Svolgimento del processo
(omissis) e (omissis) erano citate a giudizio per rispondere del reato di lesioni colpose gravi aggravate per la violazione della normativa antinfortunistica, in ipotesi commesso ai danni di (omissis) il 23.4.2015; contestualmente era citata ai sensi della legge 231/2001 la società (omissis) SRL.
All’udienza del 19.5.2017 – assenti le imputate – era disposta la separazione dall’attuale procedimento della posizione dell’imputata (omissis) (che aveva avanzato istanza di applicazione pena ex art. 444 c.p.p.); erano poi ammesse le prove.
In data 29.1.2018 era assunta la testimonianza di (omissis) il Pm procedeva altresì alla correzione dei capi d’imputazione, sostituendo la data “23.4.2015” con la data “29.12.2014”.
Il successivo 4.6.2018 l’istruttoria proseguiva con la deposizione di vari testi (omissis) e consulenti (omissis); l’imputata rendeva alcune dichiarazioni spontanee.
All’udienza del 22.10.2018, dopo ulteriori produzioni documentali, le parti illustravano le rispettive conclusioni ed il giudice dava lettura del dispositivo.
DIRITTO
L’infortunio e le relative conseguenze
L’attuale procedimento fa riferimento all’infortunio verificatosi il 29.12.2014 – presso uno stabilimento della (omissis) Srl – ai danni della lavoratrice.
Com’è emerso dall’istruttoria, la persona offesa stava utilizzando una macchina taglierina Glie; in particolare, l’operaia (dipendente della società da circa quindici anni) doveva procedere ad una lavorazione – il taglio degli angoli del rasatore – che veniva effettuata solo poche volte all’anno; per far ciò, modificava la regolazione del pressore della taglierina (il rasatore aveva uno spessore diverso rispetto al nastro tagliato normalmente) ed effettuava delle prove per verificare che la nuova regolazione fosse adeguata; per risparmiare tempo, non disattivava ad ogni prova il meccanismo ad aria di funzionamento della macchina. Nel corso di tali operazioni, inconsapevolmente, la donna schiacciava il pedale di avviamento della macchina mentre la sua mano era vicina al pressore; subiva quindi lo schiacciamento del mignolo della mano sinistra (benché indossasse i guanti).
In ospedale le veniva diagnosticata una frattura delle falangi del quinto dito della mano sinistra.
In base ai certificati Inail acquisiti la malattia durava fino al 10.3.2015, per un totale di 72 giorni. Il prof. (omissis) – consulente della difesa – ha sottolineato che una frattura del tipo di quella in esame normalmente, in assenza di complicazioni, si stabilizza in circa 30 giorni; ha quindi sostenuto che – non essendo state evidenziate nella documentazione sanitaria situazioni peculiari – la malattia sarebbe durata meno di 40 giorni, dovendosi ritenere gli ultimi certificati rilasciati a scopo prudenziale.
Tale conclusione non pare condivisibile: i certificati in questione sono stati rilasciati all’esito di apposite visite da un medico dell’Inail, e quindi da un sanitario specificamente preposto alla valutazione delle lesioni da infortuni sul lavoro (e le cui prognosi comportano anche esborsi per un ente pubblico e quindi potenzialmente, ove le stesse non fossero corrette, una responsabilità erariale); non vi sono dunque elementi concreti per ritenere che la malattia sia durata meno di quanto attestato (del resto la durata della malattia certificata supera ampiamente i 40 giorni).
3. I profili d’illiceità e l’elemento soggettivo
L’attuale imputata (omissis) era Presidente del CdA e amministratrice delegata della (omissis) Srl (quanto meno dall’aprile 2013 in base alla visura in atti) e quindi datore di lavoro della persona offesa (era assurta alla carica gestoria dopo l’acquisizione delle quote della (omissis) srl da parte della (omissis) srl, amministrata dalla stessa imputata). Sulla stessa gravava dunque una posizione di garanzia rispetto all’integrità fisica dei lavoratori.
Non pare però sussistere in capo alla prevenuta l’elemento soggettivo della colpa.
Al riguardo occorre rilevare che dei profili di illiceità ascritti alcuni paiono proprio non sussistere. In particolare, è emerso che la persona offesa – che aveva ricevuto la necessaria formazione generale – non aveva ricevuto una formazione specifica con riguardo alla macchina in questione (al di là di un periodo di affiancamento ad altro lavoratore); non pare tuttavia che, in ragione della tipologia di macchina, questa specifica formazione fosse necessaria.
Con riguardo viceversa alla macchina è emerso che questa – prodotta nel 1998 e acquistata dalla (omissis) srl nel 1999 – fosse stata indebitamente modificata con la rimozione di una qualche forma di “protezione” prevista dal relativo manuale; non è dato sapere tuttavia quando ciò sia avvenuto, né in cosa sia consistita precisamente la modifica, posto che le espressioni del manuale risultano generiche, che la ditta costruttrice è nel frattempo fallita e non è stato possibile acquisire ulteriore documentazione). In ogni caso, i rischi connessi al cambio di regolazione del pressore da parte del lavoratore non sono stati adeguatamente valutati e gestiti (nulla era tra l’altro previsto quanto alle procedure da seguire).
La responsabilità dell’amministratore non può però tradursi in una responsabilità oggettiva da posizione.
Dalla documentazione acquisita e dalle testimonianze assunte è emerso che l’attuale imputata – una volta assurta alla carica gestoria (pochi anni prima dell’infortunio) – ha conferito incarico ad un’apposita società esterna, la (omissis) (la posizione della cui responsabile (omissis) è stata stralciata a seguito della richiesta di applicazione pena ex art. 444 c.p.p.), per la verifica della generalità dei macchinari presenti in azienda e della generalità delle procedure di lavorazione; nessuna segnalazione era giunta dalla (omissis) con riguardo alla taglierina in questione.
Il soggetto incaricato delta verifica era una società specializzata astrattamente idonea, al quale non era stato posto alcun limite finanziario quanto alle possibili modifiche/integrazioni dei macchinari e delle procedure (è del resto emerso come, dopo l’intervento della nuova gestione, le spese in materia di sicurezza fossero raddoppiate).
Tenuto conto delle dimensioni dell’azienda, del fatto che l’imputata era subentrata nella gestione da un lasso di tempo contenuto e del fatto che la lavorazione cui stava procedendo la (omissis) aveva una frequenza bassissima, non pare che fosse esigibile in capo all’imputata un comportamento diverso da quello tenuto e tale da evitare l’infortunio.
A (omissis) dunque assolta perché il fatto non costituisce reato.
Conseguentemente va mandata assolta anche la società (omissis) srl.
Si indica in giorni novanta il termine per il deposito della motivazione.
P.Q.M.
Visto l’art. 530 c.p.p.
ASSOLVE l’imputata dal reato ascritto perché il fatto non costituisce reato.
ASSOLVE la società (omissis) SRL dall’illecito ascritto.
Visto l’art. 544 co. 3 c.p.p.
Indica in giorni novanta il termine per il deposito della motivazione.
Firenze, 22.10.2018
