Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione
Con atto di citazione ritualmente notificato (omissis) ha convenuto in giudizio (omissis) e per essa la mandataria (omissis) proponendo opposizione al decreto ingiuntivo n. 1016/2022 emesso in data 21.10.2022 dal Tribunale di Arezzo, notificato in data 28.10.2022, con il quale è stato ingiunto nei suoi confronti, in qualità di coobbligata, il pagamento dell’importo di € 20.425,48, oltre interessi come da domanda, spese e compensi, quale residua somma dovuta in relazione al contratto di prestito personale stipulato in data 27.11.2006 da (omissis).
A sostegno dell’opposizione, parte opponente ha dedotto: la carenza di prova della cessione e della titolarità del credito in capo a (omissis) e per essa (omissis) la prescrizione del credito ingiunto; la nullità del contratto di finanziamento per difetto di causa o in via subordinata la decadenza dell’opposta dal diritto di agire nei confronti del fideiussore ex art. 1957 c.c.; la nullità della clausola afferente agli interessi per errata indicazione del TAEG; la mancata produzione del piano di ammortamento finanziario.
Sulla base di tali allegazioni parte attrice ha concluso chiedendo l’accoglimento delle seguenti conclusioni: “1-Accertare e dichiarare per i motivi di cui in narrativa (I) la carenza della titolarità del credito e di prova delle cessioni in blocco e per l’effetto revocare ovvero dichiarare nullo/invalido/inefficace il Decreto ingiuntivo opposto, nonché ogni altra domanda avversaria di condanna al pagamento dell’importo del credito ingiunto; 2-Accertare e dichiarare per i motivi di cui in narrativa (II) la prescrizione del credito ingiunto/azionato per decorso del termine decennale e per l’effetto revocare ovvero dichiarare nullo/invalido/inefficace il Decreto ingiuntivo opposto, nonché ogni altra domanda avversaria di condanna al pagamento dell’importo del credito ingiunto; 3-Accertare e dichiarare per i motivi di cui in narrativa (III) la nullità del contratto di prestito sottoscritto dalla opponente in qualità di coobbligata per difetto di causa e per l’effetto revocare ovvero dichiarare nullo/invalido/inefficace il Decreto ingiuntivo opposto, nonché ogni altra domanda avversaria di condanna al pagamento dell’importo del credito ingiunto; 4-Accertare e dichiarare per i motivi di cui in narrativa (IV) la decadenza dall’azione per lo spirare del termine di cui all’art. 1957 c. c. e per l’effetto revocare ovvero dichiarare nullo/invalido/inefficace il Decreto ingiuntivo opposto, nonché ogni altra domanda avversaria di condanna al pagamento dell’importo del credito ingiunto; 5-Accertare e dichiarare per i motivi di cui in parte narrativa (V) la violazione dell’art. 125 bis comma 6 TUB, ricalcolare il piano di ammortamento ai tassi BOT e per l’effetto revocare ovvero dichiarare nullo/invalido/inefficace il Decreto ingiuntivo opposto, nonché ogni altra domanda avversaria di condanna al pagamento dell’importo del credito ingiunto, compensando le rispettive poste creditorie; 6-Accertare e dichiarare per i motivi di cui in parte narrativa (VI) la violazione dell’art. 117 comma 4 TUB, ricalcolare il piano di ammortamento ai tassi BOT ex comma 7 TUB e per l’effetto revocare ovvero dichiarare nullo/invalido/inefficace il Decreto ingiuntivo opposto, nonché ogni altra domanda avversaria di condanna al pagamento dell’importo del credito ingiunto, compensando le rispettive poste creditorie; Con ogni più ampia riserva istruttoria nei termini di legge”.
Si è costituita in giudizio (omissis) e per essa la mandataria (omissis) rilevando in via preliminare l’improcedibilità della domanda per mancato espletamento del procedimento di mediazione obbligatoria. Ha dedotto che parte opponente non ha negato di aver sottoscritto il contratto posto a fondamento dell’azione monitoria né di aver inadempiuto alle proprie obbligazioni. Nel merito ha ricostruito le vicende successorie relative al credito ingiunto e contestato le avverse deduzioni.
Parte convenuta ha quindi avanzato le seguenti conclusioni: “Piaccia all’Ill.mo Tribunale adito, contrariis reiectis, così giudicare: In via preliminare: ● concedere la provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo opposto, non essendo l’opposizione proposta fondata su prova scritta, né di pronta/facile soluzione, come previsto dall’art. 648 c.p.c.; ● concedere termine per attivare il procedimento di mediazione delegata disciplinato dall’art. 5 del D.lgs. 28/2010; Nel merito, in via principale: ● respingere ogni domanda ed eccezione avversaria, in quanto infondata in fatto e in diritto, per tutte le motivazioni esposte nella presente atto e, per l’effetto, confermare in ogni sua parte il decreto ingiuntivo opposto. Nel merito, in via subordinata: ● nella denegata, e non creduta, ipotesi di revoca, per qualsiasi ragione, del decreto ingiuntivo opposto, condannare comunque la parte opponente al pagamento, in favore di (omissis) e per essa (omissis) dell’importo di Euro 20.425,48, oltre successivi interessi di mora da calcolarsi al tasso contrattualmente stabilito, dalla domanda al saldo effettivo, ovvero della diversa somma che sarà accertata nel corso del presente giudizio; Nel merito, in via ulteriormente subordinata: ● nella denegata, e non creduta, ipotesi in cui l’eccezione di nullità sollevata da parte opponente trovasse accoglimento, con conseguente revoca del decreto ingiuntivo opposto, si chiede di voler condannare l’opponente al pagamento, in favore della convenuta opposta, della residua somma ancora dovuta in linea capitale, al netto delle rate già pagate, oltre interessi al tasso di cui all’art. 117, co. 7, TUB; In via istruttoria: ● con riserva di altro dedurre e produrre ed articolare istanze istruttorie nei termini di cui all’art. 183 comma VI cod. proc. civ., di cui si chiede sin d’ora la concessione. In ogni caso: ● con vittoria di spese e compensi, oltre al rimborso forfettario al 15% ed accessori di legge”.
