• Home
  • >
  • Tribunale di Forlì sez. II, 15/07/2024, n. 666

Tribunale di Forlì sez. II, 15/07/2024, n. 666

Massima

L’accettazione del legato in sostituzione di legittima, accompagnata dalla rinuncia all’azione di riduzione, integra un atto dispositivo del patrimonio del debitore revocabile ex art. 2901 c.c. qualora pregiudichi le ragioni del creditore. Il creditore, una volta ottenuta la revoca, può agire in surrogatoria ex art. 2900 c.c. per ottenere la riduzione delle disposizioni testamentarie lesive della quota di legittima del debitore. La pretermissione di un legittimario non impedisce l’esercizio dell’azione di riduzione nei confronti degli altri beneficiari, né richiede la sua partecipazione al giudizio come litisconsorte necessario.

Supporto alla lettura

AZIONE DI RIDUZIONE

Si tratta di quell’azione concessa ai legittimari o loro eredi o aventi causa, diretta a reintegrare le quote a essi spettanti, che siano state lese per effetto di donazioni o disposizioni testamentarie (spesso tali donazioni o disposizioni hanno ad oggetto beni immobili).

Con tale azione si tutelano i  legittimari che in questo modo potranno ottenere giudizialmente la quota di legittima, così come determinata dagli artt. 556 e ss c.c.

È un’azione:

  • di accertamento costitutivo (dell’esistenza della lesione della legittima);
  • di inefficacia relativa e sopravvenuta e non di nullità: la sentenza di riduzione non attua un trasferimento, ma opera in modo che il trasferimento posto in essere dal de cuius si consideri come non avvenuto nei confronti del legittimario;
  • personale e non erga omnes perché si rivolge verso specifici soggetti;
  • con effetti retroattivi reali perché gli effetti retroagiscono al momento dell’apertura della successione.

Ambito oggettivo di applicazione

Esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione
Con atto di citazione ritualmente notificato (omissis) s.r.l. – quale mandante di (omissis) s.p.a. – conveniva in giudizio (omissis), (omissis), (omissis) e (omissis), al fine di sentire accolte le conclusioni sopra riportate.

A sostegno delle domande esponeva:

– (omissis) s.r.l. – avente causa in qualità di cessionaria dei crediti di (omissis) s.p.a., che a sua volta aveva incorporato (omissis) Banking s.p.a. – era creditrice nei confronti di (omissis) s.r.l. in Liquidazione, debitrice principale, nonché di (omissis), (omissis) e (omissis), garanti;

– Il credito ammontava ad Euro 97.286,76, come portato dal decreto ingiuntivo n. (omissis), divenuto definitivo (docc. da 1 a 3 citazione);

– Ciò posto, emergeva che in data 13 aprile 2017 (omissis) (unitamente agli altri eredi) sottoscriveva “Richiesta di registrazione di testamento pubblico, accettazione di eredità, acquiescenza e rinuncia ad azione di riduzione”, ritenuta da parte attrice pregiudizievole per le ragioni creditorie e dunque oggetto delle presenti domande, sulla base delle seguenti argomentazioni:

1) Il 16 marzo 2017 decedeva (omissis), padre di (omissis), di (omissis) e di (omissis);

2) Il de cuius, in data 3 dicembre 2015, sottoscriveva testamento per atto pubblico così sinteticamente disponendo:

Nominava eredi universali i figli (omissis) e (omissis);

Legava a (omissis), in sostituzione di legittima, diritto di abitazione vitalizia su immobile sito in Forlimpopoli alla via (omissis), meglio indicato in atti, 1/3 della proprietà di un capannone industriale sito in Forlimpopoli, meglio indicato in atti, e 1/3 della proprietà su un terreno sito in Forlimpopoli, meglio indicato in atti;

Legava a (omissis), moglie di (omissis), il diritto di nuda proprietà sull’immobile di Forlimpopoli alla via (omissis);

Lasciava, infine, in prelegato al figlio (omissis) la piena proprietà di immobile sito in Forlimpopoli, via (omissis), meglio indicato in atti;

– All’evidenza, il de cuius disponeva nella modalità sopra esposta al fine di tutelare il figlio – debitore – (omissis). e, specificatamente attraverso l’istituzione dei due legati in favore del figlio e della di lui moglie, mirava ad evitare che l’abitazione di Forlimpopoli, via (omissis), potesse essere oggetto di esecuzione forzata;

– A corollario interveniva la rinuncia del convenuto all’azione di riduzione, che impediva ai creditori di surrogarsi al debitore inerte nell’esercizio dell’azione di riduzione;

– Con il presente giudizio, dunque, l’attore chiedeva la revoca, ex art. 2901 c.c. (a fronte della sussistenza dei presupposti) della “Richiesta di registrazione di testamento pubblico, accettazione di eredità, acquiescenza e rinuncia ad azione di riduzione” e, conseguentemente ed in via surrogatoria rispetto al debitore odierno convenuto, chiedeva accogliersi l’azione di riduzione previa rideterminazione dell’asse ereditario del defunto (omissis) e con l’adozione dei provvedimenti conseguenti.

