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Tribunale di Cosenza sez. lav., 22/03/2023, n. 488

Massima

Ai fini del riconoscimento del diritto all’assegno sociale, che si basa sul possesso di determinati requisiti anagrafici, di cittadinanza e di residenza, nonché su una condizione di bisogno economico, la valutazione del requisito reddituale rileva in base ai redditi effettivamente acquisiti al patrimonio dell’assistito.

Supporto alla lettura

ASSEGNO SOCIALE

L’assegno sociale è una prestazione dell’INPS di tipo assistenziale rivolto a persone che si trovano in condizione di disagio economico, per poter accedere a tale beneficio i soggetti richiedenti devono possedere alcuni requisiti:

  • 67 anni di età;
  • stato di bisogno economic (un reddito che si attesti entro i limiti di legge stabiliti annualmente);
  • cittadinanza italiana e situazioni equiparate (es. cittadinanza comunitaria o permesso di soggiorno);
  • residenza effettiva in Italia;
  • soggiorno legale e continuativo in Italia da almeno 10 anni al momento della domanda.

L’obiettivo dell’assegno sociale è quello di offrire un sostegno economico a tutti quei soggetti che non hanno mezzi per vivere dignitosamente, indipendentemente da requisiti sanitari, contributivi o assicurativi. Dunque, tale strumento si rivolge anche a coloro che nella vita non hanno mai svolto alcuna attività lavorativa e, di conseguenza, non hanno mai versato dei contributi previdenziali.

L’importo dell’assegno viene riconosciuto interamente soltanto a coloro che ne fanno domanda dimostrando di non possedere alcun reddito, mentre per tutti gli altri aventi diritto il beneficio spetta in forma ridotta.

Ambito oggettivo di applicazione

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

Con ricorso ritualmente notificato, il sig. (omissis) conveniva in giudizio l’(omissis) affinché – accertato e dichiarato il proprio diritto all’assegno sociale – venisse condannato a corrispondere, il suddetto assegno sociale oltre interessi legali dal dovuto al soddisfo, con vittoria di spese e competenze del giudizio da distrarre.

Costituitosi ritualmente in giudizio, l’(omissis) eccepiva in fatto ed in diritto l’avversa domanda giudiziale chiedendone il rigetto.

Istruita documentalmente la causa, le parti – con note depositate telematicamente in sostituzione dell’udienza ai sensi dell’art. 127 ter c.p.c. – insistevano nelle conclusioni rese ed all’esito il procedimento veniva definito con sentenza.

Il ricorso è fondato, e dev’essere accolto per le seguenti motivazioni.

Giova premettere come l’assegno sociale è la prestazione assistenziale introdotta dall’art. 3, commi 6 e 7, della legge n. 335/1995, per le persone ultrasessantacinquenni con redditi di importo inferiore a quello dell’assegno stesso, che dal 1° gennaio 1996 sostituisce la pensione sociale. Al pari della pensione sociale, ai fini del diritto all’assegno sociale, si prescinde dall’esistenza di un rapporto assicurativo e contributivo ma è necessario possedere determinati requisiti di natura reddituale e di cittadinanza. Tali requisiti sono: a) compimento del 65° anno di età (di poi innalzato a 67 anni dal 1.1.2019); b) cittadinanza italiana; c) residenza in Italia; d) reddito non superiore all’importo annuo dell’assegno se il richiedente non è coniugato; e) reddito cumulato con quello del coniuge non superiore a due volte l’importo annuo dell’assegno se il richiedente è coniugato. Nel caso in cui il reddito del richiedente o quello del coniuge o la loro somma siano inferiori ai limiti di legge (condizione necessaria per fruire della prestazione), l’assegno viene erogato in un importo ridotto pari alla differenza tra l’importo intero annuale dell’assegno sociale corrente e l’ammontare del reddito annuale.

Per quanto, più in particolare, concerne la determinazione del limite di reddito ostativo alla concessione dell’assegno sociale previsto dalla L. n. 335/1995, il secondo alinea dell’art. 3, comma 6, così recita: “il reddito è costituito dall’ammontare dei redditi coniugali, conseguibili nell’anno solare di riferimento. L’assegno è erogato con carattere di provvisorietà sulla base della dichiarazione rilasciata dal richiedente ed è conguagliato, entro il mese di luglio dell’anno successivo, sulla base della dichiarazione dei redditi effettivamente percepiti. Alla formazione del reddito concorrono i redditi, al netto dell’imposizione fiscale e contributiva, di qualsiasi natura, ivi compresi quelli esenti da imposte e quelli soggetti alla ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva, nonché gli assegni alimentari corrisposta norma del codice civile. Non si computano nel reddito i trattamenti di fine rapporto comunque denominati, le anticipazioni sui trattamenti stessi, le competenze arretrate soggette a tassazione separata, nonché il proprio assegno e il reddito della casa di abitazione. Agli effetti del conferimento dell’assegno non concorre a formare reddito la pensione liquidata secondo il sistema contributivo ai sensi dell’art. 1, comma 6, a carico di gestioni ed enti previdenziali pubblici e privati che gestiscono forme pensionistiche obbligatorie in misura corrispondente a un terzo della pensione medesima e comunque non oltre un terzo dell’assegno sociale”.

