(omissis)
ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO
1. Con atto di citazione ritualmente notificato, gli attori ((omissis)(omissis) e (omissis) convenivano in giudizio dinanzi all’odierno Tribunale il sig. (omissis) e la (omissis) al fine di ottenere il risarcimento dei “danni patrimoniali e non patrimoniali, subiti e subendi, secondo i criteri indicati nella parte narrativa dell’atto introduttivo ovvero nella diversa somma, maggiore o minore, accertata in corso di causa”.
A sostegno della domanda gli attori esponevano:
– che il 24 gennaio 2017, (omissis) all’epoca pensionato, dopo aver condotto al pascolo il suo piccolo gregge (composto da una trentina di esemplari), si apprestava a fare rientro nella stalla di sua proprietà sita alle porte del centro abitato di (omissis) dei (omissis);
– che, nell’occasione, il sig. (omissis) indossava un giubbotto di color grigio chiaro, con bande ad alta visibilità e catarifrangenti di colore giallo, orizzontali sul petto e sul dorso e verticali sulle maniche; – che il (omissis) si trovava ad attraversare la strada conosciuta come “(omissis) Variante”, una strada ancora non nominata sita nel Comune di (omissis) dei (omissis) la quale si snoda da strada 44 del (omissis) correndo parallelamente ad est della (omissis)
– che dopo aver fatto attraversare il piccolo gregge (da ovest ad est) e dopo aver oltrepassato la ideale linea di mezzeria, in prossimità dell’intersezione con una strada (anch’essa) non nominata (che congiunge la (omissis) con la (omissis), sopraggiungeva, a velocità sostenuta, il veicolo (omissis) targato (omissis) condotto da di (omissis)
– che la vettura condotta dal convenuto (omissis) proveniente da (omissis) 44, malgrado la visibilità ottima, non si arrestava minimamente all’intersezione, né rallentava, finendo con il travolgere l’attore sbalzandolo ad alcuni metri di distanza dal punto d’impatto;
– che il conducente della (omissis) malgrado la visibilità fosse buona, pur approssimandosi ad una intersezione stradale (distante appena 15/20 metri dal luogo dell’attraversamento) e pur percorrendo un lungo rettilineo di una strada molto larga, non si avvedeva minimamente né del gregge e tantomeno del pastore;
– che il conducente della (omissis) non teneva la destra e viaggiava al centro della strada, tanto è vero che, come già osservato sopra, il (omissis) aveva già fatto attraversare il gregge e si apprestava anch’egli, dopo aver superato la linea di mezzeria, a seguire gli animali lungo una stradina sterrata che conduce alla propria stalla;
– che il sig. (omissis) è un pensionato, vive anch’egli a (omissis) ed era conosciuto da (omissis) e dai suoi familiari, i quali deducevano che (omissis) soffriva e soffre di gravi deficit visivi;
– che a seguito del violentissimo urto, il (omissis) (colpito nella parte sinistra del corpo) veniva sbalzato di alcuni metri dinanzi alla (omissis) rimanendo esanime, proprio al centro della carreggiata,
steso sul fianco destro e con il viso rivolto verso il margine sinistro (rispetto al senso di marcia dell’autovettura) della carreggiata;
– che la sig.ra (omissis) sopraggiunta nell’immediatezza dell’accaduto aveva rilasciato una dichiarazione scritta sui fatti accaduti; – che, prima dell’arrivo della (omissis) (omissis) il sig. (omissis) era già sceso dal veicolo e, resosi subito conto della gravità della situazione, aveva chiesto l’intervento del 118 chiamando dal proprio cellulare;
– che malgrado il grave incidente e malgrado le lesioni gravissime riportate da (omissis) nessuno degli astanti aveva chiesto l’intervento delle (omissis) ((omissis) e/o (omissis);
– che a seguito del sinistro e a causa delle gravissime lesioni riportate, il (omissis) veniva trasportato a mezzo ambulanza presso il P.S. del Presidio Ospedaliero di (omissis) – che giunto presso il P.S., i sanitari formulavano la diagnosi iniziale di: “Trauma cranico non commotivo. Frattura della V, VII costa sinistra. Frattura della clavicola sinistra. Pneumotorace sinistro. Frattura malleolo tibiale sinistro, frattura falange ungueale I dito piede sinistro” con prognosi di giorni 30, cui seguiva il ricovero presso il (omissis) di (omissis) del medesimo (omissis)
– che (omissis) veniva costretto ad una lunga degenza ospedaliera (dal 24 gennaio al 24 marzo) durante la quale veniva sottoposto a numerosi interventi chirurgici, esami, cure mediche e fisioterapiche, per essere poi trasferito presso la (omissis) di (omissis) con la seguente diagnosi: “(omissis) con ematoma subdurale, fratture costali multiple, frattura clavicola sinistra, frattura di tibia sinistra sottoposta a intervento di osteosintesi, pneumotorace sinistro e versamento pleurico sinistro, infezione dal (omissis) sindrome ipocinetica”;
– che presso la (omissis) (struttura specializzata in trattamenti riabilitativi) il paziente rimaneva fino all’8 maggio 2017, data in cui veniva dimesso con la diagnosi principale di “(omissis) sinistra”.
– che la lettera di dimissioni descriveva un grave “(omissis) di politrauma con ematoma sub durale – fratture costali multiple, frattura clavicola (omissis) frattura tibia (omissis) sottoposta ad osteosintesi, pregresso pneumotorace (omissis) e s. ipocinetica con attuale presenza di emiparesi (omissis), impossibilità alla stazione eretta e alla deambulazione…”;
– che il giorno delle dimissioni dalla (omissis) (08.05.2017) veniva attivato il (omissis) di (omissis) e (omissis) non ospedaliere;
– che negli anni seguenti e fino a giorno della morte, intervenuta in corso di causa e, segnatamente, il 25 dicembre del 2021, (omissis) veniva sottoposto a continue cure mediche e fisioterapiche senza, tuttavia, un miglioramento significativo delle condizioni di salute;
– che al momento della domanda, (omissis) era costretto a letto, mostrava evidentissime difficoltà durante l’eloquio, con tonalità della voce incomprensibile, scarsamente orientato nel tempo e nello spazio, indossava pannoloni e presentava un grave rallentamento ideo motorio associato ad un severo deterioramento cognitivo;
– che le lesioni riportate dal (omissis) avevano compromesso definitivamente la facoltà di deambulare dell’attore;
– che dal giorno dell’incidente, inoltre, gli stretti congiunti di (omissis) (l’anziana moglie ed i tre figli) avevano radicalmente cambiato le proprie abitudini di vita ed erano costretti a prestare assistenza continua al loro prossimo congiunto, non potendo lasciare da solo quest’ultimo neppure per un istante;
– che (omissis) prima dell’incidente, era persona molto attiva e perfettamente autosufficiente, sempre disponibile, marito attento e padre premuroso;
– che il medico legale, (omissis) aveva certificato come la gravità delle lesioni riportate in occasione dell’incidente, da subito drammatiche, ebbero a porre in grave pericolo di vita il (omissis) interessando diversi organi, distretti ed apparati – primo fra tutti l’encefalo – ed avevano determinato un gravissimo quadro menomativo;
– che il prof. (omissis) aveva accertato come “.. le condizioni generali post traumatiche…” avessero determinato una “condizione di precario equilibrio con successivo scompenso multi organo, in particolar modo dell’encefalo, dalla quale ebbe poi a scaturire quella seriazione causale, che divenne vieppiù ingravescente sino alle attuali condizioni psico – fisiche in cui versa il periziando a quella condizione di allettamento che lo rendono totalmente invalido”;
– che il Consulente di parte aveva stimato una invalidità permanente nella misura del 100 % ed aveva altresì stimato in giorni 168 il periodo di incapacità temporanea assoluta definendo “oramai la condizione stabilizzata e non più suscettibile di miglioramento” prognosticando inoltre una condizione ormai irreversibile del quadro di salute del (omissis) – che con lettera inviata a mezzo pec in data 11 aprile 2017, era stato richiesto il risarcimento dei danni alla (omissis) – che in data (omissis), sempre a mezzo pec, veniva richiesto alla (omissis) assicuratrice di provvedere alla nomina di un fiduciario medico al fine di valutare l’entità dei danni subiti dal (omissis)
– che la (omissis) aveva incaricato la dottoressa (omissis) come fiduciario medico la quale aveva eseguito la visita presso il domicilio di (omissis) figlia di (omissis) ove quest’ultimo si era nel frattempo trasferito, unitamente alla moglie (omissis) non potendo più stare presso la sua abitazione, avendo necessità di cure e assistenze continue da parte dei familiari;
– che in data (omissis), la (omissis) assicuratrice (omissis) spa comunicava di non poter procedere ad alcuna offerta con la seguente e sintetica motivazione: “la responsabilità del sinistro è totalmente addebitabile alla condotta del sig. (omissis) che in ora notturna, senza indossare alcun indumento che lo rendesse visibile, attraversava la strada da destra verso sinistra in violazione delle norme sulla circolazione stradale”;
– che in data (omissis), gli attori inoltravano alla (omissis) assicuratrice l’invito ad aderire alla negoziazione assistita;
2. Si costituiva in giudizio la (omissis) S.p.A. che, in via principale, domandava l’accertamento della responsabilità esclusiva di (omissis) nella determinazione del sinistro e, per l’effetto, chiedeva il rigetto delle domande attoree. In subordine, l'(omissis) chiedeva l’attribuzione di un congruo concorso di colpa a carico del pedone chiedendo inoltre una riduzione del risarcimento a causa delle preesistenti patologie della vittima.
La compagnia assicuratrice eccepiva che (omissis) “in ore notturne e privo di idoneo abbigliamento rifrangente, attraversava inopinatamente la (omissis) denominata (omissis) da destra verso sinistra portando a mano una bicicletta, senza tenere conto che si tratta di una sede viaria priva di illuminazione e di segnaletica stradale”.
L'(omissis) produceva inoltre la dichiarazione sottoscritta dal proprio assicurato, il quale, in sede di denuncia di sinistro, aveva affermato: “Non mi è stato possibile evitare l’impatto, malgrado la ridotta velocità, a causa della ridotta distanza di avvistamento del pedone e a causa delle condizioni della strada priva di illuminazione e di segnaletica. Infatti, malgrado il mio tentativo di frenata e a causa del manto stradale reso scivoloso dall’umidità e dalla neve in scioglimento, non riuscivo ad evitare l’incidente”. Infine, la convenuta chiedeva di respingere la domanda formulata dai prossimi congiunti, iure proprio, volta ad ottenere il risarcimento dei danni per grave lesione del rapporto parentale, sul presupposto che nel nostro ordinamento non v’è spazio per il risarcimento dei danni morali da parte dei congiunti di persona macrolesa.
3. All’udienza di prima comparizione, il Giudice dell’epoca, dott. (omissis) dichiarava la contumacia del convenuto (omissis) e, su richiesta delle parti, assegnava i termini ex art. 183 comma 6 c.p.c., cui le parti provvedevano.
4. All’udienza del 16.06.2020, svoltasi con modalità cartolare, il nuovo Giudice istruttore. designato, dott.ssa (omissis) riservava ordinanza sulla richiesta di provvisionale e sull’ammissione dei mezzi istruttori.