Si costituivano in giudizio (omissis) ed (omissis) e (omissis), contestando le avverse deduzioni sulla base delle seguenti eccezioni:

– Improcedibilità della domanda per mancato esperimento della mediazione obbligatoria;

– Inammissibilità della domanda di riduzione: poiché infatti in favore del debitore (omissis) era stato disposto un legato in sostituzione di legittima, a mente di quanto previsto dall’art. 551 c.c., il legittimario (o chi agisce in surroga di questo) avrebbe dovuto rinunciare al legato in forma scritta. In assenza di tale rinuncia (ed anzi in presenza di espressa accettazione del legato) l’azione di riduzione risultava inammissibile;

– Nullità della domanda, non essendo stati specificatamente indicati i limiti oltre i quali vi sarebbe lesione della legittima;

– Infondatezza della domanda, atteso che parte attrice non considerava che, alla morte del testatore, i chiamati all’eredità erano, oltre ai figli convenuti, anche la moglie del de cuius (omissis), pretermessa dal testatore.

In sede di prima udienza la difesa di parte attrice aderiva all’eccezione di improcedibilità della domanda sollevata dai convenuti e chiedeva termine per attivare la procedura di mediazione.

Il giudice disponeva in conformità e la causa veniva rinviata all’udienza del 18 ottobre 2021, nell’ambito della quale venivano concessi i termini ex art. 183, comma 6, c.p.c.

La causa veniva istruita mediante consulenza tecnica, affidata alla dott.ssa (omissis), volta ad individuare l’esatto valore del relictum di (omissis) e, conseguentemente, la quota di legittima spettante a (omissis). Veniva altresì accolto l’ordine di esibizione richiesto da parte attrice e relativo alla documentazione bancaria intestata ad (omissis) e alla dichiarazione di successione.

In sede di udienza del 2 ottobre 2023 entrambi i difensori chiedevano fissarsi udienza di precisazione delle conclusioni.

All’esito dell’udienza di precisazione delle conclusioni la causa veniva trattenuta in decisione con contestuale assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c.

In via preliminare è necessario dichiarare la contumacia di (omissis), a fronte della regolarità della notifica (si veda, sul punto, deposito telematico dell’11 dicembre 2020 parte attrice).

Ciò posto, la domanda introdotta da (omissis) si articola, sostanzialmente, in due parti: anzitutto occorre esaminare la fondatezza della domanda revocatoria che, è bene sottolinearlo con chiarezza, ha ad oggetto l’atto di “Registrazione testamento pubblico, accettazione di eredità, acquiescenza e rinunzia ad azione di riduzione” sottoscritto in data 13 aprile 2017, innanzi al Notaio (omissis), da (omissis), (omissis) e (omissis) e da (omissis) (doc. 4 atto di citazione).

Dunque il Collegio è chiamato a valutare se detto atto rientri tra quelli revocabili ex art. 2901 c.c. e se sussistano i presupposti richiesti dalla norma ai fini della dichiarazione di inefficacia.

La seconda parte della presente pronuncia ha ad oggetto la domanda di surroga ex art. 2900 c.c. ai fini della determinazione della quota di legittima, e della conseguente domanda di riduzione per lesione.

1. Sulla domanda revocatoria.

Procedendo con ordine è opportuno esaminare la sussistenza dei presupposti ai fini dell’accoglimento della domanda revocatoria.

1.1. Sulla revocabilità dell’atto.

L’atto è revocabile.

Esaminandolo ci si avvede che mediante esso:

– viene data lettura del testamento di (omissis);

– viene accettata l’eredità, come disposta da testamento;

– vengono prestate da tutti gli eredi e legatari “piena ed incondizionata adesione ed acquiescenza al testamento pubblico del medesimo (omissis)”, con contestuale rinuncia ad ogni azione o eccezione, in particolare all’azione di riduzione;

– (omissis), in particolare, “accetta espressamente il legato in sostituzione di legittima a lui testato ai sensi dell’art. 551 cod. civ., preferendo espressamente conseguire il legato e non la legittima, consapevole di perdere in tal modo il diritto al supplemento ex art. 551 comma 2 cod. civ.”;

– “Parimenti la signora (omissis) accetta espressamente il legato disposto in suo favore”. Ovviamente quel che rileva in questo giudizio è la posizione di (omissis), che ha accettato quanto disposto dal padre in testamento, ovvero l’istituzione in suo favore di un legato in sostituzione di legittima, ed ha al contempo rinunciato all’azione di riduzione per lesione della legittima.

