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Tribunale di Castrovillari, 07/04/2025, n. 629

Massima

In tema di locazione di immobile adibito a Caserma dei Carabinieri, la disdetta motivata dal locatore con l’esigenza di destinare l’immobile all’esercizio della propria attività d’impresa legittima il rilascio coattivo alla scadenza contrattuale. L’indennità di occupazione è dovuta dal conduttore per il periodo successivo alla scadenza del contratto non coperto da precedenti pagamenti dimostrati. La domanda di risarcimento del danno per occupazione sine titulo è rigettata qualora il locatore non provi il pregiudizio effettivo e la specifica possibilità di godimento persa, non essendo il danno “in re ipsa” e non potendosi ricorrere alla liquidazione equitativa in assenza di prova dell’an. La mancata partecipazione del conduttore alla mediazione obbligatoria è giustificata dalla comunicazione di ragionevoli motivi alla controparte.

Supporto alla lettura

Locazione

La locazione (o affitto) viene definita come quel contratto col quale una parte si obbliga a far godere all’altra una cosa mobile o immobile, per un determinato periodo di tempo, dietro pagamento di un corrispettivo concordato tra le parti (art. 1571 c.c.). Il contratto di locazione ad uso abitativo è quel particolare tipo di locazione avente ad oggetto immobili che siano locati allo scopo di essere abitati dal conduttore o dalla sua famiglia. Trova la propria disciplina nella legge 431/1998 e, limitatamente agli articoli non abrogati, nella legge 392/1978. La locazione di immobili ad uso abitativo può essere oggetto di varie forme contrattuali, in base alle intenzioni ed esigenze del conduttore e del locatore, sull’unità abitativa. Le diverse possibilità di pattuizione possono essere così riassunte: locazione a canone libero (durata anni 4+4); locazione a canone concordato (durata anni 3+2); locazione per studenti universitari (durata da 6 a 36 mesi); locazione a uso transitorio (durata da 1 a 18 mesi). La normativa delle locazioni immobili ad uso commerciale è prevista dall’art. 27 L. 392/1978 e prevede una durata minima di 6 anni, con rinnovo automatico di altri 6 e una durata massima di 30 anni. La durata della locazione è elevata a 9 anni per gli immobili a destinazione alberghiera come pensioni, locande o alberghi.

Ambito oggettivo di applicazione

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ricorso ex art447 bis c.p.c., ritualmente notificato unitamente al decreto di fissazione di udienza, OMISSIS conveniva in giudizio il OMISSIS al fine di ottenere la condanna dello stesso all’immediato rilascio dell’immobile, adibito a Caserma dei Carabinieri di Mirto – Crosia, alla corresponsione dei canoni non corrisposti dalla scadenza naturale del conti atto sino alla data del rilascio, nonché al risai cimento dei danni subiti da esso ricorrente per mancato utilizzo dell’immobile in paiola, da valutarsi in via equitativa, e al pagamento delle spese di lite, anche in ossequio alle norme sulla mediazione obbligatoria, in considerazione della mancata partecipazione alla stessa da parte del resistente.

Parte ricorrente, in particolare, deduceva che con contratto del 17.10.2016 OMISSIS concedeva in locazione all’odierno resistente l’immobile sito in C., in viale individuato in Catasto fabbricati del predetto comune al foglio OMISSIS particella n. OMISSIS sub. (…), sub. (…), sub. (…), sub. (…) e sub (…) e particella n. (…), sub. (…) – verso il pagamento del canone annuo di Euro 8.450,23; che detto contratto aveva durata di sei anni, rinnovabile per ulteriori sei anni, a partire dalla data di occupazione dell’immobile, avvenuta in data 04.11.2016; che con atto per notaio … OMISSIS detto immobile veniva venduto in favore dell’odierna ricorrente; che in data 09.06,2021 veniva comunicata dal locatore la disdetta dal contratto, atteso che lo stesso doveva essere destinato all’esercizio della propria attività di impresa; che successivamente le parti negoziavano un possibile rinnovo conti attuale, che non andava a buon fine; che in data 31.01.2023 essa ricorrente diffidava il resistente al rilascio dell’immobile, che, tuttavia, non aveva esito positivo.