5. Con ordinanza del 23/07/2020 il Tribunale respingeva la richiesta di concessione della provvisionale ritenendo, allo stato, insussistenti i presupposti per l’accoglimento viste le contestazioni sollevate dalla (omissis) assicuratrice in ordine all’an che non consentivano, rebus sic stantibus, di ravvisare quei gravi elementi di responsabilità richiesti dalla legge per provvedere in ordine alla provvisionale. Il Tribunale ammetteva comunque la prova orale (per interpello e per testi) richiesta dagli attori, limitatamente ai capitoli indicati nel citato provvedimento, reputando inammissibili gli altri capitoli in quanto relativi a circostanze non contestate o irrilevanti ai fini della decisione, riservandosi di provvedere sulla CTU medico-legale all’esito dell’espletamento delle prove orali. Nella ridetta ordinanza il Giudice allora titolare del ruolo, dott.ssa (omissis) delegava tutta l’istruttoria orale assunzione dell’interpello delle parti e escussione testi al (omissis) dott.ssa (omissis).
6. (omissis) l’istruttoria venivano sentiti i testimoni di parte attrice.
7. Il convenuto (omissis) rimaneva contumace e non si presentava all’udienza del 12.11.2020 per rendere l’interrogatorio formale senza fornire giustificazione in merito all’assenza.
8. All’esito della fase istruttoria orale, il Tribunale riservava ordinanza sulla richiesta di (omissis).
9. Nelle more della pronuncia dell’ordinanza, il giorno di natale del 2021, (omissis) decedeva.
10. Con provvedimento del 23 gennaio 2022 il Tribunale scioglieva l’ordinanza e nominava CTU la dott.ssa (omissis) fissando per il giuramento l’udienza del 31.01.2022.
11. Con comparsa depositata il 27 gennaio 2022, (omissis) (coniuge convivente del (omissis) e i tre figli (omissis) (omissis) e (omissis) già costituiti nel presente giudizio per aver chiesto (iure proprio) i danni non patrimoniali, subiti e subendi, derivanti dalle gravissime lesioni riportate dal prossimo congiunto, avendo interesse a proseguire il giudizio anche per conto di quest’ultimo, dichiaravano la morte di (omissis) e, in qualità di eredi, intervenivano volontariamente nel giudizio, rassegnando le seguenti e definitive conclusioni: “(omissis) il Tribunale adito, contrariis reiectis, previa dichiarazione di ammissibilità del presente intervento volontario, in accoglimento dei motivi esposti nell’atto introduttivo del giudizio accertare e dichiarare che l’evento per cui è causa è imputabile a fatto, colpa e responsabilità esclusiva del sig. (omissis) e, per l’effetto, condannare la (omissis) in persona del legale rappresentante pro tempore, ed il convenuto (omissis) (conducente e proprietario del mezzo) al risarcimento, in favore degli attori, di tutti i danni (patrimoniali e non) subiti e subendi secondo i criteri di valutazione indicati nella parte narrativa del presente atto e comunque nelle somme, maggiori e minori, che risulteranno accertate e dovute in corso di causa anche a mezzo di nominanda CTU medico legale di cui sin d’ora s’invoca richiesta e/o in quella che sarà liquidata equitativamente dal Giudice adito (art. 1226 c.c.); oltre interessi e rivalutazione monetaria come per legge dalla data del dovuto e fino a quella dell’effettivo soddisfo. Il tutto con vittoria delle spese e competenze di lite, con rimborso delle spese generali 15%, IVA e CPA come per legge, da liquidarsi in favore dell’Avv. (omissis) procuratore antistatario ex art. 93 c.p.c.”.
12. All’udienza del 31.01.2022, il CTU prestava giuramento e il Giudice formulava il seguente quesito: “(omissis) il (omissis) sulla base della documentazione in atti, natura ed entità delle lesioni subite dall’attore (omissis) in conseguenza del sinistro per cui è causa, determini il grado di ITT e (omissis) valuti la congruità delle spese sanitarie sostenute, dica altresì se sussista nesso di causalità tra il detto sinistro e la morte del (omissis)”. Le parti nominavano i rispettivi (omissis)
13. Il CTU depositava l’elaborato definitivo senza alcuna osservazione delle parti.
14. Dopo numerosi rinvii e dopo varie istanze finalizzate ad ottenere l’anticipazione e la fissazione dell’udienza di p.c., motivate dalla grave situazione economica familiare delle parti, la causa veniva assegnata per la decisione, con provvedimento del Presidente f.f. dott.ssa (omissis) del 14.10.2023 (in atti), all’odierno magistrato che, all’udienza del 12.12.2023 la tratteneva in decisione concedendo alle parti i termini ex art. 190 c.p.c., ridotti a 30 gg per il solo deposito delle comparse conclusionali e di giorni 20 per le memorie di replica, dando atto della precisazione delle conclusioni ad opera delle parti, come sopra riportate.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I. In merito alla responsabilità.
1. Con il presente giudizio gli attori, nelle rispettive qualità, chiedono il risarcimento dei danni (patrimoniali e non), iure proprio e iure hereditatis, per le gravissime lesioni personali subite da (omissis) in conseguenza del sinistro avvenuto il (omissis), lesioni che hanno dapprima provocato un lunghissimo periodo di sofferenze della vittima, protrattesi per ben 5 anni (accompagnate da invalidità pressoché totale), e poi la morte, sopraggiunta nel corso del giudizio (25.12.2021). La morte, inoltre, come accertato dal CTU è eziologicamente riconducibile alle lesioni subite da (omissis) il (omissis) allorquando venne investito dal convenuto (omissis) La domanda è fondata e meritevole di accoglimento sia pur nei limiti appresso indicati.
2. Deve innanzitutto ritenersi pienamente provata la responsabilità esclusiva del conducente (omissis) nella determinazione dell’evento.
Nessuna responsabilità, al contrario, può essere ascritta a (omissis).
3. Il luogo in cui si è verificato l’investimento si trova all’ingresso del centro abitato di (omissis) dei (omissis) La strada, non nominata (cd. (omissis), di larghezza ampiamente superiore a 10 mt, per chi proviene da (omissis) costituisce uno degli ingressi principali del predetto comune marsicano. Il punto preciso dove si è verificato il sinistro, inoltre, è posto a pochissimi metri da una intersezione. Qui insiste un piccolo agglomerato urbano, formato da alcune private abitazioni e capannoni agricoli (uno dei quali, adibito a stalla, di proprietà della vittima) ed è in questo preciso punto, evidenziato con il colore rosso nelle planimetrie prodotte dalla difesa degli attori (docc. 15 – 16), che (omissis) venne investito dalla vettura (omissis) targata (omissis) condotta dal convenuto (omissis)
4. Il pedone, come dedotto nell’atto introduttivo e come provato nel corso dell’istruttoria, il 24 gennaio del 2017, dopo aver condotto al pascolo un piccolo gregge di pecore, composto da una trentina di esemplari si apprestava a fare rientro nella stalla di sua proprietà e, mentre attraversava la cd. (omissis) portando a mano una bicicletta, veniva investito dalla vettura condotta dal (omissis) proveniente da (omissis). Rispetto alla direzione di marcia dell’autovettura il pedone attraversava l’arteria stradale da destra verso sinistra. (omissis) avveniva al centro della strada fra la parte anteriore del veicolo ed il fianco sinistro del pedone, in prossimità della linea di mezzeria, allorquando il pedone aveva già attraversato la semicarreggiata percorsa dal (omissis) ed era quindi in procinto di attraversare l’altra semicarreggiata. A seguito dell’urto, (omissis) veniva sbalzato in avanti di alcuni metri e cadeva a terra. Le gravissime lesioni riportate nella caduta ne provocavano uno stato di completa invalidità e poi il decesso che, come già riferito sopra, interveniva dopo un lunghissimo periodo di sofferenze protrattesi dal giorno dell’incidente fino al giorno di natale del 2021.
5. La fattispecie in esame è regolata dall’art. 2054 comma 1 c.c. la quale prevede che il conducente di veicolo senza la guida di rotaie è obbligato a risarcire il danno, se non prova di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno. (omissis) il consolidato indirizzo della Suprema Corte “in caso di investimento pedonale, il conducente del veicolo investitore può vincere la presunzione di colpa posta a suo carico dall’art. 2054, comma 1, c.c., dimostrando che non vi era alcuna possibilità di prevenire ed evitare l’evento; a tal fine, non è sufficiente l’accertamento del comportamento colposo del pedone, ma è necessario che si dia prova non solo che il predetto abbia tenuto una condotta anormale e ragionevolmente non prevedibile, ma anche che il conducente abbia adottato tutte le cautele esigibili in relazione alle circostanze del caso concreto, pure sotto il profilo della velocità di guida mantenuta” (cfr. Cass. Ord. n. 9856 del 28/03/2022).
Il significato della presunzione imposta dal legislatore dell’art. 2054 c.c., comma 1, include sia un elemento negativo, ovvero il non avere violato il conducente le specifiche regole normative e quelle della diligenza, prudenza e perizia, sia un elemento positivo, ovvero l’essersi il conducente attivato per “fare il possibile”, cioè anche manovre di emergenza, in rapporto alla concreta situazione. Logicamente, dalla coesistenza, accanto all’elemento negativo in termini di violazioni di regole, di un obbligo positivo di porre in essere una condotta diretta a infrangere il nesso causale, deriva che, anche nell’ipotesi in cui il danneggiato abbia condotto un comportamento colposo, quest’ultimo non è sufficiente ad espungere l’esclusiva responsabilità del conducente gravato dalla presunzione ex art. 2054 c.c., comma 1, al quale rimane ancora l’onere di dimostrare di aver adottato tutte le cautele esigibili nella situazione concreta in cui veniva a trovarsi, e ciò pure in rapporto alla prevedibilità della condotta del soggetto danneggiato (Cass. civ. (omissis)/2017). Soltanto ove risulti provato che il pedone abbia tenuto un comportamento del tutto anormale ed imprevedibile, che abbia posto il conducente nell’oggettiva impossibilità di avvistarlo e di osservarne tempestivamente i movimenti o comunque di attuare una qualche manovra di emergenza idonea ad evitare il sinistro, potrà, invece, escludersi una responsabilità di quest’ultimo per la causazione del sinistro, in conformità con la ratio della richiamata disposizione (cfr. Cass. civ. n. 25027/2019).
6. Il convenuto (omissis) ai sensi dell’art. 2054/1 del c.c., non ha fornito alcuna prova liberatoria di aver fatto tutto il possibile per evitare l’urto.
7. Pur in assenza di testimoni oculari è stato possibile ricostruire l’esatta dinamica dell’incidente attraverso la testimonianza di (omissis) giunta pochissimi istanti dopo l’investimento e alla “confessione scritta” (denuncia di sinistro) proveniente dal convenuto e prodotta in giudizio proprio dalla (omissis) assicuratrice.
Analizzando il contenuto delle anzidette dichiarazioni nonché il teatro dell’accaduto (rappresentato dalle numerose immagini prodotte dalla difesa degli attori), è possibile affermare, senza ombra di dubbio, che il pedone non ha violato alcuna norma sulla precedenza. Anzi, e a rigore, avendo percorso diversi metri della strada, dopo aver fatto attraversare un piccolo gregge di pecore, composto da una trentina di esemplari, si può indubbiamente giungere alla conclusione che il (omissis) costituiva un ostacolo ben visibile e quindi evitabile dal conducente.
