(omissis)
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Con ricorso depositato in data 12/03/2020, (omissis) ha premesso di aver contratto matrimonio concordatario con (omissis) in (omissis) in data (omissis), regolarmente trascritto, e che dal matrimonio sono nati i figli (omissis) (cl. (omissis)) e (omissis) (cl. (omissis)). Ha adito questo Tribunale chiedendo che fosse dichiarata la cessazione degli effetti civili del matrimonio, avendo il Tribunale omologato la separazione e non essendo più tra i coniugi ripristinabile la comunione spirituale e materiale. Ha domandato, inoltre, la revoca del contributo previsto a suo carico a titolo di assegno di mantenimento a favore del coniuge e la diminuzione dell’importo versato a titolo di mantenimento a favore dei figli.
Si è costituita (omissis), in proprio e nella qualità di genitrice esercente la responsabilità genitoriale sul proprio figlio minore (omissis), che ha contestato quanto contenuto nel ricorso avversario. Ha chiesto che fosse pronunziata sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario e che fosse confermato il quantum dovuto per il proprio mantenimento e per quello della prole stabilito in sede di separazione; che per i comportamenti posti in essere dal (omissis) nei confronti del figlio (omissis) fosse adottato uno dei più gravi provvedimenti sanzionatori previsti dall’art. 709 ter c.p.c., oltre al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, in favore della Cassa delle ammende.
Con ordinanza ex art. 4 l. div. dell’1.07.2020 sono stati pronunziati i provvedimenti provvisori ed urgenti.
Nel corso della istruttoria è stata pronunciata, ai sensi dell’art. 4 comma 9 L. n. 898 del 1970, sentenza non definitiva di cessazione degli effetti civili del matrimonio ed è stata disposta la prosecuzione del giudizio esclusivamente per la decisione sulle ulteriori questioni.
All’udienza del 14.10.2022, tenutasi con le modalità di cui all’art. 221, c.4, D.L. n. 34 del 2020, il giudice istruttore ha nuovamente rimesso la causa al collegio per la decisione, ai sensi dell’art. 189 c.p.c., concedendo alle parti i termini di trenta giorni per il deposito di comparse conclusionali e di ulteriori venti giorni per le memorie di replica.
Essendo stata già emessa pronuncia sullo stato coniugale, restano da esaminare esclusivamente le ulteriori domande.
In via preliminare, è opportuno soffermarsi sull’eccezione avanzata dal (omissis) di inammissibilità della costituzione di (omissis) anche per conto del figlio minore nel presente giudizio. A tal riguardo, va ricordato che “i minori, nei procedimenti giudiziari che li riguardano, non possono essere considerati parti formali del giudizio, perché la legittimazione processuale non risulta attribuita loro da alcuna disposizione di legge; essi sono, tuttavia, parti sostanziali, in quanto portatori di interessi comunque diversi, quando non contrapposti, rispetto ai loro genitori.” (cfr. Cass. Civ. Sez. 1, Ordinanza n. 16410 del 30/07/2020). Com’è stato autorevolmente affermato dalla Corte Costituzionale, invero, il legislatore ordinario non è vincolato, in tutti i casi in cui vi siano riconosciuti interessi al giudizio o nel giudizio, a prevedere la qualità di parte processuale per i titolari degli stessi interessi, tanto più che i giudizi di separazione e divorzio, qualunque sia il loro esito, non attengono né si riflettono sullo status dei figli (cfr. Corte Costituzionale 14/7/1986 n. 185).
Inoltre, l’art. 709 ter c.p.c., fa riferimento, nel disciplinare la soluzione delle controversie in sede di separazione o di divorzio in ordine all’esercizio della responsabilità genitoriale o delle modalità dell’affidamento, alle controversie insorte tra i genitori, i quali pertanto restano gli unici soggetti cui è affidata la legittimazione sostitutiva all’esercizio dei diritti dei minori (v. Cass. n. 22081/2009).
Nel presente procedimento di divorzio, va quindi dichiarata la carenza di legittimazione attiva della (omissis) costituita n.q. di genitrice del figlio minore (omissis), posto che le parti in senso formale sono esclusivamente i coniugi e al minore non è attribuita alcuna legittimazione processuale autonoma in senso tecnico formale, prevedendosi, per la sua tutela, l’intervento obbligatorio in giudizio del pubblico ministero ex art. 4 e 5 l. div..
