• Home
  • >
  • Tribunale Cagliari, 04/05/2017, n. 1393

Tribunale Cagliari, 04/05/2017, n. 1393

Massima

Il contratto misto, ovvero quello costituito da elementi di tipi contrattuali diversi, non solo è unico, ma ha altresì causa unica e inscindibile nella quale si combinano gli elementi dei diversi tipi che lo caratterizzano. Esso è soggetto alla disciplina del contratto prevalente, salvo in caso di incompatibilità con questo degli elementi del contratto non prevalente, regolabili con norme proprie. In tale ultimo caso, il criterio della prevalenza, nel rispetto dell’autonomia contrattuale di cui all’articolo 1322 del Cc, è sostituito dal criterio della integrazione delle discipline relative alle diverse cause negoziali che si combinano nel negozio misto. Nel caso di specie, il Tribunale ha ritenuto di dover applicare la disciplina della compravendita al contratto atipico di vendita-appalto, oggetto di controversia per il mancato avveramento della condizione di diritto costituita dal rilascio del permesso di costruire.

Supporto alla lettura

Compravendita

La compravendita è il contratto avente per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa o il trasferimento di un altro diritto verso il corrispettivo di un prezzo  (artt. 1470 ss. c.c.). Si tratta di un contratto consensuale (per il suo perfezionamento è sufficiente il semplice consenso delle parti); traslativo (attua il passaggio della proprietà della cosa o della titolarità del diritto da un soggetto all’altro); a titolo oneroso (entrambe le parti ricevono un vantaggio economico in cambio della loro prestazione); sinallagmatico (a prestazioni corrispettive); commutativo (i vantaggi e gli svantaggi derivanti dall’atto sono valutabili fin dal momento della stipulazione). Pertanto, è imprescindibile, perché si versi nell’ipotesi del contratto tipico de quo che il compratore si impegni a pagare un prezzo espresso e corrisposto in quantità di moneta: nel caso in cui, infatti, la controprestazione avesse ad oggetto un bene di altro tipo, si tratterebbe di “permuta”, la quale consiste, appunto, nello scambio di cosa contro cosa (negozio meglio noto con il nome di “baratto”).La compravendita immobiliare si articola in più fasi: la proposta di acquisto, il preliminare di vendita e l’atto di acquisto vero e proprio. Nei casi in cui non sia possibile procedere con la vendita immediata, si ricorre al contratto preliminare di compravendita immobiliare, chiamato anche compromesso di compravendita.

Ambito oggettivo di applicazione

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con atto di citazione ritualmente notificato, S.G. ha convenuto in giudizio la società a responsabilità limitata A.C., in persona del legale rappresentante pro tempore, per ottenere la dichiarazione di inefficacia di un contratto atipico di vendita-appalto, conseguente al mancato avveramento della condizione di diritto costituita dal rilascio del permesso di costruire, e sentire accertare la responsabilità della convenuta, in ordine a tale mancato avveramento con conseguente richiesta di danni.

Ha, in particolare, assunto:

di avere stipulato il 2 marzo 2007 con la società A.C., con atto ai rogiti del notaio M. A., un contratto atipico di vendita e appalto finalizzato all’edificazione di un terreno in Decimomannu, in catasto al foglio (omissis…), mappale (omissis…) parte, riservandosi la proprietà di una porzione del fabbricato da realizzare – al piano secondo- nell’area rimasta di proprietà di esso esponente, quantificando il prezzo delle contrapposte prestazioni in € 180.000 con conseguente compensazione dei due importi senza materiale esborso da ambo le parti e pattuendo il termine per la consegna dell’opera i18 mesi del rilascio della concessione edilizia che la parte acquirente avrebbe dovuto chiedere immediatamente;

che la società contrariamente agli accordi, aveva depositato solo nel luglio del 2007, la richiesta di permesso di costruire firmata anche da esso esponente;

che il Comune di Decimomannu, con nota del 21 settembre 2007, aveva chiesto l’integrazione della documentazione ritenuta insufficiente e chiarimenti, tra l’altro, in merito alla verifica del criterio dell’accessibilità relativamente le parti comuni… e alla tipologia e metodologia con le quali si garantirà il deflusso delle acque meteoriche convogliate nella condotta gravante sul fondo in esame;

