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Tribunale di Alessandria, sez. lav., 28/02/2019, n. 52

Massima

Le tariffe dei premi e dei contributi dovuti all’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (INAIL) sono stabilite in modo tale da ricomprendere l’onere economico presunto relativo agli eventi infortunistici verificatisi nel corrispondente periodo assicurativo, tenuto conto del fabbisogno finanziario necessario alla copertura delle prestazioni garantite dall’assicurazione obbligatoria.

(Rocchina Staiano)

Supporto alla lettura

MALATTIA PROFESSIONALE

Per malattia professionale si intende una patologia che insorge a causa dell’attività lavorativa, detta anche tecnopatia, presuppone che il rischio sia provocato dall’attività lavorativa in maniera progressiva e da una serie di atti ripetuti nel tempo, infatti è caratterizzata da un’azione lenta sull’organismo, non violenta e non concentrata nel tempo.

Per fare diagnosi di malattia professionale, possono essere considerate anche le cause extraprofessionali che possono avere contribuito all’insorgere della patologia, purché non siano le sole cause ad aver procurato l’infermità. Va distinta dalla comune malattia, che non è di solito correlata al lavoro (es. l’influenza), e va, inoltre, distinta dall’infortunio, che è invece un evento traumatico che interviene durante l’orario di lavoro, in maniera violenta e concentrata nel tempo.

Deve avere due caratteristiche:

  • essere causata dall’esposizione a determinati rischi correlati al tipo di lavoro, come il contatto con polveri e sostanze nocive, rumore, vibrazioni, radiazioni, o misure organizzative che agiscono negativamente sulla salute;
  • il rischio deve agire in modo prolungato nel tempo e quindi la causa deve essere lenta.

Una volta fatta la diagnosi da parte del medico, è necessario effettuare la denuncia di malattia professionale all’INAIL, compilando l’apposito modulo predisposto dall’ente, che deve essere compilato dalla persona che fa diagnosi di malattia professionale, può quindi essere il medico di base o il medico competente del servizio di prevenzione e protezione aziendale. Denunciata la malattia, l’INAIL deve certificare o meno la presenza della malattia professionale, quindi il lavoratore viene convocato nella sede INAIL territoriale di competenza per essere sottoposto a visita medica e per iniziare l’iter per il riconoscimento della malattia.

Se viene riconosciuta la malattia professionale, e qualora questa impedisca al lavoratore di tornare a lavorare, l’INAIL corrisponde al lavoratore un’indennità dal quarto giorno successivo alla manifestazione della malattia, così retribuita (l’indennità viene calcolata sulla retribuzione corrisposta al dipendente nel 15 giorni prima dell’evento):

  • 60% della retribuzione media giornaliera per i primi 90 giorni;
  • 75% della retribuzione media giornaliera dal 91° giorno fino alla guarigione

Se il dipendente ha riportato un danno biologico, l’indennità di malattia professionale cambia e si ha diritto ad un indennizzo Inail tarato sulla base della percentuale di danno biologico.

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto/diritto

Con ricorso depositato in data 7.10.2016 la società T.G.T. S.P.A. chiedeva che questo Tribunale accertasse l’illegittimità della determinazione del cd. “tasso premio” per l’anno 2016 – con riguardo alla PAT n. (…) – cod. tariffa 2195 – nella misura del 43%, comunicato dall’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) di Alessandria. A sostegno del ricorso assume che la variazione del tasso specifico aziendale operato dall’istituto assicurativo nei confronti della società ricorrente, per la malattia professionale “mesotelioma pleurico” da cui è stata affetta la sig.ra G.R.G.”, sarebbe infondato giacché:

a) si baserebbe sull’erronea imputazione della malattia professionale subita dalla predetta lavoratrice alla T.G.T. S.P.A. posto che all’epoca dei fatti genetici della malattia la sig.ra G. lavorava alle dipendenze di soggetto di diritto diverso dall’odierna ricorrente le cui obbligazioni, quindi, non graverebbero sulla S.P.A. acquirente del ramo d’azienda (richiamando sul punto giurisprudenza di merito della Corte d’Appello di Torino) la quale, stante la disciplina vigente ratione temporis di cui all’ 2112 cod. civ., non avrebbe potuto essere chiamata a rispondere della malattia professionale subita dalla dipendente;

b) in ogni caso l’imputazione della malattia professionale sulla posizione assicurativa della società ricorrente avrebbe dovuto condurre l’INAIL ad attribuirle la posizione n. (…), svolgendo la lavoratrice mansioni di impiegata amministrativa, e non quella (più onerosa) corrispondente al n. (…).