È invece infondata e va rigettata l’eccezione riproposta dal (omissis) di tardività di produzione delle memorie ex art. 183 co. VI, n. 2 e n. 3 c.p.c. da parte della (omissis). Si richiama sul punto l’ordinanza del G.I. resa il 12.04.2022, dalla quale non vi è ragione di discostarsi.
Nel merito, il ricorrente ha chiesto di revocare qualunque mantenimento a favore della (omissis); diversamente, la resistente ha chiesto che fosse disposto un assegno divorzile in suo favore, per un ammontare pari a Euro 600,00, oltre aggiornamento Istat.
Va osservato che l’assegno di mantenimento riconosciuto in sede di separazione ha funzione assolutamente diversa rispetto all’assegno divorzile. Ed infatti, la determinazione dell’assegno di divorzio, di cui all’art. 5 L. 1 dicembre 1970 n. 898, è del tutto indipendente dalle precedenti statuizioni patrimoniali in sede di separazione, data la diversa natura del procedimento di divorzio e della decisione che lo conclude, nonché del fatto che lo stesso non si ricollega ad una perdurante operatività, dopo lo scioglimento del matrimonio, degli obblighi di mantenimento o di alimenti, propri del regime di convivenza o di separazione, ma costituisce effetto diretto della pronuncia di divorzio, con la conseguenza che va determinato con criteri diversi da quelli rilevanti per la regolamentazione del precedente rapporto coniugale (arg. ex Cass. Civ., sez. I, 10/10/1983, n. 5881). Ciò significa che l’assegno di mantenimento disposto in sede di separazione, che non fa venire meno il vincolo coniugale, è destinato ad essere superato dalla pronuncia in tema di assegno divorzile (tanto che si riconosca o meno lo stesso). In questa sede non deve quindi provvedersi ad una eventuale eliminazione o aumento dell’assegno di mantenimento previsto nel procedimento di separazione, il cui obbligo di corresponsione è destinato a cadere con la pronuncia sull’assegno divorzile. Deve invece procedersi alla valutazione in merito alla ricorrenza o meno dei presupposti necessari al riconoscimento dell’assegno divorzile in favore della resistente.
Sul punto, l’art. 5, VI co., L. n. 898 del 1970 prevede che con la sentenza che pronuncia, tra l’altro, la cessazione degli effetti civili o lo scioglimento del matrimonio, il Tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ognuno di essi alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive. Tale disposizione di legge è stata oggetto della pronuncia della Cassazione a Sezioni Unite, la n. 18287/18, che, innovando rispetto ai precedenti orientamenti, ha affermato il principio secondo cui: “L’assegno divorzile ha una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, e richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi o comunque dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, attraverso l’applicazione dei criteri di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro di cui si deve tenere conto per la relativa attribuzione e determinazione, ed in particolare, alla luce della valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all’età dell’avente diritto”. Come successivamente precisato da Cass. n. 21234/2019: “Ai fini dell’attribuzione e della quantificazione dell’assegno divorzile si deve tenere conto della funzione assistenziale e, a determinate condizioni, anche compensativo-perequativa cui tale assegno assolve. Da ciò consegue che, nel valutare l’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge che ne faccia richiesta, ol’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, si deve tener conto, utilizzando i criteri di cui all’art. 5, comma 6, L. n. 898 del 1970, sia della impossibilità di vivere autonomamente e dignitosamente da parte di quest’ultimo e sia della necessità di compensarlo per il particolare contributo, che dimostri di avere dato, alla formazione del patrimonio comune o dell’altro coniuge durante la vita matrimoniale, senza che abbiano rilievo, da soli, lo squilibrio economico tra le parti e l’alto livello reddituale dell’altro ex coniuge, tenuto conto che la differenza reddituale è coessenziale alla ricostruzione del tenore di vita matrimoniale, ma è oramai irrilevante ai fini della determinazione dell’assegno, e l’entità del reddito dell’altro ex coniuge non giustifica, di per sé, la corresponsione di un assegno in proporzione delle sue sostanze”.
