• Home
  • >
  • Tribunale di Avellino sez. II, 03/08/2023, n. 1236

Tribunale di Avellino sez. II, 03/08/2023, n. 1236

Massima

In tema di estinzione anticipata del contratto di credito al consumo, la clausola che limita o esclude la restituzione delle commissioni al mutuatario è nulla per contrasto con la normativa europea e vessatoria ai sensi del Codice del Consumo.

Supporto alla lettura

ESTINZIONE ANTICIPATA FINANZIAMENTO

L’estinzione anticipata del finanziamento è il diritto concesso ai consumatori (indicato anche nel contratto bancario e nella documentazione che contiene tutte le informazioni in merito alle c.d. modalità di estinzione) di estinguere il debito con banche o agenzie di credito prima della scadenza del contratto. Sarà quindi necessario restituire il debito residuo del finanziamento, cioè la parte del debito non ancora coperto; un importo che viene calcolato tenendo conto dei tassi di interesse maturati fino a quel momento.

Per i prestiti personali e cessioni del quinto, l’estinzione anticipata può essere richiesta in qualsiasi momento (è libera da vincoli). Questa operazione è vantaggiosa se realizzata entro pochissimi anni dall’inizio del contratto.

Una volta deciso di estinguere in anticipo il finanziamento, è necessario richiedere alla banca il conteggio estintivo, cioè un documento bancario che tiene traccia dei versamenti effettuati fino a quel momento, e dell’importo residuo ancora da versare. A partire dal conteggio estintivo sarà possibile quindi conoscere l’importo residuo da rimborsare alla banca, in particolare, il calcolo dell’estinzione anticipata del finanziamento prevede che a quell’importo vengano detratti tutti i costi “recurring”:

  • spese di incasso rata;
  • costi di intermediazione;
  • quota assicurativa;
  • spese di gestione;
  • costi legati alla durata del prestito.

Con una sentenza della Corte di Giustizia Europea (c.d. sentenza Lexitor), si è aperto alla possibilità di un rimborso che include anche i costi “up front” del finanziamento, cioè i costi una tantum (es. spese di istruttoria e quelle di apertura pratica).

Trattandosi a tutti gli effetti di un recesso, è previsto il pagamento di una penale per l’estinzione anticipata:

  • mutui bancari: non è prevista una penale di recesso (Decreto Bersani 40/2007) per mutui sottoscritti da soggetti privati per l’acquisto o la ristrutturazione di un immobile;
  • credito al consumo: è prevista una penale che per legge (riforma del credito del 2013) non può superare l’1% del debito residuo se il contratto viene chiuso più di anno prima della scadenza del finanziamento, lo 0,5% se invece manca meno di 1 anno alla scadenza. In ogni caso va tenuto conto della penale nel conteggio estintivo.

Ambito oggettivo di applicazione

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione ritualmente notificato, la (omissis) S.p.A. proponeva appello avverso la sentenza n. (omissis), emessa, nell’ambito del procedimento n. (omissis) R.G, dal Giudice di Pace di Avellino in data 4.01.2021, pubblicata l’8.01.2021 e notificata l’11.01.2021. Con la predetta sentenza, il Giudice di Pace, in accoglimento della domanda proposta da (omissis) -previo annullamento della clausola contrattuale che escludeva il mutuatario da qualsiasi rimborso in caso di estinzione anticipata del finanziamento- aveva condannato il suindicato Istituto alla restituzione, in favore di quest’ultimo, della somma di Euro 3.220, 75 a titolo di rimborso di commissioni di attivazione e di intermediazione non dovute a seguito dell’estinzione anticipata del contratto di mutuo n. (omissis), stipulato dal (omissis) in data 1.08.2014 e rimborsabile mediante cessione “pro solvendo” di quote della retribuzione mensile, oltre interessi e spese processuali.

A sostegno dell’appello, deduceva, sostanzialmente, l’erroneità e contraddittorietà della sentenza di primo grado, nonché la carenza di motivazione della stessa, sia in riferimento all’eccezione di incompetenza per valore formulata in primo grado, che nel merito.