Atteso che è revocabile, a mente di quanto previsto dall’art. 2901 c.c., ogni atto del debitore, con cui questo disponga del proprio patrimonio in maniera tale da recare pregiudizio alle ragioni del creditore, non vi è dubbio sul fatto che la rinuncia all’azione di riduzione e la contestuale acquiescenza alle disposizioni testamentarie rappresentino un atto dispositivo potenzialmente revocabile, posto che l’azione di riduzione è espressamente volta a tutelare le ragioni dell’erede che sia stato leso nei propri diritti ereditari – detto in altri termini, che abbia ricevuto meno di quanto avrebbe avuto diritto di ricevere in base alle norme del codice civile.

Da ciò discende l’ammissibilità della domanda revocatoria (sul punto, tra molte, Trib. Rimini, sentenza del 9.4.2018 e successive conformi).

È opportuno ora esaminare gli ulteriori requisiti richiesti dall’art. 2901 c.c.

1.2 Sulla sussistenza del credito.

Legittimato all’esercizio dell’azione risulta essere solo il creditore che sia tale al momento della proposizione della domanda.

Come noto, la giurisprudenza ha fatto propria una nozione “lata” di credito, ivi ricomprendendo anche i crediti litigiosi, le aspettative di credito, i crediti condizionati e quelli eventuali; ciò è coerente con la funzione che l’azione revocatoria riveste nel nostro sistema, ovvero non una funzione restitutoria, ma di conservazione della garanzia generica sul patrimonio del debitore (in questo senso, Cass. Civ. sent. n. 24757/2008).

Nel caso che occupa non sussistono dubbi in merito alla qualità di creditore in capo a (omissis).

L’attore vanta un credito nei confronti (anche) di (omissis), comprovato dal decreto ingiuntivo n. (omissis) non opposto e divenuto definitivamente esecutivo (doc. 1 citazione), a fronte dell’avvenuto rilascio di fideiussione omnibus limitata in favore di (omissis) s.r.l. in liquidazione (doc. 2 citazione). Peraltro, ove residuassero dubbi, la sussistenza del credito è comprovata dall’avvenuto riconoscimento di debito da parte di (omissis) e prodotto in atti (doc. 3 citazione).

Le circostanze suesposte non sono contestate.

È peraltro dato pacifico quello per il quale l’azione revocatoria possa essere esperita non solo nei confronti del debitore principale, ma anche nei confronti del fideiussore in quanto tale azione, come già sopra detto, presuppone, per la sua esperibilità, la sola esistenza di un debito e non anche la sua concreta esigibilità, con la conseguenza che gli atti dispositivi del fideiussore successivi al sorgere del debito e alla prestazione della fideiussione (come nel caso che occupa), se compiuti in pregiudizio delle ragioni del creditore, sono soggetti all’azione revocatoria in base al solo requisito soggettivo della consapevolezza del fideiussore di arrecare pregiudizio alle ragioni del creditore, (in questo senso, Cass. Civ. sent. n. 1894/2012).

1.3 Sull’eventus damni.

Per quanto riguarda il requisito oggettivo dell’eventus damni, ovvero il pregiudizio che dall’atto revocando può derivare alle ragioni del creditore, come noto, non è necessaria la prospettazione di un danno effettivo e attuale, ma risulta sufficiente che, in conseguenza dell’attività dispositiva posta fraudolentemente in essere dal debitore, si profili il semplice pericolo concreto che il debitore non adempia l’obbligazione e che l’azione esecutiva nei suoi confronti si riveli infruttuosa (Cass. Civ. sent. n. 16464 del 2009, Cass. Civ. sent. n. 7452 del 2000).

Quindi l’eventus damni non si concretizza necessariamente in un effettivo ed attuale depauperamento del patrimonio del debitore, potendo anche consistere semplicemente in una maggiore difficoltà o incertezza per il creditore nel realizzare quanto dovuto.

Tanto premesso, la difesa dei convenuti non ha contestato la sussistenza del suddetto requisito; per precisione, anzi, deve rilevarsi che essa si incentra esclusivamente sulla domanda di surroga e sull’azione di riduzione (con ovvia contestazione delle avverse allegazioni), ma nulla eccepisce rispetto ai requisiti di cui alla domanda revocatoria.

Nel caso che occupa (omissis) ha prestato acquiescenza rispetto alle disposizioni testamentarie, al contempo rinunciando all’azione di riduzione; sono proprio le conseguenze di queste dichiarazioni di volontà espresse dal debitore ad integrare il requisito in esame, sol che si tenga conto che in via testamentaria egli ha ricevuto esclusivamente un legato in sostituzione di legittima avente ad oggetto il solo diritto di abitazione di un immobile sito in via (omissis) (mentre la nuda proprietà è stata legata alla ex coniuge, (omissis)), nonché quota di proprietà (nella misura di 1/3) di un terreno e di un capannone.