La Suprema Corte ha quindi superato la tradizionale scissione tra i criteri per la valutazione circa l’an dell’assegno divorzile e quelli per la (eventuale) determinazione del quantum; ciò che precedentemente, come noto, imponeva un accertamento dell’adeguatezza delle consistenze reddituali e patrimoniali della parte richiedente alla luce del parametro del tenore di vita familiare e quindi, solo nel caso in cui fosse stata accertata la mancanza di mezzi o l’incapacità di procurarli per ragioni obiettive, la valutazione di uno o di più dei criteri contenuti nell’art. 5 comma 6 citato.
Il criterio del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio è, ora, definitivamente superato. Viene, invece, evidenziata la natura composita dell’assegno divorzile, così da valorizzare l’intero contenuto dei criteri indicati dalla legge, riconoscendo allo stesso natura: principalmente, assistenziale (fondata sui parametri delle “condizioni dei coniugi” e del “reddito di entrambi”); eventualmente, compensativa – perequativa (in considerazione del contributo personale ed economico dato da ciascun coniuge alla condizione della famiglia e alla formazione del patrimonio di entrambi i partner); ulteriormente, risarcitoria (rilevando le ragioni della decisione). In particolare, il parametro della inadeguatezza dei mezzi o della impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive ora viene riferito: “sia allapossibilità di vivere autonomamente e dignitosamente (e, quindi, all’esigenza di garantire detta possibilità al coniuge richiedente), sia all’esigenza compensativa del coniuge più debole per le aspettative professionali sacrificate, per avere dato, in base ad accordo con l’altro coniuge, un dimostrato e decisivo contributo alla formazione del patrimonio comune e dell’altro coniuge”.
Nel caso di specie, dai documenti versati in atti si evince che il (omissis) ha percepito l’importo di Euro. 21.259,00 per il periodo d’imposta 2019, di Euro. 21.307,00 per il periodo d’imposta 2018, di Euro. 29.758,00 per il periodo d’imposta 2017, (v. autocertificazione reddituale e allegati dell’11.06.2020), rispetto agli Euro. 36.829,00 relativi all’anno 2014 (v. doc.3 allegato al ricorso del 12.03.2020). Diversamente, la (omissis) ha dichiarato di essere, allo stato, disoccupata e di aver percepito negli anni d’imposta del 2018, 2017 e 2016 solo quanto versato dal marito a titolo di assegno di mantenimento (v. autocertificazione reddituale e doc. 23, 24, 25, depositati il 22.06.2020). Tuttavia, la stessa ha asserito di aver lavorato, nel passato, “come segretaria” presso lo studio dell’ex coniuge (cfr. dichiarazioni rese all’udienza presidenziale del 23.06.2020); di non aver avuto “alcuna apprezzabile esperienza lavorativa” (cfr. memoria ex art. 183, co. VI n. 2 c.p.c. depositata il 11.02.2021), “non avendo svolto attività lavorativa retribuita in modo continuativo” (cfr. memoria del 5.10.2020) e di essere stata “formalmente amministratrice della (omissis) srl” (circostanza confermata in sede giudiziale dall’ordinanza n. 309 del 8.5.2008 della Corte di Appello di Messina, ove si legge che è risultato “indiscusso” che la (omissis) “svolgesse attività lavorativa in una cooperativa”), seppur la (omissis) abbia dichiarato che da questa “nessun arricchimento” le sia derivato (v. note del 18.11.2022). Di contro, il ricorrente ha affermato che l’ex moglie ha lavorato “per l’avv. (omissis), per la società (omissis) srl gestita dalla famiglia (omissis), per l’avv. (omissis) e per l’avv. (omissis) presso lo studio sito in via (omissis) a (omissis) dal mese di giugno 2007 al mese di dicembre 2014″ (cfr. note depositate l’11.01.2021) e nei confronti dei quali, invece, la resistente ha denotato esclusivamente la sussistenza di “rapporti, ancheamichevoli”, da cui “non ha acquisito alcuna professionalità” (v. note del 18.11.2022).
Alla luce degli elementi suindicati, si ritiene che, pure in presenza di uno squilibrio economico tra le parti, la (omissis) sia dotata di una propria capacità lavorativa, dovendosi escludere l’impossibilità di procurarsi mezzi economici per rendersi autosufficiente. Ed invero, il coniuge “debole” ha l’onere di “valorizzare tutte le proprie potenzialità con una condotta attiva, piuttosto che assumere un atteggiamento deresponsabilizzante e attendista……riversando sul coniuge più abbiente l’esito della fine della vita matrimoniale” (Cass. 3661/2020).
