Massima

La sottrazione o l’appropriazione di beni aziendali per scopi personali, aggravata dall’impiego dell’orario di lavoro per attività esulanti dalla prestazione contrattuale, costituisce una condotta di particolare gravità che lede irrimediabilmente il vincolo fiduciario e giustifica, anche sotto il profilo della proporzionalità, il licenziamento disciplinare per giusta causa.

Supporto alla lettura

LICENZIAMENTO

Il licenziamento è l’atto con cui il datore di lavoro risolve il rapporto di lavoro.
Esistono diverse motivazioni che possono dare origine al licenziamento:

  • giusta causa
  • giustificato motivo soggettivo
  • giustificato motivo oggettivo
  • licenziamento orale (o verbale)
  • licenziamento in maternità o in conseguenza del matrimonio

GIUSTA CAUSA

Comportamento del lavoratore che costituisca grave violazione ai propri obblighi contrattuali, tale da ledere in modo insanabile il necessario rapporto di fiducia tra le parti e che non consente la prosecuzione nemmeno temporanea del rapporto di lavoro (c.c. 2119).

 

GIUSTIFICATO MOTIVO SOGGETTIVO

È rappresentato da comportamenti disciplinarmente rilevanti del dipendente ma non tali da comportare il licenziamento per giusta causa, e cioè senza preavviso. Rientra ad esempio il licenziamento per motivi disciplinari.

GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO

E’ rappresentato da ragioni inerenti l’organizzazione del lavoro dell’impresa.
Costituisce pertanto G.M.O. la crisi dell’impresa, la cessazione dell’attività e, anche solo, il venir meno delle mansioni cui era in precedenza assegnato il lavoratore, senza che sia possibile il suo “ripescaggio”, ovvero la ricollocazione del medesimo in altre mansioni esistenti in azienda e compatibili con il livello di inquadramento.

 

La procedura in tutte queste forme di licenziamento per impugnare è bifasica: impugnativa stragiudiziale entro 60 giorni. Impugnativa giudiziale nei successivi 180 giorni dall’impugnativa stragiudiziale.

 

LICENZIAMENTO VERBALE O ORALE

E’ il caso in cui il lavoratore viene allontanato dal luogo di lavoro senza alcun atto formale da parte del datore di lavoro (lettera – mail) ma a voce. Il licenziamento è nullo.

Ambito oggettivo di applicazione

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ricorso al giudice del lavoro (omissis) esponeva di aver lavorato alle dipendenze della (omissis) in torza di “scrittura di cessione di contratto ex art. 1406 c.c.” sottoscritta in data 01/12/2022, assegnato in missione a tempo indeterminato presso l’impresa utilizzatrice (omissis) SRL, stabilimento di Roccabruna. con mansione di operaio addetto al montaggio”; il rapporto di lavoro a tempo determinato era poi stato trasformato a tempo indeterminato a scopo di somministrazione con assegnazione presso l’impresa utilizzatrice (omissis) SRL, in (…) 141| – (omissis) come operaio addetto al montaggio con quantica di operaio livello DI CCNL Metalmeccanico Aziende Industriali; che con comunicazione 06/03/2024 (omissis) gli contestava “la sottrazione di beni aziendali finalizzata all’esecuzione senza permesso, in reparto, durante l’orarlo (…) di lavoro, e con l’impego di manodopera e materiale dell’azienda, di lavori esulanti dalla produzione e per meri scopi personali”; egli replicava con comunicazione I 1/03/2024 “(‘on la presente si riscontra la Vs. comunicazione avente ad oggetto la contestazione disciplinare in oggetto relativa ai fatti del 05/03/2024 per comunicare quanto segue. In primo luogo occorre contestualizzare detti fatti oggetto di contestazione e precisare che il sig. (omissis) non ha mai inteso usufruire della manodopera altrui nell’orario di lavoro né impossessarsi di pezzi facenti parte del ciclo produttivo. La lavorazione oggetto di contestazione, infatti, è avvenuta ad opera del sig. (omissis) al di fuori dell’orario lavorativo e, soprattutto, su componenti che sono stati ritenuti destinati allo scarto. Ne il sig. (omissis) né il sig. (omissis), quindi , hanno inteso sottrarre alcunché per uso personale all’Azienda e la lavorazione in questione ha comportato un impegno di pochi minuti. Peraltro la cd. rastrelliera non è mai stata portata via dallo stabilimento. In ragione di quanto esposto si ribadisce e si attesta il massimo rispetto per l’Azienda e, nella speranza di aver esaustivamente chiarito i fatti oggetto di contestazione, si chiede l’archiviazione del procedimento disciplinare”; (omissis) con comunicazione 15/03/2024 comminava il licenziamento disciplinare, che veniva quindi impugnato con comunicazione pec datata 10/05/2024. ma confermato dal datore di lavoro.