Assegnato alle parti termine per l’introduzione del procedimento di mediazione, conclusosi con esito negativo, a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 15.01.2024, è stata concessa la provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo opposto. Il giudizio è poi proseguito con il deposito delle memorie ex art. 183, comma 6, c.p.c.
Con la memoria ex art.183, comma 6, n. 1 c.p.c., parte opponente ha altresì sollevato eccezione relativa al difetto di legittimazione della controparte a svolgere le attività di recupero crediti per mancata iscrizione nell’albo di cui all’art. 106 TUB.
La causa è stata istruita solo documentalmente e, depositate dalle parti note scritte in sostituzione dell’udienza di precisazione delle conclusioni, è stata trattenuta in decisione in data 20.01.2025 con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
Parte attrice ha precisato le conclusioni come già rassegnate nell’atto di citazione, insistendo in via istruttoria sull’ammissione della c.t.u. e chiedendo “in via preliminare – Trasmettere copia di tutti gli atti della presente procedura o di quelli ritenuti necessari alla Banca d’Italia (PEC: (omissis) (al fine di verificare il rispetto delle norme di vigilanza) e alla Procura della Repubblica presso il Tribunale competente per le valutazioni in ordine alla integrazione delle fattispecie incriminatrici previste dal Titolo VIII Capo I TUB tra cui l’art. 132 TUB e per l’effetto ordinare la sospensione ex art. 295 c.p.c. inaudita altera parte della presente procedura di opposizione in attesa degli accertamenti in sede penale”.
Parte convenuta ha concluso come da comparsa di costituzione e risposta.
In primo luogo, parte opponente ha eccepito il difetto di legittimazione attiva di (omissis) quale mandataria di (omissis), asserendo la mancata dimostrazione dell’intervenuta cessione del credito oggetto di causa e della sua asserita inclusione nelle operazioni di cessione del credito da (omissis) a (omissis), e poi da questa a (omissis) e infine in favore di (omissis).
A tal proposito ha argomentato che non sarebbe sufficiente il riferimento alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della cessione in blocco, in difetto di prova della riconducibilità del credito in questione alle categorie dei crediti ceduti indicate nell’avviso.
Il motivo è privo di pregio.
Come chiarito dalla Corte di Cassazione in termini che si condividono, laddove sia contestata l’inclusione dello specifico credito controverso nell’ambito di quelli rientranti nell’operazione di cessione di crediti in blocco conclusa dagli istituti bancari, l’indicazione delle caratteristiche dei crediti ceduti contenuta nell’avviso di cessione pubblicato in Gazzetta Ufficiale può ben costituire adeguata prova dell’avvenuta cessione dello specifico credito oggetto di contestazione, laddove tali indicazioni siano sufficientemente precise e consentano, quindi, di ricondurlo con certezza tra quelli compresi nell’operazione di trasferimento in blocco, in base alle sue caratteristiche concrete. In tal caso, infatti, il fatto da provare è costituito soltanto dalla corrispondenza tra le caratteristiche del credito controverso e quelle che individuano i crediti oggetto della operazione conclusa e, pertanto, sotto tale aspetto, le indicazioni contenute nell’avviso di cessione dei crediti in blocco (in relazione ad una operazione da ritenersi certamente esistente perché non contestata), possono ben essere valutate al fine di verificare se esse consentono o meno di ricondurre con certezza il credito di cui si controverte tra quelli trasferiti in blocco al preteso cessionario. Solo laddove tale riconducibilità non sia desumibile con certezza dalle suddette indicazioni, sarà necessaria la produzione del contratto e/o dei suoi allegati, ovvero sarà necessario fornire la prova della cessione dello specifico credito oggetto di controversia in altro modo (tra le ultime, Cass. n. 17944/2023). In particolare secondo la giurisprudenza di legittimità, in tema di cessione in blocco dei crediti da parte di una banca, ai sensi dell’art. 58 del d.lgs. n. 385 del 1993, è sufficiente a dimostrare la titolarità del credito in capo al cessionario la produzione dell’avviso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale recante l’indicazione per categorie dei rapporti ceduti in blocco, senza che occorra una specifica enumerazione di ciascuno di essi, allorché gli elementi comuni presi in considerazione per la formazione delle singole categorie consentano di individuare senza incertezze i rapporti oggetto della cessione (cfr. Cass. n. 31188/2017; Cass. n. 4277/2023).