Si costituiva INAIL chiedendo il rigetto del ricorso deducendo che l’attribuzione di un determinato rischio assicurativo da parte dell’ente non dipendeva dalla normativa civilistica in materia di trasferimento di azienda ma dalla legislazione specialistica di cui al D.P.R. n. 1124 del 1965 e delle relative norme attuative le quali dispongono che per le oscillazioni che avvengano nell’ambito del medesimo rischio già coperto da assicurazione non rilevano le variazioni nella titolarità dell’azienda ivi comprese quelle determinate da trasferimento d’azienda. Infine deduceva che la lavoratrice, per quanto adibita a mansioni amministrative, era comunque solita per lavoro ad accedere quotidianamente ai reparti di produzione per prelevare i cartellini presenze, per prelevare la documentazione afferente i prodotti da ordinare o da stoccare etc. e, dunque, a svolgere attività che richiedevano quotidiana esposizione alle polveri di amianto.

Appare preliminarmente necessaria una seppur sintetica ricostruzione del quadro normativo di riferimento.

L’art. 39,2 co. del D.P.R. n. 1124 del 1930 giugno 1965 prevede che: “Le tariffe dei premi e dei contributi sono determinate in modo da comprendere l’onere finanziario previsto corrispondente agli infortuni del periodo di assicurazione”.

Il successivo art. 40, che si interessa in particolare della ripartizione dell’onere, al primo comma statuisce che: “Le tariffe dei premi e dei contributi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e relative modalità di applicazione sono approvate con decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale su delibera dell’istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro”, mentre il successivo terzo comma dispone che: “La tariffa stabilisce tassi di premio nella misura corrispondente al rischio medio nazionale delle singole lavorazioni assicurate, in modo da comprendere l’onere finanziario di cui al secondo comma dell’art. 39”.

Infine all’art. 41, 1 comma si legge che: “Il premio di assicurazione è dovuto dal datore di lavoro in base al tasso di premio previsto dalla tariffa di cui al precedente articolo e applicato dall’istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro nella misura, con le modalità e secondo le condizioni della tariffa stessa, sull’ammontare complessivo delle retribuzioni effettivamente corrisposte o convenzionali o, comunque, da assumersi, ai sensi di legge, per tutta la durata dei lavori, ai prestatori d’opera compresi nell’obbligo dell’assicurazione”.

Le tariffe in base alle quali è stato calcolato il premio oggetto di contestazione sono state approvate con D.M. del 12 dicembre 2000 – Nuove tariffe dei premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali delle gestioni: industria, artigianato, terziario, altre attività, e relative modalità di applicazione che all’art. 25, 2 comma prevede: “Nei casi in cui non ricorra una modificazione nella natura del rischio già coperto dall’assicurazione non rilevano le variazioni riguardanti il titolare della stessa, il domicilio e la residenza di esso, la sede legale, nonché il cambiamento di ragione sociale, il trasferimento dell’azienda, il passaggio di un datore di lavoro ad una diversa gestione tariffaria”.

Come affermato dalla Corte di cassazione, a Sezioni Unite, con la sentenza n. 7668 del 2010, in continuità con quanto già statuito da Cass., S.U., n. 7853 il tasso specifico aziendale serve esclusivamente per apportare al tasso medio nazionale alcune variazioni percentuali marginali che sono dirette a premiare le aziende meno sinistrogene e a sanzionare quelle più sinistrogene della media.

Inoltre i citati decreti, secondo quanto affermato dalla Suprema Corte con riferimento ai decreti ministeriali di approvazione delle tariffe, “sono norme di diritto nel senso degli artt. 1, n. 2, delle preleggi e 360, n. 3 c.p.c., vale a dire norme secondarie emesse dal potere esecutivo, che specificano ed integrano, con efficacia anche esterna all’ordinamento dell’Inail, la disciplina contenuta negli atti aventi forza di legge, ossia nel D.P.R. n. 1124 del 1965: i decreti vengono così assimilati ai regolamenti delegati” (cfr. Cass. S.U. n. 7853/2001; conformi Cass. n. 12569/1992; Cass. n. 10975/1993Cass. n. 778/1995).

