RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO
1. La domanda e il giudizio.
Con ricorso depositato in data 12/12/2022, (omissis) – premesso di aver prestato, negli anni scolastici 2017/18, 2018/19, 2019/20, 2020/21 e 2021/22, servizio in qualità di docente con incarichi a tempo determinato di durata annuale e/o fino al termine delle attività didattiche – adiva l’intestato Tribunale del lavoro, deducendo di aver prestato mansioni identiche a quelle svolte dai docenti di ruolo e lamentando di non aver fruito della Carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione del docente (c.d. “Carta Docenti”) prevista dall’art. 1, comma 121, della legge n. 107 del 13.7.2015.
Richiamata la disciplina (legale e contrattuale) applicabile in materia e denunciata la violazione del principio di non discriminazione, quale sancito dalla clausola 4, punto 1, dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999 ed allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999, la parte ricorrente rassegnava, pertanto, le seguenti conclusioni:
“1) IN VIA PRINCIPALE, previa eventuale disapplicazione dell’art. 1, commi 121, 122 e 124, della L. n. 107/2015, dell’art. 2 del d.P.C.M. del 23 settembre 2015 e/o dell’art. 3 del d.P.C.M. del 28 novembre 2016 (nella parte in cui limitano l’assegnazione della carta elettronica ai soli docenti a tempo indeterminato), per violazione delle clausole 4 e 6 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato (recepito dalla dir. 99/70 del Consiglio dell’Unione Europea), degli artt. 14, 20 e 21 della CDFUE e delle altre disposizioni sopra richiamate, accertarsi e dichiararsi il diritto della parte ricorrente a usufruire della “Carta elettronica” per l’aggiornamento e la formazione del personale docente per gli anni scolastici 2016/2017 – 2017/2018 – 2018/2019 – 2019/2020 – 2020/2021 – 2021/2022 o per i diversi anni di precariato risultanti dovuti, con le medesime modalità con cui è riconosciuta al personale assunto a tempo indeterminato, e conseguentemente condannarsi il Ministero dell’Istruzione e del Merito ad assegnare alla parte ricorrente la suddetta “Carta elettronica” o altro strumento equipollente per l’aggiornamento e la formazione dei docenti, con le modalità e le funzionalità di cui agli artt. 2, 5, 6 e 8 del d.P.C.M. 28 novembre 2016 o con modalità e funzionalità analoghe, e ad accreditare sulla detta carta (o in altro strumento equipollente) l’importo nominale di EURO 3.000,00 (ossia € 500,00 per ogni anno di servizio a tempo determinato), quale contributo economico da destinare alla formazione professionale della parte ricorrente.
2) IN VIA SUBORDINATA, previo accertamento e declaratoria dell’inadempimento, da parte del Ministero dell’Istruzione e del Merito, dell’obbligo formativo sancito dagli artt. 63 e 64 del CCNL del 29/11/2007 e dall’art. 282 del D. Lgs. n. 297/94, oltreché dalla clausola 6 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato e dall’art. 14 della CDFUE, nonché previo accertamento e declaratoria del diritto della parte ricorrente alla fruizione della “Carta elettronica” per l’aggiornamento e la formazione del personale docente, di cui all’art. 1 della Legge n. 107/2015, per gli anni scolastici 2016/2017 – 2017/2018 – 2018/2019 – 2019/2020 – 2020/2021 – 2021/2022 condannarsi il Ministero dell’Istruzione e del Merito ad assegnare alla parte ricorrente la suddetta “Carta elettronica” o altro strumento equipollente per l’aggiornamento e la formazione dei docenti, con le modalità e le funzionalità di cui agli artt. 2, 5, 6 e 8 del d.P.C.M. 28 novembre 2016 o con modalità e funzionalità analoghe, e ad accreditare sulla detta carta (o in altro strumento equipollente) l’importo nominale di EURO 3.000,00 (ossia € 500,00 per ogni anno di servizio a tempo determinato), quale contributo economico da destinare alla formazione professionale della parte ricorrente, a titolo di risarcimento del danno, anche in forma specifica ex art. 1218 del c.c.” con vittoria di spese”.
Il Ministero dell’Istruzione e del Merito, ritualmente costituitosi, resisteva al ricorso, invocandone il rigetto.
La causa era fissata in data odierna per la trattazione scritta si sensi e per gli effetti di cui all’art. 127 ter cpc.