La circostanza di disporre di un reddito ridotto in raffronto a quello dell’ex coniuge e la richiesta di un assegno finalizzata esclusivamente a garantire alla resistente un introito pari a quello dell’ex marito, ora che è definitivamente cessato il vincolo coniugale, esorbita la ratio dell’assegno divorzile.
Peraltro, pur a prescindere da quanto evidenziato sulla capacità lavorativa della M., ella non ha dimostrato la sussistenza di eventuali aspettative professionali sacrificate per l’impostazione della vita coniugale e familiare; né di avere contribuito alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune. Sul punto, si è limitata a fornire generiche asserzioni, senza articolare alcuna istanza di prova conducente. Deve pertanto escludersi che ricorrano i presupposti per il riconoscimento, in suo favore, del diritto a percepire un assegno divorzile.
Va poi rilevato che la figlia (omissis) è maggiore d’età, sicché per lei non occorre provvedere sul regime di affidamento. Diversamente, per il secondogenito, (omissis), ancora oggi minorenne va disposto l’affidamento condiviso ad entrambi i genitori, con collocazione prevalente presso il domicilio della madre. Quanto al diritto di visita da parte del genitore non collocatario, il collegio dispone che, salvi diversi accordi tra le parti che tengano conto delle esigenze del minore, il padre potrà tenere con sé (omissis): a settimane alterne, il sabato dalle ore 16:00 alle 21:00 o alternativamente la domenica dalle ore 10:00 alle 20:00, prelevandolo dall’abitazione materna ed ivi riaccompagnandolo all’orario stabilito; per un periodo di quindici giorni, anche non consecutivi, durante il periodo estivo (e, in difetto di accordo, dal 20 al 27 luglio e dal 20 al 26 agosto), avendo cura di prendere il minore alle 9:00 del mattino e di riportarlo alla madre alle 19:00; per un periodo di quattro giorni consecutivi durante le vacanze natalizie in modo da consentire al padre di poter trascorrere con il minore, alternativamente, un anno il giorno di (omissis) e l’anno successivo il giorno di (omissis), da concordare preventivamente entro il 31 ottobre di ogni anno oppure, in difetto, dal 22 al 26 dicembre il primo anno e dal 28 dicembre all’1 gennaio il secondo anno; per due giorni durante le festività pasquali, in modo da consentire al padre di poter trascorrere con il minore ad anni alterni, la domenica di Pasqua o il lunedì dell'(omissis) (sempreché il predetto regime delle festività natalizie e pasquali non si riveli, nella sua attuazione concreta, incompatibile con le esigenze di qualsiasi altra natura dei minori). Il giorno del compleanno di (omissis) potrà essere festeggiato congiuntamente dai genitori; in difetto di accordo, il minore potrà trascorrere, ad anni alterni, il pranzo con un genitore e la cena con l’altro (nel primo caso, il padre si impegnerà a prelevare il figlio dall’abitazione materna alle ore 10:00 per riaccompagnarlo alle ore 16:00, nel secondo caso prelevandolo alle ore 16:00 e riaccompagnandolo alle ore 22:00, salvo diversi accordi da stabilire preventivamente tenendo conto delle esigenze del minore).
Sulla casa coniugale, l’art. 337 sexies c.c. stabilisce che il godimento della casa familiare sia attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse della prole (cfr. Cass. Civ n. 8580/2014), per cui la sua assegnazione è subordinata alla presenza di figli, minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti, conviventi con i genitori (Cass n 21334 del 18/09/2013); inoltre, il giudice può provvedervi d’ufficio in presenza di figli minorenni. Di conseguenza, nel caso di specie sussistendo i presupposti di cui all’art. 337 sexies c.c., la casa coniugale va assegnata alla (omissis).
Quanto alle statuizioni di natura economica, il (omissis) ha chiesto la riduzione dell’importo previamente previsto in sede di separazione a titolo di assegno di mantenimento della prole, da determinare in una somma non superiore a Euro 200,00 per ciascun figlio; oltre che una equa ripartizione delle spese straordinarie tra le parti. Diversamente, la resistente ha chiesto un incremento di siffatto contributo, per la cifra di Euro 600,00 per ciascun figlio, e la conferma della divisione delle spese nella misura di 2/3 a carico del ricorrente e del restante 1/3 a proprio carico.