8. La prima regola violata dal conducente dell’autovettura è l’art. 141/2 del C.d.S. che impone ai conducenti di veicoli di evitare qualsiasi ostacolo visibile.
La teste (omissis) che percorreva la strada nella stessa direzione di marcia del veicolo condotto dal convenuto, sopraggiunta nell’immediatezza dell’investimento, all’udienza del 12.11.2020 ha affermato di aver visto “già ad una distanza di circa 200 mt, una vettura ferma al centro della strada”. Questa circostanza prova di per sé sola che l’ostacolo (un pedone che portava una bicicletta a mano) era ben visibile e quindi evitabile. La sig.ra (omissis) inoltre, ha dichiarato che al momento del suo arrivo sul luogo dell’accaduto: “la visibilità era buona…” ed ha aggiunto che il (omissis) “giaceva a terra, al centro della strada, steso sul fianco destro e con il volto rivolto verso il bordo della carreggiata di marcia sinistra”. Infine, la teste ha dichiarato che “dal punto in cui si trovava il corpo a terra del (omissis) all’incrocio vi erano 10-15 mt” aggiungendo che “la vettura si trovava al centro della strada” (“la vettura del (omissis) era al centro della strada ma sia a destra che a sinistra potevano viaggiare le autovetture perché la strada è ampissima”). Il pedone, pertanto, portando a mano la sua bicicletta, dopo aver fatto attraversare un piccolo gregge di pecore, aveva anche lui già attraversato gran parte della strada ed era ormai giunto in prossimità della linea di mezzeria, apprestandosi ormai a completare l’attraversamento dell’altra semicarreggiata.
E ancora, dalla documentazione fotografica dello stato dei luoghi, prodotta dalla difesa degli attori, risulta che il tratto di strada ove è avvenuto l’incidente è privo di attraversamenti pedonali, negligenza quest’ultima imputabile all’amministrazione comunale e non certo al pedone.
Pertanto il pedone non ha di fatto violato alcuna regola sulla precedenza ed ha anzi dimostrato, nonostante la presunzione iuris tantum posta dall’art. 2054, comma 1 c.c., la esclusiva responsabilità del conducente dell’autovettura, che ha invece violato l’art. 141/2 del C.d.S.
9. Quanto, infine, all’invocato concorso colposo del danneggiato nella causazione del sinistro -che diversamente dall’ipotesi di scontro tra vetture (art. 2054, comma 2, cod. civ.) non è affatto presunto – va osservato innanzitutto che i convenuti non hanno offerto alcuna prova. Lo stesso conducente, conducente, (omissis) ha addirittura confessato, per iscritto, di non aver avvistato per tempo il (omissis) il quale stava attraversando l’incrocio in prossimità del segnale di stop. La dichiarazione del convenuto, che viene qui di seguito riportata fedelmente, costituisce ulteriore fonte di convincimento della responsabilità esclusiva del conducente, perché prova una serie di ulteriori e vistose violazioni del C.d.S commesse dal (omissis) “(omissis) di giungere all’intersezione… investivo un uomo… quest’ultimo …. stava facendo transitare il gregge di pecore … da un lato all’altro della strada. Non mi è stato possibile evitare l’impatto, malgrado la ridotta velocità, a causa della ridotta distanza di avvistamento del pedone e a causa delle condizioni della strada priva di illuminazione e priva di segnaletica. Infatti, malgrado il mio tentativo di frenata e a causa del manto stradale reso scivoloso dall’umidità e dalla neve in scioglimento, non riuscivo ad evitare l’incidente”. (omissis) dichiarazione (avente valore confessorio), unitamente alla dichiarazione resa dalla teste (omissis) conferma la violazione dell’art. 141/2 C.d.S. e rende evidente la violazione di altre regole di condotta come verrà di seguito spiegato.
Come correttamente rilevato dalla difesa degli attori, la condotta colposa del convenuto (omissis) – che non ha scorto su un rettilineo così ampio, in prossimità di una intersezione, un gregge di pecore prima e poi il pastore che vi era al seguito – può spiegarsi solo con una grave disattenzione, essendo l’ostacolo certamente visibile.
Né vale obiettare che il disperato tentativo di frenata su una strada che, per stessa ammissione del convenuto, presentava un manto stradale scivoloso possa valere come prova liberatoria. (omissis) l’art. 140 C.d.S., infatti, gli utenti della strada devono comportarsi in modo da non costituire pericolo o intralcio per la circolazione stradale ed in modo che sia in ogni caso salvaguardata la sicurezza stradale L’ utente della strada, infatti, ha l’obbligo non solo di regolare la propria condotta in modo che essa non costituisca pericolo per la sicurezza delle persone e delle cose, ma deve anche preoccuparsi delle prevedibili irregolarità di comportamento degli altri, che possano determinare situazioni di pericolo ed adeguarvi conseguentemente la propria condotta.
Difatti è proprio la norma che, nel dettare la condotta da mantenere in determinate situazioni in cui è insito un precipuo carattere di pericolosità, formula il giudizio di prevedibilità ed evitabilità. Il conducente ha l’obbligo di ispezionare la strada costantemente (art. 141 C.d.S.), ha l’obbligo di mantenere sempre il controllo del veicolo e, infine, ha l’obbligo di prevedere tutte le situazioni di pericolo che la comune esperienza comprende.
10. Il convenuto (omissis) inoltre, ha violato l’art. 143, comma 1, del (omissis) il quale recita che “I veicoli devono circolare sulla parte destra della carreggiata e in prossimità del margine destro della medesima, anche quando la strada è libera”.
Questa violazione è provata dalla testimonianza resa da (omissis) che ha dichiarato: “la vettura del (omissis) era al centro della strada e sia a destra che a sinistra potevano viaggiare le autovetture perché la strada è ampissima”.
11. Infine, il conducente ha violato l’art. 191, comma 2, del CDS il quale stabilisce che “(omissis) strade sprovviste di attraversamenti pedonali i conducenti devono consentire al pedone, che abbia già iniziato l’attraversamento impegnando la carreggiata, di raggiungere il lato opposto in condizioni di sicurezza”. (omissis) è stato investito al centro della larghissima strada ed aveva quindi già iniziato l’attraversamento e impegnato la carreggiata di marcia percorsa dal (omissis) quest’ultimo, pertanto, aveva l’obbligo di consentire al pedone di raggiungere il lato opposto.
Questo Tribunale, pertanto, ritiene, nella specie, che il conducente dell’autoveicolo ha violato gli articoli 140, 141, commi 1 e 2, e 143 C.d.S.
12. Diversamente, nessun elemento probatorio acquisito al giudizio consente di formulare giudizi di negatività e/o di concorso a carico della vittima. Per escludere la colpa del conducente, occorreva, quindi, affermare (e provare) la colpa esclusiva del pedone, dovuta ad una condotta imprevedibile ed inattesa, che nella fattispecie, non si è concretizzata.
13. Il sinistro è avvenuto di giorno, in condizioni meteorologiche di sereno, su un tratto di strada rettilineo e con una visibilità buona. Né risulta, e neppure è stato provato dai convenuti, che il (omissis) pur avendo iniziato l’attraversamento in strada priva di passaggio pedonale, non fosse visibile dai veicoli in transito sulla carreggiata per la presenza di ostacoli che impedivano parzialmente la visuale, oppure che il pedone avesse attraversato di corsa o repentinamente la strada o altre simili condotte tali da costituire effettivamente un ostacolo improvviso e imprevedibile, quindi non evitabile.
14. La Suprema Corte di Cassazione, in più occasioni, ha avuto modo di affermare, che il conducente di veicolo a motore è onerato da una presunzione iuris tantum di colpa, e ove il giudice si trovi a dover valutare e quantificare l’esistenza di un concorso di colpa tra la condotta del conducente e quella del pedone investito deve: a) muovere dall’assunto che la colpa del conducente sia presunta e pari al 100 per cento; b) accertare in concreto la colpa del pedone; c) ridurre progressivamente la percentuale di colpa presunta a carico del conducente via via che emergono circostanze idonee a dimostrare la colpa in concreto del pedone (Cass. sez. 6-3, 28/01/2019, n. 2241 Cass., sez. 3, 04/04/2017, n. 8663; Cass., sez. 3, 18/11/2014, n. 24472; Cass., sez. 3, 19/02/2014, n. 3964).
15. La giurisprudenza ha elaborato come ulteriore criterio generale, che deve ispirare rigorosamente la condotta degli utenti della strada, il dovere per ciascun utente di adeguare la propria condotta alle prevedibili condotte imprudente altrui: Cass., sez. IV, 23 aprile 1996, n. 4257, Lado) “(omissis) le norme sulla circolazione stradale impongono severi doveri di prudenza e diligenza proprio per fare fronte a situazioni di pericolo, anche quando siano determinate da altrui comportamenti irresponsabili, la fiducia di un conducente nel fatto che altri si attengano alle prescrizioni del legislatore, se mal riposta, costituisce di per sé condotta negligente. (Nella fattispecie, la ricorrente aveva dedotto che, giunta con l’auto in prossimità dell’incrocio a velocità moderata e, comunque, nei limiti della norma e della segnaletica, aveva confidato che l’autista del mezzo che sopraggiungeva arrestasse la sua corsa in ossequio all’obbligo di concedere la precedenza); v. anche Cass., sent. (omissis), 8 novembre 1990-17 gennaio 1991, sez. 4, Bertolotti “In tema di lesioni o omicidio colposi commessi con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, è compreso nell’obbligo di tenere un comportamento prudente ed accorto da parte del conducente di un autoveicolo, quello di prevedere le imprudenze altrui ragionevolmente prevedibili, e tale deve considerarsi l’inosservanza dell’obbligo di dare la precedenza da parte di chi da una strada secondaria s’immette su strada privilegiata, pur dopo essersi temporaneamente fermato sulla linea di stop”.
16. Tanto consente di affermare con certezza che se il convenuto (omissis) avesse tenuto rigorosamente la destra, avesse mantenuto il controllo del mezzo, avesse tenuto un’andatura prudente, avesse azionato tempestivamente i freni alla vista del pedone – il quale aveva ormai fatto transitare il gregge e che, conducendo a mano una bicicletta, si trovava al centro della strada – con ciò ottemperando agli obblighi imposti dalle norme più sopra richiamate, avrebbe avuto tutto il tempo per fermarsi per evitare l’impatto, tanto più in considerazione del fatto che, per stessa ammissione del convenuto, l’asfalto era scivoloso “a causa dell’umidità e della neve in scioglimento”, circostanza questa che imponeva una condotta di guida ancor più prudente.
17. Un cenno a parte merita la (tardiva e vibrata) difesa della (omissis) assicuratrice che, nella comparsa conclusionale, ha introdotto un nuovo tema di indagine, invocando l’applicazione dell’art. 184 C.d.S.. Sebbene trattasi di eccezione tardiva, la norma invocata induce a sondare anche tale aspetto che si risolve, comunque, in senso sfavorevole alla tesi della stessa (omissis).
