal D.Lgs. n. 502 del 1992 contenente disposizioni sulla “Tutela del diritto alla salute, programmazione sanitaria e definizione dei livelli essenziali e uniformi di assistenza” e dei principi in materia elaborati dalla giurisprudenza di legittimità.

L’art. 1 comma 2 del D.Lgs. 502/1992 cit. enuncia i principi ispiratori del Servizio Sanitario Nazionale ove dispone che “il Servizio sanitario nazionale assicura, attraverso risorse pubbliche e in coerenza con i principi e gli obiettivi indicati dalla L. 23 dicembre 1978 n. 833, art. 1 e 2, i livelli essenziali e uniformi di assistenza definiti dal Piano sanitario nazionale nel rispetto dei principi della dignità della persona umana, del bisogno di salute, dell’equità nell’accesso all’assistenza, della qualità delle cure e della loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze, nonché dell’economicità nell’impiego delle risorse”.

Il successivo art. 1 comma 7 indica il contenuto dei cosiddetti L.E.A. (livelli essenziali di assistenza), individuando anche le prestazioni che ne sono escluse, e prevede che: “Sono posti a carico del Servizio sanitario le tipologie di assistenza, i servizi e le prestazioni sanitarie che presentano, per specifiche condizioni cliniche o di rischio, evidenze scientifiche di un significativo beneficio in termini di salute, a livello individuale o collettivo, a fronte delle risorse impiegate. Sono esclusi dai livelli di assistenza erogati a carico del Servizio sanitario nazionale le tipologie di assistenza, i servizi e le prestazioni sanitarie che:

a) non rispondono a necessità assistenziali tutelate in base ai principi ispiratori del Servizio sanitario nazionale di cui al comma 2;

b) non soddisfano il principio dell’efficacia e dell’appropriatezza, ovvero la cui efficacia non è dimostrabile in base alle evidenze scientifiche disponibili o sono utilizzati per soggetti le cui condizioni cliniche non corrispondono alle indicazioni raccomandate;

c) in presenza di altre forme di assistenza volte a soddisfare le medesime esigenze, non soddisfano il principio dell’economicità nell’impiego delle risorse, ovvero non garantiscono un uso efficiente delle risorse quanto a modalità di organizzazione ed erogazione dell’assistenza”.

In materia di tutela della salute, la S.C. ha osservato che “In tema di erogazione da parte del S.S.N. di cure tempestive non ottenibili dal servizio pubblico, il relativo diritto, allorquando siano prospettati motivi di urgenza suscettibili di esporre la salute a pregiudizi gravi ed irreversibili, deve essere accertato sulla base dei presupposti richiesti dalla disciplina dettata in materia sanitaria dall’art. 1 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 (nel testo modificato dall’art. 1 del d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229, applicabile “ratione temporis”). In base al principio di efficacia enunciato da tale normativa, i benefici conseguibili con la prestazione richiesta devono essere posti a confronto con l’incidenza della pratica terapeutica sulle condizioni di vita del paziente, dovendosi considerare in particolare – in relazione ai limiti temporali del recupero delle capacità funzionali – la compromissione degli interessi di socializzazione della persona derivante dalla durata e gravosità dell’impegno terapeutico” (Cass. n. 17541 del 2011 e n. 10692 del 2008; nello stesso senso cfr. Cass. n. 18676/2014 e n. 7279 del 2015) e che “ai sensi dell’art. 1, comma 7, del d.lgs. n. 502 del 1992, costituisce requisito imprescindibile, per il riconoscimento del diritto alla erogazione da parte del S.S.N., l’evidenza scientifica dei benefici apportati alla salute dalla terapia o cura richiesta” (Cass. n. 6775 del 2018).

Con la recente ordinanza n. 9272 del 3.4.2019, la S.C. ha evidenziato come “In tema di cure tempestive non erogabili dal servizio pubblico, il diritto alla fruizione di prestazioni sanitarie a carico del Servizio Sanitario Nazionale deve essere riconosciuto contemperando l’elevato livello di protezione della salute umana, garantito dalla Costituzione e dall’art. 35 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, con i condizionamenti derivanti dalle risorse finanziarie di cui lo Stato dispone per organizzare il Servizio sanitario in favore di un numero quanto più ampio possibile di fruitori”.

