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Tribunale Bologna sez. IV, 22/02/2019, n.501

Massima

Il conferimento di un bene in una società di capitali è atto (traslativo) idoneo a pregiudicare le ragioni del creditore del conferente, dato che sostituisce nel suo patrimonio al bene ceduto un titolo di partecipazione a “capitale di rischio” e, pertanto, è impugnabile con azione revocatoria, tenendosi conto che questa non interferisce sulla validità del contratto costitutivo della società (e quindi non trova ostacolo nelle disposizioni dell’art. 2332 c.c.), né si riverbera in danno dei creditori sociali, i quali sono tutelati dal comma ultimo del citato art. 2901 c.c. sulla salvezza dei diritti acquistati dai terzi in buona fede.

Supporto alla lettura

Azione revocatoria

L’azione revocatoria è un mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale, con cui il creditore chiede la revoca e conseguente dichiarazione di inefficacia di atti di disposizione del proprio patrimonio posti in essere dal debitore, che diminuiscano la garanzia del creditore, ossia la sua possibilità di soddisfarsi sul patrimonio del debitore. A differenza dell’azione surrogatoria, il cui esito è a favore di tutti i creditori, l’azione revocatoria opera ad esclusivo vantaggio del creditore che ha agito. L’atto revocato rimane perfettamente valido, ma esso è inefficace nei confronti del creditore che ha agito, che potrà soddisfarsi sul bene oggetto dell’atto revocato come se esso non fosse mai uscito dal patrimonio del debitore e sottoporlo ad esecuzione forzata (art. 2902 c.c.). In sostanza il terzo che acquista non potrà avvalersi dello scudo della trascrizione a protezione del bene quale regime di pubblicità dell’atto poiché inopponibile al creditore che ha esperito vittoriosamente l’azione revocatoria. Il bene sarà esposto quindi ad azioni esecutive e conservative.

Ambito oggettivo di applicazione

Con atto di citazione in revocatoria, ritualmente notificato in data 18/07/2016, la Sig.ra Ra. Ro. conveniva in giudizio la società Pangea Corporation LTD e il Dott. Al. Ta. chiedendo di accertare la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 2901 c.c. e di dichiarare l’inefficacia nei confronti dell’attrice dell’atto datato 23.02.2016, a rogito del Notaio C. B. (rep. N. …/16774), con cui il sig. Ta. Al. aveva conferito alla Pangea Corporation, società di diritto inglese, l’intera proprietà e/o il diritto di usufrutto su una serie di immobili siti in Italia, disponendo in tal modo del proprio intero patrimonio immobiliare.

Deduceva parte attrice di essere creditrice del Sig. Ta. di una somma pari a complessivi E 41.418,82 derivante dall’inadempimento (a decorrere dal 2009) del Sig. Ta. all’obbligo di corresponsione della somma mensile di lire 2.500.000 per concorso al mantenimento del figlio, così come previsto in sede di separazione consensuale e disposto nella sentenza del Tribunale di Bologna n. 3865 del 19/02/2002, passata in giudicato. Arenatesi le trattative stragiudiziali per il recupero del credito, nell’anno 2016 la Sig. Ra., intenzionata a procedere esecutivamente, rilevava, attraverso indagini ipotecarie, che il sig. Ta. aveva conferito il proprio patrimonio immobiliare nella società di diritto inglese Pangea Corporation LTD, oggi convenuta. Ritenute quindi lese le proprie ragioni creditorie attraverso il perfezionamento di un atto considerato fraudolento, l’attrice agiva richiedendone la declaratoria di inefficacia in forza dell’art. 2901 c.c., ritenendo sussistenti i presupposti tipici dell’actio pauliana.

Si costituiva in giudizio la sola Pangea mentre il sig. Ta. rimaneva contumace.

La società convenuta innanzitutto eccepiva l’inapplicabilità della legge italiana in favore di quella inglese e, nel merito, da un lato l’insussistenza della c.d. partecipatio fraudis della società e, dall’altro, l’inammissibilità della domanda in quanto il conferimento eseguito dal sig. Ta. è da considerarsi adempimento di un debito scaduto e in quanto tale non suscettibile di revoca in forza del disposto di cui al comma 3° dell’art. 2901 c.c.

In particolare, con riguardo alla lex causae, la società riteneva non applicabile al caso di specie la legge italiana (e quindi l’art. 2901 c.c.) alla luce di quanto disposto dall’art. 25, commi 1 e 2 lettera h), della legge n. 218 del 1995.