Nel caso di specie, in tutti gli avvisi di cessione pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana presenti in atti (G.U., Parte Seconda n. 150 del 20.12.2014, con la quale è stata comunicata la cessione dei crediti da Agos Ducato S.p.a. a (omissis) – doc. 5 fasc. monitorio; G.U., Parte Seconda n. 93 del 08.08.2019 relativa alla cessione intervenuta tra (omissis) e (omissis) – doc. 6 fasc. monitorio; G.U., Parte Seconda n. 141 del 30.11.2019 relativa alla cessione intervenuta tra (omissis) e (omissis) doc. 7 fasc. monitorio opposta) sono indicati analiticamente gli elementi comuni presi in considerazione per l’individuazione dei rapporti oggetto di cessione, senza che residuino incertezze sui crediti oggetto di cessione.
Nello specifico, dall’avviso di cessione pubblicato ex art. 58 TUB sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, parte seconda, n. 150 del 20.12.2014, emerge che, (omissis) ha acquistato da Agos Ducato s.p.a. “ tutti i crediti per capitale, interessi di qualunque tipo e natura, spese ed ogni altro accessorio, comunque dovuti per legge o in base al rapporto da cui origina il credito, sue successive modifiche, integrazioni (collettivamente, i “Crediti”), con ogni pattuizione relativa, ivi compresi atti di accollo o espromissione, con ogni garanzia di qualunque tipo, vantati dal Cedente nei confronti dei relativi obbligati, purche’ detti Crediti, alla data del 30 novembre 2014 (nonche’ al 31 agosto 2014, ove si faccia espressamente riferimento anche a tale data), soddisfacevano i seguenti criteri: a) traggano origine da rapporti di credito al consumo finalizzati all’acquisto di determinati beni e/o servizi oppure rapporti di credito personale oppure ancora rapporti di credito di tipo revolving (con o senza emissione di carta di credito ad essi accessoria), in ciascun caso sottoscritti dal Cedente (anche sotto la precedente denominazione sociale di Agos S.p.A.) oppure da Ducato S.p.A. (antecedentemente alla fusione per incorporazione in Agos S.p.A.) oppure ancora (omissis) (successivamente fusa per incorporazione in Agos Ducato S.p.A.), nel periodo compreso tra il 1° gennaio 1990 (incluso) ed il 15 ottobre 2013 (incluso), con espressa esclusione, a scopo di chiarezza, (i) dei rapporti di credito garantiti dalla (o che comunque prevedano la) cessione del quinto dello stipendio ovvero che prevedano una delegazione per il pagamento di parte dello stipendio del debitore in favore del finanziatore, (ii) dei rapporti di leasing o locazione finanziaria, e (iii) dei rapporti di mutuo ipotecario; b) siano vantati nei confronti di almeno una persona fisica residente in (omissis) oppure nella Repubblica di San Marino al momento della sottoscrizione dei relativi contratti di credito; c) (1) sia stata dichiarata da parte del Cedente la decadenza del debitore dei Crediti dal beneficio del termine, ovvero il relativo debitore – alle scadenze pattuite per il rimborso del capitale – sia stato costituito in mora dal Cedente per il mancato pagamento dei Crediti medesimi, (i) prima del 30 novembre 2013 (incluso) oppure (ii), qualora derivanti da Contratti di Credito originariamente concessi da (omissis), prima del 31 agosto 2014 (incluso), ovvero (2) pur non rientrando tra i crediti di cui al punto (1) che precede, siano vantati dal Cedente nei confronti del medesimo debitore di uno o piu’ altri crediti che rientrino invece tra quelli indicati al punto (1) che precede e purche’ al 31 agosto 2014 e al 30 novembre 2014 risultassero almeno 120 giorni di ritardo nei pagamenti dovuti dal debitore al Cedente, ovvero (3) pur non rientrando tra i crediti di cui ai punti (1) e (2) che precedono, siano vantati dal Cedente nei confronti di un soggetto che sia altresi’ debitore di crediti vantati da Sunrise S.r.l. rispetto ai quali sia stata dichiarata da quest’ultima (agendo tramite il Cedente, quale servicer) la decadenza dal beneficio del termine entro la data di cui al punto (1)(i) ovvero di cui al punto (1)(ii) che precede, purche’ al 31 agosto 2014 e al 30 novembre 2014 risultassero almeno 120 giorni di ritardo nei pagamenti dovuti dal debitore al Cedente; d) siano denominati in Euro; e) i relativi contratti di credito siano regolati dalla legge italiana; f) i relativi contratti di credito non richiedano la prestazione del consenso, da parte del debitore, alla cessione dei Crediti da essi derivanti.” (doc. 5 fasc. monitorio).
Ancora, dall’avviso di cessione pubblicato ex art. 58 TUB sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, parte seconda, n. 93 del 08.08.2019, emerge che (omissis) ha acquistato da (omissis) tutti i crediti relativi agli importi dovuti in linea capitale e agli interessi, tra cui i “crediti precedentemente acquistati dal Cedente in forza di un contratto di cessione di crediti “individuabili in blocco” ai sensi del combinato disposto degli articoli 1 e 4 della Legge 130 concluso con Agos Ducato S.p.A. in data 15 dicembre 2014 ed individuati in base ai criteri oggettivi pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 150 del 20 dicembre 2014, Parte II” (doc. 6 fasc. monitorio).