Trattasi innanzitutto di questione del tutto nuova, per di più prospettata dalla convenuta solo in sede di conclusionale. Come correttamente evidenziato dalla difesa degli attori, tale eccezione neppure potrebbe essere scrutinata da questo giudice, non tanto perché la convenuta ha invocato l’applicazione di una norma di legge (art. 184 C.d.S.), quanto piuttosto perché l’anzidetta disposizione contiene una serie di regole che disciplinano fattispecie completamente diverse tra loro e quei fatti non sono mai stati prima dedotti dalla difesa della convenuta (omissis) Quest’ultima, pertanto, ha surrettiziamente introdotto fatti mai dedotti prima e, segnatamente, che la sede viaria fosse sprovvista di segnalazione relativa al pericolo circa il possibile attraversamento degli animali. La difesa degli attori, in sede di comparsa conclusionale di replica, ha denunciato la violazione del diritto di difesa perché trattandosi di questione del tutto nuova e non rilevabile d’ufficio, essa non può formare oggetto di valutazione da parte del Giudice, perché su tale questione gli attori non hanno potuto contraddire.
La convenuta, infatti, come già rilevato, si è limitata a riprodurre la disposizione di cui all’art. 184 CDS senza nemmeno ipotizzare quale delle sette differenti fattispecie che la norma disciplina sia attinente al caso di specie, minando così, altrettanto evidentemente, il diritto di difesa degli attori costretti in sede di repliche (190) a congetturare quale fosse la fattispecie concretamente violata.
18. Per completezza espositiva si può comunque affermare che, al di là della fondata denuncia di violazione del contraddittorio, (omissis) non ha violato alcuna delle differenti fattispecie previste dall’art. 184 C.d.S.. Non ha minimamente violato la regola di condotta imposta dal comma 1 dell’anzidetta disposizione, trattandosi di fattispecie completamente estranea a quella per cui è causa (la condotta degli animali da tiro).
Ad analoga conclusione si perviene laddove si supponga la violazione del comma 2, fattispecie completamente estranea al thema decidendum perché il gregge non ha creato alcun intralcio al traffico essendo la vittima dell’investimento un pedone e non il gregge.
Similmente, nemmeno la fattispecie regolata dal comma 3 appare attinente al thema decidendum. Questa regola, infatti, si rivolge ai “conducenti di animali da tiro” o ai conducenti “degli animali indomiti” che circolano su strade “con poca o assente illuminazione”. E qualora siffatta regola di condotta dovesse, per ipotesi, estendersi anche a coloro che circolano conducendo greggi o altre moltitudini di animali (ma così non è perché le regole di condotta imposte a questi ultimi sono regolate nei successivi commi 5 e 7), la disposizione non è stata violata poiché al momento dell’investimento “la visibilità era buona” (come riferito dalla teste (omissis) e il sinistro non si è verificato in un orario “con poca o assente illuminazione”. In ogni caso, l’eventuale violazione non ha avuto alcun nesso causale con l’investimento del (omissis) perché non è stato investito il gregge ma il pedone.
Anche il comma 4 dell’art. 184 CDS descrive un fatto diverso da quello sottoposto al vaglio dell’adito Tribunale.
Infine, nemmeno il comma 5 dell’art 184 è stato violato (“gli armenti, le greggi e qualsiasi altre moltitudini di animali quando circolano su strada devono essere condotte da un guardiano fino al numero di 50 (omissis)”). Questa regola è stata osservata dal (omissis) perché, come dedotto nell’atto introduttivo e come confessato perfino dallo stesso convenuto (omissis) il gregge era composto da una trentina di esemplari.
Da ultimo, verificando la condotta dell’attore con riferimento al comma 7 (“Le moltitudini di animali di cui al comma 5 non possono sostare sulle strade e, di notte, devono essere precedute da un guardiano e seguite da un altro: ambedue devono tenere acceso un dispositivo di segnalazione che proietti luce arancione in tutte le direzioni”), appare evidente che l’eccezione non coglie nel segno. Infatti, la teste (…) ha riferito che al momento dell’investimento la visibilità era buona, che la giornata era serena e che l’investimento è avvenuto in orario ancora diurno.
Concludendo sul punto, la tardiva eccezione appare comunque infondata, in fatto ed in diritto.
19. Ciò posto sotto il profilo dell’an, risultando dimostrato il nesso causale tra il sinistro occorso all’attore e le lesioni personali riportate dallo stesso, occorre ora analizzare le voci di danno concretamente risarcibili a favore degli attori.
II. Sulla domanda svolta dagli attori iure successionis.
1. Giova in primo luogo evidenziare che (omissis) ha intrapreso il presente giudizio quando era ancora in vita, domandando il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali (subiti e subendi) per le gravissime lesioni subite in conseguenza del fatto illecito: lesioni che lo avevano reso completamente invalido (al 100 %). Alla sua morte, intervenuta in corso di causa, gli eredi (la coniuge ed i tre figli), che avevano anch’essi agito unitamente al prossimo congiunto per ottenere il risarcimento dei danni non patrimoniali subiti iure proprio (cd. danni riflessi), hanno proseguito il giudizio, intervenendovi volontariamente, per ottenere il risarcimento del danno, iure hereditatis, patito dal proprio congiunto quando era in vita.
2. Occorre, pertanto, esaminare la domanda attorea tenendo presenti gli insegnamenti della Suprema Corte. In primo luogo, il danno non patrimoniale è una categoria unitaria e, in secondo luogo, come ancora di recente sottolineato dalla Suprema Corte, “Nel caso di lesione della salute, costituisce … duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione del danno biologico – inteso, secondo la stessa definizione legislativa, come danno che esplica incidenza sulla vita quotidiana del soggetto e sulle sue attività dinamico relazionali – e del danno cd. esistenziale, appartenendo tali c.d. “categorie” o “voci” di danno alla stessa area protetta dalla norma costituzionale (l’art. 32 Cost.).
Non costituisce duplicazione risarcitoria, di converso, la differente ed autonoma valutazione compiuta con riferimento alla sofferenza interiore patita dal soggetto in conseguenza della lesione del suo diritto alla salute, come stabilito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 235 del 2014, punto 10.1 e ss. (ove si legge che la norma di cui all’art. 139 cod. ass. “non è chiusa anche al risarcimento del danno morale”), e come oggi normativamente confermato dalla nuova formulazione dell’art. 138, lett. e), cod. ass., introdotta – con valenza evidentemente interpretativa – dalla legge di stabilità del 2016″ (cfr. Cass. n. 24473/20).
3. Ora, gli attori, proseguendo il giudizio intrapreso dal prossimo congiunto, hanno innanzitutto chiesto iure successionis il risarcimento dei danni non patrimoniali patiti dal proprio familiare in relazione ai fatti per cui è causa: in particolare hanno allegato (e ampiamente provato) la lesione dell’ integrità psico-fisica del sig. (omissis) il quale ha vissuto in condizioni di menomata integrità psicofisica per un periodo di quasi 5 anni (dal momento dell’evento e sino alla morte), nel corso dei quali il (omissis) ebbe a maturare in sé la percezione della gravità delle proprie condizioni cliniche concretizzatasi sia nella sofferenza fisica, sia nella sofferenza psicologica derivante dall’avvertita imminenza dell'”exitus”.
4. Gli attori hanno inoltre prospettato che, ai fini della liquidazione, l’importo liquidabile dal Giudice deve essere ancorato, stante la peculiarità del caso (cd. danno catastrofale), da un lato, per quanto concerne il danno biologico terminale, alle tabelle relative all’invalidità temporanea operando una necessaria personalizzazione e , dall’altro, per quanto concerne il danno morale, ad un criterio equitativo puro o comunque ai criteri di calcolo elaborati dalle tabelle milanesi o romane, propendendo per queste ultime in quanto garantirebbero non solo un’adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l’uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi. Infine, in più passaggi delle articolate difese, gli attori hanno più volte ribadito ed evidenziato l’eccezionalità del caso sottoposto all’attenzione di questo Tribunale.
5. Gli attori hanno altresì allegato “la violazione degli altri diritti costituzionalmente garantiti”, dovendo il risarcimento comprendere anche il cd. danno esistenziale; hanno ampiamente descritto la sofferenza soggettiva patita, ovvero il pregiudizio di ordine morale patito dal (omissis) e quindi “il danno da lucida agonia” con riferimento al dolore provato da (omissis) che, a dire degli attori, nel corso degli ultimi cinque anni della sua vita, era perfettamente in grado di percepire lucidamente e consapevolmente l’avvicinarsi della fine. A tal riguardo si osserva che tutti i testimoni escussi in corso di causa hanno confermato che (omissis) era perfettamente consapevole del proprio stato di salute. Circa la lucida consapevolezza del (omissis) si richiamano le dichiarazioni rese all’udienza del 7 dicembre 2020 dall’ex# della (omissis) di (omissis) dei (omissis) ten. (omissis) il quale ha riferito che “(omissis) in tutte le visite appariva lucido e consapevole della propria disabilità totale, tanto che lo stesso si imbarazzava e cercava di giustificarsi”. Tale circostanza, è stata confermata altresì da (omissis) amico da sempre della vittima (cfr udienza del 10.06.2021), da (omissis)”…l’ultima volta quando mi ha visto gli uscivano le lacrime…” (udienza 12.03.2021), da (omissis) vicina di casa (cfr. udienza del 10.06.2021) nonché dal medico di famiglia, dr. (omissis) il quale, all’udienza del 18.03.2021, ha riferito “(omissis) stato medico di famiglia del signor (omissis) per oltre 40 anni e lo conosco come una persona molto laboriosa ed anche moralmente corretta; prima dell’incidente era autonomo ed abile al 100% mentre dopo l’incidente completamente inabile. (omissis) dell’incidente aveva solo qualche problema legato all’età, pressione, artrosi, dolori alla schiena; attualmente sta male sia dal punto di vista fisico in quanto allettato e bisognoso di cure domiciliari, sia dal punto di vista psicologico in quanto soffre di depressione”.
6. Risulta pertanto allegato e provato in modo espresso e inequivoco, come (omissis) vesse certamente percepito il senso della propria condizione, della propria sofferenza, del proprio stato di totale invalidità, al punto da aver sviluppato perfino una sindrome depressiva, nonché una grave sofferenza interiore, un dolore dell’animo, un senso addirittura di vergogna (“si imbarazzava, cercava di giustificarsi” così riferisce il tenente (omissis).
7. Tutte queste prove valgono ad attestare l’inevitabile percezione di sofferenza da parte del (omissis) con la conseguenza che, di detta ammessa sofferenza soggettiva percepita, il giudice di merito non può non tener conto nella liquidazione del danno subito dal de cuius e trasmesso, iure haereditario, agli odierni attori, in conformità al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, ai sensi del quale, “in caso di decesso non immediato della vittima di un illecito, al danno biologico terminale, consistente in un danno da invalidità temporanea totale (sempre presente e che si protrae dalla data dell’evento lesivo fino a quella del decesso), può sommarsi una componente di sofferenza psichica (danno catastrofale), sicché, mentre nel primo caso la liquidazione può essere effettuata sulla base delle tabelle relative all’invalidità temporanea, nel secondo la natura peculiare del danno rende necessaria una liquidazione affidata ad un criterio equitativo puro che tenga conto dell’enormità della sofferenza psichica, giacché tale danno, ancorché temporaneo, è massimo nella sua entità ed intensità e la durata della consapevolezza della vittima non rileva ai fini della sua oggettiva configurabilità, ma soltanto sul piano della quantificazione del risarcimento secondo criteri di proporzionalità e di equità” (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 16592 del 20/06/2019, Rv. 654294 – 01)
8. Ebbene, venendo a prendere in esame le plurime voci di danno allegate dagli attori e a ricondurle necessariamente ad unitarietà (per le ragioni che a breve si esporranno), un primo elemento da tenere presente è il seguente: nel caso di specie secondo le conclusioni cui è pervenuto il CTU (in parte non condivisibili per le ragioni che appresso saranno evidenziate) il fatto illecito avrebbe determinato a carico del danneggiato postumi permanenti (nella misura dell’85%), stabilizzatisi dopo 185 giorni, che ne provocarono poi la morte dopo quasi cinque anni.