Al fine di coniugare ragionevolmente queste diverse esigenze, ai sensi dell’art. 1 del D.Lgs. 502/1992 “per l’erogazione gratuita di prestazioni sanitarie da parte del Servizio Sanitario Nazionale si richiede il rispetto dei seguenti criteri:

-che le prestazioni presentino, per le specifiche condizioni cliniche o di rischio, evidenze scientifiche di un significativo beneficio in termini di salute, a livello individuale o collettivo, validate da parte della comunità scientifica;

-l’appropriatezza, che impone che vi sia corrispondenza tra la patologia e il trattamento secondo un criterio di stretta necessità, tale da conseguire il migliore risultato terapeutico con la minore incidenza sulla qualità della vita del paziente;

-l’economicità nell’impiego delle risorse, che impone infine di valutare la presenza di altre forme di assistenza meno costose e volte a soddisfare le medesime esigenze, di efficacia comparabile, considerando quindi la possibilità di adeguati e tempestivi interventi terapeutici concorrenti o alternativi erogabili dalle strutture pubbliche o convenzionate con il servizio sanitario nazionale” (Cass. ord. n. 9272 del 2019, para. 12).

Ne deriva che la pretesa di scelta della modalità tecnica della cura presso un centro non accreditato con il S.S.N. non può derivare solo dal maggiore gradimento soggettivo, dovendo la terapia soddisfare i suesposti principi della evidenza scientifica, appropriatezza ed economicità (Cass. ord. n. 9272/2019 cit.).

In materia di disturbi dello spettro autistico, la legge 18.08.2015, n. 134 (“Disposizioni in materia di diagnosi, cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie”) ha previsto, all’art. 2 (“Linee guida”), che l’Istituto superiore di sanità aggiorni “le Linee guida sul trattamento dei disturbi dello spettro autistico in tutte le età della vita sulla base dell’evoluzione delle conoscenze fisiopatologiche e terapeutiche derivanti dalla letteratura scientifica e dalle buone pratiche nazionali ed internazionali”.

Con riferimento alle politiche regionali in materia di disturbi dello spettro autistico, l’art. 3 prevede che:

“1.Nel rispetto degli equilibri programmati di finanza pubblica e tenuto conto del nuovo Patto per la salute 2014-2016, con la procedura di cui all’art.5 comma 1 del D.L. 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, si provvede all’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, con l’inserimento, per quanto attiene ai disturbi dello spettro autistico, delle prestazioni della diagnosi precoce, della cura e del trattamento individualizzato, mediante l’impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche disponibili.

2.Ai fini di cui al comma 1, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano …, stabiliscono percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali per la presa in carico di minori, adolescenti e adulti con disturbi dello spettro autistico, verificandone l’evoluzione, e adottano misure idonee al conseguimento dei seguenti obiettivi:

a) la qualificazione dei servizi di cui al presente comma costituiti da unità funzionali multidisciplinari per la cura e l’abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico;

b) la formazione degli operatori sanitari di neuropsichiatria infantile, di abilitazione funzionale e di psichiatria sugli strumenti di valutazione e sui percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali basati sulle migliori evidenze scientifiche disponibili;

c) la definizione di equipe territoriali dedicate, nell’ambito dei servizi di neuropsichiatria dell’eta’ evolutiva e dei servizi per l’età adulta, che partecipino alla definizione del piano di assistenza, ne valutino l’andamento e svolgano attività di consulenza anche in sinergia con le altre attività dei servizi stessi;

d )la promozione dell’informazione e l’introduzione di un coordinatore degli interventi multidisciplinari;

e) la promozione del coordinamento degli interventi e dei servizi di cui al presente comma per assicurare la continuità dei percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali nel corso della vita della persona…”.