Viceversa i due fratelli di (omissis) sono stati istituiti eredi universali.

Va da sé che, a fronte della suesposta situazione, la rinuncia all’azione di riduzione rappresenta un evidente pregiudizio per le ragioni creditorie, atteso che in caso di esecuzione potrebbe essere aggredito il solo diritto di abitazione; il pregiudizio è peraltro confermato dalle risultanze peritali, su cui si tratterà più diffusamente oltre.

1.4 Sull’elemento soggettivo.

Sul punto va premesso che l’atto dispositivo in oggetto è un atto a titolo gratuito successivo al sorgere del credito; ciò comporta l’irrilevanza dell’elemento soggettivo del debitore e del terzo.

Ciò nondimeno si ritiene di stigmatizzare la piena consapevolezza di (omissis) (e degli odierni convenuti) di ledere alle ragioni creditorie.

Il debito è stato peraltro riconosciuto dal convenuto nel lontano 2009; l’atto dispositivo/abdicativo è dell’aprile 2017, ed è dunque intervenuto in un momento in cui l’inadempimento era già grave ed ampiamente cristallizzato.

Ma non solo.

Leggendo l’atto in questione si comprende immediatamente che l’unico intento del (omissis) fosse quello di “mettere al riparo” da possibili azioni esecutive l’immobile lasciato dal padre, atteso che non vi è alcuna altra valida e logica spiegazione (né, emblematicamente, i convenuti argomentano alcunché sul punto).

Quanto alle posizioni dei terzi si ritiene sufficiente richiamare la giurisprudenza che ha affermato che “la prova della scientia damni del terzo può essere ricavata anche dalla sussistenza di un vincolo parentale tra il debitore ed il terzo, quando tale vincolo renda estremamente inverosimile che il terzo non fosse a conoscenza della situazione debitoria del disponente”, (così, Cass. Civ. sent. n. 5359/2009).

Nel caso che occupa i terzi sono fratelli ed ex coniuge del debitore (questa peraltro istituita legataria della nuda proprietà dell’immobile di via (omissis)), dunque non vi è dubbio che la presunzione possa operare, soprattutto, lo si ripete, a fronte della totale assenza di contestazioni.

Tutto ciò chiarito, la domanda revocatoria va accolta.

2. Sulla domanda di surroga rispetto all’azione di riduzione per lesione di legittima.

La domanda attorea è volta ad ottenere, quale conseguenza dell’accoglimento della domanda revocatoria, l’accertamento del diritto ad agire in via surrogatoria – ex art. 2900 c.c. – al fine di sentire accolta la domanda di riduzione delle disposizioni testamentarie lesive della quota di legittima spettante a (omissis).

Detto accertamento ha esito positivo.

Anzitutto va premesso che l’azione surrogatoria ha la funzione di ovviare alle conseguenze negative derivanti dall’inerzia del debitore.

Nel caso che occupa può parlarsi di inerzia del debitore proprio in virtù dell’accoglimento della domanda revocatoria di cui sopra si è trattato: essendo venuta meno l’efficacia dell’acquiescenza alle disposizioni testamentarie e, soprattutto, della rinuncia all’azione di riduzione, va da sé che l’attrice è titolata ed ha interesse a surrogarsi nella posizione di (omissis) rispetto all’azione di riduzione, atteso che le disposizioni testamentarie (intoccabili, in quanto tali) sono chiaramente lesive della quota di legittima spettante a (omissis).

D’altra parte la giurisprudenza di legittimità ha già avuto modo di chiarire che l’azione di riduzione è esperibile in via surrogatoria da parte del creditore, nonostante quanto disposto dall’art. 557 c.c., che annovera tra i legittimati attivi all’azione di riduzione solo legittimari, loro eredi o aventi causa (si veda, tra molte, Cass. Civ., sent. n. 16623/19, che ha affermato “… Invero, al di là dell’elemento letterale ricavabile dal citato art. 557 c.c., bisogna considerare che l’art. 2900 c.c. riconosce al creditore – per assicurare che siano soddisfatte o conservate le sue ragioni – la legittimazione ad esercitare i diritti e le azioni che spettano verso i terzi al proprio debitore (per le quali egli rimane inerte), a condizione che i diritti e le azioni abbiano contenuto patrimoniale – e l’azione di riduzione certamente ce l’ha – e non si verta in materia di diritti o di azioni indisponibili ovvero disponibili solo dal suo titolare: la circostanza dunque che la legittimazione ex art. 557 c.c. è riconosciuta anche agli aventi causa lascia intendere che non si verte in tema di azione indisponibile ovvero personalissima”). Ricorrono inoltre i presupposti per l’esercizio dell’azione surrogatoria: la sussistenza del credito (su cui si richiama quanto esposto in precedenza), l’eventus damni inteso come un pregiudizio che sia conseguenza immediata e diretta dell’inerzia del debitore (soprattutto tenendo conto del fatto che gli eredi ben potrebbero disporre del proprio patrimonio acquisito e dunque vanificare gli effetti dell’accoglimento della domanda di riduzione) e la titolarità in capo al debitore di un diritto o un’azione avente natura patrimoniale.