2. Si costituiva in giudizio il OMISSIS che, contestando gli assunti attorei, eccepiva la parziale infondatezza della domanda, atteso che, in seguito alla scadenza del contratto di locazione, l’indennità di occupazione erari 1591 c.c. era stata ritualmente corrisposta; chiedeva, pertanto, di rigettare il ricorso.

3. La causa veniva istruita documentalmente e all’udienza del 27.03.2025, celebrata ai sensi dell’art. 127 ter c.p.c., veniva discussa e decisa.

4. Nel merito, in punto di diritto, si osserva che in materia contrattuale, nell’applicazione dei principi di cui agli artt. 12181453 e ss. e 2697 c.c., il creditore deve provare la fonte contrattuale e allegare l’inadempimento del debitore. Il debitore, invece, deve provare la sussistenza di elementi estintivi dell’obbligazione asseritamente inadempiuta, in conformità al principio di riferibilità o di vicinanza della prova.

Invero, in virtù di tale principio, l’onere della prova viene ripartito tenuto conto, in concreto, della possibilità per l’uno o per l’altro soggetto di provare fatti e circostanze che ricadono nelle rispettive sfere di azione.

Appare, altresì, coerente alla regola dettata dall’art. 2697 c.c., che distingue tra fatti costitutivi e fatti estintivi, ritenere che la prova dell’adempimento, fatto estintivo del diritto azionato dal creditore, spetti al debitore convenuto, che dovrà quindi dare la prova diretta e positiva dell’adempimento, trattandosi di fatto riferibile alla sua sfera di azione.

A tal proposito, la Corte di Cassazione ha statuito che “in tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento” (Cass., SS.UU., sent. n. 13533/2001).

5. Ebbene, applicati detti principi al caso di specie, si rileva che parte ricorrente ha provato la fonte del proprio diritto – depositando il contratto di locazione stipulato tra le parti e l’invio della disdetta – e ha allegando la perdurante occupazione dell’immobile da parte del resistente e il mancato pagamento dei canoni in epoca successiva alla scadenza del contratto in parola.

6. Il resistente, pur riconoscendo l’occupazione oramai sine titillo dell’immobile in parola, ha allegato e provato il pagamento dell’indennità di occupazione per il periodo successivo alla scadenza del contratto.

7. Ebbene, la domanda va parzialmente accolta.

8. Invero, va accolta la domanda di condanna del resistente all’immediato rilascio dell’immobile in parola, libero da cose e persone, attesa la scadenza contrattuale per l’intervenuta regolale disdetta – al cui interno era indicata la necessità di usufruire dell’immobile per esigenze legate all’attività di impresa della ricorrente, come prescritto per le locazioni a uso abitativo e applicabile per analogia anche nel caso di locazioni a uso commerciale dall’art. 29 della L. n. 392 del 1978 – e la mancata rinnovazione dello stesso.

9. Va, invece, rigettata la domanda relativa al pagamento dell’indennità di occupazione sino all’anno 2024, in quanto parte resistente ha provato di aver corrisposto la stessa anche per il periodo successivo alla scadenza naturale del contratto, producendo in giudizio i le ricevute di pagamento estrapolate dal sistema informatico S. e atteso che la predetta documentazione non è stata tempestivamente e specificamente contestata dal resistente.

Va segnalato, comunque, che la predetta indennità, ai sensi dell’art. 1591 c.c., andrà corrisposta dal 01.01.2025 sino al rilascio e sarà pari al canone locativo.

10. Per quanto riguarda il risarcimento del danno richiesto da parte ricorrente per l’occupazione sine titulo dell’immobile, attesa l’intervenuta scadenza del contratto, si rileva che la stessa non ha allegato alcunché in ordine all’effettivo e concreto pregiudizio che l’occupazione del resistente abbia comportato, né ha allegato la sussistenza della specifica possibilità di esercizio del diritto di godere che è andata persa quale conseguenza immediata e diretta della occupazione abusiva.