9. Il CTU ha quindi affermato che la morte, sopraggiunta in corso di causa (il (omissis)), sarebbe eziologicamente riconducibile alle lesioni riportate il 24 gennaio 2017 “(omissis) rapporto causale tra il decesso del sig. (omissis) avvenuto in data (omissis), e il sinistro stradale del 24 gennaio 2017 le cui lesioni furono “trauma cranico-encefalico con focolai contusivi emorragici intraparenchimali, ematoma subdurale in cerebropatia vascolare cronica; trauma chiuso del torace con fratture costali multiple bilaterali (dalla (omissis) alla (omissis) costa a (omissis) e dalla (omissis) alla (omissis) costa a (omissis) e pneumotorace (omissis), versamento pleurico e atelectasia polmonare bilaterale; frattura del terzo prossimale della clavicola (omissis); frattura meta epifisaria prossimale della tibia (omissis) con estensione al piatto tibiale; frattura del terzo prossimale del perone (omissis) e frattura malleolo tibiale omolaterale; frattura della falange unueale del 1 dito del pied (omissis)… La riconducibilità del decesso alle lesioni posttraumatiche si ricava dalla documentazione sanitaria presente in atti: l’evento finale (obitus del (omissis) fu conseguenza delle gravi lesioni traumatiche riportate nel sinistro che comportarono una severa sindrome ipocinetica e l’allettamento del soggetto come si evince dallo stato invalidante validato dall'(omissis) di (omissis) in data 9 giugno 2017 in cui è scritto “condizioni marcatamente scadute, al momento della visita il paziente è allettato, con marcato rallentamento ideomotorio, disartrico, solo parzialmente orientato, deambulazione possibile solo se sostenuto” La condizione di allettamento del (omissis) fu rilevata anche dal medico fiduciario della (omissis) nella visita domiciliare del 04.10.2017 (“condizioni generali scadute, diffusa ipomiotrofia da sindrome ipocinetica, soggetto allettato…””.
10. E qui si evidenzia la contraddizione (l’unica in verità) nella quale è incorso il (omissis) avendo questi affermato come le lesioni subite il (omissis) hanno comportato una invalidità permanente (intesa come danno biologico) in misura dell’85 % nonché una invalidità temporanea totale di (omissis) 185 giorni, perché quelle lesioni si sarebbero stabilizzate, aggiungendo che tuttavia la morte sarebbe dipesa da quelle lesioni.
11. Le conclusioni appena riportate, tuttavia, non (omissis)
12. (omissis), come più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità, se la morte trova causa nelle lesioni, l’unico danno biologico risarcibile è quello correlato dall’inabilità temporanea, in quanto per definizione non è in questo caso concepibile un danno biologico da invalidità permanente. Ed infatti, secondo i principi medico-legali, a qualsiasi lesione dell’integrità psicofisica consegue sempre un periodo di invalidità temporanea, alla quale può conseguire talora un’invalidità permanente. Per l’esattezza l’invalidità permanente si considera insorta allorché, dopo che la malattia ha compiuto il suo decorso, l’individuo non sia riuscito a riacquistare la sua completa validità.
Pertanto, il consolidarsi di postumi permanenti può mancare in due casi: o quando, cessata la malattia, questa risulti guarita senza reliquati; ovvero quando la malattia si risolva con esito letale. La nozione medico-legale di “invalidità permanente” presuppone, dunque, che la malattia sia cessata, e che l’organismo abbia riacquistato il suo equilibrio, magari alterato, ma stabile. Si intende, pertanto, come nell’ipotesi di morte causata dalla lesione, non sia configurabile alcuna invalidità permanente in senso medico-legale: la malattia, infatti, non si risolve con esiti permanenti, ma determina la morte dell’individuo. Ne consegue che quando la morte è causata dalle lesioni, dopo un apprezzabile lasso di tempo, il danneggiato acquisisce (e quindi trasferisce agli eredi) soltanto il diritto al risarcimento del danno biologico da inabilità temporanea e per il tempo di permanenza in vita.
13. Resta inteso che nella quantificazione del danno biologico da inabilità temporanea assoluta subito dalla vittima nel lungo intervallo di tempo tra la lesione del bene salute e la morte conseguente a tali lesioni, debbano tenersi presenti le caratteristiche peculiari di questo pregiudizio, costituite dal fatto che si tratta di un danno alla salute che, se pure è temporaneo, è massimo nella sua entità ed intensità.
Di tanta sofferenza, prolungatasi per un lustro, questo giudice non può evitare di tener conto, contrariamente a quanto prospettato dalla convenuta (omissis) sia se applica il criterio di liquidazione equitativa, cosiddetto “puro”, sia se applicano i criteri di liquidazione tabellare o a punto, poiché, come ha più volte ribadito la giurisprudenza di legittimità, l’utilizzo di detti ultimi sistemi liquidatori, fondati sempre sul potere di liquidazione equitativa del giudice, deve necessariamente passare attraverso la cosiddetta “personalizzazione” degli stessi, costituita dall’adeguamento al caso concreto (Cassazione 5134/98; 11532/98; 9835/96; 5005/96; 4236/97).
La peculiarità del “danno biologico” subito da (omissis) è che esso è stato di tale entità ed intensità da condurlo a morte non in un limitato o pure apprezzabile lasso di tempo ma dopo un periodo lunghissimo ed in uno stato di completo allettamento, accompagnato da indicibili sofferenze fisiche e psichiche. (omissis) era consapevole del proprio stato (di totale invalidità) ed ha dovuto trascorrere gli ultimi 5 anni della sua vita chiuso nelle mura domestiche, bisognoso di attenzioni e cure quotidiane che lo hanno gettato in uno stato di sconforto e depressione.
Ovviamente ciò non significa che attraverso l’utilizzo di un criterio equitativo puro si vuole dare ingresso ad un danno che non è previsto dall'(omissis) (i.e. il danno tanatologico) perché l’evento morte, nel caso di specie, non rileva di per sé ai fini del risarcimento, per tutti i motivi sopra esposti, dovendo venire in rilievo esclusivamente due fattori: l’entità della perdita subita (per effetto della lesione al bene salute) ed il tempo di durata di detta perdita.
Orbene, mentre il fattore tempo è circoscritto necessariamente al periodo tra l’evento lesivo e la morte successiva conseguente, per cui se esso è pari o prossimo allo zero, finisce per azzerare il risultato finale risarcitorio, il fattore della lesione del bene salute va valutato nella sua espressione massima, per entità ed intensità, avendo essa avuto come esito la morte.
È di tutta evidenza che la “perdita della vita” deve restare fuori dal danno biologico, poiché il danno alla salute presuppone pur sempre un soggetto in vita, ma è altrettanto evidente che nessun danno alla salute è più grave, per entità ed intensità, di quello che, trovando causa nelle lesioni che esitano nella morte, temporalmente la precede.
In questa ipotesi, infatti, il danno alla salute raggiunge quantitativamente la misura del 100%, come nel caso dell’inabilità temporanea assoluta, cui consegue la guarigione, ovvero una stabilizzazione dei postumi, sia pure nella stessa entità, in quanto sotto il profilo dell’entità, il limite massimo ovviamente non può essere superiore alla misura del 100%. Ciò che fa la differenza è che il danno (biologico e morale) terminale è più intenso perché l’aggressione subita dalla salute dell’individuo incide anche sulla possibilità di essa di recuperare (in tutto o in parte) le funzionalità perdute o quanto meno di stabilizzarsi sulla perdita funzionale già subita.
In altri termini nel danno biologico terminale anche questa capacità recuperatoria o, quanto meno stabilizzatrice, della salute risulta irreversibilmente compromessa. La salute danneggiata non solo non recupera (cioè non “migliora”) né si stabilizza, ma degrada verso la morte: quest’ultimo evento rimane fuori dal danno alla salute, per i motivi sopra detti, ma non la “discesa” verso di esso, poiché durante detto periodo il soggetto leso era ancora in vita.
Anche se si utilizza la nozione giuridica (e non medico-legale) di danno alla salute, che non si limita a postulare in via logica la vita futura, ma si manifesta ed esiste solo all’interno di quella vita, immersa in essa in termini di minore qualità esistenziale, anche la perdita di quest’ultima estrema attitudine della salute rende più intenso quel minus esistenziale che accompagna la residua vita della vittima, anche se è chiaro che detto danno cessi con il decesso.
14. La tesi prospettata dalla (omissis) secondo cui la liquidazione del danno biologico (omissis) andrebbe eseguita mediante la mera applicazione dei valori liquidatori tabellari a punti per ogni giorno di invalidità temporanea, non è assolutamente condivisibile perché, da un lato, comporta la violazione del principio anzidetto in tema di necessaria “personalizzazione” dei criteri di valutazione del danno, che devono essere conformati alla peculiarità del caso concreto (e nella fattispecie in esame la peculiarità consiste nel fatto che la lesione alla salute non solo è stata massima, ma anche così intensa e così duratura da essere esitata nella morte dopo 5 anni), e dall’altro finisce per porsi in contrasto logico-argomentativo, con quanto ormai pacificamente ammesso in sede di liquidazione del danno non patrimoniale.
15. Questo Tribunale non può quindi evitare di tener conto delle singolarità del caso giudicato, dovendo effettuare la necessaria “personalizzazione” del criterio detto al caso concreto ed apportando, se del caso gli eventuali consequenziali correttivi in aumento o in diminuzione.
Pertanto, condividendo le conclusioni del CTU (non contestate da alcuno dei (omissis) di parte), laddove si afferma che la morte è eziologicamente riconducibile alle gravissime lesioni riportate il (omissis), l’odierno giudicante reputa innanzitutto che il danno non patrimoniale subito dalla vittima (e trasmesso agli eredi) deve essere liquidato nella duplice componente di danno biologico, cioè di danno biologico da invalidità temporanea assoluta, e di danno morale consistente nella sofferenza patita dal danneggiato che per un lunghissimo periodo della sua esistenza (5 anni), lucidamente e coscientemente, ha assistito allo spegnersi della propria vita.
16. Dunque, sulla base delle considerazioni tutte che precedono, deve affermarsi che il (omissis) è deceduto a causa delle lesioni riportate nel corso dell’investimento, dovendosi ritenere vincolante l’accertamento in punto nesso causale compiuto dal CTU con valutazione “condivisa” da tutte le parti: il fatto illecito non ha pertanto determinato a carico del danneggiato postumi permanenti ormai stabilizzati, ma ne ha purtroppo cagionato la morte.
17. Veniamo ora alla liquidazione del cd. danno non patrimoniale terminale subito da (omissis) e da esso trasmesso agli eredi.