Ciò posto, va disatteso quanto ritenuto dalla difesa dei convenuti.

Per chiarezza si riporta quanto si legge in seno alla comparsa di costituzione e risposta “Il legittimario in favore del quale il testatore abbia disposto ai sensi dell’art. 551 c.c. un legato avente ad oggetto beni immobili in sostituzione di legittima, qualora intenda conseguire la legittima, deve rinunciare al legato stesso in forma scritta ex art. 1350 c.c., n. 5 (Cass. civ. sez. un., 29/03/2011, n. 7098). Poiché il legato lasciato al figlio Va. dal testatore ha ad oggetto beni immobili (il diritto reale di abitazione dell’appartamento e diritto di proprietà -per 1/3- di terreno e capannone), questi, e pertanto anche l’attrice che agisce in sua surrogazione, per proporre l’azione giudiziaria volta a conseguire la legittima, avrebbe dovuto previamente rinunciare al legato stesso in forma scritta. In assenza di tale rinuncia in forma scritta, ed in presenza, al contrario, di un’espressa accettazione in forma scritta del legato in sostituzione della legittima (doc. 3), l’azione di riduzione è inammissibile, e comunque improponibile e/o improcedibile”.

Detta argomentazione non tiene conto della accertata e dichiarata inefficacia dell’atto con cui (omissis) ha accettato il legato in sostituzione di legittima ed ha rinunciato all’azione di riduzione, inefficacia che è esattamente il presupposto logico e giuridico dell’ammissibilità della surrogatoria.

A fronte di quanto esposto deve essere accertato il diritto di parte attrice ad egire ex art. 2900 c.c. al fine di sentire accolta la domanda di riduzione.

Tanto premesso, è ora opportuno verificare se le disposizioni testamentarie abbiano effettivamente determinato una lesione della quota di legittima a danno di (omissis), e dunque del suo creditore.

Preliminare e prodromica a detto esame, tuttavia, è l’analisi della posizione di (omissis), moglie del de cuius, madre di (omissis), (omissis) e (omissis), pretermessa dal testatore.

Anzitutto va escluso che rispetto alla (omissis) sussista un’ipotesi di litisconsorzio necessario, atteso che “L’azione di riduzione non dà luogo a litisconsorzio necessario, né dal lato attivo né dal lato passivo, e può, quindi, essere esercitata nei confronti di uno solo degli obbligati alla integrazione della quota spettante al legittimario; tuttavia, qualora quest’ultimo non abbia attaccato tutte le disposizioni testamentarie lesive, non potrà recuperare, a scapito dei convenuti, la quota di lesione a carico del beneficiario che egli non abbia potuto o voluti convenire in riduzione, e potrà pretendere dai donatari solo l’eventuale differenza tra la legittima, calcolata sul relictum e il donatum, e il valore dei beni relitti – giacché la loro sufficienza libera i donatari da qualsiasi pretesa – né potrà recuperare a scapito di un donatario anteriore quanto potrebbe pretendere dal donatario posteriore, giacché se la donazione posteriore è capiente le anteriori non sono riducibili, ancorché la prima non sia stata attaccata in concreto dall’azione”, (tra molte, Cass. Civ. ord. 32197/21).

Alla luce dei principi ora richiamati, pertanto, non solo non vi è stata lesione del contraddittorio, ma lo stesso risulta correttamente instaurato verso tutti i beneficiari delle disposizioni testamentarie.

Ma vi è di più.

La difesa dei convenuti insiste nel ritenere che la quota di legittima di (omissis) debba essere calcolata tenendo altresì conto della quota di legittima di (omissis) nonostante la sua pretermissione (e infatti, dietro indicazione nel quesito peritale, il CTU ha elaborato una doppia ipotesi di calcolo del valore della quota spettante a (omissis), sia includendo sia escludendo la quota della (omissis)).

La doglianza non è tuttavia fondata.

È principio ormai consolidato quello per il quale “Il legittimario totalmente pretermesso, proprio perché pretermesso dalla successione non acquista per il solo fatto dell’apertura della successione, ovvero per il solo fatto della morte del de cuius, né la qualità di erede, né la titolarità dei beni ad altri attribuiti, potendo acquistare i suoi diritti solo dopo l’esperimento delle azioni di riduzione o di annullamento del testamento, e quindi dopo il riconoscimento dei suoi diritti di legittimario” (cfr. Cass. Civ. n. 16635/2013 e successive conformi).