Pertanto, verificata la regolare comunicazione del decreto di fissazione della trattazione scritta della causa ed acquisite brevi note di trattazione delle parti, la causa è stata decisa come da sentenza contestuale depositata telematicamente.
Il ricorso è parzialmente fondato e va accolto, nei limiti di seguito precisati.
2. La normativa vigente.
Appare utile ricostruire il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento.
L’art. 35 della Costituzione prevede che “La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. Cura la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori. Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro”, attribuendo, quindi, rilevanza costituzionale alla formazione dei lavoratori.
In questa prospettiva, il C.C.N.L. Comparto Scuola del 29.11.2007 conferisce rilievo centrale alla formazione dei docenti, disponendo, all’art. 63, rubricato “Formazione in Servizio”, che “1. La formazione costituisce una leva strategica fondamentale per lo sviluppo professionale del personale, per il necessario sostegno agli obiettivi di cambiamento, per un’efficace politica di sviluppo delle risorse umane. L’Amministrazione è tenuta a fornire strumenti, risorse e opportunità che garantiscano la formazione in servizio. La formazione si realizza anche attraverso strumenti che consentono l’accesso a percorsi universitari, per favorire l’arricchimento e la mobilità professionale mediante percorsi brevi finalizzati ad integrare il piano di studi con discipline coerenti con le nuove classi di concorso e con profili considerati necessari secondo le norme vigenti. Conformemente all’Intesa sottoscritta il 27 giugno 2007 tra il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione e le Confederazioni sindacali, verrà promossa, con particolare riferimento ai processi d’innovazione, mediante contrattazione, una formazione dei docenti in servizio organica e collegata ad un impegno di prestazione professionale che contribuisca all’accrescimento delle competenze richieste dal ruolo. 2.Per garantire le attività formative di cui al presente articolo l’Amministrazione utilizza tutte le risorse disponibili, nonché le risorse allo scopo previste da specifiche norme di legge o da norme comunitarie (…)”.
Il successivo art. 64 del medesimo C.C.N.L., rubricato “Fruizione del diritto alla formazione”, stabilisce, a sua volta, che “1. La partecipazione ad attività di formazione e di aggiornamento costituisce un diritto per il personale in quanto funzionale alla piena realizzazione e allo sviluppo delle proprie professionalità”.
L’art. 1, comma 121, della legge n. 107 del 13.7.2015 (c.d. “Buona Scuola”) sancisce, invece, quanto segue: “Al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali, è istituita, nel rispetto del limite di spesa di cui al comma 123, la Carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione del docente di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado. La Carta, dell’importo nominale di euro 500 annui per ciascun anno scolastico, può essere utilizzata per l’acquisto di libri e di testi, anche in formato digitale, di pubblicazioni e di riviste comunque utili all’aggiornamento professionale, per l’acquisto di hardware e software, per l’iscrizione a corsi per attività di aggiornamento e di qualificazione delle competenze professionali, svolti da enti accreditati presso il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, a corsi di laurea, di laurea magistrale, specialistica o a ciclo unico, inerenti al profilo professionale, ovvero a corsi post lauream o a master universitari inerenti al profilo professionale, per rappresentazioni teatrali e cinematografiche, per l’ingresso a musei, mostre ed eventi culturali e spettacoli dal vivo, nonché per iniziative coerenti con le attività individuate nell’ambito del piano triennale dell’offerta formativa delle scuole e del Pi. nazionale di formazione di cui al comma 124. La somma di cui alla Carta non costituisce retribuzione accessoria né reddito imponibile”.
La disposizione innanzi richiamata riconosce, dunque, la Carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione, avente un importo nominale annuo di euro 500,00, ai soli docenti di ruolo.
In attuazione di quanto stabilito dalla disciplina normativa di rango primario, è stato adottato il D.P.C.M. del 23 settembre 2015, poi sostituito dal D.P.C.M. del 28 novembre 2016, che, nell’identificare i “beneficiari della carta”, ha confermato quanto già previsto dall’atto ministeriale previgente, chiarendo – all’art. 3 – che la relativa platea è composta dai “docenti di ruolo a tempo indeterminato delle Istituzioni scolastiche statali, sia a tempo pieno che a tempo parziale, compresi i docenti che sono in periodo di formazione e prova, i docenti dichiarati inidonei per motivi di salute di cui all’articolo 514 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni, i docenti in posizione di comando, distacco, fuori ruolo o altrimenti utilizzati, i docenti nelle scuole all’estero, delle scuole militari”.