Nel ricorso quindi il (omissis) contestava la sussistenza dei fatti che hanno portato all’adozione della sanzione disciplinare in questione; precisava che l’ultima retribuzione globale di fatto era pari a Euro 1.513,42 come da buste paga 2022; osservando che il datore di lavoro non aveva provato i fatti costitutivi del licenziamento, che in ogni caso, nella specie, è palese la mancanza di proporzionalità della sanzione massima irrogata, anche in considerazione delle giustificazioni presentate dal lavoratore.

Chiedeva accertarsi e dichiarare illegittimo e, comunque, annullare e/o dichiarare nullo e/o inefficace il licenziamento per giusta causa comunicato dalla (omissis) e impugnato e, per l’effetto, condannare la (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, alla reintegra nel proprio posto di lavoro, con le medesime mansioni e qualifica, cd alla corresponsione di lutto quanto dovutogli a titolo di retribuzioni ed oneri accessori, a far data dall’intervenuto licenziamento sino a quella dell’effettiva reintegrazione oltre interessi e rivalutazione monetaria come per legge, dichiarando la non interruzione del rapporto di lavoro; condannare poi la società convenuta, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, al versamento di tutti i contributi assistenziali e previdenziali dalla data del licenziamento sino a quella dell’effettiva reintegrazione.

IN SUBORDINE

– dichiarare illegittimo e annullare il licenziamento intimato e, per l’effetto, condannare la società convenuta al pagamento di un’indennità in misura pari a 36 mensilità sulla base della retribuzione globale, pari ad Euro 54.483,12, ovvero nella veriore misura con la rivalutazione monetaria e gli interessi legali dalle singole scadenze fino al saldo del credito;

con il pagamento delle spese ed onorari di rappresentanza e difesa.

(omissis) resisteva al ricorso precisando di avere in relazione ai fatti esposti nel procedimento disciplinare ricevuto le doglianze di (omissis) e, in virtù delle istruzioni operative impartite da quest’ultima, dapprima, provveduto a formulare la contestazione disciplinare e poi manifestare la volontà risolutiva.

Richiamava quindi i fatti come a lei riferiti e cioè che il giorno 05.03.2024, durante il proprio turno di lavoro – 14:00-22:00 -, alle 18 circa, il Sig. (omissis), capo turno del ricorrente, vedeva il Sig. (omissis), transitare all’interno del reparto con una ventina di c.d. “parti posteriori” – ossia materiale aziendale – in mano che non ‘”rientravano” nell’attività lavorativa assegnata al (omissis) cui quindi il (omissis) chiedeva spiegazione: il (omissis) rispondeva che stava portando detto materiale al collega (omissis) affinché quest’ultimo li saldasse; il (omissis) chiedeva spiegazioni anche al (omissis) che riferiva che il Sig. (omissis) gli aveva chiesto di saldare le dette “parti posteriori” al fine di realizzare una rastrelliera per biciclette, aggiungendo che anche in precedenza il (omissis) gli aveva già chiesto di realizzare una rastrelliera per biciclette sempre con materiali dello stesso tipo; a conferma di iò infatti tale ultima rastrelliera veniva rinvenuta “nella postazione di finitura del telaio modello 20mbs” ; precisava che la realizzazione di rastrelliere per biciclette non rientra nella tipologia delle lavorazioni della società utilizzatrice e che (omissis) non mai ha autorizzato (omissis) ad utilizzare materiale di proprietà aziendale, quali le c.d. “parti posteriori”, per scopi personali, né mai lo ha autorizzato, nell’orario di lavoro e presso la sede aziendale, ad attività lavorative per fini personali; precisava infine che (omissis) utilizza anche il c.d. materiale “destinato allo scarto”.

Seguiva il procedimento disciplinare che portava al licenziamento del (omissis) Rilevava che il procedimento era formalmente corretto e che nel merito la condotta contestata appariva contraria ai doveri di subordinazione, buona fede, diligenza che soggiacciono al rapporto lavorativo e era stata di una gravità tale da giustificare, anche sotto il profilo della proporzionalità, il recesso dal rapporto di lavoro, essendosi il lavoratore appropriato di beni aziendali per realizzare un manufatto estraneo alla produzione industriale del datore de lavoro e quindi per sua sola utilità A nulla rileva neppure il fatto che “la lavorazione in questione ha comportato un impegno di pochi minuti” come affermato dal ricorrente in ricorso a pagina 10, ed anzi tale affermazione conferma che i fatti contestati sono effettivamente avvenuti.

Ad abundantiam richiamava l’articolo 44 del CCNL APL al punto B. che stabilisce espressamente che costituisce causa di recesso la “appropriazione nei luogo di lavoro di beni aziendali o di terzi.”; parimenti, il CCNL Metalmeccanici, Sezione Quarta – Disciplina del Rapporto Individuale di Lavoro – Titolo VII, applicato dalla società utilizzatrice, sancisce all’articolo n. 10 che la sottrazione di materiale in azienda costituisce una causa di licenziamento per giusta causa senza preavviso.