Richiamando i principi sopra esposti, la liquidazione equitativa del danno in questione si deve effettuare commisurando la componente del danno biologico all’indennizzo da invalidità temporanea assoluta e valutando altresì la componente morale del danno non patrimoniale mediante una personalizzazione che tenga conto dell’entità e dell’intensità delle conseguenze derivanti dalla lesione della salute in vista del prevedibile exitus (in tal senso, tra le altre, Cass. febbraio 2020 n. 5448; Cass. 28 giugno 2019 n. 17577; Cass. 8 luglio 2014 n. 15491). La relativa liquidazione può essere effettuata sulla base delle tabelle relative all’invalidità temporanea, considerando tuttavia anche la natura peculiare del pregiudizio (omissis) subito dalla vittima, secondo un criterio equitativo puro, che tenga conto della “enormità” del danno che, sebbene temporaneo, è massimo nella sua entità ed intensità, tanto da esitare nella morte (Cass. 20 giugno 2019 n. 16592 Cass. 31 ottobre 2014 n. 23183).
Nel caso che ci occupa e in primo luogo, il periodo di inabilità deve essere individuato in quello compreso tra il fatto illecito, e quindi dall’inizio della causa o della serie causale che ha condotto alla morte di (omissis) e il giorno del suo decesso, ovverosia dal 24.01.2017 (giorno dell’investimento) fino al 25.12.2021 per un totale di 1796 giorni. Inoltre, ai fini della liquidazione questo giudice non può ignorare il fatto che (omissis) oltre al danno biologico (omissis) ha patito anche un danno morale, consistente nell’aver conservato per tutti i cinque anni una capacità di intendere che lo ha reso consapevole del proprio stato di totale infermità, quest’ultimo deve essere oggetto di opportuno adeguamento affinché venga risarcito equitativamente e non in maniera simbolica o irrisoria. Dal 24 gennaio 2017, infatti, la vittima è rimasta totalmente invalida. (omissis) questo lunghissimo periodo, le cui conseguenze “catastrofali” sono state ampiamente allegate e provate, il (omissis) era consapevole del proprio stato di salute. Il medico di famiglia, dr. (omissis) all’udienza del 18.03.2021, ha riferito: “(omissis) stato medico di famiglia del signor (omissis) per oltre 40 anni e lo conosco come una persona molto laboriosa ed anche moralmente corretta; prima dell’incidente era autonomo ed abile al 100% mentre dopo l’incidente completamente inabile” ed ha aggiunto “prima dell’incidente aveva solo qualche problema legato all’età, pressione, artrosi, dolori alla schiena; attualmente sta male sia dal punto di vista fisico in quanto allettato e bisognoso di cure domiciliari, sia dal punto di vista psicologico in quanto soffre di depressione”.
19. Sulla scorta della documentazione depositata ed in esito a valutazione medico legale appare di indiscussa evidenza l’importante danno subito dall’attore in ragione delle incontestabili sofferenze della vittima protrattasi per ben cinque anni ovvero dalla data del sinistro alla morte (intervenuto il (omissis)) Tali sofferenze emergono dall’esame della documentazione depositata a corredo del giudizio nonché trovano riscontro nella frequenza dei ricoveri e nelle complicazioni maturatesi nel corso dell’evoluzione della patologia (cfr relazione di consulenza tecnica).
20. Sempre prendendo per corrette le conclusioni del CTU nella parte in cui quest’ultimo ha ritenuto che la morte sia conseguenza delle lesioni riportate in occasione dell’incidente, e non condividendo, invece, la conclusione, secondo cui l’invalidità temporanea assoluta sarebbe di 185 giorni e non di 1796 si procede a stimare il danno secondo il meccanismo di liquidazione dell’invalidità temporanea assoluta elaborato dalle tabelle milanesi operando una necessaria personalizzazione.
21. La Suprema Corte ha più volte ribadito (cfr.Cass. n. 23183/2014), che laddove la liquidazione del danno biologico terminale può essere effettuata sulla base delle tabelle relative all’invalidità temporanea, in relazione al danno morale terminale (cd. catastrofale) la natura peculiare del pregiudizio comporta la necessità di una liquidazione che si affidi ad un criterio equitativo puro, che tenga conto della “enormità'” del pregiudizio, giacché tale danno, sebbene temporaneo, è massimo nella sua entità ed intensità, tanto da esitare nella morte. Ed è esattamente a questi criteri che il Tribunale intende attenersi ai fini di una liquidazione effettivamente riparatrice e non meramente simbolica di tale voce di danno.
22. Le tabelle milanesi prevedono per ogni giorno di inabilità temporanea assoluta, l’importo di Euro 99,00. Tale valore deve essere adeguato al caso di specie in ragione della particolare gravità delle lesioni patite dal de cuius (che sin dal principio sono apparse infauste), con conseguente impatto psicologico fortemente negativo, dalla necessità di ripetuti interventi, dalle prolungate degenze ospedaliere, dai numerosi cicli di fisioterapie, dalla necessità di assistenza continua di un macroleso ridotto in stato di allettamento. Questa condizione di allettamento della vittima – la quale, prima dell’incidente, godeva di un perfetto stato di salute e che, come comprovato dalle numerose testimonianze, era attiva e dotata di straordinaria vitalità – notoriamente, implica rilevanti e negativi effetti collaterali per la qualità della vita.
23. Pertanto, tenuto conto delle condizioni in cui è vissuta la vittima negli ultimi 5 anni della sua vita, della consapevolezza che questi aveva circa il proprio stato di salute, della necessità di essere accudito quotidianamente da parte dei familiari e di avere necessità di continua assistenza domiciliare, dal fatto che la vittima è stata perfino costretta a cambiare residenza trasferendosi dalla propria abitazione presso quella messa a disposizione da una delle figlie e, quindi, del progressivo intensificarsi delle sofferenze psichiche provate dal sig. (omissis) nonché delle limitazioni allo svolgimento delle attività quotidiane e relazionali, si ritiene equo adeguare il valore giornaliero anzidetto in Euro 99,00 quintuplicandolo.
24. Nel caso di specie, dovendosi liquidare solo il danno da invalidità temporanea, la semplice applicazione dei criteri elaborati dalle tabelle (meneghine o romane) per liquidare il danno temporaneo non garantirebbe un giusto ristoro a fronte di un danno così enorme: il danno morale non verrebbe neppure risarcito poiché è notorio che le tabelle includono il danno morale soltanto nel punto percentuale di invalidità permanente e non prevedono la componente del danno morale nel valore giornaliero della invalidità temporanea.
25. Se si dovesse aderire alla tesi prospettata dalla convenuta (omissis) la quale ha proposto di liquidare il danno subito da (omissis) commisurandolo solo all’inabilità temporanea (individuata nei 185 giorni indicati dal (omissis), la liquidazione sarebbe di appena Euro 26.700,00. Questa somma sarebbe evidentemente irrisoria e, per certi versi, perfino mortificante. I cinque anni di indicibili sofferenze trascorsi dalla vittima (che prima dell’incidente era una persona dotata di straordinaria vitalità) verrebbero risarciti con una somma certamente inadeguata, inferiore addirittura a quella che viene corrisposta per una lesione micro permanente.
26. Applicando il criterio equitativo qui proposto, si perviene ad una somma complessiva di Euro 889.020,00 (1796 giorni (omissis) Euro 99,00 (omissis) 5). (omissis) somma, da ripartirsi tra i coeredi, in ragione delle rispettive quote, è destinata a risarcire l’intero danno non patrimoniale subito dal de cuius, poiché la relativa liquidazione è stata eseguita tenendo conto, da un lato, del carattere unitario del danno (sentenza n. 2719/2023 del 15/03/2023 RG n. 10438/2021) non patrimoniale ex art. 2059 c.c., dall’altro delle necessità di un integrale risarcimento di tale danno, tenendo conto di tutte le peculiari modalità di atteggiarsi dello stesso nel caso di specie, tramite l’incremento della somma dovuta a titolo risarcitorio in sede di personalizzazione della liquidazione, secondo i principi affermati dalla più recente giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass., SS.UU. n. 26972/2008, Cass. n. 24864/2010, Cass. n. 11950/2013, Cass. n. 21716/2013, Cass. n. 17577/2019).
Tale importo, essendo così liquidato secondo il valore attuale, non deve essere ulteriormente rivalutato; sullo stesso sono invece dovuti gli interessi sul capitale ricondotto al valore del mese di febbraio del 2017 – data in cui l’inizio della situazione di sofferenza è individuabile – (attraverso l’applicazione a ritroso degli indici (omissis) con riferimento al costo della vita) nella misura legale e calcolati sul predetto importo gradualmente rivalutato con periodicità annuale, a decorrere dalla predetta data fino a quella della pubblicazione della presente sentenza e, di seguito, fino al saldo.
28. Ad ogni buon conto va osservato che la liquidazione innanzi operata con l’importo di Euro 889.020,00 appare equa anche ipotizzando possibili soluzioni alternative.
29. Nella Relazione di aggiornamento delle (omissis) per la valutazione del danno biologico elaborata dal Tribunale di Roma (ed. 2023) “(omissis) H” (omissis) “(omissis) Catastrofale” (pag. 21) si legge: “86) Il più recente orientamento della Suprema Corte (Cassazione n. 26727 del 23/10/2018) peraltro definisce il danno terminale (nella componente biologica e morale) come quel danno che la vittima in condizione di “lucidità agonica” patisce, in caso di morte cagionata da un illecito, nel periodo di tempo interposto tra la lesione e la morte, ovvero il danno da percezione, concretizzabile sia nella sofferenza fisica derivante dalle lesioni, sia nella sofferenza psicologica (omissis) derivante dall’avvertita imminenza dell'”exitus”. 87) E’ chiaro che tale situazione implica che il danneggiato abbia modo di rendersi conto dell’aggravarsi della sua condizione e, sotto questo aspetto, anche in tal caso non si tratta di un danno che si accresce in modo costante per ogni giorno di agonia, ma si acquisisce al momento della constatazione della esistenza di un rischio di decesso, a causa del comportamento del soggetto responsabile, in relazione alla durata della sopravvivenza senza che si siano consolidati i postumi. 88) Resta inteso che, in caso di consolidamento dei postumi, si dovrà tener conto a) per un verso, del danno biologico e morale cagionato alla vittima e definitivamente acquisito al suo patrimonio ante mortem in ragione del detto consolidamento (risarcimento trasmissibile iure hereditatis) e b) per altro verso dei criteri elaborati per il danno da morte per altra causa (risarcimento iure proprio). 89 Nel caso di cui alla lettera a) si dovrà tener, altresì, conto della valutazione del danno morale ulteriore tra il consolidamento dei postumi e l’exitus con una personalizzazione che tenga conto della peggiore qualità della vita per effetto della consapevolezza del maggior rischio di decesso”.
30. Orbene, applicando i criteri indicati ai punti 88) e 89) della predetta (omissis) laddove si ipotizza il “consolidamento dei postumi” seguito poi dalla morte come conseguenza dell’illecito, e volendo aderire alle conclusioni del CTU che ha stimato il danno subito da (omissis) in misura dell’85% come danno biologico e in 185 giorni l’invalidità temporanea assoluta ed applicando i “criteri elaborati da morte per altra causa” richiamate dalle tabelle romane, il risarcimento del danno sarebbe compreso tra la somma di Euro 848.339,49 e quella di Euro 1.435.735,33 (Età del danneggiato alla data del sinistro 83 anni; (omissis) di invalidità permanente 85%; (omissis) danno biologico Euro 16.443,60, (omissis) base I.T.T. Euro 128,07, (omissis) di invalidità temporanea totale 185, (omissis) non patrimoniale risarcibile Euro 824.646,54 – Oscillazione di fascia (min 71,23% del danno biologico) Euro 1.412.042,27 – Oscillazione di fascia (max (omissis) 65,4% del danno biologico) Euro 1.363.965,38, Invalidità temporanea totale Euro 23.692,95 – Totale generale: Euro 848.339,49; Totale con oscillazione minima Euro 1.435.735,22; Totale con oscillazione massima Euro 1.387.658,33).