Infine, nell’avviso di cessione pubblicato ex art. 58 TUB sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, parte seconda, n. 141 del 30.11.2019 si legge che (omissis) ha acquistato da (omissis) i “(a) crediti precedentemente acquistati dal Cedente in forza di un contratto di cessione di crediti “individuabili in blocco” ai sensi del combinato disposto degli articoli 1 e 4 della Legge 130 concluso con Agos Ducato S.p.A. in data 15 dicembre 2014 ed individuati in base ai criteri oggettivi pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 150 del 20 dicembre 2014, Parte II; o (b) crediti acquistati dal Cedente in forza di due contratti di cessione di crediti “individuabili in blocco” ai sensi del combinato disposto degli articoli 1 e 4 della Legge 130 conclusi con Sunrise S.r.l. e Agos Ducato S.p.A. in data 15 dicembre 2014 ed individuati in base ai criteri oggettivi pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 150 del 20 dicembre 2014, Parte II” (doc. 7 fasc. monitorio).
Non residuano dunque incertezze sui crediti oggetto di cessione; peraltro, parte opponente non ha contestato che i crediti per cui è causa presentino gli elementi e i requisiti indicati nell’avviso (ed effettivamente tali requisiti risultano integrati).
Inoltre, parte opposta ha fornito prova della titolarità del credito mediante la produzione dei tre contratti di cessione di crediti (cfr. doc. 4 fasc. monitorio e doc. 7 opposta); degli elenchi dei crediti ceduti (cd. Annex docc. 8a, 8b, 8c, 8d opposta), omissati, dai quali risulta che il credito oggetto di causa è ricompreso nell’ambito delle cessioni che sono intervenute; delle comunicazioni (doc. 10 fasc. monitorio) con le quali le cessionarie che si sono succedute hanno informato parte opponente dell’intervenuta cessione del credito, nonché della raccomandata A/R con cui (omissis) in qualità di procuratore speciale di (omissis) ha intimato il pagamento (doc. 12 fasc. monitorio), documentazione non contestata dalla parte opponente.
Pertanto, sulla base della documentazione prodotta da (omissis) si ritiene provata la titolarità del credito in capo alla stessa.
Del pari infondata è l’eccezione, sollevata da parte opponente con la memoria ex art. 183, comma 6, n. 1 c.p.c., concernente la violazione delle previsioni di cui alla Legge n. 130/1999 in materia di cartolarizzazione dei crediti, per asserita mancata iscrizione della opposta all’albo di cui all’art. 106 T.U.B.
Giova preliminarmente precisare che, stando al combinato disposto degli artt. 1 e 4 della Legge n. 130/1999, la “cartolarizzazione” consiste in una operazione concepita per smobilizzare uno o più crediti pecuniari (presenti o futuri) di cui sia titolare un’impresa (banca, intermediario finanziario o altra impresa), definita originator, ad una società veicolo (società per la cartolarizzazione dei crediti o special purpose vehicle) attraverso la loro cessione a titolo oneroso (di regola pro soluto) a favore di un soggetto, denominato società per la cartolarizzazione – o special purpose vehicle ((omissis) – il quale provvede (direttamente o tramite una terza società) ad emettere titoli incorporanti i crediti ceduti ed a collocarli sul mercato dei capitali per ricavare la liquidità necessaria a pagare il corrispettivo della cessione e le spese dell’operazione. Per riscuotere i crediti ceduti la S.P.V. è solita, poi, incaricare terzi soggetti, che si occuperanno della riscossione e del servizio di cassa e pagamento (il c.d. servicing), i quali devono necessariamente rivestire la qualifica di banche o soggetti iscritti all’albo di cui all’art. 106 T.U.B.
Nello specifico, l’operazione, comportando una sollecitazione all’investimento del pubblico, presuppone la pubblicazione di un prospetto informativo redatto a cura della cessionaria o dell’emittente i titoli, il quale deve contenere un programma particolarmente dettagliato se i titoli sono offerti in sottoscrizione ad investitori istituzionali. Ai sensi dell’art. 2, Legge n. 130/1999, infatti, «il prospetto informativo contiene le seguenti indicazioni: a) il soggetto cedente, la società cessionaria, le caratteristiche dell’operazione, con riguardo sia ai crediti sia ai titoli emessi per finanziarla; b) i soggetti incaricati di curare l’emissione ed il collocamento dei titoli; c) i soggetti incaricati della riscossione dei crediti ceduti e dei servizi di cassa e di pagamento». Ai sensi dell’art. 2, comma 6, della stessa legge «i servizi indicati nel comma 3, lettera c), possono essere svolti da banche o da intermediari finanziari iscritti nell’albo previsto dall’articolo 106 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385. Gli altri soggetti che intendono prestare i servizi indicati nel comma 3, lettera c), chiedono l’iscrizione nell’albo previsto dall’articolo 106 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, anche qualora non esercitino le attività elencate nel comma 1 del medesimo articolo purché possiedano i relativi requisiti» L’art. 2, comma 6-bis, prevede infine che «i soggetti di cui al comma 6 verificano che le operazioni siano conformi alla legge ed al prospetto informativo».