3. Il principio di non discriminazione.
Ciò posto, la parte ricorrente sostiene che, nel riconoscere tale strumento solo ai docenti assunti a tempo indeterminato, il Legislatore abbia ingenerato una disparità di trattamento a danno dei docenti assunti a tempo determinato, senza che ciò trovi alcun tipo di giustificazione, considerata l’omogeneità della prestazione lavorativa svolta e l’identità della finalità formativa del personale docente, a prescindere dalle relative modalità di assunzione.
La ricostruzione del quadro normativo, come prospettata dalla parte ricorrente, ha trovato riscontro in significative pronunce, emesse in ambito sia interno, che euro unitario.
4. La giurisprudenza amministrativa italiana in materia di carta docenti.
Più in dettaglio, con la sentenza n. 1842/2022 del 16.3.2022, il Consiglio di Stato – in riforma della sentenza n. 7799/2016 del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Roma, Sezione Terza Bis (con la quale era stato respinto il ricorso proposto per l’annullamento del D.P.C.M. n. 32313 del 23 settembre 2015 e della nota del M.I.U.R. n. 15219 del 15 ottobre 2015, nella parte in cui escludevano i docenti non di ruolo dall’erogazione della cd. “Carta Docenti”) – ha affermato che un sistema di formazione “a doppia trazione” (quella dei docenti di ruolo, la cui formazione è obbligatoria, permanente e strutturale, e quindi sostenuta sotto il profilo economico con l’erogazione della Carta, e quella dei docenti non di ruolo, per i quali non vi sarebbe alcuna obbligatorietà e, dunque, alcun sostegno economico) collide con i precetti costituzionali degli artt. 3, 35 e 97 Cost., “sia per la discriminazione che introduce a danno dei docenti non di ruolo (resa palese dalla mancata erogazione di uno strumento che possa supportare le attività volte alla loro formazione e dargli pari chances rispetto agli altri docenti di aggiornare la loro preparazione), sia, ancor di più, per la lesione del principio di buon andamento della P.A.”, evidenziando che “la differenziazione appena descritta collide con l’esigenza del sistema scolastico di far sì che sia tutto il personale docente (e non certo esclusivamente quello di ruolo) a poter conseguire un livello adeguato di aggiornamento professionale e di formazione, affinché sia garantita la qualità dell’insegnamento complessivo fornito agli studenti”.
In questa direzione – soggiunge il Consiglio di Stato – “il diritto-dovere di formazione professionale e aggiornamento grava su tutto il personale docente e non solo su un’aliquota di esso: dunque, non è corretto ritenere – come fa la sentenza appellata – che l’erogazione della Carta vada a compensare la maggiore gravosità dello sforzo richiesto ai docenti di ruolo in chiave di aggiornamento e formazione, poiché un analogo sforzo non può che essere richiesto anche ai docenti non di ruolo, a pena, in caso contrario, di creare un sistema “a doppio binario”, non in grado di assicurare la complessiva qualità dell’insegnamento”.
Del resto, “la Carta del docente è erogata ai docenti part-time (il cui impegno didattico ben può, in ipotesi, essere più limitato di quello dei docenti a tempo determinato) e persino ai docenti di ruolo in prova, i quali potrebbero non superare il periodo di prova e, così, non conseguire la stabilità del rapporto. E l’irragionevolezza della soluzione seguita dalla P.A. emerge ancora più chiaramente dalla lettura del d.P.C.M. del 28 novembre 2016 (che, come già ricordato, ha sostituito quello del 23 settembre 2015), il quale, all’art. 3, individua tra i beneficiari della Carta anche “i docenti in posizione di comando, distacco, fuori ruolo o altrimenti utilizzati”: di tal ché, a seguire l’opzione della P.A., vi sarebbero dei docenti che beneficerebbero dello strumento pur senza essere impegnati, al momento, nell’attività didattica, mentre altri docenti, pur svolgendo diversamente dai primi l’attività didattica, non beneficerebbero della Carta e, quindi, sarebbero privati di un ausilio per il loro aggiornamento e la loro formazione professionale”.