Con il D.P.C.M. del 12.1.2017 sono stati definiti i nuovi L.E.A. (livelli essenziali di assistenza ex art. 1 comma 7 del D.Lgs. n. 502 del 1992) e l’art. 60, dedicato alle persone con disturbi dello spettro autistico, conferma i contenuti delle L. 134/2015 e prevede che “Ai sensi della legge 134/2015 il Servizio sanitario nazionale garantisce alle persone con disturbi dello spettro autistico le prestazioni della diagnosi precoce, della cura e del trattamento individualizzato mediante l’impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche”. La tabella allegata al D.P.C.M. 12.1.2017 cit., inoltre, inserisce espressamente il disturbo autistico tra le malattie che danno diritto alla esenzione dalla partecipazione al costo.

Le linee guida sul trattamento dei disturbi dello spettro autistico hanno rilevato come “Tra i programmi intensivi comportamentali il modello più studiato è l’analisi comportamentale applicata (Applied behaviour intervention, ABA): gli studi sostengono una sua efficacia nel migliorare le abilità intellettive, il linguaggio e i comportamenti adattativi nei bambini con disturbi dello spettro autistico. Le prove a disposizione, anche se non definitive, consentono di consigliare l’utilizzo del metodo ABA nel trattamento dei bambini con disturbi dello spettro autistico”.

A livello regionale, l’art. 74 della Legge Regionale del Lazio n. 7 del 22.10.2018, modificato di recente dalla Legge Regionale del Lazio n. 1 del 27.2.2020, contenente “Interventi a sostegno delle famiglie dei minori fino al dodicesimo anno di età nello spettro autistico”, prevede che “La Regione, nell’ambito delle iniziative volte alla tutela della salute, con specifico riferimento ai minori fino al dodicesimo anno di età nello spettro autistico, individua nelle linee guida per il trattamento dei disturbi dello spettro autistico nei bambini e negli adolescenti i programmi psicologici e comportamentali strutturati (Applied Behavioural Analysis – ABA, Early Intensive Behavioural Intervention – EIBI, Early Start Denver Model – ESDM), i programmi educativi (Treatment and Education of Autistic and Related Communication Handicapped Children – TEACCH) e gli altri trattamenti con evidenza scientifica riconosciuta mirati a modificare i comportamenti del bambino per favorire un migliore adattamento alla vita quotidiana” (comma 1) e che “per le finalità di cui al comma 1 la Regione sostiene le famiglie dei minori fino al dodicesimo anno di età nello spettro autistico residenti nel Lazio che intendono liberamente avvalersi dei metodi terapeutici indicati”.

In attuazione della disciplina regionale descritta è stato adottato il Regolamento Regionale del Lazio n. 1 del 15.1.2019 che, nella sua attuale formulazione (dopo le modifiche apportate dal Regolamento Regionale n. 16 del 22 giugno 2020), prevede all’art. 2 che “La Regione sostiene le famiglie dei minori fino al dodicesimo anno di età nello spettro autistico residenti nel Lazio che intendono liberamente avvalersi dei programmi psicologici e comportamentali strutturati (Applied Behavioural Analysis – ABA, Early Intensive Behavioural Intervention – EIBI, Early Start Denver Model – ESDM), i programmi educativi (Treatment and Education of Autistic and Related Communication Handicapped Children – TEACCH) e gli altri trattamenti con evidenza scientifica riconosciuta”.

Il successivo art. 8 (intitolato “Finalità e natura della misura di sostegno”) precisa che il sostegno alle famiglie è inteso come contributo alle spese per i trattamenti di cui all’art. 2 “nell’ottica di supportare la tempestività, l’intensità e la specificità di intervento. La misura in oggetto si integra al piano di assistenza individualizzato del minore”.

Va osservato che prima delle modifiche apportate dalla Legge Regionale n. 1 del 27.2.2020 e dal Regolamento Regionale n. 16 del 22.6.2020 citt., il sostegno in esame era limitato alle famiglie dei minori “in età evolutiva prescolare”, ossia fino al compimento del sesto anno di età.

Alla luce delle disposizioni normative descritte si ritiene che la terapia cognitivo-comportamentale ABA sia un trattamento riabilitativo compreso nei L.E.A. e riconosciuto dalle più recenti evidenze scientifiche. La metodologia ABA rientra quindi tra i trattamenti sanitari che il S.S.R. e, di conseguenza, la A.S.L. convenuta è tenuta ad erogare agli assistiti in presenza delle altre condizioni richiamate dal disposto dell’art. 1 commi 2 e 7 del D.Lgs. 502/1992 (appropriatezza ed economicità della terapia).