Dunque ad oggi (omissis) non è erede di (omissis), potrà invero acquistare detta qualifica solo dopo avere vittoriosamente esperito l’azione di riduzione o di annullamento del testamento.

Conseguentemente la posizione della predetta non può né deve essere computata ai fini dell’individuazione della quota spettante a (omissis).

Ciò chiarito, ai fini della determinazione di detta quota soccorre la relazione peritale redatta dalla dott.ssa (omissis) con l’ausilio del Geom. (omissis), che ha redatto perizia di stima.

L’elaborato si mostra coerente, esaustivo, logico e giunge a risultati giuridicamente condivisibili.

La documentazione esaminata poggia anzitutto sul testamento per atto pubblico di (omissis) del 3 dicembre 2015, nonché su documentazione bancaria, visure catastali, dichiarazione di successione e atti pubblici regolarmente vagliati nel contraddittorio tra le parti.

Ciò posto, come noto, l’art. 556 c.c. testualmente recita “per determinare l’ammontare della quota di cui il defunto poteva disporre si forma una massa di tutti i beni che appartenevano al defunto al tempo della morte, detraendone i debiti. Si riuniscono quindi fittiziamente i beni di cui sia stato disposto a titolo di donazione [562, 737 ss. c.c.], secondo il loro valore determinato in base alle regole dettate negli articoli 747 a 750, e sull’asse così formato si calcola la quota di cui il defunto poteva disporre”; nella giurisprudenza di legittimità, si evidenzia che “In tema di successione necessaria, per accertare la lesione della quota di riserva va determinato il valore della massa ereditaria, quello della quota disponibile e della quota di legittima. A tal fine, occorre procedere alla formazione del compendio dei beni relitti ed alla determinazione del loro valore al momento dell’apertura della successione; quindi, alla detrazione dal “relictum” dei debiti, da valutare con riferimento alla stessa data; e, ancora, alla riunione fittizia, cioè meramente contabile, tra attivo netto e “donatum”, costituito dai beni di cui sia stato disposto a titolo di donazione, da stimare, in relazione ai beni immobili ed ai beni mobili, secondo il loro valore al momento dell’apertura della successione (artt. 747 e 750 cod. civ.) e, con riferimento al valore nominale, quanto alle donazioni in denaro (art. 751 cod. civ.). Devono calcolarsi, poi, la quota disponibile e la quota indisponibile sulla massa risultante dalla somma tra il valore del “relictum” al netto ed il valore del “donatum” ed imputarsi, infine, le liberalità fatte al legittimario, con conseguente diminuzione, in concreto, della quota ad esso spettante (art. 564 cod. civ.)” (Cass. Civ., Sez. 2, Sentenza n. 12919 del 24/07/2012).

Calando i suindicati principi al caso che occupa si rileva che:

– Non vi sono passività in capo ad (omissis), “… conseguentemente, il valore dell’asse ereditario trova corrispondenza in quello della massa attiva ereditaria” (relazione, pag. 9);

– L’attivo ereditario si compone di beni immobili e saldo attivo del conto corrente n. (omissis) per Euro 979,49;

– Il valore dei beni immobili rappresenta la parte più consistente della massa ereditaria.

I beni risultanti dalla dichiarazione di successione, aggiornati dal Geom. (omissis) in base alle risultanze catastali sono i seguenti:

1) Piena proprietà 1/1 di porzioni immobiliari site in Comune di Forlimpopoli, Via (omissis), identificate al Catasto Fabbricati del Comune di Forlimpopoli, al Foglio (omissis) (cat. C/6-stalle, scuderie, rimesse, autorimesse) di mq. 15,00; Particella (omissis) (cat. A/3-abitazione di tipo economico), vani 4,5; Particella (omissis) (cat. C/6-stalle, scuderie, rimesse, autorimesse) di mq. 13,00; Particella (omissis) (cat. C/2- magazzini e locali di deposito) di mq. 11,00;

2) Piena proprietà per la quota di 235/1000 indivisa di porzioni immobiliari site in Comune di Forlimpopoli, Via (omissis), identificate al Catasto Fabbricati del Comune di Forlimpopoli, al Foglio (omissis);

3) Piena proprietà 1/1 di porzioni immobiliari site in Comune di Forlimpopoli, Via (omissis), identificate al Catasto Fabbricati del Comune di Forlimpopoli, al Foglio (omissis) (cat. A/3-abitazione di tipo economico), vani 7; Particella (omissis) (cat. C/2-magazzini e locali di deposito) di mq. 82,00.