che la società, dopo avere comunicato che le acque meteoriche gravante sul lotto sarebbero state convogliate sulla pubblica via, senza sollevare alcuna riserva in merito al soggetto che avrebbe dovuto sopportare le spese di tale intervento, aveva presentato il progetto relativo ai lavori di raccolta delle acque il 18 settembre 2008 e cioè ben un anno dopo la richiesta formale dell’amministrazione e dopo diverse sollecitazioni della stessa, contestualmente precisando, per la prima volta, che le spese per la realizzazione dell’opera-costituente opera di urbanizzazione realizzata da privato da collaudare e prendere in carico dal comune – avrebbero dovuto essere scomputate dagli oneri accessori;

che il Comune, nel mese di ottobre 2008, aveva ritenuto inaccettabile la soluzione prospettatagli dalla A.C. e, quindi, con comunicazione del 3 febbraio successivo, aveva preannunziato il diniego della concessione edilizia, disponendo poi stante l’impossibilità di raggiungere un accordo transattivo, il diniego definitivo.

L’esponente ha soggiunto:

di essere stato informato dal comune di Decimomannu dell’avvenuta presentazione del ricorso al Tar, per l’annullamento del provvedimento di diniego definitivo della richiesta di concessione edilizia;

di non aver più alcun interesse ad ottenere la prestazione cui si era obbligata la società, visti i tempi dei ricorsi amministrativi e in considerazione del fatto che il diniego della richiesta di concessione era esclusivamente dovuto al comportamento negligente della stessa società che, pur riconoscendo l’esistenza di una servitù apparente, si era rifiutata di accollarsi le spese del relativo trasferimento, conseguentemente impedendo che si realizzasse la condizione per l’efficacia dell’intero contratto.

Nel costituirsi, la A.C. ha contestato il fondamento della domanda, della quale ha chiesto il rigetto.

Nel premettere che il contratto stipulato tra le parti, più che un contratto atipico, configura una pluralità di negozi strutturalmente autonomi, ma reciprocamente collegati, perché preordinati ad uno scopo pratico unitario, pur avendo distinte ed autonome cause, con la conseguenza che gli stessi simul stabunt simul cadent, ha, in particolare assunto:

che il mancato avveramento della condizione prodromica degli adempimenti contrattuali può essere imputato solo ed esclusivamente ai vizi esistenti sul fondo compravenduto e taciuti dall’attore;

che, infatti, l’esistenza sul fondo di una servitù di scolo di acque meteoriche si è palesato solo a seguito dell’esame comunale degli elaborati progettuali versati unitamente alla richiesta del permesso di costruire e del conseguente diniego, non assumendo alcun valore in contrario l’asserita visibilità del tubo di scolo, dato il diverso sostanziarsi della apparenza di una servitù e data la dichiarazione resa dall’attore in contratto, concernente la libertà dell’area da pesi ed oneri;

come non sia dato comprendere, dato che per l’eliminazione della servitù in parola è necessario realizzare opere di urbanizzazione primaria, su quali basi possa pretendersi che dette opere -non previste nel progetto e nel capitolato-debbano ricadere a carico di essa esponente, specie considerando che il contratto stipulato con il S. prevedeva, nella sua semplicità, la cessione di un’area edificabile libera da qualsiasi vincolo;

come, infine – non avendo l’ente locale mai emesso alcun provvedimento che autorizzasse essa esponente ad eseguire le opere per l’eliminazione della servitù di scolo né avendo rilasciato la concessione per l’edificazione dell’area compravenduta – nessun inadempimento possa essere imputato ad essa esponente, attivatasi col porre in tutte le iniziative legalmente esperibili allo scopo.

La causa, istruita con produzioni documentali, interrogatorio formale, prova testimoniale ed espletamento di una consulenza tecnica d’ufficio, è stata tenuta decisione sulle conclusioni trascritte in premessa e previa assegnazione dei termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.