A tal proposito, le Sezioni Unite hanno composto il contrasto giurisprudenziale tra ammissibilità o meno del danno in re ipsa, in materia di occupazione abusiva, giungendo a una posizione mediana tra la tesi del danno in re ipsa e la tesi della necessità del danno conseguenza, statuendo che “La tesi del danno in re ipsa è debitrice della concezione normativa, elaborata dalla dottrina tedesca, secondo cui l’oggetto del danno coincide con il contenuto del diritto violato, da cui l ‘esistenza del pregiudizio per il sol fatto della violazione del diritto medesimo… L’orientamento della Terza Sezione Civile è invece ispirato dalla teoria causale del danno, secondo cui il pregiudizio risarcibile non è dato dalla lesione della situazione giuridica, ma dal danno conseguenza derivato dall’evento di danno corrispondente alla detta lesione. … La linea da perseguire è infatti, secondo le Sezioni Unite, quella del punto di mediazione fra la teoria normativa del danno, emersa nella giurisprudenza della Seconda Sezione Civile, e quella della teoria causale, sostenuta dalla Terza Sezione Civile. Al fine di salvaguardare tale punto di mediazione, l’estensione della tutela dal piano reale a quello risarcitorio, per l’ipatesi della violazione del contenuto del diritto, deve lasciare intatta la distinzione fra le due forme di tutela. La distinzione fra azione reale e azione risarcitala è il riflesso processuale di quella sostanziale fra regole di proprietà (property rules) e regole di responsabilità (liability rules). …La distinzione fra le due forme di tutela comporta che il fatto costitutivo delibazione risarcitoria non possa coincidere senza residui con quello dell’azione di rivendicazione ma debba contenere f ulte rio re elemento costitutivo del danno risarcibile. Ciò significa tenere ferma la distinzione, espressione della teoria causale del danno, fra causalità materiale e causalità giuridica. La giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che “se sussiste solo il fatto lesivo, ma non vi è un danno-conseguenza, non vi è l’obbligazione risarcitoria” (Cass. Sez. U. n. 576 del 2008)… Così precisati i termini della distinzione fra evento di danno e danno conseguenza, quale caposaldo della teoria del risarcimento del danno, e chiarita la necessità dell’elemento costitutivo ulteriore nella causa petendi della domanda risarcitoria rispetto a quella della domanda di rivendicazione, deve ora essere definito il danno risarcibile in presenza di violazione del contenuto del diritto di proprietà. …affinché un danno risarcibile vi sia, perfezionandosi così la fattispecie del danno ingiusto, è necessario che al profilo dell’ingiustizia, garantito dalla violazione del diritto, si associ quello del danno conseguenza, e perciò la perdita subita e/o il mancato guadagno che, sulla base del nesso di causalità giuridica, siano conseguenza immediata e diretta dell’evento dannoso… Il danno risarcibile è rappresentato dalla specifica possibilità di esercizio del diritto di godere che è andata persa quale conseguenza immediata e diretta della violazione, cagionata dall’occupazione abusiva, del “diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo”. Il nesso di causalità giuridica si stabilisce così fra la violazione del diritto di godere della cosa, integrante l’evento di danno condizionante il requisito dell’Ingiustizia, e la concreta possibilità di godimento che è stata persa a causa della violazione del diritto medesimo, quale danno conseguenza da risarcire. Saldando il danno suscettibile di risarcimento alla concreta possibilità di godimento persa, per un verso si rende risarcibile il contenuto del diritto violato, in ossequio alla teoria normativa del danno, per l’altro si riconduce la violazione giuridica a una specifica perdita subita, in ossequio alla teoria causale. Il riferimento alla specifica circostanza di godimento perso stabilisce la discontinuità fra il fatto costitutivo dell’azione di rivendicazione e quello dell’azione risarcitoria, preservando la distinzione fra la tutela reale e quella risarcitoria… Nella comune fattispecie di occupazione abusiva d’immobile è al contrario richiesta, come si è visto, l’allegazione della concreta possibilità di esercizio del diritto di godimento che è andata persa. Ciò significa che il non uso, il quale è pure una caratteristica del contenuto del diritto, non è suscettibile di risarcimento. E’ pur vero che a fondamento dell’imprescrittibilità del diritto di proprietà vi è la circostanza che fra le facoltà riconosciute al proprietario vi è anche quella del non uso, ma l’inerzia resta una manifestazione del contenuto del diritto sul piano astratto, mentre il danno conseguenza riguarda il pregiudizio al bene della vita che, mediante la violazione del diritto, si sia verificato. Alla reintegrazione formale del diritto violato, anche nella sua esplicazione di non uso, provvede la tutela reale e non quella risarcitoria… L’allegazione che Fattore faccia della concreta possibilità di godimento perduta può essere specificatamente contestata dal convenuto costituito… Se la domanda risarcito ria ha ad oggetto il mancato guadagno causato dall’occupazione abusiva, l’onere di allegazione riguarda gli specifici pregiudizi, fra i quali si possono identificare non solo le occasioni perse di vendita a un prezzo più conveniente rispetto a quello di mercato, ma anche le mancate locazioni a un canone superiore a quello di mercato (una volta che si quantifichi equitativamente il godimento perduto con il canone locativo di mercato, il corrispettivo di una locazione ai correnti valori di mercato rientra, come si è visto, nelle perdite subite). Ove insorga controversia in relazione al fatto costitutivo del lucro cessante allegato, l’onus probandi anche in questo caso può naturalmente essere assolto mediante le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza o le presunzioni semplici”. (Cass. civ., SS.UU., sent. n. 33645/2022).

