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Tribunale Bologna sez. IV, 21/07/2023, n. 1557

Massima

E’ rimessa al giudice la valutazione della gravità dell’inadempimento, ai fini della risoluzione del contratto a prestazioni corrispettive

Supporto alla lettura

Risoluzione contratto

La risoluzione del contratto è un istituto che trova la propria compiuta disciplina agli articoli 1453 e seguenti del codice civile. Gli effetti della risoluzione di un contratto possono tanto ottenersi con una domanda giudiziale quanto di diritto, cioè automaticamente, quando sussistono determinati presupposti.  La risoluzione determina lo scioglimento del vincolo contrattuale per il verificarsi di eventi successivi alla stipulazione che incidono sul vincolo sinallagmatico rendendo necessaria o quanto meno opportuna la sua rimozione. Questa forma di risoluzione, cosiddetta rimediale, ha dunque lo scopo di reagire a un malfunzionamento del contratto e si distingue dalle risoluzioni non rimediali che rispondono alla diversa logica di consentire a una delle parti di liberarsi dal vincolo in forza di una pattuizione prevista dallo stesso contratto, come ad esempio nelle ipotesi in cui sia prevista una condizione risolutiva. La risoluzione rimediale ha invece sempre fonte legale e può operare o automaticamente, come nell’ipotesi di scadenza del termina essenziale ex art. 1457 c.c., e di risoluzione per impossibilità sopravvenuta ex art. 1463 c.c., o per sentenza come la risoluzione per inadempimento ex art. 1453 c.c. e per eccessiva onerosità sopravvenuta ex art. 1467 c.c., o ancora tramite manifestazione di volontà negoziale, come nell’ipotesi di diffida ad adempiere ex art. 1454 c.c.. Sembra invece avere una collocazione ibrida la clausola risolutiva espressa ex art. 1456 c.c, che da un lato assume una funzione rimediale reagendo a un malfunzionamento del contratto, dall’altro poiché dà risalto alla volontà delle parti di considerare determinante l’inadempimento di una determinata obbligazione, sembra colorarsi anche di una funzione non rimediale. Preventivamente le parti possono inserire nel contratto una clausola penale. Rappresenta l’espressione del patto con il quale in via forfettaria e preventiva, si determina l’ammontare del risarcimento del danno che causano l’inadempimento delle obbligazioni o il ritardo nell’adempimento. Nel vigente codice civile italiano la clausola penale è disciplinata agli articoli 1382 – 1384 e la sua nozione è strettamente collegata alla funzione che le viene riconosciuta. La prestazione dedotta nella clausola penale è dovuta indipendentemente dalla prova del danno, dice la legge, il creditore non ha quindi l’onere di provare il pregiudizio subito e, sempre a tenore di codice, non può pretendere il risarcimento del danno ulteriore se non è stato così espressamente stabilito. La clausola penale limita il risarcimento alla prestazione promessa. Quindi, il creditore non può esigere il risarcimento del danno ulteriore, salvo patto contrario.

Ambito oggettivo di applicazione

Svolgimento del processo

Con atto di citazione ritualmente notificato MO.MA. conveniva in giudizio, innanzi all’intestato Tribunale, D.PA. al fine di sentire accertare l’inadempimento da parte del convenuto dell’obbligazione avente ad oggetto il pagamento del (residuo) prezzo così come pattuito con contratto di cessione di quote sociali sottoscritto in data 11/02/2021 e, per l’effetto, sentir dichiarare la risoluzione del suddetto contratto, con conseguente condanna del D.Pa. al risarcimento dei relativi danni.

In particolare, l’attore esponeva: I) di aver ceduto al convenuto D.Pa., con contratto stipulato in data 11/02/2021, le quote della società (…); II) che il pattuito prezzo della cessione, pari a complessivi euro 8.000,00, avrebbe dovuto essere corrisposto in modo dilazionato, e, segnatamente, euro 3.000,00 anticipatamente all’atto della stipulazione, ed il residuo di euro 5.000,00 in tre rate successive di euro 2.000,00, euro 1.500,00 e euro 1.500,00 entro, rispettivamente, 30, 60 e 90 giorni dalla stipulazione; III) che il D.Pa., versata la prima rata di euro 3.000,00, nonostante reiterati solleciti, si era reso inadempiente al versamento del saldo.