Per quanto occupa la sussistenza della partecipatio fraudis in capo alla società, la convenuta rilevava (l’assenza e la mancata prova) dell’elemento soggettivo richiesto dalla fattispecie normativa in capo all’unico soggetto deputato (secondo il diritto inglese) a rappresentare la società, ossia il Sig. Lu. Ro., company director di Pangea Corporation LTD.

All’udienza del 16 febbraio 2017, il Giudice, verificata la ritualità della notificata effettuata al Ta. a mezzo posta, ne dichiarava la contumacia.

Concessi i termini ex art. 183 comma 6°, le parti depositavano alcune delle memorie.

Nella sua prima memoria difensiva, parte attrice contestava in toto le avverse eccezioni; in particolare rilevava che la sottoscrizione dell’aumento di capitale ed il successivo, conseguente, conferimento costituiscono un’operazione unitaria che, seppur frazionata, può essere impugnata solo nel suo atto dispositivo finale; in seguito, l’attrice avanzava le proprie istanze istruttorie chiedendo di ammettersi: prova per interrogatorio formale di Ta. Al. e Lu. Ro. (quale legale rappresentante di Pangea) e prova per testi, ordine di produzione/acquisizione dell’atto costitutivo e statuto di PANGEA CORPORATION LTD, di TAMAR (società che ha acquisito il patrimonio immobiliare di Pangea) e di TAMY CORPORATION SA (socia al 100% di Tamar) e di tutti i verbali assembleari (con relativi allegati) della convenuta – dalla data di sua costituzione (5/2/2016) al momento di conferimento dei suoi beni in Tamar (10/5/2016)- , nonché la delibera di aumento di capitale del 6/5/2016 di TAMAR con verbali assembleari e relativi allegati, riservandosi altresì di richiedere CTU, successiva all’acquisizione documentale, volta a determinare l’effettiva titolarità delle quote societarie di Pangea e Tamar Corporation.

Pangea Corporation depositava la sola memoria n. 3, comma VI, art. 183 c.p.c. contestando tutte le richieste istruttorie ex adverso avanzate e chiedendo di ammettersi, a prova contraria, interrogatorio formale del Sig. Al. Ta..

All’udienza del 15 giugno 2017, il Giudice, ritenendo la causa documentale, ha respinto le istanze istruttorie orali, ritenendo ammissibili e rilevanti i soli ordini di esibizioni sia nei confronti di Pangea che nei confronti di Tamar. Pangea depositava documenti, in seguito tradotti, e precisava che il conferimento della società in Tamar fu assunto dall’amministratore senza formalità, mentre nessuna produzione seguiva da parte di Tamar. Su invito del giudice, le parti precisavano quindi le conclusioni come in epigrafe.

In primo luogo occorre individuare la legge applicabile al caso concreto, considerata l’eccezione di parte convenuta, che chiede di applicare la legge del Regno Unito di Gran Bretagna ed Irlanda del Nord a tutti gli atti compiuti dalle parti.

Una simile indagine impone preliminarmente di individuare e delimitare correttamente l’oggetto dell’attuale giudizio. A tal proposito, assume rilevanza decisiva la distinzione fra l’atto di deliberazione di aumento del capitale sociale della Pangea Corporation LTD e il negozio di conferimento intervenuto fra questa e il sig. Ta. Al.; atti che, seppur evidentemente stretti da un legame teleologico, godono di naturale autonomia. Sicché l’aumento di capitale sociale, globalmente intesa, appare in re ipsa come una operazione complessa, a formazione progressiva, costituita prima dalla deliberazione di aumento del capitale quale atto a rilevanza societaria – e, in seguito, dall’atto di conferimento da parte del sottoscrittore.

Più segnatamente, il solo negozio di conferimento costituisce un atto di disposizione patrimoniale, mentre l’atto costitutivo di società, o la deliberazione di aumento di capitale, da cui sorge l’obbligo di conferimento rispettivamente per i soci fondatori ovvero per il socio sottoscrittore, non è esso stesso atto di disposizione patrimoniale, ma mero atto presupposto (cfr. Cass. civ. Sez. I Sent., 22/10/2013, n. 23891).

Ne deriva che oggetto della revocatoria ordinaria, ricorrendone i presupposti normativi, e può essere solo il negozio di conferimento (cioè appunto l’atto dispositivo con cui si opera il conferimento patrimoniale) la cui eventuale dichiarazione di inefficacia non intacca in nessun modo la deliberazione assembleare presupposta.