Richiamava la giurisprudenza di merito, in particolare il Tribunale Civitavecchia sez. lav., 05/05/2022, n.148: …particolarmente grave non soltanto dal punto di vista oggettivo (risultando violate le regole di buona fede, correttezza e diligenza sul luogo di lavoro che, evidentemente, impongono di astenersi dall’appropriarsi di oggetti posti in vendita senza pagarne il prezzo) ma anche dal punto di vista soggettivo (perché il comportamento della lavoratrice denota un evidente intento fraudolento, volto ad ottenere un vantaggio personale, approfittando delle condizioni di tempo e di luogo discendenti dall’esecuzione delle prestazione lavorativa)”, e ancora, “…in applicazione del consolidato principio secondo cui ‘Per stabilire se sussiste la giusta causa di licenziamento con specifico riferimento al requisito della proporzionalità della sanzione occorre accertare in concreto se – in relazione alla qualità del singolo rapporto intercorso tra le parti, alla posizione che in esso abbia avuto il prestatore d’opera e, quindi, alla qualità e al grado del particolare vincolo di fiducia che quel rapporto comportava – la specifica mancanza commessa dal dipendente, considerata e valutata non solo nel suo contenuto obiettivo, ma anche nella sua portata soggettiva. risulti obiettivamente e soggettivamente idonea a ledere in modo irreparabile la fiducia del datore di lavoro’ (Cassazione civile sez. lav., 23/05/2018, n. 12798), deve dirsi che tali condotte poste in essere dalla ricorrente risultano tali a ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario che deve sussistere tra il lavoratore ed il datore di lavoro: la circostanza che la lavoratrice si sia appropriata di un oggetto posto in vendita proprio nei luoghi dove esercitava l’attività lavorativa, senza pagarne il prezzo, a prescindere da ogni considerazione sul valore dell’oggetto stesso, rendeva di fatto impossibile la prosecuzione del rapporto, minando radicalmente l’affidabilità e la serietà della lavoratrice stessa ed impedendo l’affidamento dei compiti lavorativi oggetto del contratto intercorso tra le parti”.

Richiamava del pari la sentenza della Corte di Cassazione – 15 gennaio 2024, n. 1476 -, che ha confermato la legittimità di un licenziamento per giusta causa di un dipendente che aveva sottratto generi alimentari appartenenti al datore di lavoro dal luogo di lavoro, precisando che per valutare se ricorra una giusta causa di licenziamento, non è determinante la presenza di un danno economico per l’azienda, ma l’impatto della condotta del lavoratore sul rapporto di fiducia con il datore di lavoro.

Chiedeva quindi il rigetto del ricorso.

Esperito vanamente il tentativo di conciliazione la causa era decisa come da dispositivo.

Il ricorso va respinto per le motivazioni che seguono.

Non è contestato il rapporto di lavoro tra le parti.

Non è poi contestata la regolarità formale del procedimento disciplinare che ha portalo al licenziamento del ricorrente.

Si tratta se mai di valutare se nel caso sia ricorsa una giusta causa di licenziamento.

Orbene, il (omissis) non ha sostanzialmente negato che in orario di lavoro egli, con il collega (omissis) si siano dedicati a svolgere una attività estranea alla prestazione contrattuale utilizzando beni della (omissis), avendo invece egli detto fin dalla contestazione che quelli usati erano materiali di scarto, che non era sua intenzione quindi sottrarre beni aziendali e utilizzare manodopera aziendale.

Il fatto però che egli, con il collega, avesse realizzato o voluto realizzare una rastrelliera per biciclette con pezzi – a loro dire di recupero-, dimostra in sé sia l’utilizzo di materiale dell’azienda senza autorizzazione, non essendo prova che si trattasse di scarti. sia lo svolgimento di siffatta attività in orario lavorativo; il fatto che – come si è giustificato il (omissis) tale lavorazione abbia richiesto poco tempo non fa confermare quanto detto.

La gravità del fatto nei suoi duplici aspetti ( utilizzo per uso personale di beni aziendali, impiego dell’orario di lavoro per scopo diverso da quello della prestazione lavorativa) connotano il fatto di particolare gravità sicché il licenziamento appare adeguato.

Anche l’articolo 44 del CCNL APL al punto B. stabilisce espressamente che costituisce causa di recesso la “appropriazione nel luogo di lavoro di beni aziendali o di terzi.”; parimenti, il CCNL Metalmeccanici, Sezione Quarta – Disciplina del Rapporto Individuale di Lavoro – Titolo VII, applicato dalla società utilizzatrice, sancisce all’articolo n. 10 che la sottrazione di materiale in azienda costituisce una causa di licenziamento per giusta causa senza preavviso.

Spese come da soccombenza liquidate secondo i parametri del D.M. n. 147 del 2022 per n 3 fasi processuali.

P.Q.M.

Il Giudice, definitivamente pronunciando, nel contraddittorio delle parti, respinta ogni contraria istanza, eccezione e deduzione,

Respinge il ricorso

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del convenuto liquidate in curo 3500,00 oltre accessori c rimborsi di legge

Così deciso in Cuneo, il 25 luglio 2025.

Depositata in Cancelleria il 15 settembre 2025.

Allegati

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