Nella specie la diagnosi di disturbo dello spettro autistico della minore N. è stata effettuata dalla stessa Asl presso l’Ambulatorio Autismo di Ceccano, struttura pubblica, nella relazione datata 21.11.2022. Risulta inoltre documentalmente che l’Ambulatorio Autismo di Ceccano, contestualmente al rilascio della relazione del 21/11/2022, ha rilasciato impegnativa per l’attivazione di percorso terapeutico ABA ad impegno medio di n. 10 ore settimanali per la durata di mesi 6. Tale prescrizione è stata poi tempestivamente consegnata alla Struttura accreditata (Centro Accreditato di Piedimonte Campano) a novembre 2022, mentre la minore è stata effettivamente inserita in un programma riabilitativo solo in data 5.6.2023 (cfr. note attoree del 19.12.2023).

La documentazione medica descritta consente di affermare che la terapia cognitivo-comportamentale con metodo ABA è appropriata e indispensabile per la tutela della salute della bambina.

Essendo stato il trattamento terapeutico prescritto proprio dall’AUSL, e stante l’inerzia della Struttura Accreditata, si ritiene che sussista il diritto al rimborso dei costi per la prestazione sanitaria indifferibile ed urgente oggetto di causa. Invero, la giurisprudenza – sia di merito che di legittimità – ha confermato la fondatezza della richiesta di rimborso dei costi, senza preventiva autorizzazione, nelle ipotesi in cui la terapia fruita presso centri non convenzionati sia necessaria per evitare anche il semplice aggravamento delle condizioni di salute nell’ipotesi di impossibilità per la struttura pubblica convenzionata di offrire la prestazione in tempi utili. Nel caso in esame è evidente l’impossibilità della struttura pubblica di fornire tempestivamente il trattamento terapeutico prescritto ed inserito nei LEA in ragione dell’esistenza di liste di attesa che non assicurano la conoscenza della tempistica di inserimento nel programma riabilitativo contrariamente a quanto raccomandato dalle Linee Guida che, peraltro, specificano la misura e la tempistica dell’intervento (terapia ABA), fondamentale per il corretto sviluppo evolutivo del paziente.

Sussiste l’effettiva ricorrenza di una comprovata situazione, non soltanto di pericolo di vita o di rischio di aggravamento della malattia per l’assistito, ma anche di impossibilità per la struttura pubblica convenzionata di offrire a costui l’intervento o la cura nei tempi e modi utili, alla luce delle conoscenze medico–scientifiche.

L’esigenza terapeutica, dato il carattere urgente e necessario della prestazione sanitaria che non potrebbe essere sospesa senza pregiudizio per il minore, non può gravare sulle risorse economiche del nucleo familiare dovendo essere garantita dal Servizio Sanitario Nazionale, come confermato dalla normativa vigente sopra richiamata; ne discende il diritto della parte ricorrente al rimborso dei costi sostenuti in attesa dell’attivazione del programma riabilitativo prescritto.

Va dunque affermato il diritto della parte ricorrente al rimborso dei costi sostenuti privatamente, in attesa della attivazione del programma terapeutico, per il trattamento riabilitativo prescritto dalla ASL alla minore (terapia ABA) nella misura di ore 10 settimanali, oltre al rimborso dei correlati costi sostenuti per la supervisione, sino alla data di effettivo inserimento della minore nel progetto riabilitativo (avvenuto in data 5.6.2023), quantificato sulla base delle fatture allegate per il periodo corrente da marzo 2022 a febbraio 2023 in euro 3569,30.

Per concludere, il ricorso è fondato e va accolto.

Le spese di lite seguono il principio di soccombenza e sono per questo poste in capo all’AUSL e liquidate come da dispositivo, tenuto conto della complessità medio bassa delle questioni giuridiche sottese al presente giudizio.

Queste le ragioni della decisione in epigrafe.

Frosinone, 17 gennaio 2024

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