Il fatto che sulla base dell’ultima dichiarazione reddituale depositata in atti e relativa all’anno 2019, il reddito professionale del (omissis) sia pari ad Euro 21.259,00 e quello relativo all’anno 2014, anno sia pari ad Euro 36.829,00, non è di per sé sintomatico di una riduzione della sua capacità economica così significativa da giustificare una diminuzione del contributo previsto a favore dei figli. Infatti, lo stesso ricorrente dà conto di aver percepito per l’anno d’imposta 2015 l’importo di Euro 25.034,00 (cfr. ricorso del 12.03.2020), e per l’anno 2017 l’importo di Euro 29.758,00 (cfr. memoria del 4.09.2020), sicché emerge che le entrate reddituali dello stesso variano di anno in anno, essendo legate a prestazioni svolte in qualità di lavoratore autonomo (id est di dottore commercialista e di amministratore condominiale), oltre che derivanti dagli utili delle società di professionisti, di cui lo stesso è parte, e in cui ricopre diversi ruoli societari detenendo quote percentuali di partecipazione (cfr. relazione della Guardia di Finanza, depositata il 5.10.2020). Lo stesso è intestatario, tra l’altro, di diversi cespiti immobiliari (cfr. relazione della (omissis) citata). Parimenti non induce a disporre la chiesta diminuzione, il fatto che il (omissis) deduca di essere onerato di diverse spese; infatti, i citati esborsi, concernenti le spese straordinarie per i figli e il contributo al mantenimento degli stessi, gravano su entrambi i genitori in misura proporzionale al reddito di ognuno.
Se, da un lato, l’asserita contrazione dei redditi del (omissis) appare non significativa e verosimilmente transitoria; di contro, occorre tenere in considerazione, ai sensi dell’art. 337 ter c.c., del tenore di vita goduto dalla prole in costanza di matrimonio, dell’allocazione esclusiva dei figli presso la madre e della valenza economica dei compiti di cura dalla stessa sola assolti. Inoltre, è fuor di dubbio che essendo decorsi circa sette anni dal decreto di omologa della separazione (che ha trovato conferma nell’ordinanza emessa dal Presidente all’esito della fase presidenziale di questo giudizio), nelle more sono aumentate le esigenze economiche dei figli della coppia. Tanto in ossequio al costante indirizzo della Suprema Corte, secondo cui i bisogni dei figli aumentano in funzione del progredire degli anni e dunque sono notoriamente legati alla crescita, agli studi, allo sviluppo della loro personalità in svariati ambiti, ivi compreso quello della formazione culturale e della vita sociale, e non hanno bisogno di specifica dimostrazione (cfr. Cass. Civ., Sez. I, 04/06/2012, n. 8927; Cass. Civ., Sez. I, 21/6/2018, n. 16351).
Sulla scorta di tali elementi, il contributo al mantenimento posto a carico di (omissis) va confermato nella misura di Euro 900,00 (Euro.450,00 ciascun figlio). La somma così determinata appare congrua rispetto ai redditi che risultano in capo al (omissis), non potendosi, di contro, accogliere la richiesta della (omissis) in ordine ad un aumento. Difatti, per come evidenziato, non si è verificata alcuna sopravvenuta e significativa modifica delle condizioni economiche delle parti che giustifichi la modifica del contributo. La detta somma andrà corrisposta al domicilio della (omissis) entro il giorno 5 di ciascun mese. Tale importo è soggetto a rivalutazione annuale, sulla base dei consueti indici Istat.
Quanto al riparto delle spese straordinarie, va precisato che, in difetto di previo accordo tra genitori, il concorso di questi viene determinato in misura proporzionale al reddito di ciascuno, tenendo conto delle risorse di entrambi e della valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti (cfr. Cass. Sez. 1, ord. n. 35710 del 19/11/2021).
Sul punto, il (omissis) ha chiesto la modifica del regime vigente, con la ripartizione delle spese straordinarie tra i genitori nella misura del 50% ciascuno, adducendo un peggioramento delle proprie condizioni economiche. La (omissis) ha invece evidenziato la sussistenza di una sproporzione tra le situazioni reddituali-patrimoniali delle parti, ed ha insistito nella conferma delle condizioni concordate in sede di separazione, e, specificamente, nella imputazione delle spese straordinarie sostenute nell’interesse della prole per i 2/3 a carico del ricorrente.