La ratio della delimitazione soggettiva di cui all’art. 2, comma 3, lett. c) risiede nell’esigenza pubblicistica di tutela dei soggetti che hanno acquistato i titoli emessi dalla società veicolo: si intende garantire, infatti, che la riscossione dei crediti – da cui dipende la remuneratività dell’investimento effettuato – venga effettuata da soggetti dotati di determinati requisiti di professionalità.
Occorre poi rilevare che l’obbligo di iscrizione nell’elenco di cui all’art. 106 TUB sussiste solo per il “servicer” (o “master servicer”), non sussistendo, invece, né per la società veicolo resasi cessionaria del credito, né per lo special servicer, ossia per il soggetto delegato dal master servicer a svolgere specifiche attività, concernenti, ad esempio, il recupero del credito.
Ciò chiarito con riferimento alle norme che vengono in rilievo nel caso di specie, deve evidenziarsi che merita di essere condiviso l’indirizzo interpretativo della Corte di Cassazione, secondo cui si tratta di norme che «non hanno alcuna valenza civilistica, ma attengono alla regolamentazione (amministrativa) del settore bancario (e, più in generale, delle attività finanziarie), la cui rilevanza pubblicistica è specificamente tutelata dal sistema dei controlli e dei poteri (anche sanzionatori) facenti capo all’autorità di vigilanza (cioè, alla Banca d’Italia) e presidiati anche da norme penali; conseguentemente, non vi è alcuna valida ragione per trasferire automaticamente sul piano del rapporto negoziale (o persino sugli atti di riscossione compiuti) le conseguenze delle condotte difformi degli operatori, al fine di provocare il travolgimento di contratti (cessioni di crediti, mandati, ecc.) o di atti processuali di estrinsecazione della tutela del credito, in sede cognitiva o anche esecutiva (precetti, pignoramenti, interventi, ecc.), asseritamente viziati da un’invalidità “derivata”». Dall’omessa iscrizione nell’albo ex art. 106 T.U.B. del soggetto concretamente incaricato della riscossione dei crediti non deriva, dunque, «alcuna invalidità, pur potendo tale mancanza assumere rilievo sul diverso piano del rapporto con l’autorità di vigilanza o per eventuali profili penalistici (titolo VIII, capo I, del T.U.B.» (cfr. Cass. n. 7243/2024).
Anche in forza di tali principi di diritto, il Primo Presidente della Corte di Cassazione, chiamato in causa con un rinvio pregiudiziale ex art. 363-bis c.p.c. dal Tribunale di Brindisi, nel maggio scorso ha dichiarato inammissibile il ricorso, ritenendo che «le due richiamate decisioni (quella appena menzionata, nonché la n. 4427/2024) delineano un quadro convergente e forniscono, nel quadro di una nomofilachia circolare, precise indicazioni, utilizzabili dal giudice di merito ai fini della risoluzione del caso sottoposto al suo esame, concernendo, l’una, i presupposti per l’applicazione dell’art. 106 del testo unico bancario (obbligo di iscrizione nell’albo degli intermediari finanziari), e, l’altra, l’esclusione di tale obbligo per le società incaricate della riscossione, anche coattiva, del credito» (Decreto Primo Pres. n. 13749 del 17 maggio 2024).
Posta dunque l’irrilevanza civilistica della questione, in ogni caso, è in primo luogo del tutto evidente che (omissis) abbia acquistato i crediti senza, tuttavia, aver elargito alcun servizio di finanziamento nei confronti dell’opponente, avendo come unico interesse quello di procedere all’incasso del credito ceduto per il tramite di proprie mandatarie. Inoltre, dalla documentazione depositata in giudizio si evince che il ruolo di servicer, ossia di soggetto incaricato della riscossione dei crediti ceduti e dei servizi di cassa e pagamento, è svolto da (omissis) (già (omissis)), soggetto iscritto all’albo ex art. 106 T.U.B. (doc. 11 opposta; doc. 7 e 10 fascicolo monitorio). Quanto invece alla posizione di (omissis) che recita il ruolo di mera special servicer e rispetto alla quale, dunque, non vige alcun obbligo di iscrizione nell’albo di cui all’art. 106 T.U.B., risulta prodotta in giudizio la licenza ex art. 115 TULPS rilasciata dalla Questura di Roma legittimante lo svolgimento dell’attività di recupero crediti per conto terzi (doc. 9 opposta).
Di conseguenza, pur ribadendo la non valenza civilistica della questione e riprendendo quanto sopra detto con riferimento alla posizione dello special servicer, essendo delegata ad (omissis) solo la fase di riscossione e mantenendo la vigilanza (omissis) (già (omissis)), iscritta all’albo ex art. 106 TUB, non vi è comunque luogo per alcuna nullità, e quindi neppure per la trasmissione degli atti alla Banca d’Italia e alla Procura della Repubblica, come richiesto dall’opponente.
Passando al merito, l’eccezione di prescrizione sollevata da parte opponente non è fondata.
Parte opponente ha dedotto la prescrizione del diritto di credito azionato in sede monitoria, rappresentando che il debitore sig. (omissis) risultava inadempiente già dal mese di aprile 2011, per cui in applicazione dell’art. 22 delle condizioni generali di prestito (che prevede la facoltà di risolvere il contratto in caso di mancato pagamento di almeno due rate) la prescrizione del credito sarebbe iniziata a decorrere dal mese di agosto 2011.