Concludeva, quindi, l’attore formulando le seguenti, testuali, conclusioni: “accertare e dichiarare l’inadempimento del convenuto sig. D.Pa. rispetto all’obbligazione di pagamento del prezzo della cessione di cui al contratto di compravendita di quote di S.r.l. stipulato tra le parti in data 11.02.2021, e per l’effetto; accertare e dichiarare la risoluzione del contratto di compravendita di quote della (…) stipulato tra il sig. Mo. ed il sig. D.Pa. in data 11.02.2021, per grave inadempimento dell’obbligazione contrattuale da parte di quest’ultimo e per l’effetto condannare il convenuto alla restituzione delle quote trasferite con il suddetto contratto; accertare e dichiarare che parte convenuta è tenuta al risarcimento di tutti i danni subiti da parte attrice, e per l’effetto – assegnare a parte attrice la somma pari ad euro 3.000,00 (tremila/00) versata dal convenuto anteriormente alla sottoscrizione del contratto di compravendita di quote di S.r.l. stipulato tra le parti in data 11.02.2021 quale prima rata, a titolo di risarcimento del maggiore danno subito dal sig. Mo. a causa del grave inadempimento contrattuale del sig. D.Pa.

Con vittoria di spese, competenze ed onorari di causa”.

All’udienza di comparizione, ex art. 183 c.p.c., del 23 dicembre 2021, il Giudice, previa declaratoria della contumacia del convenuto, ritenuta la causa matura per la decisione, fissava udienza di precisazione delle conclusioni.

All’udienza del 26 gennaio 2023, sulle conclusioni precisate dal difensore dell’attore, il Giudice rimetteva la causa al Collegio per la decisione, assegnando i termini di cui all’art. 190 c.p.c.

Diritto

Motivi della decisione

Ritiene il Collegio che, alla luce delle acquisite risultanze processuali, le domande formulate dall’attore siano, in parte, meritevoli di accoglimento.

Ed invero, come esposto in premessa, la presente controversia ha ad oggetto l’inadempimento (parziale) del convenuto, D.Pa., all’obbligazione di pagamento del saldo del corrispettivo della cessione di quote sociali prevista con contratto sottoscritto dalle parti in data 11/02/2021 e, conseguentemente, la responsabilità del debitore convenuto, ex art. 1218 c.c., dedotta in causa al fine precipuo, ancorché non esclusivo, di ottenere, a norma dell’art. 1453 c.c., la declaratoria di risoluzione del contratto de quo per rilevante inadempimento del cessionario. Come noto, l’art. 1218 c.c. regolamenta la responsabilità da inadempimento e delinea, sotto il profilo soggettivo, un modello di responsabilità “presunta”, la cui disciplina ha significativi riflessi, in particolare, sul piano del riparto dell’onere della prova giacché realizza una inversione dell’onus probandi previsto, in generale, dall’art. 2697 c.c.

Infatti, alla luce delle norme e dei principi sopra richiamati, il creditore, che intende far valere tale responsabilità, è, come noto, gravato unicamente dall’onere di dimostrare in giudizio il titolo, allegare l’inadempimento e provare il danno; diversamente, anche in applicazione del principio di vicinanza della prova, spetta al debitore costituirsi in giudizio e dimostrare di aver esattamente adempiuto, ovvero di aver posto in essere quello sforzo di diligenza richiesto dalla natura della prestazione e che, per tale ragione, l’inadempimento è dipeso da causa a lui non imputabile (c.d. prova liberatoria).

Nel caso di specie, l’attore, in linea con la disciplina sopra illustrata, ha, innanzitutto, dimostrato, per tabulas, l’intervenuta stipulazione tra le parti del contratto di cessione di quote sociali (v. doc. n. 1), costituente il titolo fondante le domande formulate in citazione, e, in maniera specifica e puntuale, ha allegato l’inadempimento ascritto al convenuto D.Pa., deducendo, al riguardo, l’omesso versamento, quale saldo del pattuito corrispettivo, della residua somma di euro 5.000,00 rispetto al maggior prezzo pattuito di complessivi euro 8.000,00.

Orbene, a fronte di tale allegazione, sarebbe spettato al convenuto, al fine di superare la presunzione di responsabilità posta dal citato art. 1218 c.c., costituirsi in giudizio e provare di avere integralmente adempiuto alla prestazione come sopra contrattualmente assunta ovvero dimostrare la sussistenza di fattori impeditivi, a lui non imputabili (i.e. caso fortuito o forza maggiore), idonei a giustificare il suo parziale inadempimento. Nel caso de quo, invece, deve rilevarsi come il convenuto D.Pa. sia rimasto contumace nonostante la sua rituale evocazione in giudizio e dagli atti di causa non emergano comunque elementi che consentano di escludere, anche solo in via indiziaria, l’inadempimento ex adverso allegato ovvero ancora la sua non imputabilità. Conseguentemente, deve dichiararsi, ex art. 1218 c.c., la responsabilità del convenuto in ordine all’inadempimento contrattuale oggetto di causa.