A fronte delle divergenti situazioni reddituali tra le parti, il Collegio osserva, inoltre, che il (omissis) è proprietario di numerosi beni immobili (per intero e pro quota), oltre che titolare di quote di diverse società (cfr. relazione della guardia di finanza in atti); mentre la (omissis), genitore collocatario dei figli, è proprietaria del solo immobile in cui vive. Sussistendo, dunque, uno squilibrio economico-patrimoniale tra le parti, il collegio ritiene che il contributo alla partecipazione delle spese straordinarie, sostenute nell’interesse della prole, debba essere fissato nella misura del 70% a carico del (omissis) e del restante 30% a carico della (omissis). In tale categoria rientrano tutte le spese dirette a fronteggiare eventi sostanzialmente eccezionali nella vita della prole, oppure le spese che servono per soddisfare esigenze episodiche, saltuarie ed imprevedibili (a titolo esemplificativo, le spese per interventi chirurgici, odontoiatrici, fisioterapia, cicli di psicoterapia e logopedia, occhiali da vista, lezioni private, attività sportive agonistiche, viaggi di studio) e quelle concernenti eventi ordinari non inclusi nel mantenimento (a titolo esemplificativo, le spese per tasse scolastiche ed universitarie, retta scolastica, libri di testo, attività sportive non agonistiche con relativa attrezzatura, corsi di lingua straniera, corsi di teatro, corsi di musica, informatica, motocicli ed autovetture, viaggi di piacere, le spese sanitarie non rimborsate dal SSN -a titolo esemplificativo: esami diagnostici, analisi cliniche, visite specialiste). Tutte le spese straordinarie, per essere rimborsate al genitore che le ha anticipate, devono essere preventivamente concordate. Le uniche spese che dovranno essere rimborsate in favore del genitore che le ha sostenute, anche in assenza della previa concertazione sono le spese straordinarie “obbligatorie” (a titolo esemplificativo, le spese per tasse scolastiche ed universitarie, per libri di testo, le spese mediche e di degenza per interventi indifferibili presso strutture pubbliche o private convenzionate).
A tal riguardo, va rigettata la domanda del C. con cui ha chiesto di obbligare la resistente alla rendicontazione delle somme versate a favore della prole, posto che il genitore collocatario non è tenuto a concordare preventivamente e ad informare l’altro genitore di tutte le scelte dalle quali derivino tali spese, poiché l’art. 155, comma 3, c.c.(oggi art. 337-ter c.c.) consente a ciascuno dei coniugi di intervenire nelle determinazioni concernenti i figli soltanto in relazione “alle decisioni di maggiore interesse” (cfr. Cass. Civ. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 15240 del 12/06/201).
Va, altresì, rigettata la domanda del ricorrente con cui ha chiesto di essere autorizzato al versamento del contributo nelle mani della figlia maggiorenne. In mancanza di una specifica domanda da parte di quest’ultima, infatti, non può essere disposto che il genitore provveda al pagamento diretto. Invero, sia il figlio, in quanto titolare del diritto al mantenimento, sia il genitore con lui convivente, in quanto titolare del diritto a ricevere il contributo dell’altro genitore alle spese necessarie per tale mantenimento cui materialmente provvede, sono titolari di diritti autonomi, ancorché concorrenti, sicché sono entrambi legittimati a percepire l’assegno dall’obbligato (Cass., n. 25300/13; ord. n. 24316/13); di conseguenza, il genitore obbligato non ha alcuna autonomia nella scelta del soggetto nei cui confronti adempiere.