Deve osservarsi che nei contratti di finanziamento la prescrizione del diritto al rimborso della somma mutuata inizia a decorrere dalla scadenza dell’ultima rata, atteso che il pagamento dei ratei configura un’obbligazione unica ed il relativo debito non può considerarsi scaduto prima della scadenza dell’ultima rata. Pertanto, il momento da cui decorre la prescrizione deve essere individuato con riferimento alla scadenza dell’ultima rata del finanziamento, o dalla risoluzione del contratto (Cass. n. 17798/2011).
Nel caso in esame, il contratto di finanziamento è stato stipulato in data 28.11.2006 e prevedeva il versamento di 120 rate mensili, per la durata di 10 anni, a decorrere dal 27.12.2006; l’ultima rata recava la scadenza del 27.11.2016 (cfr. doc. 8 fasc. monitorio). Risulta poi dalla documentazione prodotta già nella fase monitoria, che è stata dichiarata la decadenza dal beneficio del termine in data 28.12.2012, data a decorrere dalla quale l’intero credito residuo è divenuto immediatamente esigibile (cfr. docc 9 e 11 fasc. monitorio). Il decorso del termine di prescrizione è stato poi interrotto con la notifica, in data 28.10.2022, del decreto ingiuntivo n. 1016/2022 in questa sede opposto. Risulta dunque evidente che alla data di notifica del d.i. opposto il termine decennale di prescrizione non era ancora decorso.
Passando invece agli ulteriori motivi di merito, l’opposizione è fondata e deve pertanto essere accolta.
Nello specifico, parte opponente allega la nullità del contratto di prestito per difetto di causa evidenziando di non essere né destinataria né beneficiaria del finanziamento; in via subordinata invoca l’applicabilità della disciplina della fideiussione, ivi incluso l’art. 1957 c.c., in base al quale il creditore che non attiva entro sei mesi dalla scadenza del debito gli strumenti di recupero del proprio credito nei confronti del debitore principale decade dal diritto di pretendere l’adempimento dal fideiussore.
Tale assunto, però, è contestato a sua volta dalla parte opposta che invoca il testo letterale del contratto, nel quale non si parla di fideiussione e si indica la sig.ra (omissis) come “coobbligato”, sicché non potrebbe invocare la tutela ex art.1957 c.c. ma dovrebbe applicarsi la disciplina dell’obbligazione solidale passiva ex 1292 c.c.
La questione afferisce alla figura del c.d. coobbligato nei contratti di credito al consumo; pertanto, preliminarmente pare opportuno analizzare la qualifica assunta dalla sig.ra (omissis) nell’ambito del contratto di finanziamento concluso con (omissis) e posto a fondamento della pretesa fatta valere dall’odierna opposta in quanto da tale qualifica dipende l’applicabilità dell’art. 1957 c.c.
L’odierna opponente ha sottoscritto il contratto in esame in qualità di “coobbligato” mentre il “richiedente” è (omissis). Parte opponente non ha assunto espressamente la qualifica di garante, pertanto ricorre la necessità di analizzare se abbia assunto veste di beneficiaria del finanziamento e, quindi, sia direttamente tenuta all’adempimento, ai sensi della disciplina di cui agli artt. 1292 e 1294 c.c., a favore della società finanziatrice e non piuttosto a titolo di garanzia, per l’ipotesi di inadempimento del debitore principale.
Come è noto, l’obbligazione è in solido quando più debitori sono obbligati tutti per la medesima prestazione, in modo che ciascuno può essere costretto all’adempimento per la totalità e l’adempimento da parte di uno dei debitori libera gli altri (solidarietà passiva); oppure quando tra più creditori ciascuno ha diritto di chiedere l’adempimento dell’intera obbligazione e l’adempimento conseguito da uno di essi libera il debitore verso tutti i creditori (solidarietà attiva) (art. 1292 c.c.).
Le obbligazioni solidali rientrano, pertanto, nel più ampio genus delle obbligazioni soggettivamente complesse, che si caratterizzano per il fatto che il rapporto obbligatorio, a differenza di quanto accade nello schema tipico dell’obbligazione, intercorre non fra due, ma fra più soggetti, debitori o creditori. Le obbligazioni solidali ne ricalcano essenzialmente la struttura, caratterizzandosi per la presenza di due elementi fondamentali: a) la pluralità di soggetti dal lato attivo o dal lato passivo e b) l’eadem res debita, ovvero l’identità della prestazione dovuta; non costituisce, invece, requisito dell’obbligazione solidale l’eadem causa obligandi, ovvero l’unicità della fonte da cui deriva il rapporto.
In tal modo la nozione di solidarietà descritta dall’art. 1292 c.c. abbraccia casi di obbligazioni soggettivamente complesse sia “ad interesse comune”, sia “ad interesse unisoggettivo”, tale essendo – in particolare – la solidarietà che connota l’obbligazione del debitore principale e quella del fideiussore: tali obbligazioni, infatti, pur conservando una propria distinta individualità (giacché il debitore è tenuto al pagamento del debito che è prestazione diversa rispetto a quella di garanzia cui è tenuto il fideiussore), rispondono entrambe all’interesse del debitore principale (ovverosia l’adempimento della prestazione dovuta nei confronti del creditore).