4) Piena proprietà 1/1 di immobile sito in Comune di Forlimpopoli, Via (omissis), identificato al Catasto Fabbricati del Comune di Forlimpopoli al Foglio (omissis) (cat. D/10- fabbricati per attività agricola) e piena proprietà 1/1 di terreno sito in Comune di Forlimpopoli, censito al Catasto Terreni del medesimo Comune al Foglio (omissis), terreno, di mq. 11.100.

I beni di cui ai punti che precedono, valutati dal Coadiutore in base a criteri condivisibili ed argomentati, hanno valore complessivo di Euro 591.176,59.

– Non risulta dalla dichiarazione di successione l’immobile sito in Forlimpopoli, via (omissis) che, invero, risulta essere stato ceduto a (omissis) (moglie del figlio del de cuius) nella medesima data in cui è stato redatto il testamento, ma evidentemente prima della redazione di questo (sul punto, la relazione peritale afferma che “All’art. 2 dell’atto è stabilito che il prezzo di vendita è convenuto per un importo di complessivi € 100.000,00, che saranno corrisposti, senza aggravio di interessi di alcuna natura e senza rilascio di alcuna garanzia entro e non oltre cinque anni dalla data di stipula. Poiché nella dichiarazione di successione di (omissis) il suddetto immobile non risulta indicato, si presume che l’atto di compravendita, stipulato lo stesso giorno, abbia preceduto il testamento. Per quanto riguarda il pagamento del prezzo di vendita di € 100.000,00, parte convenuta nella memoria ex art. 183, comma 6, n. 3 c.p.c. asserisce che esso è stato interamente corrisposto, tuttavia, non risulta agli atti un documento probatorio che ne attesti l’avvenuto integrale pagamento. Esaminando gli estratti del conto corrente n. (omissis), intestato a (omissis), relativi al periodo dal 01/01/2015 fino alla data del decesso (cfr. doc. 7 parte convenuta), emerge un unico pagamento di € 10.000,00 eseguito dall’acquirente (omissis) a titolo di acconto, accreditato sul conto in data 12/10/2016. Ne discende, quindi, che alla data del decesso (16/03/2017) (omissis) vantava ancora un credito di € 90.000,00 nei confronti dell’acquirente (omissis), che la scrivente non può prescindere dal computare nell’asse ereditario”, pag. 12 della relazione. Tuttavia, in sede di conclusioni il Consulente, accedendo alle osservazioni del CTP di parte attrice, precisa che, in realtà, il pagamento di Euro 10.000,00 effettuato dalla (omissis) è stato restituito dal de cuius a marito e figlio della (omissis) (ovvero figlio e nipote del defunto), infatti a pagina 18 della relazione si legge “La scrivente dà atto che, a distanza di pochissimi giorni la somma di € 10.000 versata da (omissis) è stata, di fatto, restituita a titolo di liberalità ai suoi familiari, con consegna del denaro a mezzo bonifico bancario, e richiama, sul punto, l’art. 783 Cod. Civ. secondo cui “La donazione di modico valore che ha per oggetto beni mobili è valida anche se manca l’atto pubblico, purché vi sia stata la tradizione. La modicità deve essere valutata anche in rapporto alle condizioni economiche del donante”. Rispetto al valore del patrimonio ereditario di (omissis) di € 682.156,08 le due liberalità potrebbero configurarsi come donazioni di modico valore ai sensi dell’art. 783 Cod. Civ., essendo inferiori all’1% dello stesso, senza necessità, quindi, della forma dell’atto pubblico per la loro validità, tuttavia, come tali sono soggette a collazione, fatta eccezione per il caso, diverso da quello di specie, in cui siano state disposte in favore del coniuge del defunto, come previsto dall’art. 738 c.c. (cfr. Cassazione, Seconda Sezione Civile, sentenza n. 2700/2019). Conseguentemente, la scrivente ritiene accoglibile l’osservazione del CTP e provvede a sommare le due donazioni di € 5.000 al valore della massa attiva ereditaria di (omissis)”.

Da tutto quanto sopra esposto discende che il valore della massa ereditaria di (omissis) ammonta ad Euro 692.156,08 (cfr. perizia a pag. 19).

Vi è, a questo punto, la possibilità di calcolare la quota di legittima spettante a (omissis) (senza l’inclusione della madre, erede pretermessa, per i motivi già sopra esposti); è dunque coerente il modus procedendi del consulente, laddove afferma “Nell’ipotesi di concorso dei figli l’art. 537, co. 2, Cod. Civ. dispone che: “Se i figli sono più, è loro riservata la quota dei due terzi, da dividersi in parti uguali tra tutti i figli, legittimi e naturali”, da cui consegue che: la quota di legittima spettante ai figli è pari a 2/3 del patrimonio ereditario (da dividere in parti uguali), la quota disponibile è pari a 1/3 del patrimonio ereditario. Poiché i figli eredi legittimari del de cuius sono 3, la quota di legittima di (omissis) è pari a 1/3 di 2/3, ossia, 2/9 del patrimonio ereditario”.

