Svolgimento del processo
Con decreto di citazione diretta emesso il 23.07.2010, (omissis) veniva rinviato al giudizio di questo Tribunale per rispondere del reato indicato in epigrafe.
Tempestivamente la persona offesa (omissis), nella sua qualità di Presidente del Consiglio di Amministrazione e di Direttore Generale dell’ATAF, si costituiva parte civile.
Nel corso del dibattimento, svoltosi in presenza dell’imputato, si provvedeva sulle richieste istruttorie, come da ordinanze in atti che integralmente si richiamano.
All’udienza dei 25.11.2011 venivano sentiti i testi dell’accusa: il denunciante (omissis), l’Ag. (omissis) e l’Isp. (omissis), questi ultimi due appartenenti alla Polizia Municipale di Firenze.
L’istruttoria proseguiva all’udienza del 22.10.2012 con l’audizione degli ulteriori testi dell’accusa (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), tutti dipendenti dell’ATAF, e si concludeva il 29.10.2012 allorché l’imputato rendeva il proprio esame.
All’esito della discussione, le parti concludevano come in epigrafe.
Motivi della decisione
Il procedimento trae origine dall’esposto presentato dall’ATAF il 28.04.2008, con cui l’Amministratore delegato della società, (omissis), ha denunciato che nella mattinata di domenica 13.04.2008 si verificava una temporanea interruzione del servizio di trasporto pubblico relativo alle linee urbane n. 9, 16 e 27, consistita nella soppressione di ben 17 corse. In tale documento – acquisito al fascicolo per il dibattimento con l’accordo delle parti -e nel corso della sua deposizione testimoniale, (omissis) ha specificato che il suddetto disservizio fu causato dalla presenza di un suv Mercedes tg. (omissis) parcheggiato in corrispondenza della (omissis), in un tratto di strada di via (omissis) dove era vietata la sosta dei veicoli ed in una posizione tale da impedire il transito degli autobus. In conseguenza dell’ostruzione, un primo autobus era costretto a fermarsi intorno alle ore 10:45 e, di seguito, si formava un lunga coda di veicoli, compresi ulteriori autobus di linea; tale situazione si protraeva per circa 50 minuti, sino a quando il proprietario del mezzo, nel frattempo sopraggiunto, non provvedeva a spostare il veicolo su richiesta degli Agenti di Polizia Municipale intervenuti sul posto.
I fatti denunciati dall’ATAF hanno trovato riscontro nelle deposizioni testimoniali rese nel corso del dibattimento.
In particolare, da quanto riferito dall’Ag. di Polizia Municipale (omissis), emerge che: il suddetto veicolo, risultato appartenente all’odierno imputato (omissis), si trovava parcheggiato di fronte al n. (omissis) di via (omissis), a seguire la fila dei new jersey posizionati in prossimità dell’incrocio fra via (omissis) e via (omissis), nonché a circa 50 m dalla fermata dell’autobus, collocata più avanti sull’altro lato della carreggiata (descrizione riscontrata dalla planimetria dei luoghi acquisita all’udienza del 25.11.2011); il divieto di sosta era segnalato con cartellonistica provvisoria posta su paline mobili, mentre la fermata ATAF era evidenziata con segnaletica orizzontale e con strisce di colore giallo a terra; il primo autobus incolonnato, un veicolo di 18 metri di lunghezza, si dovette fermare all’angolo di via (omissis), non potendo né proseguire la marcia per la presenza del suv lungo la traiettoria di svolta, né muoversi in retromarcia per il limitato spazio di manovra; il (omissis) sopraggiunse dopo circa cinque minuti dall’arrivo della Polizia Municipale, chiamata dalla centrale operativa ATAF alle 10.56 e intervenuta sul posto alle 11.22 (indicazioni orarie riscontrate dai tabulati relativi al traffico telefonico della centrale operativa della polizia municipale acquisiti all’udienza del 25.11.2011); dopo essersi scusato per l’accaduto, su richiesta della Forze dell’ordine l’imputato provvide immediatamente a spostare il veicolo; nella circostanza, l’imputato si giustificò affermando di aver parcheggiato il veicolo per accompagnare la figlia, con problemi di deambulazione, presso la vicina chiesa di (omissis), senza essersi reso minimamente conto della possibilità di creare intralcio per il traffico; una volta rimosso il veicolo e ripresa la normale circolazione, la Polizia Municipale contestò al (omissis) la violazione dell’art. 7 Codice della Strada per aver parcheggiato in divieto di sosta, elevando il relativo verbale di contravvenzione; all’epoca dei fatti, il percorso delle linee 9, 16 e 27 lungo la via (omissis) era provvisorio, in quanto conseguenza dei lavori per la realizzazione della locale tranvia, ma in atto da circa due mesi per effetto dell’ordinanza dirigenziale del Comune di Firenze n. 2008/M494 e della relativa proroga n. 2008/M2677 (ordinanze prodotte dal pubblico ministero e acquisite all’udienza del 25.11.2011).