Va, infine, rigettata la richiesta avanzata dalla M. di disporre, a carico del (omissis), ai sensi dell’art. 709 ter c.p.c., la comminazione della sanzione dell’ammonizione, nonché l’adozione di uno dei provvedimenti sanzionatori disciplinati nella predetta norma, a causa delle condotte integrate dal ricorrente nei confronti del figlio (omissis). L’art. 709 ter c.p.c. prevede due distinte fattispecie a cui corrisponde un diverso intervento del giudice adito: la prima relativa alla soluzione di controversie insorte fra i genitori per l’esercizio della responsabilità genitoriale o delle modalità di affidamento, ove l’autorità giudiziaria è chiamata a risolvere il contrasto con l’adozione della soluzione ritenuta adeguata al caso concreto, la seconda attinente a “gravi inadempienze o atti che arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto esercizio delle modalità di affidamento” in cui la funzione giudiziale si risolve, invece, nell’applicazione delle misure specificamente indicate, (costituite o dall’ammonizione del genitore inadempiente o dalla condanna al risarcimento del danno del genitore inadempiente nei confronti del minore o dalla condanna al risarcimento del danno del genitore inadempiente nei confronti dell’altro coniuge o dall’inflizione di una sanzione amministrativa pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, provvedimenti adottabili anche congiuntamente). In quest’ultima fattispecie si tratta di un intervento sanzionatorio nei confronti del genitore che, in violazione del superiore interesse del minore, abbia trasgredito i provvedimenti adottati a tutela della prole medesima. La norma fa espresso riferimento a condotte del genitore inadempiente nei confronti del figlio minore; ratio della disposizione è fornire tutela rafforzata alle statuizioni inerenti la prole di minore età ritenuta meritevole di maggior tutela.
Nel caso di specie, si rientra nella seconda delle fattispecie indicate. La (omissis) ha recriminato all’ex marito di non aver rispettato i tempi e le modalità di esercizio del diritto di visita nei programmati incontri con il minore. Il ricorrente, di contro, ha contestato quanto affermato dalla (omissis), adducendo che i ritardi e gli slittamenti degli incontri sono, in parte, dovuti alla condotta ostacolatrice integrata dalla stessa resistente e, in parte, ai propri trasferimenti fuori zona legati a motivi di lavoro.
Al riguardo, si richiamano le conclusioni della Suprema Corte nella sentenza del 6/03/2020, n.6471, secondo cui il diritto-dovere di visita del figlio minore che spetta al genitore non collocatario non è suscettibile di coercizione, trattandosi di un potere-funzione che non è sussumibile negli obblighi la cui violazione integra, ai sensi dell’art. 709-ter c.p.c., una “grave inadempienza”, ed è destinato a rimanere libero nel suo esercizio quale esito di autonome scelte che rispondono, anche, all’interesse superiore del minore ad una crescita sana ed equilibrata; e allo stesso non possibile attribuire un valore monetario essendo espressione della capacità di autodeterminazione del soggetto. Dunque il suo esercizio è rimesso alla libera e consapevole scelta di colui che ne sia onerato (Cassazione civile sez. I, 06/03/2020, n.6471). Segnatamente, richiamando quanto disposto dall’articolo 316 c.c. in tema di “responsabilità genitoriale”, la Corte ha rilevato come il diritto-dovere dei genitori di garantire il diritto dei figli di essere mantenuti, educati, istruiti ed assistiti moralmente nel rispetto delle loro inclinazioni ed aspirazioni deve essere svolto dai genitori di comune accordo. Da qui, è stata attribuita alla visita del genitore non collocatario la duplice qualifica di “diritto-dovere” dello stesso nei confronti del figlio o dei figli. In quanto diritto, è tutelabile, attraverso i rimedi espressamente previsti dall’art. 709-ter c.p.c., nei confronti delle violazioni e inadempienze dell’altro genitore che ha l’obbligo di astenersi da condotte che possano rendere più difficoltoso o impedire le frequentazioni da parte del genitore non collocatario. Sul lato attivo si estrinseca, quindi, nel diritto a mantenere rapporti con la prole, senza essere in ciò ostacolato dal comportamento dell’altro genitore. In quanto dovere, esso si basa sulla spontanea e volontaria osservanza da parte del genitore titolare e non può, in nessun caso, essere esercitato in via coattiva da parte dell’altro genitore. Sul lato passivo il dovere di visita resta quindi fondato sulla autonoma, autoresponsabile e spontanea osservanza del genitore interessato, nell’ambito del proprio fondamentale diritto all’autodeterminazione e sempre in vista dell’attuazione del superiore interesse del minore a una crescita sana ed equilibrata. Conseguentemente, ove il genitore non adempia al proprio dovere la sua condotta omissiva non risulta coercibile ai sensi dell’art. 614-bis c.p.c. e neppure ai sensi dell’art. 709-ter c.p.c.