Chiedeva la totale riforma del provvedimento impugnato ed il rigetto della domanda formulata dall’appellato in primo grado, con vittoria delle spese del doppio grado di giudizio.

Instauratosi il contraddittorio, si costituiva ritualmente l’appellato (omissis), il quale insisteva per il rigetto dell’appello, in quanto inammissibile ed infondato. Con vittoria delle spese del grado, oltre accessori come per legge.

La causa veniva istruita documentalmente.

Indi, precisate le conclusioni, veniva trattenuta in decisione all’udienza del 20.06.2023. con l’assegnazione del termine di gg 20, per il deposito delle comparse conclusionali, e di ulteriori gg 20, per il deposito delle memorie di replica.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE
L’appello è infondato e va rigettato per i motivi che si passano ad illustrare.

L’appellante ha, preliminarmente, censurato la sentenza di primo grado nella parte in cui è stata disattesa l’eccezione di incompetenza per valore dell’adito Giudice di Pace, formulata nel giudizio di primo grado.

A sostegno della sua difesa, ha dedotto che, sebbene l’attore avesse contenuto la propria richiesta di condanna nei limiti della competenza per valore dell’adito Giudice di Pace, si sarebbe dovuto considerare che quest’ultimo aveva avanzato domande che richiedevano “un accertamento ricognitivo sull’intero contenuto del contratto in questione”, in ordine, cioè, ad una “operazione economica” di valore superiore ad Euro 5.000,00.

Dunque, il Giudice di Pace, in forza del disposto normativo di cui all’art. 10 c.p.c., avrebbe dovuto ritenere la propria incompetenza.

Tale censura è priva di pregio.

Invero, il valore della causa, ai fini della competenza, si determina sulla base della domanda proposta dall’attore e, nella fattispecie, appare evidente che l’unica domanda proposta dall’attore, odierno appellato, nel giudizio di primo grado, sia stata quella di restituzione, in suo favore, da parte della (omissis) S.p.A., dell’importo di Euro 3.220.75, quale quota non ancora maturata all’atto dell’estinzione del contratto di prestito personale con la stessa sottoscritto in data 1.08.2014, rimborsabile mediante cessione “pro solvendo” di quote della retribuzione mensile.

Alcuna rilevanza ha l’eventuale estensione del sindacato del Giudice su questioni che rappresentano meri antecedenti logici e la cui decisione non è idonea ad acquisire efficacia di giudicato. Costituisce principio pacifico in giurisprudenza, infatti, quello secondo l’accertamento di un rapporto che costituisce la causa della domanda, in quanto attiene a questione pregiudiziale della quale il giudice può conoscere in via incidentale, non influisce sull’interpretazione e qualificazione dell’oggetto della domanda principale e, pertanto, non incide sulla determinazione del valore della causa (tra le tante, Corte di Cassazione, VI^-2 Sez. Civ. Ordinanza n. 21227 del 28 agosto 2018).

Con il secondo motivo, l’appellante ha censurato la sentenza, nel merito, per l’erronea applicazione, alla fattispecie, dell’art.125 sexies T.U.B, per l’erronea qualificazione come “recurring” delle commissioni e dei costi posti in restituzione all’attore, nonché per l’erronea qualificazione, come vessatoria, della clausola contrattuale che esclude il mutuatario da qualsiasi rimborso in caso di estinzione anticipata.

Negli atti difensivi conclusionali, ha, poi, segnalato che, nelle more del giudizio, sarebbe intervenuta l’approvazione dell’art 11 octies della legge n 106/2021, di Conversione del Decreto Legge 25-05-2021, n. 73, cd. Decreto Sostegni bis, che avrebbe modificato l’art. 125 sexies T.U.B, nonché, ancora, la decisione del Collegio di Coordinamento ABF, n. 21676/2021.