I testi (omissis), (omissis), (omissis) e (omissis), conducenti degli autobus rimasti incolonnati in prossimità della rotonda Barbetti, hanno riferito che in quel giorno le tre linee 9, 16 e 27 registrarono sensibili ritardi e conseguente soppressione di corse, a causa del Suv che impediva la circolazione degli autobus; che del problema di viabilità fu prontamente avvertita la sala radio dell’ATAF, circostanza confermata dal teste (omissis), dipendente ATAF addetto alla regolarità del servizio (il quale ha confermato di aver provveduto personalmente alla segnalazione); che, tuttavia, gli autobus non poterono evitare l’ingorgo deviando dal percorso ordinario, in mancanza di una specifica autorizzazione da parte degli organi di vertice della società o di una deviazione disposta dalla Polizia Municipale. Circa la riferita impossibilità di un comportamento alternativo da parte dei conducenti di linea, rileva la deposizione del teste (omissis), coordinatore del servizio, il quale ha spiegato che l’ATAF non potè indicare alcuna deviazione agli autobus incolonnatisi, trattandosi di mezzi provenienti dal Ponte alla Vittoria e diretti al capolinea di via (omissis) (provvisoriamente allestito per servire la Stazione di Santa Maria Novella), per i quali dunque la svolta alla (omissis) era obbligata.
Il teste (omissis) è il coordinatore del servizio di linea inviato sul posto dall’ATAF al fine di constatare l’accaduto; lo stesso ha affermato di aver accertato di persona la presenza del suv in sosta lungo la sede stradale, sulla sinistra subito dopo l’incrocio di via (omissis) con via (omissis), grosso modo in corrispondenza del tratto di carreggiata occupato dal camioncino nella foto “B” del fascicolo fotografico (cfr. fascicolo fotografico prodotto dal pubblico ministero all’udienza del 25.11.2011). Il teste ha aggiunto che la circolazione degli autobus rimase impedita a partire dalle 10.45 circa, proprio a causa della sosta del suv, che non era abbastanza distanziato dall’incrocio con via (omissis) dove gli autobus provenienti dalla (omissis) effettuavano la svolta a destra per immettersi su via (omissis) (“…. Se la macchina fosse stata più avanti ovviamente lo spazio che serviva all’autobus per girare era sufficiente per farlo”, pag. 48 verbale da fonoregistrazione del 22.10.2012); che dopo quasi venti minuti la Polizia Municipale chiamata dalla sala operativa dell’ATAF non era ancora arrivata e nel frattempo si erano accodati numerosi autobus lunghi 18 metri, impossibilitati a proseguire la marcia; che una pattuglia dei vigili urbani sopraggiunse finalmente intorno alle 11.25 e dopo alcuni minuti arrivò anche il proprietario del Suv, il quale provvide a rimuovere l’auto. Il teste ha anche confermato la presenza sia della segnaletica mobile che indicava il divieto di sosta (in prossimità della svolta su via (omissis) e lungo l’intera linea di curva della rotonda) sia dei cartelli stradali che segnalavano la fermata dell’autobus.
Sull’entità dei ritardi e le corse soppresse fanno prova il registro redatto dai conducenti degli autobus e il riepilogo delle corse con l’indicazione dei chilometri soppressi (documenti originariamente allegati alla querela e acquisiti all’udienza del 22.10.2012).
Da un punto di vista oggettivo, il comportamento tenuto dall’imputato integra senz’altro la fattispecie prevista dall’art. 340 c.p.
La condotta sanzionata dalla norma si concretizza infatti, alternativamente, nella interruzione o nel turbamento di un servizio pubblico o di pubblica necessità. E mentre l’interruzione consiste in una cessazione, anche temporanea, del servizio, il turbamento attiene alla sua regolarità, potendo al riguardo assumere rilevanza anche il mero ritardo, purché apprezzabile sul piano temporale e pregiudizievole per il regolare andamento del servizio (Cass., sez. VI, 24.4.2001, n. 24068).
Dall’istruttoria dibattimentale è emerso, senza possibilità di dubbio, che i ritardi accumulati dalle linee n. 9, 16 e 27 e la soppressione di alcune corse sono causalmente ricollegabili alla condotta tenuta dall’imputato che, parcheggiando la propria autovettura in zona di sosta vietata e soprattutto in posizione tale da ostacolare il percorso degli autobus, ha impedito la regolarità del servizio di linea pubblica. È pertanto evidente che il comportamento in contestazione integra gli estremi della condotta punibile ex art. 340 c.p., a nulla rilevando la circostanza, più volte evidenziata dalla difesa, che un intervento tempestivo ed efficiente dell’ATAF e/o della polizia municipale, diretto a deviare il transito degli autobus, avrebbe consentito di evitare o almeno contenere il congestiona mento del traffico, posto che l’eventuale comportamento colposo della persona offesa potrebbe rilevare semmai alla stregua di un’autonoma concausa dell’evento lesivo, come tale inidonea ad elidere l’efficacia eziologica della condotta dell’imputato.
