Ragioni di fatto e di diritto della decisione
L’attore, premesso che con atto pubblico del 5.2.2016 si è reso cessionario del credito risarcitorio azionato, per l’importo di euro 8,5 milioni, da BCC di Cosenza in LCA (anche) in confronto del convenuto Gi. Mi. in giudizio pendente dinanzi all’intestato Tribunale, ivi spiegando conforme intervento, ha dedotto che con atto di donazione per Notar Gi. del 24.12.2012 (rep. —omissis— racc.–omissis–), successivo alla instaurazione del detto giudizio, il Mi. ha trasferito il suo patrimonio immobiliare, per come meglio descritto nell’atto, in parte al figlio Pa. Mi. ed in parte al coniuge An. Ac..
Assumendo la ricorrenza delle condizioni di cui all’art. 2901 n.1 c.c. ha chiesto dichiararsi l’inefficacia nei suoi confronti dell’atto dispositivo impugnato.
I convenuti hanno resistito alla domanda.
E’ stata acquisita documentazione.
La domanda di revoca risulta fondata.
Deve preliminarmente disattendersi l’eccezione di prescrizione dell’azione sollevata dai convenuti donatari in considerazione del perfezionamento della notifica dell’atto di citazione in loro confronto in data successiva al quinquennio dall’atto di donazione, dovendo invece ritenersi efficacemente interrotto il termine prescrizionale per avere parte attrice consegnato l’atto introduttivo per la notifica in data 22.12.2017 (v. atto con relata e timbro di consegna, prodotti dai convenuti) antecedente lo spirare del termine di cinque anni dalla stipula della donazione, avvenuta il 24.12.2012; al riguardo, infatti la regola della scissione degli effetti della notificazione per il notificante e per il destinatario, sancita dalla giurisprudenza costituzionale con riguardo agli atti processuali e non a quelli sostanziali, si estende anche agli effetti sostanziali dei primi ove il diritto non possa farsi valere se non con un atto processuale, sicché, in tal caso, la prescrizione è interrotta dall’atto di esercizio del diritto, ovvero dalla consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario per la notifica, mentre in ogni altra ipotesi tale effetto si produce solo dal momento in cui l’atto perviene all’indirizzo del destinatario (cfr. Cass. S.U. n. 24822/2015 in materia di azione revocatoria).
Nel merito, in ordine alla pretesa risarcitoria posta a fondamento dell’istanza, deve ritenersi che essa legittimi la proposizione dell’azione revocatoria, atteso che ai fini della sua proposizione è sufficiente una ragione od aspettativa di credito, anche eventuale, non occorrendo cioè una pretesa creditoria certa, determinata ed esigibile, ovvero assistita da titolo giudiziale esecutivo; il che in coerenza con la funzione dell’azione di revoca, che non persegue scopi restitutori ma mira alla conservazione della garanzia generica sul patrimonio del debitore in favore di tutti i creditori, anche eventuali (cfr. Cass.nn. 1893/2012, 5359/2009, 24757/2008, 12144/99, tra le molte).
Sul punto nessuna incidenza esplica la circostanza che il credito risulti, come nella specie, ancora sub iudice, considerato che il credito litigioso, che trovi fonte in un atto illecito o in un rapporto contrattuale contestato in separato giudizio, è di per sé idoneo a determinare l’insorgere della qualità di creditore abilitato all’esperimento dell’azione revocatoria ordinaria avverso l’atto dispositivo compiuto dal debitore ed il relativo giudizio non è soggetto a sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c. in rapporto alla pendenza della controversia sul credito da accertare e per la cui conservazione è stata proposta domanda revocatoria, poiché tale accertamento non costituisce l’indispensabile antecedente logico-giuridico della pronuncia sulla domanda revocatoria, né può ipotizzarsi un conflitto di giudicati tra la sentenza che, a tutela dell’allegato credito litigioso dichiari inefficace l’atto di disposizione e la sentenza negativa sull’esistenza del credito (cfr. da ultimo Cass.n. 3369/2019).
Incontroversa, altresì, la ricorrenza di atto di disposizione patrimoniale, occorre quindi verificare se lo stesso abbia arrecato oggettivo pregiudizio alle ragioni dei creditori nel senso voluto dal legislatore e se ricorrano le ulteriori condizioni di ordine soggettivo cui l’art.2901 c.c. subordina l’esercizio dell’actio pauliana.