Sotto tale ultimo profilo, la Corte di Cassazione ha, in generale, affermato che: “in ogni caso di tutela previdenziale rapportata al limite di reddito, ai fini della determinazione di questo deve essere presa in considerazione qualsiasi attuale disponibilità di redditi, sempre che essi non siano stati esclusi dalla legge”. È, invero, consolidato l’orientamento della Suprema Corte secondo cui, essendo il conguaglio strettamente connesso non alla mera titolarità di un reddito, bensì alla sua effettiva percezione, è da ritenere che il reddito incompatibile in tanto rilevi in quanto sia stato effettivamente acquisito al patrimonio dell’assistito: una lettura costituzionalmente orientata della norma in esame esclude infatti che si possa negare l’assegno a coloro che, pur essendo astrattamente titolari di un reddito totalmente o parzialmente incompatibile con l’assegno sociale, si vengano a trovare, in conseguenza della mancata percezione di fatto di tale reddito, nella medesima situazione reddituale di coloro che hanno diritto all’assegno sociale (cfr. Cass. n. 6570/2010).

Sul piano probatorio, è onere dell’interessato offrire prova in giudizio della sussistenza dei requisiti di legge per poter fruire della prestazione richiesta, secondo il generale criterio di riparto desumibile dall’art. 2697 c.c. (si veda, sul punto, Cass. Sent. n. 23477/2010, “In tema di assegno sociale, ai sensi dell’art. 3, comma 6, della legge n. 335 del 1995 spetta all’interessato che ne abbia fatto istanza l’onere di dimostrare il possesso del requisito reddituale, determinato in base ai rigorosi criteri richiesti dalla legge speciale”).
Ciò premesso in punto di diritto, nel caso di specie, per come risulta dalla documentazione prodotta in atti, parte ricorrente è in possesso dei requisiti sub lett. a), b) e c) sopra indicati.

Per quanto concerne il requisito reddituale, come già rilevato, parte ricorrente assume di avere diritto alla prestazione assistenziale, avuto riguardo al proprio reddito personale, essendo legalmente separato dal coniuge dal 2019, per come risulta dal provvedimento di omologa della separazione consensuale emessa dal Tribunale di Crotone in data 24.06.2019.

Di contro, l’(omissis) sostiene che il ricorrente, in ipotesi di stato di bisogno economico, avrebbe dovuto chiedere all’ex coniuge un sostegno economico (maggiormente rilevante rispetto agli € 100,00 concordati) prima di rivolgersi alla solidarietà generale ma, per come visto, tale tesi difensiva dell’istituto è infondata.

Invero, sul punto, valga richiamare il recente arresto della Suprema Corte, la quale ha precisato come “il diritto alla corresponsione dell’assegno sociale ex art. 3, comma 6, della l. n. 335 del 1995, prevede come unico requisito lo stato di bisogno effettivo del titolare, desunto dall’assenza di redditi o dall’insufficienza di quelli percepiti in misura inferiore al limite massimo stabilito dalla legge, restando irrilevanti eventuali altri indici di autosufficienza economica o redditi potenziali, quali quelli derivanti dall’assegno di mantenimento che il titolare abbia omesso di richiedere al coniuge separato, e senza che tale mancata richiesta possa essere equiparata all’assenza di uno stato di bisogno” (Cass., n. 14513/2020). Non vi è quindi “né nella lettera né nella ratio dell’art. 3, comma 6, I. n. 335/1995, alcuna indicazione circa il fatto che lo stato di bisogno, per essere normativamente rilevante, debba essere anche incolpevole: al contrario, la condizione legittimante per l’accesso alla prestazione assistenziale rileva nella sua mera oggettività. La previsione secondo cui il reddito rilevante ai fini del diritto all’assegno «è costituito dall’ammontare dei redditi […] conseguibili nell’anno solare di riferimento» dev’essere infatti interpretata in stretta connessione con quella immediatamente successiva, secondo cui, come appena ricordato, l’assegno «è erogato con carattere di provvisorietà sulla base della dichiarazione rilasciata dal richiedente ed è conguagliato […] sulla base della dichiarazione dei redditi effettivamente percepiti»: vale a dire che all’assistito è richiesto soltanto di formulare una prognosi riguardante i redditi percepibili in relazione allo stato di fatto e di diritto esistente al momento della domanda, fermo restando che la corresponsione effettiva dell’assegno dovrà essere parametrata a ciò che di tali redditi risulti “effettivamente percepito” (Cass. n. 24954/2021).

Inoltre, risulta documentalmente dimostrata (si veda certificato agenzia delle entrate depositato) l’assenza di ulteriori redditi in capo al ricorrente.

Pertanto, la somma di € 100,00 mensili (dunque, € 1.200,00 annuali) derivanti dal mantenimento conseguente all’omologa di separazione, risulta essere inferiore ai limiti di legge per accedere all’assegno sociale (€ 5.977,79 rilevante quale reddito di soggetto separato), sicché la prestazione assistenziale richiesta, in considerazione del possesso dei requisiti previsti per legge, risulta dovuta.

Conclusivamente, il ricorso merita accoglimento, e, per l’effetto, l’(omissis) dev’essere condannato al pagamento della prestazione assistenziale richiesta con decorrenza dal primo giorno del mese successivo alla domanda amministrativa.

Le spese di lite, nella misura liquidata in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, e, per l’effetto, dichiara il diritto di parte ricorrente a percepire l’assegno sociale nella misura di legge.

Condanna l’(omissis) a corrispondere al ricorrente, la predetta prestazione con decorrenza dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda del 20.10.2020, oltre interessi di legge dal dovuto al soddisfo.

Condanna l’(omissis) al pagamento delle spese di lite che liquida in complessivi € 2.540,00 oltre IVA, CPA e rimborso forfettario come per legge da distrarsi.

Così deciso in Cosenza, 22/03/2023

Allegati

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