Dunque il valore della quota spettante a (omissis) è pari ad Euro 153.812,46.

Ciò posto, è condivisibile quanto affermato dalla difesa attorea “Con il proprio testamento, il (omissis) ha anzitutto trasferito al Sig. (omissis) quota 1/3 dei beni in Forlimpopoli (Gruppo D), che quotano, a valori di perizia, complessivamente euro 27.464,06. Con l’atto di ultima volontà ha poi concesso al figlio il diritto di abitazione sull’immobile residenziale in Forlimpopoli, via (omissis). Occorre quindi valutare che valore attribuire a tale diritto”, (pag. 6 comparsa conclusionale).

Circa il valore da attribuire al diritto di abitazione si osserva quanto segue.

Se da un lato è vero che si tratta di un diritto certamente più compresso e limitato del diritto di usufrutto (non potendo essere oggetto di disposizione né di esecuzione ed attribuendo al beneficiario il solo diritto di utilizzare il bene come abitazione), dall’altro non può neppure ritenersi che il diritto di abitazione non abbia alcun valore economico (basti pensare che in caso di cessione della nuda proprietà il diritto di abitazione resterebbe in capo a (omissis)).

A fronte delle suesposte considerazioni si stima equo attribuire al diritto di abitazione in oggetto un valore (in via equitativa) pari al 50% del valore che avrebbe il diritto di usufrutto in capo al convenuto e relativo al medesimo bene.

Dunque, atteso che l’usufrutto sull’immobile di via (omissis) (tenuto conto dell’età di (omissis) e degli indici normativamente previsti) avrebbe valore di Euro 41.196,09, deve riconoscersi al diritto di abitazione un valore arrotondato ad Euro 20.600,00.

Da quanto esposto discende che (omissis) ha ricevuto dal padre un valore in concreto di Euro 48.064,06, a fronte di una quota di legittima di Euro 153.812,46.

La lesione ammonta pertanto ad Euro 105.748,40, somma che i coeredi devono corrispondere al pretermesso.

Si noti che la convenuta (omissis) resta esclusa dai provvedimenti conseguenti, atteso che il legato a lei destinato va imputato alla quota disponibile, rispettandone la proporzione.

La suindicata somma è soggetta al principio nominalistico, per cui non è dovuta la rivalutazione monetaria (cfr. Cass. Civ. 5320/2016); sono invece dovuti gli interessi legali dalla domanda giudiziale al saldo.

Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo, conformemente a quanto previsto dal D.M. 55/14, come aggiornato.

Le spese di CTU, come liquidate in corso di causa, devono essere poste in via definitiva a carico dei convenuti in solido tra loro.

P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:1) Dichiara la contumacia di (omissis);

2) Accoglie la domanda revocatoria avanzata da parte attrice;

3) Per l’effetto, accerta e dichiara l’inefficacia rispetto a parte attrice dell’atto denominato “Richiesta di registrazione di testamento pubblico, accettazione di eredità, acquiescenza e rinuncia ad azione di riduzione” del 13 aprile 2017 nella parte in cui (omissis) dichiara di prestare piena ed incondizionata adesione ed acquiescenza al testamento pubblico del sig. (omissis) e dichiara di rinunciare ad ogni eccezione od azione inerente i propri diritti ereditari legittimi ed ai diritti che sono propri per legge quale legittimario;

4) Accoglie la domanda surrogatoria proposta da parte attrice e, per l’effetto, accertato il diritto di parte attrice ad agire al fine di ottenere la riduzione delle disposizioni testamentarie disposte da (omissis) per lesione della quota di legittima ed accertata altresì l’intervenuta lesione della quota di legittima di (omissis), condanna i convenuti (omissis) e (omissis) al pagamento in favore di parte attrice della somma di Euro 105.748,40, oltre ad interessi legali dalla domanda al saldo;

5) Dichiara tenuti e condanna i convenuti in solido tra loro al pagamento in favore di parte attrice della somma di Euro 12.057,00 a titolo di compensi, Euro 1.184,27 a titolo di anticipazioni, spese generali al 15%, IVA e CPA come per legge;

6) Spese di CTU poste in via definitiva a carico dei convenuti in solido tra loro;

7) Ordina al competente Conservatore di procedere a trascrizioni ed annotazioni di legge relativamente al presente provvedimento.

Così deciso a Forlì, nella camera di consiglio dell’11 luglio 2024

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 15 LUG. 2024.

Allegati

    [pmb_print_buttons]

    Accedi