Quanto al primo profilo, deve osservarsi che, attesa l’esposta finalità conservativa dell’azione, la prescritta lesività della disposizione non implica necessariamente la produzione di un danno concreto ed effettivo, bastando invece un pericolo di danno derivante dall’atto dispositivo, che abbia comportato una modifica della situazione patrimoniale tale da rendere incerta ovvero più difficile od onerosa l’esazione coattiva, mentre grava sul convenuto debitore l’onere di provare che il patrimonio residuo sia tale da soddisfare ampiamente le ragioni del creditore (cfr. Cass. n. 7767/2007). In particolare “l’eventus damni” ricorre non solo nel caso in cui l’atto dispositivo comprometta totalmente la consistenza patrimoniale del debitore, ma anche quando lo stesso atto determini una variazione quantitativa o anche soltanto qualitativa del patrimonio che comporti gli effetti sopra esposti di maggiore incertezza o difficoltà nel soddisfacimento del credito (cfr. Cass. 16221/2019).
Orbene, non v’è dubbio che l’atto di donazione impugnato integri lesione revocabile, poiché ha sottratto una ingente quantità di beni di rilevante valore dal patrimonio del donante ed ha comportato una significativa variazione quali – quantitativa dello stesso, con conseguente maggiore difficoltà od incertezza degli esiti della futura azione esecutiva, specie in considerazione del rilevante credito risarcitorio vantato (e ciò pur volendo tenere conto del limitato accoglimento della domanda dichiarato dall’attrice nelle note conclusionali, per importo pari ad euro 2.4749.054,02): Con l’atto impugnato il donante ha infatti trasferito la nuda e piena proprietà di quattro appartamenti e due porzioni di fabbricato, nonché di otto locali di varia destinazione, per un valore complessivo dichiarato di oltre 450.000,00 euro, mentre i beni residui indicati dal convenuto non risultano avere consistenza e valore tali da rendere ininfluente la modifica ai fini del soddisfacimento della pretesa creditoria, anche in quanto costituiti per la maggior parte da diritti di proprietà pro quota.
Quanto al profilo soggettivo, nella specie, in conformità alle disposizioni di cui all’art. 2901 c.c., deve esclusivamente verificarsi la ricorrenza di scientia damni in capo al debitore disponente.
Ciò in ragione della incontroversa gratuità dell’atto dispositivo impugnato e stante il suo perfezionamento in epoca successiva all’insorgenza del credito.
Premesso che in merito a tale ultimo aspetto occorre avere esclusivo riguardo all’obbligazione nella sua essenza, e dunque al momento in cui si è verificata la situazione di fatto che ne ha determinato l’effettiva insorgenza (cfr. Cass. 25 novembre 1985, n. 5824; Cass. 8 maggio 1984, n. 280; Cass. 16 luglio 1973, n. 2060), va comunque evidenziato che nella specie l’atto dispositivo è stato compiuto dopo la notifica al Mi. dell’atto di citazione portante la domanda di risarcimento.
Ciò posto, conformemente al costante indirizzo della Suprema Corte in materia, ai fini della scientia damni è sufficiente la semplice conoscenza, ovvero anche l’agevole conoscibilità, del pregiudizio connesso alla disposizione (a prescindere anche dalla specifica conoscenza del determinato credito per la cui tutela l’azione revocatoria viene proposta) essendo sufficiente che la consapevolezza investa la riduzione della consistenza del patrimonio dello stesso debitore in danno dei creditori complessivamente considerati (cfr. Cass. 23 novembre 1985, n. 5824) e non occorrendo animus nocendi, vale a dire dell’intenzione di nuocere al creditore (cfr. Cass. 26 febbraio 2002 n. 2792).
Alla stregua dei principi enunciati, l’obiettiva incidenza della donazione sul patrimonio del Mi., sopra evidenziata, ed il rilievo che la donazione è stata effettuata a stretti congiunti in pendenza del giudizio di accertamento del credito conducono a ritenere inevitabile la rappresentazione della menomazione della garanzia patrimoniale operata.
Pertanto e considerato inoltre che restano irrevocabili i soli atti diretti all’adempimento di debito scaduto, nessuna rilevanza può essere accordata ai motivi (diversi, per l’appunto, dal detto adempimento) per i quali si sia proceduto alla disposizione. Il che priva di rilievo l’assunto, peraltro non riscontrato, che la donazione troverebbe scaturigine in una separazione di fatto dei coniugi ed avrebbe realizzato l’intento di un riassetto patrimoniale tra le parti.
Da tutto quanto osservato discende l’accoglimento della domanda.
Ogni altra istanza e questione resta assorbita.
Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
definitivamente decidendo, dichiara inefficace, ai sensi dell’art. 2901 c.c., nei confronti dell’attrice, l’atto per Notar Le. Gi. del 24.12.2017 (Rep. —omissis— Racc.–omissis–) nella parte costituente donazione di diritti su beni immobili di Gi. Mi. da questi a Pa. Mi. e An. Ac.;
condanna i convenuti in solido al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in euro 1293,38 per esborsi ed euro 10.000,00 per compensi, oltre rimborso forfetario spese generali, iva e cpa.
Cosenza il 18.3.2021