In ambito contrattuale dunque, l’obbligazione solidale passiva può riscontrarsi in un rapporto negoziale in cui una delle parti ha carattere plurisoggettivo e, quindi, ciascuno dei condebitori è titolare del rapporto medesimo e, come tale, tanto destinatario dei relativi effetti quanto coobbligato alla controprestazione; oppure il vincolo solidale può correlare tra loro, in termini di accessorietà, obbligazioni che sorgono da titoli diversi, come appunto quella di garanzia e quella principale, con la conseguenza che il garante non è parte del rapporto da cui sorge tale ultima obbligazione. Tra queste due tipologie non può dirsi, quindi, configurabile quel tertium genus – cui sembra alludere la difesa di parte opposta – per cui un certo soggetto assumerebbe quella qualità ibrida di coobbligato caratterizzata dall’essere né parte del contratto principale e, quindi, titolare dei relativi effetti, né garante in senso proprio e, ciononostante, comunque tenuto alla prestazione prevista dal contratto principale. Inoltre, contrapponendo il “coobbligato” al “fideiussore”, parte opposta opera un confronto tra termini eterogenei: il primo qualifica la natura dell’obbligazione (solidale), mentre il secondo individua il negozio giuridico (fideiussione) da cui può discendere il vincolo della solidarietà passiva.
In altri termini, il coobbligato è tale o perché parte del rapporto plurisoggettivo principale o perché, in forza di un’obbligazione accessoria di garanzia, risponde dell’adempimento dell’obbligazione altrui (scaturente dal diverso rapporto principale). Tale ultima eventualità è quella che caratterizza, per l’appunto, la fideiussione; come noto, dalla definizione di fideiussore contenuta all’art. 1936 c.c. si ricava che la fideiussione è quel rapporto obbligatorio, che generalmente trova la sua fonte in un contratto, ma che può discendere anche da un atto unilaterale, da un titolo giudiziale o dalla legge, in virtù del quale il fideiussore assume l’obbligo nei confronti del creditore di adempiere l’obbligazione del debitore, aggiungendo la propria responsabilità a quella di quest’ultimo. Quanto alla forma di tale manifestazione di volontà, benché l’art. 1937 c.c. espressamente preveda che “la volontà di prestare fideiussione deve essere espressa“, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, ciò non implica la necessaria osservanza di una determinata forma: basta che sia palesata una volontà sicura ed inequivoca di volersi obbligare (Cass. n. 3628/2016); inoltre, non è necessario che compaia espressamente il termine fideiussione: l’animus fideiubendi si deduce dal complesso delle espressioni usate e dal comportamento delle parti. Infine, l’effetto che la fideiussione produce è la responsabilità solidale, nei confronti del creditore, del debitore principale e del suo fideiussore; l’art. 1944, co. 1 c.c., infatti, stabilisce che il fideiussore è obbligato in solido col debitore principale al pagamento del debito. In quanto solidale, l’obbligazione del fideiussore non ha di regola carattere sussidiario, nel senso che il creditore può rivolgersi indifferentemente al debitore o al fideiussore per esigere il pagamento della prestazione (ferma restando la possibilità di pattuire il beneficium ordinis oppure il beneficium excussionis).
Invero, è senz’altro possibile che le parti deroghino alle norme disciplinanti la fideiussione e addirittura creino una garanzia personale atipica, come nel caso della garanzia autonoma. Tuttavia, affinché ciò avvenga, non è certamente sufficiente chiamare il garante “coobbligato” (e nei modelli contrattuali utilizzati contrapporre il “coobligato” al “fideiussore”), dal momento che, come già detto, il fideiussore è senz’altro un coobbligato. Affinché la garanzia personale sia atipica, è necessario che i contraenti deroghino alle norme che caratterizzano la fideiussione e, segnatamente, alle disposizioni degli artt. 1939, 1945, 1955, 1956 e 1957 c.c. (cfr. Cass. civ. 26 maggio 2020, n. 9862, nella cui parte motiva si può leggere: “la deroga alla disciplina dettata da tale disposizione [art. 1957], non può ritenersi implicitamente prevista per il semplice inserimento, nella garanzia, di una clausola che esprima il carattere solidale della obbligazione di garanzia, non essendo clausola incompatibile con l’applicazione dell’art. 1957 c.c.”).
Ebbene nella presente fattispecie, in assenza di dati letterali inequivoci, l’interpretazione complessiva del contratto – effettuata in conformità ai criteri ermeneutici di cui agli artt 1362 e ss c.c. – induce a differenziare la posizione dell’odierna opponente rispetto a quella del “richiedente”, quale effettivo beneficiario esclusivo del finanziamento.