Inoltre, non poteva farsi ricorso alla valutazione equitativa, come richiesto da parte ricorrente, che ha in tal modo ammesso al propria lacuna assertiva anche in relazione al quantum preteso.

Invero, per giurisprudenza ampiamente consolidata, “il concreto esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice del merito dagli arti 1226 e 2056 c.c., s Inquadra nel potere generale attribuitogli dal disposto dell’art. 115 c.p.c., sì che non si estrinseca in un giudizio d’equità ma in un giudizio di diritto caratterizzato dall’equità giudiziale correttiva od integrativa, e trova ingresso a condizione che la sussistenza di un danno risarcibile nell’an debeatur sia stata dimostrata ovvero sia incontestata o infine debba ritenersi in re ipsa in quanto discendente in via diretta ed immediata dalla stessa situazione illegittima rappresentata in causa, nel solo caso di obiettiva impossibilità o particolare difficoltà di fornire la prova del quantum debeatur. Grava, pertanto, sulla parte interessata dimostrare, secondo la regola generale posta dall’art. 2697 c.c., ogni elemento di fatto, di cui possa ragionevolmente disporre nonostante la riconosciuta difficoltà, al fine di consentire che l’apprezzamento equitativo esplichi la sua peculiare funzione di colmare soltanto le lacune riscontrate insuperabili nell’iter della precisa determinazione della misura del danno stesso” (Cass. civ, sez. III, sent. n. 127/2016).

Pertanto, atteso che i danni risarcibili potevano, nella specie, essere agevolmente provati dalla ricorrente e che, pertanto, il danno non era di difficile o impossibile prova, del tutto ingiustificato sarebbe stato il ricorso alla liquidazione equitativa.

11. Va rigettata, altresì, la domanda di condanna del resistente per la mancata partecipazione al primo incontro della procedura di mediazione obbligatoria, avendo lo stesso comunicato con missiva del 08.03.2023, la cui ricezione non risulta contestata dalla ricorrente, ragionevoli motivi – impossibilità di rinnovo e invito all’amministrazione occupante l’immobile a avviare immediatamente le procedure per la ricerca di mercato di una nuova soluzione allocativa – che giustificano la mancata comparizione all’incontro di mediazione.

12. Si ritiene congruo compensar e le spese di lite in ragione della reciproca soccombenza.

P.Q.M.

Il Giudice definitivamente pronunciando sulla causa specificata in epigrafe, disattesa e assorbita ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, così provvede:

– accoglie parzialmente la domanda e, per l’effetto, condanna il OMISSIS all’immediato rilascio, libero da cose e persone, in favore di OMISSIS dell’immobile sito in sito in C., in viale OMISSIS – individuato in Catasto fabbricati del predetto comune al foglio OMISSIS particella n. OMISSIS sub. (…), sub. (…), sub. (…), sub. (…) e sub (…) e particella n. OMISSIS ub. (…);

– condanna il OMISSIS al pagamento dell’indennità di occupazione, quantificato in parte motiva, dal 01.01.2025 sino al rilascio;

– rigetta le ulteriori domande attoree;

– compensa integralmente le spese di lite tra le parti.

Così deciso in Castrovillari, il 7 aprile 2025.

Depositata in Cancelleria il 7 aprile 2025.

Allegati

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