Come ritenuto da condivisibile precedente della giurisprudenza di merito l’art. 25, 2 co. del D.M. del 12 dicembre 2000, come integrante la disciplina del D.P.R. n. 1124 del 1965, muove dal presupposto che la determinazione del premio assicurativo non è legata alla durata del rapporto di lavoro del soggetto colpito da un evento infausto (malattia professionale) a causa dell’attività lavorativa, quanto piuttosto al rischio della lavorazione rimasta immutata, nonostante vicende di trasferimento aziendale, involgente anche quei soggetti nei quali la malattia professionale si è manifestata dopo la cessazione del rapporto di lavoro, stante proprio la latenza per lunghi periodi di alcune patologie, quali quelle asbesto – correlate, rispetto alla cessazione della lavorazione. Ciò che rileva, dunque, ai fini dell’imputazione delle oscillazioni dipendenti alle vicende pregresse dalla modificazione nella titolarità dell’azienda, è l’invariabilità della natura dell’attività esercitata dall’azienda alla quale il dipendente è addetto. In tal senso, seppur con riferimento alla problematica del soggetto tenuto al pagamento del premio assicurativo, ma con l’enunciazione di principio applicabile anche al caso in esame, ha ritenuto che occorra far riferimento all’azienda in senso oggettivo, senza tener conto delle eventuali variazioni intervenute nella titolarità dell’impresa (v. ad es., da ultimo Cass. n. 4064 del 2004Cass. n. 13728 del 2007).

Il fatto, peraltro dedotto dall’impresa ricorrente solo nella nota conclusionale, che la società ricorrente avrebbe neutralizzato nei propri processi produttivi qualsiasi rischio di esposizione delle proprie maestranze all’amianto, di per sé appare circostanza irrilevante rispetto alla normativa citata che correla le oscillazioni del premio ad un incremento dei sinistri correlati al rischio connesso alla specifica azienda. Né tale neutralizzazione pare possa essere affidata – in mancanza di sicuri rigorosi riscontri probatori – alle deposizioni dei testi.

Le difese della ricorrente si incentrano integralmente sul fatto che i fattori patogeni (esposizione all’amianto) si sarebbero manifestati in periodo pregresso al trasferimento del ramo d’azienda e, che, dunque, alla stessa società ricorrente non le potrebbe essere contestato alcunché. Ma come visto ciò che rileva non è tanto la titolarità in sé dell’azienda ma la sua identità ovvero riconducibilità ad un certo rischio assicurativo. Nel caso specifico, come dimostrato dalla documentazione versata in atti da INAIL, la PAT 14710 e la voce di rischio 2195, originariamente assicurata per la T.G. s.a.s. è stata traslata alla T.G.T. S.P.A. in ragione dell’identità delle lavorazioni assicurate. In altri termine la società ricorrente, acquisendo il ramo d’azienda della s.a.s., aveva conservato la medesima PAT. La società ricorrente assume, ad onor del vero sempre nelle note conclusionali, di aver modificato le lavorazioni e che, dunque, non vi sarebbe più alcun rischio di esposizione per i dipendenti all’amianto. Occorre osservare che l’eventuale adozione di misure riduttive del rischio assicurato non escluderebbe, comunque, il meccanismo normativo di aggravamento dei premi dipendente dalla manifestazione, anche a distanza di tempo, di malattie o sinistri comunque riconducibili all’attività aziendale pacificamente traslata in capo al nuovo soggetto odierno ricorrente.

Ne consegue che il ricorso va rigettato.

La complessità delle questioni in diritto sottese, ove non si riscontrano comunque precedenti univoci della giurisprudenza di legittimità, giustifica la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

definitivamente decidendo ogni contraria domanda, eccezione e deduzione rigettate:

1. rigetta il ricorso;

2. compensa le spese di lite.

Così deciso in Alessandria, il 28 febbraio 2019.

Depositata in Cancelleria il 28 febbraio 2019.

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