Per quanto attiene invece all’elemento soggettivo, va preliminarmente osservato che la fattispecie risulta punibile a titolo di dolo generico, anche nella forma eventuale. Non è pertanto necessario che la condotta tipica sia intenzionalmente diretta a provocare l’interruzione o il turbamento del servizio, sussistendo il reato in discorso anche nell’ipotesi in cui l’agente si renda conto che il proprio comportamento potrebbe cagionare un tale risultato e ciononostante agisca, a costo di determinare, con la propria condotta, l’evento lesivo.
Orbene, nel corso dell’istruttoria, non sono emersi elementi dai quali poter ragionevolmente desumere che il (omissis), nel momento in cui ha parcheggiato il proprio veicolo, si fosse rappresentato la possibilità di determinare con la propria condotta un concreto intralcio per la circolazione stradale, anzi le parole con cui l’imputato si è giustificato nell’immediatezza dei fatti sono proprio riferite alla mancata prefigurazione dell’evento lesivo (“Il trasgressore in quel caso si è giustificato dicendo che aveva dovuto portare una persona, la figlia che aveva dei problemi a camminare, e che aveva lasciato lauto lì non pensando che creasse problemi’, cfr. pag. 21 deposizione testimoniale agente polizia municipale (omissis) udienza 25.11.2011). Il suo (dell’imputato) appare piuttosto il tipico comportamento dell’utente della strada “distratto'”che, per imprudenza o ancor peggio per negligenza, lascia frettolosamente la propria auto nel primo spazio disponibile, senza minimamente soffermarsi sulle possibili conseguenze del proprio agire in relazione alle condizioni dei luoghi. Conferma tale considerazione sia la circostanza che l’episodio per cui si procede si è verificato in un giorno festivo (domenica mattina), quando i flussi veicolari sono notoriamente ridotti nelle strade urbane, sia il dato oggettivo della durata della sosta: i testimoni riferiscono che l’auto è rimasta parcheggiata per almeno 40-50 minuti, quindi per un lasso di tempo particolarmente ampio, ragionevolmente incompatibile con una prefigurazione soggettiva, ancorché generica, della possibilità di arrecare pregiudizio alla normale circolazione stradale.
Inoltre, anche la giurisprudenza di legittimità, quando ha riconosciuto la punibilità del reato a titolo di dolo eventuale lo ha fatto per lo più in casi in cui l’imputato aveva assunto piena consapevolezza in ordine alle possibili conseguenze dannose del proprio comportamento, in quanto sollecitato da terze persone a non intraprendere una condotta idonea a recare turbamento alla regolarità del servizio pubblico o a desistere da una condotta siffatta (Cass., sez.VI, 5.03.2010, n. 8996; Cass., sez. VI, 14.6.2005, n. 22422); evenienza, questa, che invece nel caso di specie non si è verificata.
Più correttamente, dunque, il comportamento del (omissis) deve essere qualificato come gravemente colposo, trattandosi di un atteggiamento caratterizzato da trascuratezza e superficialità, conseguenza di una sconsiderata valutazione delle circostanze di fatto. Un maggiore sforzo di attenzione in merito allo stato dei luoghi e alla segnaletica stradale avrebbe infatti senza dubbio consentito all’imputato di rendersi conto che il Suv parcheggiato a pochi metri da un’intersezione stradale destinata alla svolta degli autobus avrebbe potuto creare intralcio al traffico ed in particolar modo alla circolazione proprio dei mezzi pubblici. Sotto quest’ultimo profilo, va inoltre evidenziato come risulti provata dalle plurime e concordanti deposizioni testimoniali la circostanza della chiara e inequivoca avvistabilità della segnaletica verticale, per quanto mobile e provvisoria, così come di quella orizzontale.
In ultimo, anche la stessa provvisorietà del percorso di linea e della sistemazione della stazione terminale degli autobus in corrispondenza della (omissis), circostanze dovute ai contingenti interventi per la realizzazione della tranvia, corroborano l’assunto iniziale della mancata prefigurazione dell’evento lesivo, potendosene ragionevolmente desumere che il (omissis) – dichiaratosi prevalentemente dimorante a Roma e a Milano per motivi di lavoro, seppure formalmente residente a Firenze – avesse una scarsa conoscenza della viabilità di zona.
In conclusione, difettando l’elemento rappresentativo in rapporto all’evento lesivo, va esclusa la ricorrenza dell’elemento soggettivo doloso.
Dalle considerazioni che precedono discende pertanto l’assoluzione dell’imputato perché il fatto non costituisce reato.
Alla pronuncia di assoluzione segue che le eventuali conseguenze pregiudizievoli della condotta non possono trovare in questa sede processuale il loro adeguato ristoro.
P.Q.M.
Visto l’art. 530 c.p.p,
ASSOLVE
D.M.M. dal reato a lui ascritto, perché il fatto non costituisce reato.
Così deciso in Firenze, il 29 ottobre 2012.
Depositata in Cancelleria il 13 novembre 2012.