Accedendo, quindi, ad una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 1, commi 121 – 124, L. n. 107/2015 e valorizzando le disposizioni del C.C.N.L. di categoria (in specie, quelle degli artt. 63 e 64 del C.C.N.L. del 29 novembre 2007), da leggersi in chiave non di incompatibilità, ma di complementarietà rispetto al disposto dell’art. 1 L. n. 107 cit., si è concluso nel senso che tra gli strumenti volti a garantire la formazione in servizio (si veda il comma 1 dell’art. 63 cit.) “possa (e anzi debba) essere compresa la Carta del docente, di tal ché si può per tal via affermare che di essa sono destinatari anche i docenti a tempo determinato (come gli appellanti), così colmandosi la lacuna previsionale dell’art. 1, comma 121, della l. n. 107/2015, che menziona i soli docenti di ruolo: sussiste, infatti, un’indiscutibile identità di ratio – la già ricordata necessità di garantire la qualità dell’insegnamento – che consente di colmare in via interpretativa la predetta lacuna”.
5. La giurisprudenza eurounitaria in materia di carta docenti.
Sulla conformità della disciplina di rango primario rispetto a quella euro unitaria è successivamente intervenuta la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, a seguito del rinvio pregiudiziale con cui la stessa è stata investita della questione attinente al dedotto contrasto tra la disciplina interna e la clausola 4, punto 1, dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato del 18.3.1999, attuato dalla Direttiva 1999/70/CE del 2.6.1999.
La Corte di Giustizia ha, innanzitutto, affermato che il beneficio della “Carta Docenti” rientra tra le “condizioni di impiego”, ai sensi della clausola 4, punto 1, dell’Accordo quadro innanzi citato.
La suddetta clausola recita: “Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive”; in particolare, al punto 4 della clausola in discorso si dispone che “I criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive”.
Orbene, secondo quanto puntualizzato dalla C.G.U.E., “36 Infatti, conformemente all’articolo 1, comma 121, della legge n. 107/2015, tale indennità è versata al fine di sostenere la formazione continua dei docenti, la quale è obbligatoria tanto per il personale a tempo indeterminato quanto per quello impiegato a tempo determinato presso il Ministero, e di valorizzarne le competenze professionali. Inoltre, dall’adozione del decreto-legge dell’8 aprile 2020, n. 22, il versamento di detta indennità mira a consentire l’acquisto dei servizi di connettività necessari allo svolgimento, da parte dei docenti impiegati presso il Ministero, dei loro compiti professionali a distanza. Il giudice del rinvio precisa altresì che la concessione di questa stessa indennità dipende in modo determinante dall’effettiva prestazione del servizio da parte di tali docenti. […] “38 La circostanza che la carta elettronica possa essere utilizzata anche per l’acquisto di beni e servizi che non siano strettamente correlati alla formazione continua non è quindi determinante ai fini della qualificazione dell’indennità di cui al procedimento principale come «condizione di impiego»”.
La Corte ha, quindi, puntualizzato che “La clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura nell’allegato della direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale che riserva al solo personale docente a tempo indeterminato del Ministero dell’istruzione, e non al personale docente a tempo determinato di tale Ministero, il beneficio di un vantaggio finanziario dell’importo di EU. 500 all’anno, concesso al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali, mediante una carta elettronica che può essere utilizzata per l’acquisto di libri e di testi, anche in formato digitale, di pubblicazioni e di riviste comunque utili all’aggiornamento professionale, per l’acquisto di hardware e software, per l’iscrizione a corsi per attività di aggiornamento e di qualificazione delle competenze professionali, a corsi di laurea, di laurea magistrale, specialistica o a ciclo unico, inerenti al profilo professionale, ovvero a corsi post lauream o a master universitari inerenti al profilo professionale, per rappresentazioni teatrali e cinematografiche, per l’ingresso a musei, mostre ed eventi culturali e spettacoli dal vivo, ad altre attività di formazione e per l’acquisto di servizi di connettività al fine di assolvere l’obbligo di effettuare attività professionali a distanza”.