La vicenda processuale trae dunque origine dal mancato adempimento delle obbligazioni assunte dalle parti con il contratto stipulato in data 2 marzo 2007, ai rogiti del notaio A., ritualmente acquisito all’incarto processuale, con il quale:

S.G. vende l’area in Decimomannu della superficie di mq. 1.600, distinta in catasto al F. (omissis…) con i mappali (omissis…) e (omissis…), garantendo “la proprietà e la libertà di quanto venduto da pesi, vincoli, iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli, con immediata immissione in possesso della parte acquirente;

le parti, dovendo l’acquirente realizzare sull’area compravenduta un fabbricato per civile abitazioni, convengono che dalla vendita resti esclusa e rimanga di proprietà del venditore (omissis…)una porzione del fabbricato da realizzare, posta al piano secondo ad un ‘altezza di circa di circa metri lineari 6 dal piano di campagna, (omissis…). di superficie pari all’intero secondo piano del realizzando fabbricato, con accesso da due scale;

il S. commette in appalto all’acquirente la costruzione da realizzare nell’area rimasta di sua proprietà, con mezzi, organizzazione, tecnologia e materiali propri della stessa A.C., quali risultanti dall’ allegato capitolato, con obbligo della medesima società di realizzare la costruzione e di darla ultimata entro 18 mesi dal rilascio della concessione edilizia.

le parti pattuiscono sia per la vendita che per l’appalto un corrispettivo di € 180.000,00 – con compensazione del prezzo concordato per la vendita con quello concordato per l’appalto, senza possibilità, per quest’ultimo corrispettivo, di variazioni anche per cause e fatti sopravvenuti e non prevedibili.

Alla base della ragione del contendere, vi è quindi una figura negoziale che l’attore ha qualificato come contratto atipico di compravendita e appalto e nella quale la convenuta ha ravvisato una pluralità di negozi strutturalmente autonomi, ma reciprocamente collegati, che quindi simul stabunt simul cadent.

In realtà, autorevole dottrina ha ritenuto che operazioni di tal genere, a seconda dei casi, possono assumere i caratteri di una permuta di cosa presente (il suolo) con cosa futura (gli appartamenti da edificare) o di un contrato misto di vendita e appalto nei casi in cui il dominus soli alieni la proprietà dell’area riservandosi un diritto di superficie (c.d. proprietà di scatole d’aria), in corrispondenza di uno o più futuri appartamenti da costruire sull’area stessa ed affidando al costruttore l’incarico di costruire le corrispondenti porzioni immobiliari.

Con la conseguenza che l’ accertare se le parti abbiano inteso dare vita a un contratto misto ovvero a contratti caratterizzati ciascuno in funzione della propria causa e dell’individualità propria del tipo negoziale, seppure funzionalmente e teleologicamente collegati tra loro e posti in rapporto di reciproca interdipendenza, imporrebbe di esaminare, col ricorso ai canoni ermeneutici posti dagli art. 1362 e ss. c.c., l’effettivo contenuto della volontà espressa, tenendo appunto presente:

che il contratto misto, costituito da elementi di tipi contrattuali diversi, non solo è unico, ma ha causa unica ed inscindibile, nella quale si combinano gli elementi dei diversi tipi che lo costituiscono; il contratto deve essere assoggettato alla disciplina unitaria del contratto prevalente (e la prevalenza si determina in base ad indici economici od anche di tipo diverso, come la “forza” del tipo o l’interesse che ha mosso le parti), salvo che gli elementi del contratto non prevalente, regolabili con norme proprie, non siano incompatibili con quelli del contratto prevalente, dovendosi in tal caso procedere, nel rispetto dell’autonomia contrattuale (art. 1322 c.c.), al criterio della integrazione delle discipline relative alle diverse cause negoziali che si combinano nel negozio misto. (Cass. 22/06/2005, n. 13399; Cass.sez. un., 12/05/2008, n. 11656);

e che il collegamento negoziale non da luogo a un tipo particolare di contratto, ma uno strumento di regolamento degli interessi economici delle parti, caratterizzato dal fatto che le vicende che investono un contratto (invalidità, inefficacia, risoluzione ecc.) possono ripercuotersi sull’altro, seppure non in funzione di condizionamento reciproco. Bene, infatti, può accadere che uno soltanto dei contratti sia subordinato all’altro, e non anche viceversa, e che i due contratti non siano in rapporto di principale e accessorio. In ipotesi siffatta se pure il collegamento dei contratti delineato dalle parti può determinare un vincolo di reciproca dipendenza tra di essi, così che le vicende relative all’invalidità, all’inefficacia o alla risoluzione dell’uno possa ripercuotersi sugli altri, detto collegamento non esclude che i singoli contratti si caratterizzino ciascuno in funzione di una propria causa e conservino una distinta individualità giuridica. (Cassazione civile, sez. III, 28/03/2006, n. 7074.).