Nel caso di specie, oggetto della domanda è proprio la declaratoria di inefficacia dell’atto dispositivo di conferimento e non la deliberazione di aumento del capitale sociale che, ai fini della controversia, non assume rilevanza. In sostanza, è evidente che l’eventuale accoglimento della domanda revocatoria comporta l’inefficacia, nei confronti dell’attrice, del solo atto dispositivo effettuato dal Ta. in favore della società conferitaria, ma non incide né può incidere sulla validità della deliberazione di aumento del capitale della Pangea Corporation, atto presupposto adottato a monte del successivo conferimento in natura.

La fattispecie non rientra quindi – come invece asserito dalla società convenuta -, nell’ambito di applicazione dell’art. 25 comma 1 e comma 2 lett. h) della legge n. 218 del 1995 che individua la disciplina applicabile per le controversie concernenti le vicende societarie strictu sensu intese; vicende comunque non direttamente oggetto di questo giudizio, come sopra rilevato. Va anche detto che nel caso di specie, oltre alla cittadinanza italiana del conferente, i beni immobili conferiti si trovano nel territorio dello Stato Italiano ed è in relazione agli stessi che si deve accertare l’efficacia dell’atto di conferimento, tra l’altro rogato in Italia da notaio italiano (atto del notaio C., datato 23.02.2016, rep. n. 158499/16774). La legge da applicarsi è, quindi indubbiamente quella italiana.

Passando al merito, deve valutarsi prima l’ammissibilità di un’azione in revocatoria avverso un atto di conferimento in società; quindi la sussistenza nel caso di specie dei requisiti richiesti dall’art. 2901 c.c. per il suo accoglimento.

Con riguardo al primo aspetto, la Suprema Corte ha avuto occasione di precisare che il conferimento di un bene (nella specie immobile) in una società di capitali è atto (traslativo) idoneo a pregiudicare le ragioni del creditore del conferente, dato che sostituisce nel suo patrimonio al bene ceduto un titolo di partecipazione a “capitale di rischio” e, pertanto, è impugnabile con azione revocatoria, tenendosi conto che questa non interferisce sulla validità del contratto costitutivo della società (e quindi non trova ostacolo nelle disposizioni dell’art. 2332 c.c.), né si riverbera in danno dei creditori sociali, i quali sono tutelati dal comma ultimo del citato art. 2901 c.c. sulla salvezza dei diritti acquistati dai terzi in buona fede (Cfr. Cass. civ. Sez. I, 11/03/1995, n. 2817 e, più recentemente, Cass. civ. Sez. I Sent., 22/10/2013, n. 23891).

Quanto ai requisiti (oggettivi e soggettivi) che l’art. 2901 c.c. richiede ai fini dell’accoglimento della actio pauliana e la loro sussistenza nel caso concreto, si osserva che l’eventus damni è pacificamente rinvenuto dalla giurisprudenza nel dato stesso per cui la sostituzione, nel patrimonio del debitore, di un bene immobile con una quota societaria realizza una modificazione peggiorativa per le ragioni creditore, considerata la maggiore aleatorietà della partecipazione societaria, di più agevole alienazione. È infatti lapalissiano che i beni immobili rispetto alle partecipazioni societaria forniscono una garanzia di gran lunga più stabile ai creditori, soprattutto, come nel caso di specie, se la società ha sede in un altro stato.

L’elemento soggettivo, data la pacifica natura di atto a titolo oneroso riconosciuta al conferimento, deve essere accertato sia in capo al conferente, che della società terza.

L’intensità dell’elemento soggettivo, sia per il debitore che per il terzo, è peraltro graduata a seconda che l’atto impugnato sia anteriore o successivo al sorgere del credito: nel primo caso si richiede che il terzo sia a conoscenza della dolosa preordinazione del debitore (c.d. scientia fraudis), pur se non si ritiene necessaria una sua specifica conoscenza del debito storicamente gravante sull’alienante e delle sue caratteristiche (Cass. n 5741 del 2004); nel secondo caso che egli sia, come il debitore, meramente consapevole delle conseguenze pregiudizievoli dell’atto stesso.