La Corte di Giustizia ha cristallizzato l’applicabilità del principio di non discriminazione di cui alla clausola 4, punto 1, dell’Accordo quadro con riferimento alle sole “situazioni comparabili”, ribadendo, ancora una volta, che la mera “temporaneità” dei rapporti lavorativi con contratti a termine non costituisce, di per sé, un elemento di “non comparabilità delle situazioni”: “40- A tale riguardo, il principio di non discriminazione è stato attuato e concretizzato dall’accordo quadro soltanto riguardo alle differenze di trattamento tra i lavoratori a tempo determinato e i lavoratori a tempo indeterminato che si trovano in situazioni comparabili …. 45- Secondo una giurisprudenza costante della Corte, la nozione di «ragioni oggettive» richiede che la disparità di trattamento constatata sia giustificata dalla sussistenza di elementi precisi e concreti, che contraddistinguono il rapporto di impiego di cui trattasi, nel particolare contesto in cui s’inscrive e in base a criteri oggettivi e trasparenti, al fine di verificare se tale disparità risponda a una reale necessità, sia idonea a conseguire l’obiettivo perseguito e risulti necessaria a tal fine… 46- Per contro, il riferimento alla mera natura temporanea del lavoro degli impiegati amministrativi a contratto, come UC, non è conforme a tali requisiti e non può dunque costituire di per sé una ragione oggettiva, ai sensi della clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro. Infatti, ammettere che la mera natura temporanea di un rapporto di lavoro sia sufficiente a giustificare una differenza di trattamento tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato priverebbe di contenuto gli obiettivi della direttiva 1999/70 e dell’accordo quadro ed equivarrebbe a perpetuare il mantenimento di una situazione svantaggiosa per i lavoratori a tempo determinato”.
Ed anche la Suprema Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sulla spettanza del beneficio in discorso anche ai dipendenti scolastici a tempo indeterminato appartenenti al profilo professionale del personale educativo, nella sentenza n. 32104 del 31/10/2022 ha ritenuto che “… svolgendo una lettura coordinata delle disposizioni di legge e del c.c.n.l. di categoria sopra richiamate, emerge che il personale educativo, seppur impegnato in funzione differente rispetto a quella propriamente didattica e di istruzione, tipica del personale docente, nondimeno ne partecipa i contenuti sul piano della formazione e istruzione degli allievi, convittori e semiconvittori, di qui l’espressa collocazione all’interno dell’area professionale del personale docente”.
Alla luce di quanto precede, è stato riconosciuto il beneficio della Carta elettronica anche agli educatori, sebbene privi delle funzioni didattiche vere e proprie tipiche dei docenti.
6. Il riflesso del principio di non discriminazione con riferimento alla naturale cessazione dei rapporti di docenza a termine.
Co.ì ricostruito lo scenario complessivo di riferimento, va rimarcato, in chiave generale, che la natura temporanea del rapporto tra docente e Ministero non incide sulla titolarità del diritto a ricevere la Carta elettronica.
Quest’ultima spetta a tutti i docenti, anche a quelli a termine, purché si trovino in una situazione analoga a quelli di ruolo, incombendo, di converso, sul Ministero l’onere di fornire elementi precisi e concreti, idonei a giustificare una disparità di trattamento.
In particolare, l’applicazione del principio di non discriminazione del docente cd. precario implica l’irrilevanza della cessazione del rapporto annuale di docenza a titolo precario.
Vero che l’art. 3 co. 2 del D.P.C.M. del 28.11.2016 recita che “La Carta non è più fruibile all’atto della cessazione dal servizio”, ma tale previsione è collegata alla diversa situazione del docente a tempo indeterminato che, appunto, ha cessato per sempre l’attività di docenza ed educativa cui è collegata l’esigenza di aggiornamento e quindi il beneficio finanziario in esame.
Viceversa alla mera cessazione del rapporto di lavoro a termine del precario, detta cessazione è di per sè ontologicamente conseguente alla natura a termine del rapporto stesso e l’applicazione del principio di non discriminazione impone la equiparazione ai docenti a tempo indeterminato.
Al contempo però il diritto alla carta – docente va riconosciuto ai cd. precari nel limite temporale stabilito per la fruizione del diritto contrattuale, in quanto “condizione di impiego” che deve essere uguale per i docenti a tempo indeterminato e per quelli a tempo determinato.
Di tal che riconoscere la spettanza della carta docenti per anni scolastici di insegnamento a tempo determinato anteriori all’ultimo e a quello in corso (ove chiesti) comporterebbe la disfunzione che il docente a tempo determinato potrebbe astrattamente ottenere di più del docente a tempo indeterminato cui, teoricamente, sia stata illegittimamente negata la carta docente.