In giurisprudenza, è stato più volte deciso che il contratto avente ad oggetto il trasferimento della proprietà di un’area edificabile in cambio di un fabbricato, o di alcune sue parti da costruire sulla stessa superficie a cura e con i mezzi del cessionario, può integrare sia un contratto di permuta di un bene esistente con un bene futuro, sia un contratto misto, costituito con gli elementi della vendita e dell’appalto. (Cassazione Sez. Un., 12 maggio 2008, n. 11656)

In concreto, alla stregua dei principi così affermati, si ritiene che la prima delle suaccennate configurazioni debba essere esclusa non solo perché la costruzione del fabbricato è stata al centro della volontà delle parti, ma anche e soprattutto perché non sarebbe comunque ravvisabile un trasferimento reciproco della proprietà attuale con la cosa futura, dovendo questa venire ad esistenza in una porzione rimasta in proprietà del cedente l’area.

Con conseguente regolamentazione della fattispecie individuabile, come detto, in base alla teoria che privilegia la disciplina dell’elemento in concreto prevalente, ossia la compravendita, nella cui regolamentazione vanno quindi ricondotti i problemi posti dalle servitù di scolo gravanti sul terreno, costituite:

da tre aperture che costituiscono delle caditoie a cielo aperto dalle quali l’acqua piovana caduta sull’arteria viaria e defluita sulla banchina, si riversa con sgrondo libero direttamente sul terreno.

da una tubazione in cemento armato del diametro interno di 780 mm che sbocca sul terreno dopo aver attraversato sottotraccia la carreggiata, che riversa sul terreno l’acqua piovana incidente sul quartiere esistente sul lato opposto della strada rispetto al terreno oggetto del contendere.

Servitù che, secondo quanto risulta dalla relazione di consulenza tecnica, pur non costituendo assolutamente impedimento all’edificazione del fondo perchè venga prevista la salvaguardia o la deviazione delle stesse, ha di fatto costituito un impedimento al rilascio del permesso a costruire proprio perché il progetto presentato non ne prevedeva la salvaguardia o lo spostamento.

Il thema decidendum si sostanzia perciò sulle conseguenze della mancata menzione in rogito di tali servitù, nella mancata assunzione degli oneri conseguenti alla realizzazione delle opere idrauliche atte a deviare le acque attualmente convogliate sul fondo fino a un recettore finale e sulla responsabilità del conseguente, mancato rilascio della concessione ad edificare, avendo infatti l’attore ravvisato in detta concessione una condizione sospensiva, non potutasi avverare con conseguente responsabilità della parte convenuta che ne ha determinato il mancato avveramento ed avendo la convenuta, dal canto suo, opposto il mancato avveramento della condizione prodromica degli adempimenti contrattuali (concessione edilizia) come conseguenza dei vizi esistenti sul fondo e dall’attore taciuti.

Dovendosi quindi valutare in primo luogo l’incidenza di tale servitù, sulla scorta dei principi elaborati nell’applicazione dell’art. 1489 c.c., deve, in primo luogo, convenirsi, anche sulla base della documentazione fotografica che correda la relazione di consulenza tecnica, sulla apparenza di tale servitù, essendo assolutamente visibili le opere permanenti, obiettivamente necessarie per il suo esercizio, non in via precaria, ma stabile e, quindi, rivelatrici della sua esistenza, data l’univocità della loro funzione oggettiva.