Per quanto concerne l’ulteriore domanda di risoluzione del contratto per inadempimento, sul punto, giova osservare che il rimedio di cui all’art. 1453 c.c. presuppone che il riscontrato inadempimento soddisfi il connotato della non scarsa importanza di cui all’art. 1455 c.c.

Sul tema, la giurisprudenza di legittimità è unanime nell’affermare che, “in materia di responsabilità contrattuale, la valutazione della gravità dell’inadempimento ai fini della risoluzione di un contratto a prestazioni corrispettive, ai sensi dell’art. 1455 c.c., costituisce questione di fatto, la cui valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice del merito” (cfr. Cassazione civile sez. VI, 22/06/2020, n.12182) e, con specifico riferimento al concetto di “non scarsa importanza”, ha precisato che “il giudice per valutarne la gravità dell’inadempimento contrattuale deve tener conto di tutte le circostanze oggettive e soggettive, dalle quali sia possibile desumere l’alterazione dell’equilibrio contrattuale” (cfr. Cassazione civile sez. III, 04/03/2022, n.7187). Ciò posto, nel caso di specie, devono ritenersi sussistenti gli estremi della c.d. gravità dell’inadempimento così come prescritta dall’art. 1455 c.c.

Ed invero, a fronte del puntuale e regolare trasferimento delle quote della società (…) s.r.l. da parte dell’attore a favore del cessionario D.Pa., quest’ultimo, pur avendo versato la prima rata del prezzo pari a euro 3.000,00, ha, tuttavia, omesso, a far data dalla stipulazione della compravendita, di effettuare, secondo le pattuite tempistiche e modalità, ad effettuare gli ulteriori concordati pagamenti, rendendosi, in tal modo, come detto, inadempiente al pagamento di quasi due terzi del corrispettivo complessivo. Si ritiene, pertanto, che un siffatto inadempimento, per la sua entità e relativa incidenza nell’equilibrio dei contrapposti interessi, rivesta, nell’economia globale del negozio inter partes, una rilevanza non scarsa e sia, per tale motivo, di per sè, idoneo a fondare l’invocata pronuncia di risoluzione contrattuale.

Ai sensi dell’art. 1458 c.c., la dichiarata risoluzione del contratto de quo comporta, quale effetto restitutorio ineludibile, il ripristino della situazione, in fatto e di diritto, antecedente alla stipulazione del caducato contratto.

Ne consegue che, a seguito e per effetto della risoluzione del contratto inter partes, il convenuto è tenuto a ritrasferire in capo all’attore le quote oggetto della risolta cessione, e il cedente attore, a sua volta, a restituire al cessionario la quota-parte del prezzo in precedenza percepita in esecuzione dell’accordo.

Per quel che riguarda l’ulteriore domanda attorea di risarcimento del danno, al riguardo, è sufficiente osservare come il preteso danno emergente (spese; costi; oneri), benché suscettibile di dimostrazione, non abbia trovato alcun riscontro probatorio; quanto all’asserito mancato guadagno, il relativo assunto sia stato svolto in modo assolutamente generico e indeterminato, rimanendo, anch’esso, del tutto indimostrato anche con riferimento al mancato conseguimento di utili prodotti dalla società e, invece, indebitamente percepiti dal cessionario inadempiente.

Da ultimo, per quel che concerne le spese di lite, si ritiene che, in ragione del rigetto della predetta domanda risarcitoria, nella fattispecie in esame, ricorrano le condizioni, ex art. 92 c. II c.p.c., per disporre la loro parziale compensazione in misura di un terzo, liquidando i restanti due terzi, come da dispositivo, ai sensi del D.M. 44/2012 ss., a carico di parte convenuta, quale parte maggiormente soccombente.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza ed eccezione disattesa o assorbita:

DICHIARA

la risoluzione, a norma dell’art. 1453 c.c., del contratto di cessione di quote sociali oggetto della presente causa, per grave inadempimento del cessionario convenuto, e, per l’effetto, condanna quest’ultimo a ritrasferire, in capo all’attore, le quote oggetto del predetto contratto.

RIGETTA

la domanda di risarcimento danni avanzata dall’attore.

DISPONE

la parziale compensazione delle spese di lite nella misura di un terzo e, per l’effetto, condanna il convenuto D.PA. al rimborso in favore dell’attore dei restanti due terzi liquidati in euro 330,00 per spese, euro 2.050,00 per compenso di avvocato, oltre spese generali al 15 per cento, i.v.a. e c.p.a. se come dovute per legge.

Così deciso in Bologna il 12 luglio 2023.

Depositata in Cancelleria il 21 luglio 2023.

Allegati

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