Nel caso che ci occupa, l’intensità dell’elemento soggettivo va certamente ricondotta alla seconda ipotesi (c.d. dolo generico), considerato che il credito (sorto in forza della sentenza del Tribunale di Bologna n. 3865 del 19/02/2002) è obiettivamente antecedente all’atto dispositivo (datato 23/02/2016). Sicché, ne deriva che la consapevolezza dell’evento dannoso da parte della Pangea Corporation è integrata dalla generica conoscenza del pregiudizio che l’atto posto in essere dal debitore può arrecare alle ragioni dei creditori, restando comunque fermo che la consapevolezza può essere provata anche tramite presunzioni il cui apprezzamento è devoluto al giudice di merito (Cass. 17327/11; Cass. 7507/07; Cass. 1068/07).

Riguardo al soggetto a cui attribuire lo stato soggettivo delineato, la Cassazione ha chiarito che “in ipotesi di azione ex art. 2901 cod. civ. avente ad oggetto un negozio di conferimento, l’elemento psicologico della fattispecie revocatoria deve essere accertato con riguardo ai soci quando, nella fase costitutiva della società, la stessa ancora non abbia acquisito la soggettività giuridica, né sia dotata di un rappresentante legale, mentre, laddove l’organo gestorio sia contestualmente nominato, ne è, invece, sufficiente la ravvisabilità in capo a quest’ultimo ex art. 1391 cod. civ.” (Cass. 23891 del 2013).

Orbene, nel caso di specie, la sussistenza della consapevolezza dell’evento dannoso in capo alla Pangea Corporation è agevolmente desumibile, in forza dell’art. 2729 c.c., dalle circostanze fattuali che informano l’intera vicenda societaria (prima) e processuale (poi), sia ove l’elemento psicologico lo si voglia attribuire al Ta. (quale socio unico sin dalla costituzione) sia ove lo si intenda valutare in capo al sig. Ro. Lu. (quale amministratore di Pangea).

Per quanto concerne il sig. Ta. non può certamente dubitarsi che, nel disporre dell’integrale patrimonio immobiliare di sua proprietà, egli fosse consapevole delle conseguenze pregiudizievoli che una siffatta operazione avrebbe comportato a danno della sua creditrice anche in considerazione del fatto che il conferimento è avvenuto proprio mentre erano in essere trattative per il pagamento del dovuto tra il sig. Ta. e la sig. Ra. (cfr doc. 4- citazione parte attrice).

Per quanto riguarda l’accertamento della partecipazione soggettiva anche in capo all’amministratore di Pangea, una serie di indizi (gravi, precisi e concordanti) desumibili dalla vicenda storica nonché dal contegno processuale assunto dalla società convenuta ne fanno agevolmente dedurre la sussistenza. Una serie di elementi, sincronicamente valutati, conferiscono all’intera operazione (dalla costituzione della società Pangea al conferimento dell’intero patrimonio immobiliare da parte del sig. Ta. fino al ritrasferimento degli stessi mediante conferimento in altra società) una diffusa e intensa opacità, tutt’altro che smentita dai documenti prodotti dalla Società convenuta a seguito dell’ordine di esibizione emanato nel corso del giudizio

È opportuno passare in rassegna i principali elementi indiziari che supportano l’argomentazione presuntiva. La Pangea Corporation LTD venne costituita in data 5 febbraio 2016 (si veda atto costitutivo prodotto dalla convenuta a seguito di ordine di esibizione), poche settimane prima dall’atto di conferimento del Sig. Ta. (23 febbraio 2016). A quella data, l’intero capitale sociale (100 % delle azioni) è sottoscritto dal Sig. Ta. mentre la carica di amministratore è affidata in via esclusiva al sig. Ro. Lu.. Dall’atto costitutivo e dall’altra documentazione prodotta in seguito all’ordine di esibizione, non emerge l’oggetto sociale della Pangea né vi è traccia concreta della effettiva operatività della società nel tessuto economico in cui essa è insediata.

Infatti, a seguito dell’ordine di esibizione del 15 giugno 2017 con cui venivano onerati i convenuti della produzione dell’atto costitutivo, dello statuto nonché di tutti i verbali assembleari (con relativi allegati) di Pangea dalla data di sua costituzione (5 febbraio 2016) al momento di conferimento dei suoi beni in Tamar (10 maggio 2016), solo la Società costituita ha provveduto a depositare (peraltro oltre il termine fissato – sia per il primo deposito che per il deposito delle traduzioni-) una stringata documentazione contenente: l’atto costitutivo, un unico verbale d’assemblea datato 8 febbraio 2016 e un modello di statuto sociale per aziende private limitate ad azioni.