Deve poi rammentarsi come la giurisprudenza, seppure non univocamente, nel valutare la rilevanza dell’apparenza in caso di dichiarazione del venditore di inesistenza di pesi e vincoli abbia, anche da ultimo, affermato che nella vendita di cosa gravata da oneri o da diritti di godimento di terzi, la responsabilità del venditore ai sensi dell’art. 1489 cod. civ. è esclusa tanto nel caso in cui il compratore abbia avuto effettiva conoscenza del peso gravante sulla cosa, presumendosi che egli l’abbia accettata con tale peso, quanto nel caso in cui si tratti di oneri e diritti apparenti, che risultino cioè da opere visibili e permanenti destinate al loro esercizio, perché il compratore, avendo la possibilità di esaminare la cosa prima dell’acquisto, ove abbia ignorato ciò che poteva ben conoscere in quanto esteriormente visibile, deve subire le conseguenze della propria negligenza, secondo il criterio di autoresponsabilità. Ne consegue che la garanzia di cui trattasi è esclusa quando le limitazioni erano effettivamente conosciute dall’acquirente anche solo per l’apparenza dello “jus in re aliena“, applicandosi la presunzione legale che il compratore, a conoscenza dei pesi, abbia accettato il bene con quelle limitazioni, senza che rilevi la dichiarazione del venditore della inesistenza di pesi od oneri sul bene medesimo, non operando, in tal caso, il principio dell’affidamento. (cfr Cass. sez. II, 08/04/2013, n. 8500; Cass., II, 11/03/1995, n. 2856; Cass., II, 03/11/1979, n. 5703).

Non si ritiene quindi che la dichiarazione in rogito sulla la libertà di quanto venduto da pesi, vincoli, iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli potesse esonerare la società dalla responsabilità conseguente dall’obbligo di prevedere compiute soluzioni progettuali per le acque provenienti dai comparti limitrofi e la eliminazione delle barriere architettoniche.

Si rivela, quindi, elemento fondante la considerazione del c.t.u. secondo il quale “le servitù costituivano un impedimento la rilascio del permesso a costruire con esplicito riferimento alla soluzione progettuale proposta dalla ditta convenuta in quanto il progetto presentato non prevedeva la salvaguardia o lo spostamento di tali servitù.

Per cui, in tale contesto, assumono decisiva rilevanza:

A) il sollecito del Comune in data 21 settembre 2007, con richiesta di “chiarimenti in merito alla tipologia e metodologia con le quali si garantirà il deflusso delle acque meteoriche convogliate sul fondo in esame; e la risposta data con nota del 3 ottobre 2007, nella quale si dichiara che “le acque gravanti sul lotto saranno convogliate nella strada “con allegata dichiarazione sul deflusso acque meteoriche.

B) le note in data 18 settembre 2008 e 13 febbraio 2009, indirizzate dalla società A.C. al Comune per significare:

che costituendo i lavori di adeguamento opere di urbanizzazione primaria realizzate da privato, le spese derivanti dalla relativa realizzazione avrebbero dovuto essere scomputati dagli oneri accessori derivanti dalle pratiche dell’amministratore A.A.;

“che la A.C. non era tenuta ad effettuare progettazioni ed a realizzare le succitate opere di urbanizzazione: operazioni tutte per le quali come ben noto spetta all’Ente Locale di peritarsi adeguatamente.

Rilevanza che appare di tutta evidenza, ove solo si consideri che Suprema Corte ha affermato che l’esistenza delle opere di urbanizzazione, ovvero la loro “previsione” da parte del Comune o l’impegno dei privati ad eseguirle, è bensì condizione di legittimità della licenza edilizia, ma ove questa sia stata concessa ed attuata in presenza di siffatta previsione, tale circostanza non implica che la detta condizione determini l’insorgere di un diritto soggettivo del concessionario – tutelabile in sede di giurisdizione ordinaria e fonte di risarcimento del danno in caso di lesione – a che l’ente provveda alla realizzazione delle opere stesse, rimanendo tale atto affidato alla discrezionale valutazione dell’ente medesimo. Cass., sez. un., 26/04/1994, n. 3964 vedi anche Cass.. III, 22/12/2004, n. 23816: la concessione della licenza edilizia non obbliga il comune nei confronti del privato, che ha versato il relativo contributo, nè ad eseguire le opere di urbanizzazione primaria nè a prevederne l’attuazione; e, pertanto, il privato, titolare della concessione edilizia, non vanta una posizione soggettiva tutelabile, ma è destinatario di un mero interesse di fatto, il cui mancato soddisfacimento non può costituire fonte di danno risarcibile: ciò, del resto, in armonia con il dettato dell’art. 10 della L. 06 agosto 1967, n. 765, (del quale l’articolo 1, comma 1, del D.Lgs. 1 dicembre 2009, n. 179, ha dichiarato indispensabile la permanenza in vigore) secondo il quale la concessione della licenza è comunque e in ogni caso subordinata alla esistenza delle opere di urbanizzazione primaria o alla previsione da parte dei Comuni dell’attuazione delle stesse nel successivo triennio o all’impegno dei privati di procedere all’attuazione delle medesime, contemporaneamente alle costruzioni oggetto della licenza.