31. Analogamente, sempre dando per corretta la valutazione compiuta dal CTU (che afferma come i postumi si sarebbero stabilizzati dopo il 185° giorno residuando una ITP stimata nella misura dell’85% del danno biologico) e applicando le tabelle meneghine del danno da morte per altra causa, si giunge ad una liquidazione pressoché identica: il danno risarcibile sarebbe infatti compreso tra la somma di Euro 631.462,00 e quella di Euro 733.653,00 (Età del danneggiato alla data del sinistro 78 anni, (omissis) di invalidità permanente 85%, (omissis) danno biologico Euro 8.150,84, Incremento per sofferenza soggettiva + 50% (4.075,42) (omissis) danno non patrimoniale Euro 12.226,26, (omissis) base I.T.T. Euro 99,00, (omissis) di invalidità temporanea totale 185 (omissis) biologico risarcibile Euro 426.085,00 (omissis) non patrimoniale risarcibile Euro 639.128,00 con personalizzazione massima (max (omissis) 25% del danno biologico) Euro 745.649,00 Invalidità temporanea totale Euro 18.315,00 Totale danno biologico temporaneo Euro 18.315,00 Totale generale: Euro 657.443,00 Totale con personalizzazione massima Euro 763.964,00).
32. Concludendo sul punto, si ritiene pertanto equo liquidare il danno non patrimoniale subito da (omissis) e da questi trasmesso agli eredi nella complessiva somma di Euro 889.020,00 (1796 giorni (omissis) Euro 99,00 (omissis) 5) oltre interessi sul capitale ricondotto al valore del mese di febbraio del 2017 – data in cui l’inizio della situazione di sofferenza è individuabile – (attraverso l’applicazione a ritroso degli indici (omissis) con riferimento al costo della vita) nella misura legale e calcolati sul predetto importo gradualmente rivalutato con periodicità annuale, a decorrere dalla predetta data fino a quella della pubblicazione della presente sentenza e, di seguito, fino al saldo.
III. Il risarcimento dei danni in favore dei prossimi congiunti: il danno da perdita del rapporto parentale
1. Anche la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale per la perdita del rapporto parentale è fondata, in quanto la coniuge e i tre figli hanno diritto a vedersi riconosciuto il danno non patrimoniale per lesione del vincolo parentale, dal momento che la condotta illecita ha leso diritti della persona costituzionalmente qualificati fondati sugli artt. 2, 29, 30 della (omissis) con ciò nel rispetto dei principi relativi al riconoscimento del danno non patrimoniale, come configurati dalla Cass., Sez. Unite, 11.11.2008 n. 26972.
2. Con riguardo al danno da perdita parentale, deve premettersi che, secondo l’ormai costante ed univoca giurisprudenza di legittimità, esso costituisce un danno conseguenza, da allegare e provare, anche mediante presunzioni, nella sua duplice componente di sofferenza morale e negativa ripercussione sul piano dinamicorelazionale, quale sconvolgimento delle abitudini di vita del congiunto: “in tema di pregiudizio derivante da perdita o lesione del rapporto parentale, il giudice è tenuto a verificare, in base alle evidenze probatorie acquisite, se sussistano uno o entrambi i profili di cui si compone unitario danno non patrimoniale subito dal prossimo congiunto e, cioè, interiore sofferenza morale soggettiva e quella riflessa sul piano dinamico – relazionale, nonché ad apprezzare la gravità ed effettiva entità del danno in considerazione dei concreti rapporti col congiunto, anche ricorrendo elementi presuntivi fuori la maggiore o minore prossimità del legame parentale, la qualità dei legami affettivi (anche se al di fuori di una configurazione formale), la sopravvivenza di altri congiunti, la convivenza o meno col danneggiato, l’età delle parti ed ogni altra circostanza del caso” (cfr. ord. n. 907/2018). E ancora: “il danno non patrimoniale da uccisione di un congiunto, quale tipico danno – conseguenza, non coincide con la lesione dell’interesse (ovvero non è in “re ipsa”) e, pertanto, deve essere allegato e provato da chi chiede il relativo risarcimento, anche se, trattandosi di un pregiudizio proiettato nel futuro, è consentito il ricorso a valutazioni prognostiche e a presunzioni sulla base di elementi obiettivi che onere del danneggiato fornire, mentre la sua liquidazione avviene in base a valutazione equitativa che tenga conto dell’intensità del vincolo familiare, della situazione di convivenza e di ogni ulteriore circostanza utile, quali la consistenza più o meno ampie del nucleo familiare, l’abitudine di vita, l’entità della vittima e dei singoli superstiti ed ogni altra circostanza allegata” (cfr.Cass. civ. nn 28989/19 e 11200/2019).
3. Nel caso di specie, la moglie (omissis) ed i tre figli (non conviventi) di (omissis) hanno agito nelle rispettive qualità allegando e provando di avere avuto con il prossimo congiunto un rapporto quotidiano, che la loro famiglia era una famiglia per così dire di tipo tradizionale, che la frequentazione dei vari nuclei familiari era quotidiana (come anche provato dalla continua assistenza versata nel corso dei cinque anni antecedenti la morte di (omissis)), che le abitazioni di tutti i nuclei familiari coinvolti si trovano a poca distanza l’una dalle altre e, dunque, all’esito della prova orale svolta nel giudizio (cfr. le dichiarazioni dei testi escussi), in assenza di indici contrastanti, deve ritenersi presuntivamente provato il danno non patrimoniale anche in applicazione del disposto di cui all’art.2727 c.c. per cui tale voce di danno deve essere risarcita.
4. Quanto ai criteri per procedere alla liquidazione, questo Tribunale ritiene che le tabelle del Tribunale di Milano pubblicate nel giugno del 2022 costituiscono idoneo criterio per la liquidazione equitativa del danno da perdita del rapporto parentale, in quanto fondate su un sistema “a punto variabile” (il cui valore base è stato ricavato muovendo da quelli previsti dalla precedente formulazione “a forbice”) che prevede l’attribuzione dei punti in funzione dei cinque parametri corrispondenti: A) all’età della vittima primaria B) all’età della vittima secondaria, C) alla convivenza tra le stesse, D) alla sopravvivenza di altri congiunti E) alla qualità e intensità della specifica relazione affettiva perduta, ferma restando la possibilità, per il giudice di merito, di discostarsene procedendo a una valutazione equitativa “pura”, purché sorretta da adeguata motivazione. (Sez. 3, Ordinanza n. (omissis) del 16/12/2022).
5. Conseguentemente, alla luce dei richiamati principi, in considerazione dell’età della vittima (83 anni) e dei congiunti al momento della morte, lo stato di sostanziale convivenza con la vittima, la sofferenza patita nei cinque anni antecedenti la morte del congiunto e tenuto altresì conto della necessità di continua e quotidiana assistenza del familiare (macro leso) per tutto il periodo sopra evidenziato e, da ultimo, del mutamento delle abitudini di vita dell’intero nucleo familiare (si ricordi che gli anziani coniugi sono stati costretti a trasferirsi perfino dalla propria residenza) il risarcimento può liquidarsi come segue: a) in favore di (omissis) (coniuge convivente) la somma di Euro 222.090,00; la coniuge aveva 80 anni al momento del decesso di (omissis), ed era convivente. La vittima aveva 83 anni al momento del decesso; inoltre dal giorno del sinistro (24.01.2017) quest’ultima è stata costretta a trasferirsi dall’abitazione in cui risiedeva unitamente al coniuge per andare a vivere in un monolocale messo a disposizione da una delle figlie al fine di offrire una continua assistenza al coniuge per 5 lunghi anni. Nel nucleo familiare sono presenti altri familiari non conviventi (fino al 2° grado di parentela) e nessun altro convivente del congiunto ((omissis) del (omissis) Euro 3.365,00 – Punti in base all’età del congiunto 12 – (omissis) in base all’età della vittima 8 – (omissis) per la convivenza 16 – (omissis) in base alla intensità della relazione 30 – (omissis) per l’assenza di altri familiari conviventi 3 – (omissis) totali riconosciuti 66 – (omissis) Euro 3.365,00 (omissis) 66 = Euro 222.090,00.
Nella valorizzazione del parametro sub E), valutato nel massimo punteggio attribuibile, si è considerata la particolare penosità dell’evento che cagionò il decesso di (omissis) nonché l’intenso rapporto avuto con la moglie convivente che deve ritenersi provata, non solo sulla base di normali presunzioni accreditabili in tema di rapporto coniugale, ma anche alla luce delle concrete circostanze. (omissis) donna è stata costretta a mutare le proprie abitudini di vita, a trasferirsi dalla propria residenza e ad assistere quotidianamente il coniuge durante gli ultimi 5 anni della sua vita rinunciando al sostegno materiale, morale e affettivo del marito, ridotto in uno stato di completa immobilità. La moglie, pertanto, ha dovuto confrontarsi con un uomo che prima dell’incidente era attivo, completamente autonomo, dotato di vitalità straordinaria (a dispetto dell’età) e poi è stato privato della mobilità, e divenuto bisognoso di cure e assistenza costanti, ormai impossibilitato a fornire qualsiasi forma di apporto materiale alla famiglia e alla moglie. b) in favore di (omissis)# la somma di Euro 242.280,00.
La congiunta aveva 57 anni al momento del decesso di (omissis) (omissis), è figlia della vittima e non era convivente. Va tuttavia rilevato che nel corso degli ultimi 5 anni (dal 2017 al 2021), (omissis) a causa delle condizioni di salute del padre, ormai compromesse, ha ospitato entrambi i genitori in un piccolo appartamento posto nello stesso stabile ove ella risiede per consentire una maggiore presenza sua e degli altri familiari nel corso della giornata anche in ragione del fatto che l’abitazione della congiunta dista poche centinaia di metri da quelle degli altri due fratelli. La circostanza, allegata e provata in corso di causa, è dipesa dalla necessità di offrire una continua assistenza all’anziano genitore. A tal riguardo, si evidenzia che le tabelle milanesi prevedono la possibilità di attribuire un punteggio ulteriore o in caso di convivenza ovvero nell’ipotesi in cui il congiunto abiti nello stesso stabile o condominio, sul presupposto che la vicinanza del congiunto favorisca una maggiore frequentazione ovvero un rapporto più intenso. (omissis) nel caso di specie tutti i figli risiedono in un piccolo paese della (omissis) e dato che le abitazioni ove essi risiedono distano a poche centinaia di metri le une dalle altre, questo Tribunale ritiene di poter attribuire un punteggio ulteriore pari ad 8 (equivalente a quello previsto dalle tabelle milanesi per l’ipotesi in cui si abiti in un medesimo stabile non essendovi differenze).