La Corte di Giustizia europea e la Corte di Cassazione sono molto attente, nella materia del precariato scolastico, ad evitare abusi del principio di non discriminazione che portino i precari a fruire di condizioni di impiego più vantaggiose rispetto a quelle dei dipendenti a tempo indeterminato, disponendo un’attenta e particolareggiata verifica tenendo conto della specificità del caso concreto .
Nel caso di specie, è pacifico – ed è, in ogni caso, provato per tabulas (si vedano i certificati di servizio e i contratti di lavoro a tempo determinato versati in atti, lo stato matricolare prodotto dal MI.) – che la parte ricorrente abbia prestato servizio di supplenza nei seguenti anni scolastici: 2017/2018, 2018/2019, 2019/2020, 2020/2021 e 2021/2022. D’altro canto, il Ministero non ha allegato – né, tanto meno, provato – specifiche ragioni volte a smentire in concreto la sovrapponibilità delle mansioni rispetto a quelle svolte da dipendenti a tempo indeterminato aventi la medesima qualifica.
7. Infungibilità della prestazione.
Ciò posto, sul piano delle conseguenze va chiarito però che giammai il Ministero resistente potrebbe essere condannato al pagamento di una somma equivalente al valore nominale della cd. carta del docente. V. Cassazione civile sez. lav., 28/11/2019, (ud. 15/10/2019, dep. 28/11/2019), n.31149; Cassazione civile sez. lav., 28/05/2020, (ud. 28/01/2020, dep. 28/05/2020), n.10219.
La disposizione di cui all’art. 1, comma 121, legge n. 107 del 2015, infatti, non ha previsto in favore dei docenti di ruolo il versamento diretto di una somma di denaro, bensì la consegna di una carta avente un determinato valore nominale, utilizzabile, coerentemente con la finalità formativa, per l’acquisto di beni e servizi dal contenuto professionale e specificatamente individuati a monte dall’ordinamento.
Ne discende che, ove si consentisse un potenziale impiego del denaro per l’acquisto di beni e servizi privi d’ogni attinenza con lo sviluppo della professionalità dell’interessato, si finirebbe per accordare ai docenti a termine un trattamento privilegiato rispetto a quelli a tempo indeterminato, all’opposto vincolati all’acquisto di determinati beni e servizi.
Una siffatta soluzione, poi, non solo non sarebbe in grado di valorizzare pienamente la ratio della misura di cui all’art. 1, comma 121, legge cit., ma nemmeno terrebbe in debita considerazione il presupposto su cui si fonda la necessaria equiparazione di tutti i docenti, ossia il fatto che la formazione è una «condizione d’impiego» da accordare in maniera egualitaria, tanto per evitare ingiustificate discriminazioni, quanto, e soprattutto, per garantire la formazione necessaria al buon andamento dell’Amministrazione scolastica.
Del resto, per espressa previsione normativa, la carta non ha natura di retribuzione accessoria, né costituisce reddito imponibile.
8. Limiti temporali.
Occorre, altresì, rimarcare che la fruibilità della Carta elettronica per il personale docente a tempo indeterminato soggiace a precisi limiti temporali.
L’art. 3, commi 2 e 3, del D.P.C.M. del 23.9.2015, stabilisce, al riguardo, che “l’importo di cui al comma 1 è reso disponibile, per ciascun anno scolastico, a valere sull’autorizzazione di spesa di cui all’art. 1, comma 123, della legge n. 107 del 2015, relativa all’esercizio finanziario in cui ha inizio ciascun anno scolastico, ed entro il limite della medesima. Entro il 31 dicembre di ciascun anno, le risorse che dovessero eventualmente rimanere disponibili a valere sull’autorizzazione di spesa citata sono destinate ad incrementare l’importo della Carta, nei limiti dell’importo di cui al comma 1. 3. La cifra residua eventualmente non utilizzata da ciascun docente nel corso dell’anno scolastico di riferimento rimane nella disponibilità della Carta dello stesso docente per l’anno scolastico successivo a quello della mancata utilizzazione”.
L’art. 3, comma 2, del D.P.C.M. del 28.11.2016 (“Beneficiari della Carta”) prevede, a sua volta, che “2. La Carta non è più fruibile all’atto della cessazione dal servizio”.