E che, in tale senso, risulta essersi espresso il Tar Sardegna con sentenza 969/2011 pubblicata il giorno 12.10.2011 che ha cosi statuito” sull’area di proprietà della ricorrente grava una servitù di scolo delle acque meteoriche:::e quindi grava sul proprietario del fondo l’onere di porre in essere tutti gli accorgimenti tecnici, compresa la realizzazione delle opere idrauliche, necessarie;

C) la nota del 21 novembre 2011 con la quale la società, a mezzo dei suoi legali, significava, ancora una volta, che “il sig, S. dovrà farsi carico dei menzionati costi aggiuntivi,,… non potendo certo cullarsi nella speranza che sia la nostra assistita ad anticipare le somme corrispondenti..

Orbene, avendo l’attore, su tali presupposti, fondato la sua domanda sulla alla convenuta del mancato avveramento della condizione di diritto (ovvero non espressa) per essersi la stessa rifiutata di sopportare le spese relative allo spostamento della servitù di scolo gravante sul fondo compravenduto, si rileva, come dato pacifico, che l’illiceità del contratto di appalto sia ravvisabile solo ove esso sia, di fatto, eseguito in carenza di concessione e non pure per il solo fatto che quest’ultima sia rilasciata dopo la data della stipulazione del contratto, di appalto, ma prima della realizzazione dell’opera, posto che non sarebbe conforme alla “mens legis” la sanzione di nullità irrogata per un contratto il cui adempimento sia stato intenzionalmente posposto al previo ottenimento della concessione o autorizzazione richiesta, con una condotta, quindi, aderente al precetto normativo, potendosi il contratto stesso, considerare sospensivamente condizionato, in forza di presupposizione, al previo ottenimento dell’atto amministrativo, mancante al momento della relativa stipulazione (V. Cass. n. 3913/2009).(Cass II 09/10/2014 n. 21350; con la conseguenza che il contratto, pur inefficace per il mancato avvera mento della condizione, può essere risolto in danno della parte colpevole di avere violato il dovere di comportarsi in buona fede.. Cass. 19/06/2014, n. 14006.)

Peraltro il principio della presupposizione, introdotto nel nostro ordinamento in modo espresso ed in via generale dall’art. 1467 c.c., è presente allorquando una data situazione di fatto o di diritto sia stata considerata, anche senza espresso riferimento, nella formulazione del consenso da parte dei contraenti, purché si tratti di presupposto obbiettivo il cui verificarsi è del tutto indipendente dalla volontà di questi ultimi, configurandosi in caso contrario non un evento cui è subordinata l’efficacia del negozio, ma un obbligo imposto ad uno dei contraenti..Talchè la presupposizione assume rilevanza, allorché la detta situazione venga meno – se presente – o non si realizzi – se futura – per fatto non imputabile alle parti, mentre il rilascio della concessione edilizia, o il diniego della stessa da parte dell’Amministrazione, non può certo assurgere a circostanza indipendente dalla volontà dei contraenti ed in ogni modo, ma è imputabile alla condotta di una delle parti. (T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 11/06/2010, n. 1800).

Alla luce dei surrichiamati principi, non pare quindi revocabile in dubbio che il diniego definitivo del permesso di costruire, di cui alla nota del 5 maggio 2009 sia stato determinato dal comportamento imputabile a fatto e colpa della società convenuta, pacificamente tenuta agli adempimenti occorrenti per il relativo conseguimento (Cass. sez. I, 17/03/1997, n. 2321).