Più precisamente tale conclusione può trarsi dai seguenti elementi: 1) il soggetto richiedente il finanziamento personale è (omissis) mentre (omissis) è qualificata in termini di “coobbligato”; 2) le sottoscrizioni apposte da (omissis) riguardano solamente il trattamento dei dati personali e il frontespizio del contratto; 3) diversamente, solo (omissis) ha sottoscritto la sezione relativa alle modalità di rimborso, con rilascio dell’autorizzazione permanente all’addebito delle rate sul conto corrente indicato; 4) ancora, solo (omissis) ha sottoscritto le condizioni generali di contratto nella loro interezza (doc. 8 fasc. monitorio). In particolare, sono le due circostanze di fatto da ultimo richiamate ad assumere carattere determinante ai fini del discernimento della natura giuridica dell’obbligazione assunta dalla (omissis) è, infatti, l’erogazione della somma oggetto dell’originario finanziamento ad individuare il beneficiario degli effetti del contratto de quo e, conseguentemente, il soggetto tenuto – in via principale – alla restituzione rateale della stessa.
Analogo rilievo non può essere attribuito, invece, alla sottoscrizione, da parte del medesimo opponente, della richiesta di finanziamento in uno con il richiedente principale: la sede unica delle due sottoscrizioni, infatti, non può che dipendere dalla circostanza che unico è il documento contrattuale dal quale sorgono gli obblighi del “richiedente” e del “coobbligato”. Infatti, deve ritenersi che, ai fini della distinzione tra obbligo solidale per unicità o diversità del titolo, sia del tutto indifferente che l’obbligazione assunta dal garante sia formalizzata in un atto diverso da quello principale oppure sia contenuta nell’ambito di quello stesso documento, sottoscritto da tutti i soggetti coinvolti.
Pertanto, se (omissis) non può essere considerata parte del contratto nei termini sopra chiariti, l’obbligazione che la stessa ha assunto non può che essere quella di garanzia; e tale garanzia non può che essere qualificabile, in particolare, in termini di fideiussione. Invero, deve escludersi la qualificazione della stessa quale garanzia personale atipica, dal momento che dalla lettura del contratto non emerge alcuna clausola contrattuale con cui le parti, nel regolare la posizione del “coobbligato”, abbiano manifestato la volontà di derogare alle norme codicistiche che disciplinano la fideiussione.
La qualificazione dell’obbligazione assunta dall’opponente in termini di fideiussione comporta la conseguente applicazione della relativa disciplina, che non risulta nella fattispecie derogata da diversa volontà pattizia.
Ciò posto, l’eccezione di decadenza ex art. 1957 c.c. è fondata.
Come noto, ai sensi dell’art. 1957 c.c. il creditore che non attiva entro sei mesi dalla scadenza del debito gli strumenti di recupero del proprio credito nei confronti del debitore principale decade dal diritto di pretendere l’adempimento dal fideiussore. Trattasi di disposizione che non risulta pattiziamente derogata e che, quindi, è senz’altro applicabile. Al riguardo occorre richiamare il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui l’istanza del creditore nei confronti del debitore deve essere necessariamente “giudiziale” e, cioè, concretizzarsi nel ricorso ad un mezzo di tutela processuale, volto ad ottenere l’accertamento ed il soddisfacimento delle pretese del creditore, indipendentemente dal loro esito e dalla loro concreta idoneità a sortire il risultato sperato (in questo senso, cfr. Cass. 16041/2016 e Cass. 1724/2016). Non è, invece, sufficiente un semplice atto stragiudiziale e, men che mai, una missiva con la quale venga richiesto al debitore di adempiere alla propria obbligazione. Infine, ai sensi della medesima disposizione, il creditore non solo deve proporre le sue istanze contro il debitore principale, ma le deve anche coltivare con diligenza. Lo scopo della disposizione in commento è quello di incentivare il creditore ad attivarsi nei confronti del debitore principale, al fine di evitare che il fideiussore rimanga esposto all’escussione della garanzia per un tempo potenzialmente indefinito.
Nel caso di specie, l’originaria controparte contrattuale, Agos Ducato s.p.a. ha inviato a (omissis) e (omissis) con raccomandata a/r, diffida ad adempiere datata 28.12.2012 con contestuale decadenza dal beneficio del termine (doc. 10 fasc. monitorio). Pertanto, considerato che l’obbligazione del debitore principale è scaduta alla data di formazione della diffida in questione, i sei mesi di cui alla norma sopra esaminata risultano ampiamente decorsi alla data di deposito del ricorso per decreto ingiuntivo da parte della cessionaria del credito, odierna opposta (06.10.2022).
(omissis) e per essa (omissis) è, pertanto, decaduta dal diritto di agire nei confronti del fideiussore (omissis) non avendo rispettato il termine semestrale di cui all’art. 1957 c.c. decorrente nel caso di specie dalla notifica della missiva con la quale è stata comunicata la decadenza dal beneficio del termine ex art. 1186 c.c..
L’opposizione deve pertanto essere accolta con conseguente revoca del d.i. n. 1016/2022.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo tenuto conto del valore della causa e dell’attività professionale prestata (scaglione € 5.201,00 – € 26.000,00 parametri medi ad eccezione della fase istruttoria per la quale si applica il minimo stante la natura documentale della causa).
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, disattesa o assorbita ogni diversa istanza, domanda ed eccezione, così provvede:
– Accoglie l’opposizione e revoca il d.i. n. 1016/2022;
– Condanna parte opposta alla rifusione in favore di parte opponente delle spese di lite che liquidano in € 4.237,00 oltre rimborso spese iva e cpa come per legge.
Arezzo, 06/05/2025