La società TAMAR, invece, disattendeva l’ordine di produzione dell’atto costitutivo e dello statuto di TAMAR CORPORATION LTD e di TAMY CORPORATION SA che risulta essere socia al 100% di Tamar nonché della delibera di aumento di capitale del 6/5/2016 di TAMAR (così come indicata nel rogito notarile del 10/5/2016) con verbali assembleari e relativi allegati

Dunque, la documentazione prodotta da Pangea, a seguito dell’ordine ex art. 210 c.p.c., si limita ad offrire un quadro frammentato e incerto della vita e delle attività della convenuta.

Infatti, oltre alla diffusa opacità società che informa la generale attività della Pangea, non vi è neppure alcuna traccia delle ragioni economiche poste alla base del successivo conferimento dei beni da parte di Pangea in una terza società, la TAMAR, la cui data di fondazione – peraltro – è solo di un mese successiva a quella di Pangea (ossia il 7 marzo 2016, come emerge dalla Visura societaria Tamar prodotta dall’attrice con la seconda memoria – doc. 11) e che proprio con la società convenuta condivide inoltre la sede legale (avendo entrambe la sede in Londra, 20-22 Wenlock-Road). Pertanto, il conferimento di Pangea in Tamar – avvenuto peraltro in un lasso di tempo abbastanza contenuto rispetto all’iniziale conferimento del sig. Ta. in Pangea (cfr. atto di conferimento rogato in data 10/5/2016 dal Notaio C. – doc. 12 memoria ex art. 183, n . 2, VI comma c.p.c. di Ra. Ro.)- non trova riscontro in alcuno dei documenti esibiti dalla società convenuta; non è stato quindi possibile ricostruire un quadro nitido circa lo scopo e l’effettivo interesse sociale di Pangea posto alla base di siffatta operazione (peraltro anch’essa avvenuta in Italia, nonostante entrambe le società fossero di diritto inglese).

È pertanto necessario rilevare un anomalo asservimento del modulo societario a finalità divergenti da quelle tipiche del contratto sociale. Paradigmatica della deviazione è l’inclusione, nel complesso patrimoniale della società, di beni astrattamente idonei alla produzione di reddito (immobili siti in Italia) ma di cui non è affatto chiarita la funzionalità rispetto all’attività economica di società stabilite all’estero. E’ dato presumere, quindi, che nel caso di specie, la società, che per definizione dovrebbe realizzare attività di impresa, in realtà non abbia esercitato in via prevalente l’attività lucrativa difesa dall’ordinamento giuridico, ma principalmente un’attività volta al raggiungimento di un beneficio ultroneo per il socio unico Ta., indubbiamente lesivo della garanzia patrimoniale del creditore agente.

Considerato, inoltre, l’assetto societario della Pangea Corporation LTD, che vede Ta. unico socio, appare fantasiosa, nel contesto già sopra illustrato, la tesi per cui il Lu. non fosse consapevole di operare a servizio delle intenzioni distrattive del socio unico.

Nulla avrebbe aggiunto alla conclusione così raggiunta l’ammissione delle altre istanze istruttorie avanzate dalle parti (la convenuta solo la prova contraria per interrogatorio formale del sig. Ta.), risultando esse del tutto inconferenti rispetto al thema decidendum. In particolare, la prova per testi avanzata dall’attrice nella propria memoria istruttoria è certamente superflua in quanto volta a confermare fatti già documentati per tabulus così come la CTU; circostanza d’altronde espressamente riconosciuta dalla stessa attrice che in premessa alle istanze istruttorie avanzate ha riconosciuto la natura documentale della causa e la finalità meramente sussidiaria e corroborante di dette richieste.

La domanda deve quindi essere accolta; il già avvenuto trasferimento dei beni esclude la necessità di farne specifica indicazione nel dispositivo, che si attiene d’altro canto alle conclusioni precisate dalla difesa attrice. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così provvede:

dichiara la inefficacia, nei confronti della attrice, dell’atto di conferimento dei beni in società, datato 23/2/2016, a rogito Notaio C. B. (rep. n. 158499/16774) intervenuto fra Ta. Al. e Pangea Corporation l.t.d.

condanna i convenuti, in solido tra loro, a rifondere alla attrice le spese di lite, che si liquidano in E 10.000,00 per compensi, E 1079,00 per esborsi, oltre i.v.a., c.p.a. e spese generali.

Bologna, 16 febbraio 2019

Allegati

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