Non sfugge, per il vero come la posizione dell’attore nei confronti dell’Amministrazione, non si differenzi da quella dell’A.C., avendo il S. conservato, per contratto, la qualifica di proprietario (superficiario), come tale in ipotesi tenuto a concorrere nelle spese necessarie per la realizzazione delle opere di urbanizzazione.

È peraltro evidente come in tale contesto abbia maggior rilevanza il totale e persistente rifiuto della società di addossarsi quantomeno parzialmente i relativi oneri, attesa la pretesa (lettera 21.11.2011) di addossare al S. tutti “i menzionati costi aggiuntivi” e limitare la ripartizione a tutte le spese fino ad allora integralmente sopportate in via esclusiva.

La domanda attrice merita quindi pieno accoglimento, non sembrando necessaria una indagine volta ad appurare – considerata anche la dichiarazione di parte attrice di non aver più interesse al mantenimento in vita del rapporto – se la dichiarazione di inefficacia sottenda, in realtà, una domanda di risoluzione per colposo inadempimento dell’obbligazione prevista come fatto condizionante gli effetti della fattispecie: ciò in quanto, pacificamente, anche il contratto sottoposto a condizione sospensiva può essere dichiarato risolto per inadempimento in danno della parte colpevole.

Sul presupposto dell’esistenza di un fatto potenzialmente dannoso, in base ad un accertamento anche di probabilità o di verosimiglianza, è altresì meritevole di accoglimento la domanda attrice di risarcimento dei danni, per il cui concreto accertamento ed eventuale liquidazione si rende, peraltro, necessario disporre consulenza tecnica come da separata ordinanza.

Da ciò non può quindi che conseguire il rigetto della domanda riconvenzionale proposta dalla convenuta in via principale.

In ordine alla domanda proposta dalla stessa convenuta per il caso di accoglimento della domanda attrice, si rileva come, in effetti, nel caso in cui il corrispettivo d’appalto, secondo un progetto che non preveda l’esecuzione di determinate opere, sia stato stabilito senza alcun riferimento alle opere ulteriormente sopravvenute e realizzate, il prezzo delle necessarie variazioni integrative, a meno che non risulti una contraria volontà delle parti, non può considerarsi compreso in quello previsto nell’appalto e, anche quando il progetto sia stato predisposto dall’appaltatore, deve essere determinato dal giudice ai sensi dell’art. 1660 c.c. (Cassazione civile, sez. II, 04/05/2011, n. 9796).

Deve peraltro anche osservarsi:

come nella specie vi sia in contratto una clausola tesa ad escludere la possibilità di revisione del corrispettivo anche per cause e fatti sopravvenuti e non prevedibili;

come, ad ogni buon conto, l’obbligazione del committente di pagare il corrispettivo dell’appalto sorge, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 1665 c.c., soltanto con l’accettazione dell’opera, a nulla rilevando che prima di tale momento, l’appaltatore abbia messo a disposizione del committente il risultato della sua prestazione e come, nella specie, non vi sia stata alcuna accettazione, neanche parziale, di nessuna delle parti interessate.

Talchè anche tale domanda subordinata non si ritiene meritevole di accoglimento.

Si dispone come da separata ordinanza per la prosecuzione del giudizio

Spese al definitivo.

P.Q.M.

Il Tribunale, non definitivamente pronunciando:

in accoglimento della domanda proposta da S.G., dichiara privo di efficacia il contratto stipulato il 2 marzo 2007, ai rogiti del dott. M. A. – rep. (omissis…), racc. (omissis…)- concluso tra lo stesso S.G. e la società A.C.;

dichiara la medesima società A.C. tenuta al risarcimento dei danni conseguenti che in concreto dovessero, nell’ulteriore corso del giudizio, essere accertati e liquidati;

rigetta le domande proposte dalla società A.C.;

dispone per la prosecuzione del giudizio come da separata ordinanza;

spese al definitivo.

Così deciso in Cagliari, il 4 maggio 2017.

Allegati

    [pmb_print_buttons]

    Accedi