Inoltre, secondo la Corte, “monetizzare” tale diritto-dovere di un genitore nei confronti dei figli significherebbe non solo ledere il superiore interesse dei minori ma, addirittura, banalizzare un dovere essenziale dei genitori nei loro confronti, come è quello della frequentazione. Dovere che trova la sua fonte primaria nell’articolo 30 della Costituzione italiana: “è diritto e dovere dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio”.
Nel caso di specie, il comportamento imputato al (omissis), di scarsa frequentazione del figlio minore, non appare sanzionabile ex art. 709 ter c.p.c.; considerata la non coercibilità di tale diritto-dovere per come sopra esposto. Ad ogni buon conto si osserva che dall’indagine espletata dai servizi sociali non si rilevano nel comportamento del (omissis) apprezzabili inadempimenti rispetto alla disciplina dell’affidamento condiviso. Infatti, emerge come dal momento della separazione i figli abbiano mantenuto “rapporti stabili con il papà” (cfr. relazione servizi sociali depositata il 22.06.2020); mentre il bisogno manifestato di stare maggior tempo con il padre (cfr. relazione dei Servizi Sociali, in cui si riporta che i figli “hanno raccontato del rapporto con il papà e di come avrebbero voluto, da parte di questi, una maggiore attenzione, un po’ più di presenza ed anche di stima”) non è necessariamente una conseguenza di inadempienze da parte del genitore non collocatario, ma può essere determinato dai diversi tempi di permanenza stabiliti presso ciascuno dei genitori. La suddetta relazione del Servizio Sociale dà atto della esigenza manifestata dal figlio minore di stare maggior tempo con il padre, il quale, comunque, non ha mai dichiarato di volersi sottrarre all’esercizio della responsabilità genitoriale e alla frequentazione del figlio, avendo piuttosto chiesto di ampliare i relativi tempi di visita.
Quanto invece alle ulteriori condotte addebitate al (omissis) da parte della (omissis) ed emerse dal narrato dei figli della coppia all’assistente sociale, il Collegio ritiene che non si configurino quelle gravi inadempienze che arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto esercizio delle modalità di affidamento, contemplate dall’art. 709 ter c.p.c., tenuto peraltro conto dello stato di forte conflittualità delle parti e delle reciproche rimostranze sulle questioni economiche. Dunque, pure a volere ammettere che tali condotte del (omissis) si siano riverberate sul rapporto padre- figlio, appare che non abbiano raggiunto quella gravità tale da poter permettere l’adozione di alcuna sanzione ai sensi della norma citata. Sicché tale domanda va integralmente rigettata.
Tenuto conto dell’esito del procedimento, che configura una reciproca soccombenza, sussistono i presupposti per procedere all’integrale compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale di Barcellona P.G., sezione civile, uditi il PM e le parti, disattesa ogni contraria istanza difesa ed eccezione, definitivamente pronunciando, così provvede:
1. dà atto che con sentenza n. 1033/2020 è stata dichiarata la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto in Milazzo, in data 18/09/1999, da (omissis) e (omissis);
2. dichiara il difetto di legittimazione attiva di (omissis), costituita nella qualità di genitrice esercente la responsabilità genitoriale sul figlio minore (omissis);
3. rigetta la richiesta di assegno divorzile avanzata da (omissis);
4. affida ad entrambi i genitori il figlio minore, (omissis), con collocamento prevalente presso il domicilio di (omissis), e regola i tempi di frequentazione tra padre e figlio secondo quanto esplicitato in parte motiva;
5. assegna la casa coniugale a (omissis);
6. pone a carico di (omissis) l’obbligo di versamento in favore di (omissis), a titolo di contributo per il mantenimento dei figli, (omissis) e (omissis), della somma mensile di Euro.900,00, con rivalutazione annuale ex indici Istat entro il giorno 5 di ogni mese;
7. dispone che entrambi i genitori concorrano al pagamento delle spese straordinarie che si renderanno necessarie per l’interesse dei figli nella misura indicata in parte motiva;
8. rigetta la domanda avanzata da (omissis) di condanna ai sensi dell’art. 709 ter c.p.c., nei confronti di (omissis);
9. rigetta le ulteriori domande ed eccezioni avanzate da (omissis);
10. compensa le spese del giudizio.
Così deciso in Barcellona Pozzo Di Gotto nella camera di consiglio del 23 dicembre 2022.
Depositata in Cancelleria il 28 dicembre 2022.