Il medesimo decreto ha, quindi, ribadito – all’art. 6 – che “le somme non spese entro la conclusione dell’anno scolastico di riferimento sono rese disponibili nella Carta dell’anno scolastico successivo, in aggiunta alle risorse ordinariamente erogate”.
Da tali coordinate normative si evince che il beneficio per cui è causa è strettamente connesso al singolo anno scolastico, ma può essere fruito entro l’anno successivo, sicché deve ritenersi che anche un docente a tempo indeterminato non abbia diritto al beneficio oltre il termine dell’anno scolastico successivo a quello di maturazione del diritto stesso.
In un simile contesto occorre, pertanto, evitare che, nel singolo caso concreto, l’applicazione del principio di non discriminazione finisca per attribuire ai precari condizioni d’impiego più vantaggiose rispetto a quelle di cui fruiscono i dipendenti a tempo indeterminato.
In questi termini, Cass. sez. lav., 28/11/2019, n 31149 (in tema di computo dell’anzianità di servizio spettante ai docenti a tempo determinato) e Cass. sez. lav., 28/05/2020, n.10219 (in tema di durata della prescrizione delle differenze retributive spettanti ai precari in applicazione del principio di non discriminazione).
Né, ovviamente, al docente c.d. precario può riconoscersi una situazione di maggior favore perché egli è stato “discriminato” dalla normativa nazionale italiana, sicché la sua inerzia rispetto agli anni precedenti sarebbe “giustificata”.
Infatti, secondo Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 20642 del 31/07/2019, “l’impossibilità di far valere il diritto, quale fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione ex art. 2935 c.c., è solo quella che deriva da cause giuridiche che ne ostacolino l’esercizio e non comprende anche gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto”.
Nel caso di specie, la parte ricorrente – pur potendo far valere il diritto ad ottenere il beneficio della Carta elettronica, previa disapplicazione del diritto interno in virtù del principio di non discriminazione di cui alla clausola 4 cit. – è rimasta del tutto inerte.
Si rammenta, in proposito, che la clausola n. 4 dell’Accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE è immediatamente applicabile, siccome incondizionata e sufficientemente precisa, sì da poter essere invocata dai singoli nei confronti dello Stato dinanzi ad un giudice nazionale.
Ne deriva che la disparità di trattamento viene ad essere eliminata con la (semplice) estensione al lavoratore a tempo determinato del diverso (e migliore) trattamento riservato a quello a tempo indeterminato (sulla efficacia diretta della clausola in questione cfr. CGUE 15 aprile 2008, Impact, punti da 56 a 68; CGUE 22 dicembre 2010, G.G. e T., punti da 68 a 99) (cfr., in proposito, Corte appello Bari sez. lav., 17/05/2017 n.1036).
D’altro canto la limitazione temporale della spettanza del diritto alla carta è collegata strettamente alla sua funzione di favorire l’aggiornamento e la formazione dei docenti, funzione, pertanto strettamente collegata alla sussistenza del servizio di docenza e, per altro verso, della sussistenza del rapporto di lavoro.
In tale prospettiva, il diritto alla carta oltre il termine di cui all’art. 6 cit. non è affatto configurato dallo stesso legislatore per i docenti a tempo indeterminato e, pertanto non può tampoco riconoscersi a quelli a tempo determinato.
In definitiva, riconoscere l’accredito correlato a tutte le annualità pretese comporterebbe una discriminazione alla rovescia in danno dei docenti di ruolo (poiché questi ultimi non possono più fruirne, spirati i termini normativamente previsti, né possono cumulare una somma superiore ad euro 1.000,00, corrispondente a due annualità, ove la prima non sia stata integralmente utilizzata nell’originario anno di accredito).
Alla parte ricorrente spetta quindi:
a) la carta elettronica per l’anno scolastico in corso al momento del deposito del ricorso, in cui vi sia l’incarico di docenza;
b) l’annualità pregressa – relativa al corrispondente anno di servizio – solo ove, al momento del deposito del ricorso, la stessa sia ancora parimenti fruibile dal docente a tempo indeterminato.
In buona sostanza, riconoscere alla parte ricorrente l’accredito sulla c.d. “Carta Docente” nei limiti su individuati allinea, sul piano della generazione temporale del beneficio, i docenti di ruolo e quelli non di ruolo.
La statuizione assorbe anche ogni questione su eventuale eccezione di prescrizione.