In particolare, ha evidenziato che, come chiarito dalla predetta normativa sopravvenuta, ai contratti sottoscritti prima di luglio 2021- tra cui rientrerebbe quello di specie, stipulato nel 2014- non si applicherebbe la sentenza resa dalla Corte di Giustizia Europea l’11 settembre 2019, c.d. Lexitor, invocata dall’appellato (secondo cui l’art.16, paragrafo 1, della direttiva n. 12008/48 recepita con il D.Lgs. n. 141/2010, “deve essere interpretato nel senso che il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito in caso di rimborso anticipato del credito include tutti i costi posti a carico del consumatore”, senza dunque alcuna distinzione tra costi “up-front” e costi “recurring”), bensì la disciplina prevista dalle Disposizioni di trasparenza della Banca d’Italia vigenti alla data di sottoscrizione del contratto, che prevede, viceversa, una espressa distinzione tra costi “recurring” e costi “up front” e la non rimborsabilità di questi ultimi.

Anche tali motivi sono privi di pregio.

Invero, la Corte Costituzionale, con la recente pronuncia del 22.12.22- sentenza n. 263/2022- ha dichiarato incostituzionale l’art. 11 octies, comma 2, del Decreto “Sostegni” del 25 maggio 2021, n. 73, convertito con la legge n. 106 del 23 luglio 2021, in quanto in contrasto con la normativa europea e, in specie, con l’art.16 della Direttiva 2008/48/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 23.04.2008, come interpretato dalla Corte di Giustizia con la sentenza cd Lexitor.

La sentenza di incostituzionalità della Consulta ha confermato il diritto del consumatore alla riduzione proporzionale di tutti i costi sostenuti in relazione al contratto di credito, anche in relazione a contratti conclusi prima dell’entrata in vigore della legge 106 del 2021, riallineando l’Italia alla Corte di Giustizia Europea.

Alla luce del nuovo quadro normativo in tema di credito al consumo, va, pertanto, riconosciuto il diritto dell’appellato alla restituzione dei costi oggetto di domanda, dovendosi ritenere superata qualsivoglia questione in ordine alla distinzione tra costi c.d.”recurring” e costi c.d. “up front” , nonché in ordine alla adattabilità della decisione europea all’ordinamento italiano.

Quanto alla clausola contrattuale che limita la quota delle commissioni rimborsabili in caso di estinzione anticipata o esclude il mutuatario da qualsiasi rimborso in siffatta ipotesi, essa va ritenuta nulla, in quanto in contrasto con la norma imperativa di cui all’art. 125 sexies T.U.B nella lettura offerta alla luce della giurisprudenza europea.

Tale previsione pattizia è, in ogni caso, invalida ed inefficace, in quanto vessatoria.

Alla luce della disciplina del Codice del Consumo, tale clausola avrebbe dovuto essere frutto di una trattativa individuale, essendo irrilevante la mera doppia sottoscrizione. Infatti, l’art. 33 C.d.C. prevede espressamente che si considerano vessatorie le clausole che determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto e l’art. 34, comma IV, prevede che non son sono vessatorie le clausole che sono state oggetto di trattativa individuale.

Parimenti infondato è il terzo ed ultimo motivo di impugnazione, con cui l’appellante ha censurato la sentenza di primo grado nella parte in cui l’ha ritenuta legittimata rispetto alla richiesta di restituzione dei costi di intermediazione.

Invero, la legittimazione passiva deve ritenersi sussistente, in quanto, contrariamente all’assunto dell’appellante, secondo cui legittimata alla restituzione dei predetti costi sarebbe la We Unit Group S.p.A, è la stessa appellante la parte contrattuale del contratto di finanziamento in questione, non essendosi mai instaurato alcun rapporto contrattuale diretto tra l’appellato-cliente- e la Banca mandante, quantomeno nella forma imposta dall’art. 125 novies, secondo comma, T.U.B.

In definitiva, l’appello deve essere rigettato.

Le spese del giudizio, tenuto conto della novità giurisprudenziale e della sopravvenienza normativa, vanno interamente compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale di Avellino, II Sezione Civile, definitivamente pronunciando, così provvede:

a) rigetta l’appello, confermando la sentenza n. (omissis) 2021 resa dal Giudice di Pace di Avellino;

b) compensa le spese di lite.

Così deciso in Avellino in data 3-08-2023

Allegati

    [pmb_print_buttons]

    Accedi