La vittima aveva 83 anni al momento del decesso. Nel nucleo familiare sono presenti altri familiari conviventi e altri familiari non conviventi ((omissis) del (omissis) Euro 3.365,00 – (omissis) in base all’età del congiunto 18 – (omissis) in base all’età della vittima 8 – (omissis) per la “convivenza” 16 – (omissis) in base alla intensità della relazione 30 – (omissis) totali riconosciuti 42 – (omissis) Euro 3.365,00 (omissis) 42 = Euro 242.280,00) Nella valorizzazione del parametro sub E), valutato nel massimo punteggio attribuibile, si è considerata la particolare penosità dell’evento che cagionò il decesso di (omissis) nonché l’intenso rapporto avuto con i figli che deve ritenersi provato, non solo sulla base di normali presunzioni accreditabili in tema di rapporto genitoriale, ma anche alla luce delle concrete circostanze che hanno costretto la figlia a doversi prendere cura del padre (unitamente ai fratelli), mutando le proprie abitudini di vita finendo con il dover ospitare gli anziani genitori per 5 anni, ma soprattutto del fatto di aver dovuto prestare assistenza ad una persona macrolesa e bisognosa di cure e attenzioni in ogni momento della giornata. c) in favore di (omissis) la somma di Euro 242.280,00. (omissis) aveva 54 anni al momento del decesso del padre e non era con questi convivente. Va tuttavia rilevato che, come avvenuto per le sorelle, nel corso degli ultimi 5 anni di vita del padre (dal 2017 al 2021), a causa delle condizioni di salute di quest’ultimo, è stato costretto a prendersi cura del congiunto che, come più volte rilevato, era stato trasferito in un piccolo appartamento messo a disposizione della sorella e posto a poche centinaia di metri dalla propria abitazione. La circostanza, allegata e provata in corso di causa, è dipesa dalla necessità di offrire una continua assistenza all”anziano genitore. Anche in questo caso per le ragioni sopra esposte, il Tribunale ritiene di poter attribuire un punteggio ulteriore pari ad 8 (equivalente a quello previsto dalle tabelle milanesi per l’ipotesi in cui si abiti in un medesimo stabile non ravvisandosi sostanziali differenze). La vittima aveva 83 anni al momento del decesso. Nel nucleo familiare sono presenti altri familiari conviventi e altri familiari non conviventi ((omissis) del (omissis) Euro 3.365,00 – (omissis) in base all’età del congiunto 18 – (omissis) in base all’età della vittima 8 – (omissis) per la “convivenza” 16 – (omissis) in base alla intensità della relazione 30 – (omissis) totali riconosciuti 42 – (omissis) Euro 3.365,00 (omissis) 42 = Euro 242.280,00) Nella valorizzazione del parametro sub E), valutato nel massimo punteggio attribuibile, si è considerata la particolare penosità dell’evento che cagionò il decesso del sig. (omissis), nonché l’intenso rapporto avuto con i figli che deve ritenersi provato, non solo sulla base di normali presunzioni accreditabili in tema di rapporto genitoriale, ma anche alla luce delle concrete circostanze che hanno costretto la figlia a doversi prendere cura del padre (unitamente ai fratelli), mutando le proprie abitudini di vita in quanto costretto con le sorelle e la madre a prendersi cura del genitore durante 5 anni, ma soprattutto del fatto di aver dovuto prestare assistenza ad una persona macrolesa e bisognosa di cure e attenzioni in ogni momento della giornata. c) in favore di (omissis) (figlia non convivente) la somma di (omissis) 242.280,00. (omissis) aveva 59 anni al momento del decesso del padre e non era convivente.
Richiamando le considerazioni sopra svolte per la posizione del fratello (omissis) e della sorella (omissis) in ordine all’intensità del rapporto affettivo, alla vicinanza delle abitazioni, alle cure e all’assistenza continua prestata unitamente ai fratelli in favore dell’anziano padre per un lungo periodo e tenuto conto dei presumibili disagi e delle sofferenze subite il calcolo del danno è il seguente: (omissis) del (omissis) Euro 3.365,00 – (omissis) in base all’età del congiunto 18 – (omissis) in base all’età della vittima 8 – (omissis) per la “convivenza” 16 – (omissis) in base alla intensità della relazione 30 – (omissis) totali riconosciuti 42 – (omissis) Euro 3.365,00 (omissis) 42 = Euro 242.280,00) 6. Ai predetti importi devono essere aggiunti gli interessi legali decorrenti dal 25.12.2021 (data del decesso) fino al soddisfo da calcolare sulla somma mediamente devalutata alla stessa data. 7. Non si ritiene necessario applicare ulteriori correttivi (aumenti o riduzioni) per adeguare il risarcimento alla fattispecie concreta qui in esame, dovendo ritenersi che le somme liquidate tengono in debito conto il lungo periodo, si ripete, di 5 anni, durante il quale i tre figli e la moglie convivente si sono trovati costretti ad assistere quotidianamente il prossimo congiunto che, come più volte osservato, ha vissuto gli ultimi anni della propria esistenza in stato di completa invalidità. A tal riguardo viene in rilievo l’enorme pregiudizio che tutto il nucleo familiare è stato costretto a sopportare (vedasi, ad esempio, la necessità di mutare abitudini di vita, il forzato trasferimento del congiunto presso un’altra abitazione, messa a disposizione di una delle figlie, perché priva di barriere architettoniche e più consona allo stato di salute della vittima, bisognosa di assistenza e cure per 24 ore al giorno etc.)
IV. Sui danni patrimoniali
1. Quanto ai danni patrimoniali vanno innanzitutto riconosciute le spese mediche sostenute dagli attori ovvero quelle relative all’onorario del CTP di importo pari ad Euro 3.660,00.
Le spese sostenute per la consulenza tecnica di parte, la quale ha natura di allegazione difensiva tecnica, infatti, rientrano tra quelle che la parte vittoriosa ha diritto di vedersi rimborsate, a meno che il giudice non le ritenga eccessive o assolutamente superflue. 2. Vanno altresì riconosciute le altre spese mediche pari a complessivi Euro 3.741,00 (docc. dal n. 26 al n 31 del fascicolo di parte attrice). (omissis) complessivamente dovuto per le voci di danno sopra elencate ammonta a complessivi Euro 7.401,00. 3. E’ riconosciuto altresì il risarcimento del danno (omissis) subito per le spese stragiudiziali ivi incluse le spese di negoziazione assistita.
Le spese sostenute per l’assistenza stragiudiziale hanno natura di danno emergente, consistente nel costo sostenuto per l’attività svolta da un legale nella fase precontenziosa, con la conseguenza che il loro rimborso è soggetto ai normali oneri di domanda, allegazione e prova e che, anche se la liquidazione deve avvenire necessariamente secondo le tariffe forensi, esse hanno natura intrinsecamente differente rispetto alle spese processuali vere e proprie, pertanto, gli importi riconosciuti per il ristoro delle spese stragiudiziali non possono essere compensati con le somme liquidate, a diverso titolo, per le spese giudiziali relative alle successive prestazioni di patrocinio in giudizio (cfr. Cass. 24481/2020).
La relativa obbligazione risulta dimostrata dall’esperimento della negoziazione assistita da parte del legale da cui deriva la conseguente obbligazione di pagamento. La somma dovuta e accertata è pari complessivamente ad Euro 3.000,00, oltre interessi, da dividersi in parti uguali per ciascuna delle parti processuali del giudizio.
Orbene, nel caso di specie è del tutto evidente la prova della idoneità dell’attività difensiva, in base ad una valutazione ex ante, ad una stragiudiziale definizione della controversia.
Complessivamente il danno non patrimoniale ammonta ad Euro 10.401,00 (Euro 7.401,00 + 3.000,00).
V. Spese di lite.
Per le ragioni sopra esposte, le spese processuali seguono la soccombenza dei convenuti in solido tra loro e sono liquidate, con applicazione dei valori di cui al DM n.55/2014 come da dispositivo. Segnatamente, si reputano congrui i parametri compresi tra i medi ed i massimi previsti per i giudizi avanti al Tribunale senza alcun aumento per la presenza di più parti per un totale di Euro 45.000,00 per compenso (nello specifico fase di studio della controversia Euro 7.000,00 fase introduttiva Euro 4.000,00 fase istruttoria e/o di trattazione Euro 22.000 fase decisionale Euro.12.000,00), oltre al 15% per rimborso forfettario spese generali, CPA ed (omissis) se e come dovuti per legge.
VI. Spese di CTU Le spese di CTU devono essere poste definitivamente a carico dei convenuti in solido tra loro.
P.Q.M.
il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:
– accerta la responsabilità esclusiva di (omissis) quale conducente del veicolo (omissis) targato (omissis) nella causazione del sinistro di cui è causa e delle gravissime lesioni nonché del decesso di (omissis) e, per l’effetto, condanna i convenuti (omissis) e la (omissis) S.p.A., in solido tra loro e nelle rispettive qualità di conducente e proprietario del mezzo (omissis) targato (omissis) e di compagnia assicuratrice del veicolo, al risarcimento dei danni subiti dagli attori e quindi a pagare agli stessi le seguenti somme:
a) a (omissis) e (omissis) in qualità di eredi di (omissis) per il danno non patrimoniale, la somma complessiva di Euro 889.020,00 al valore attuale, oltre interessi sul capitale ricondotto al valore del mese di febbraio del 2017 nella misura legale e calcolati sul predetto importo gradualmente rivalutato con periodicità annuale, a decorrere dalla predetta data fino a quella della pubblicazione della presente sentenza e, di seguito, fino al saldo;
b) a (omissis) per il danno non patrimoniale subito iure proprio per la perdita del coniuge (omissis) la somma di Euro 222.090,00 oltre interessi legali decorrenti dal 25.12.2021 (data del decesso) fino al soddisfo da calcolare sulla somma mediamente devalutata alla stessa data;
c) a (omissis)#, per il danno subito iure proprio per la perdita del padre (omissis) la somma di Euro 242.280,00 oltre interessi legali decorrenti dal 25.12.2021 (data del decesso) fino al soddisfo da calcolare sulla somma mediamente devalutata alla stessa data;
d) a (omissis), per il danno subito iure proprio per la perdita del padre (omissis) la somma di Euro 242.280,00 oltre interessi legali decorrenti dal 25.12.2021 (data del decesso) fino al soddisfo da calcolare sulla somma mediamente devalutata alla stessa data;
e) a (omissis), per il danno subito iure proprio per la perdita del padre (omissis) la somma di Euro 242.280,00 oltre interessi legali decorrenti dal 25.12.2021 (data del decesso) fino al soddisfo da calcolare sulla somma mediamente devalutata alla stessa data;
– condanna i convenuti, in solido tra loro, a risarcire agli attori la somma di Euro 10.401,00 per i danni patrimoniali;
– condanna i convenuti, in solido tra loro, a rifondere agli attori le spese di lite liquidate in Euro. Euro 45.000,00 per compenso (di cui Euro 7.000,00 per fase di studio della controversia; Euro 4.000,00; per fase introduttiva Euro 22.000,00 per fase istruttoria e/o di trattazione e Euro 12.000,00 per fase decisionale), oltre al 15% per rimborso forfettario spese generali, CPA ed (omissis) se e come dovuti per legge;
– rigetta ogni altra domanda;
– pone definitivamente a carico dei convenuti in solido le spese di (omissis) come liquidate in corso di causa.