9. Danno risarcibile.
Per tutti gli anni pregressi la perdita conseguente alla mancata utilizzazione della Carta potrebbe astrattamente trovare ingresso solo sub specie di danno risarcibile, ove sussistenti, com’è ovvio, tutti gli elementi costitutivi del dedotto illecito.
A tal fine si rimarca che il danno paventato può essere ritenuto in re ipsa perché, al contrario deve essere allegato e provato da chi ne pretende il risarcimento, in quanto non coincide con l’inadempimento ma è una conseguenza dello stesso (Cass. n. 31537/2018; Cass., sez. lav., n. 437 del 13.1.2021).
La Cassazione consolidata in materia di mancato adempimento di obblighi contrattuali del datore di lavoro nel corso del rapporto di lavoro che è rapporto di durata, formatasi ad es. in tema di risarcimento del danno dei lavoratori per mancata fornitura di divisa o abiti da lavoro, ha chiarito che l’inadempimento del datore di lavoro all’obbligo, contrattualmente assunto, di fornitura di “abiti da lavoro” o di “vestiario uniforme”, legittima l’azione risarcitoria del lavoratore, a cui non sia stata consegnata l’abito o la divisa, a condizione che alleghi e dimostri di aver subito un pregiudizio economico, quale l’usura di abiti propri, o di aver dovuto sopportare un costo per l’acquisto di beni non forniti dal datore.
La Corte – nella sentenza n. 437/21 – “ha ravvisato nella mancata fornitura della massa vestiaria un inadempimento contrattuale che legittima l’azione risarcitoria, ma a condizione che il lavoratore alleghi e dimostri di avere subito un pregiudizio economico, qual è l’usura di abiti propri (Cass. n. 4100/1995) o di avere dovuto sopportare un costo per l’acquisto dei beni non forniti dal datore (Cass. n. 23897/2008)”.
Ha altresì chiarito che “Alla mancata prova del danno non può sopperire la valutazione equitativa, perchè l’esercizio del potere discrezionale conferito al giudice dagli artt. 1226 e 2056 c.c. presuppone che sia dimostrata l’esistenza di danni risarcibili ma risulti obiettivamente impossibile o particolarmente difficile provare il danno nel suo preciso ammontare, sicché resta fermo l’onere della parte di dimostrare l’an debeatur del risarcimento (Cass. n. 20889/2016)….”.
Nella specie, il ricorso s’appalesa carente già sul piano assertivo, non essendo stato allegato alcun pregiudizio specifico in tal senso.
Ne consegue il rigetto della domanda risarcitoria proposta, quanto alle annualità non riconosciute.
10. L’odierna statuizione.
Va rilevato che l’odierno ricorrente risulta in servizio, sempre con contratto a tempo determinato, anche nel presente anno scolastico 2022/2023 (ist. (omissis)).
Conclusivamente, deve essere dichiarato il diritto di parte ricorrente a fruire della complessiva somma di euro 500,00, limitatamente all’anno scolastico 2021/2022, tramite la carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione del personale docente, con conseguente condanna del M.I.M. all’accredito del relativo importo.
Si precisa che non dovranno essere calcolati gli interessi legali, atteso che l’importo annuale di euro 500,00 è chiaramente indicato al valore nominale, senza ulteriori maggiorazioni, anche quando sia utilizzato nell’anno successivo a quello di erogazione (ex art. 2 D.P.C.M. 28.11.2016).
Ogni ulteriore questione resta assorbita.
L’assoluta novità delle questioni trattate (art. 92, comma 2, c.p.c.), sulle quali – allo stato – si registrano pronunce di merito di segno parzialmente difforme, anche nel distretto, giustifica l’integrale compensazione, tra le parti, delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Giudice, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 10040/2022 R.G.L., disattesa o assorbita ogni contraria istanza, eccezione e difesa, così provvede:
a) accoglie, per quanto di ragione, il ricorso e, per l’effetto, dichiara il diritto della parte ricorrente a fruire del beneficio della carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione del personale docente;
b) condanna il M.I.M. all’accredito della somma di euro 500,00 sulla carta elettronica a generarsi, limitatamente all’anno scolastico 2021/2022;
c) rigetta, nel resto, il ricorso;
d) compensa integralmente tra le parti le spese di lite.
Foggia, 04/05/2023 .
